venerdì 13 marzo 2015

Uno scudo azteco donato a un conquistador


Nel sedicesimo secolo il conquistatore spagnolo Hernan Cortes fu presentato e ricevette molti doni dai membri dell’elite azteca.
 Tra queste largizioni si ritiene fosse incluso anche lo scudo di un guerriero (chiamato ‘chimalli’), un manufatto che attualmente si trova presso il Museo Nazionale di Storia del Messico. 
Un recente studio condotto da Emmanuel Lara, che documenta le vicende di questo rarissimo oggetto (ne esistono solo quattro), focalizza l’attenzione sull’importanza rivestita dallo scudo nel contesto della storia messicana.


Questo particolare scudo fu portato inizialmente a Bruxelles e messo in mostra fra i tesori del “Nuovo mondo”.
 Il chimalli arrivò nel 1519 e rimase custodito nel Palazzo delle Armi fino al 1796, quando fu spostato a Vienna.
 Restò lì per molti anni fino al 1865 quando l’allora imperatore del Messico Massimiliano d’Asburgo chiese che lo scudo fosse restituito al suo paese di origine.

 La forma e le decorazioni del chimalli rivestivano una grande importanza nell’abbigliamento dei guerrieri aztechi e da come veniva confezionato era possibile conoscere il grado che il guerriero ricopriva all’interno dell’organizzazione militare, per questo la fabbricazione era strettamente controllata. 

Questo preziosissimo manufatto è molto fragile a causa sia dell’età sia dei materiali che lo compongono ed infatti è mancante di alcune parti. Parte della pelle di giaguaro è stata rimossa, le foglie d’oro e le piume che lo ricoprivano sono andate perdute, secondo la documentazione storica, già nel XIX secolo.
 Lo scudo non si trova attualmente esposto ma è conservato nei magazzini del Museo Nazionala di Storia di Città del Messico, il quale fa parte dell’antico Castello di Chapultepec.
 Il chimalli ha una struttura base composta da canne intrecciate con fibre vegetali sulle quali veniva stesa una pelle di felino, probabilmente un giaguaro. 
Un delicato mosaico di piume era posto su un letto di cotone e l’oggetto era inoltre ornato con fiocchi di piume.
 Nell’iconografia tradizionale, lo scudo è rappresentato con lune invertite, una sopra e tre sotto.
 Questo tipo di raffigurazione era ben conosciuta dai popoli mesoamericani durante il periodo postclassico tardo (900-1521 d.C.), come evidenziato anche dalle immagini del Codex Mendocino. 
Emmanuel Lara ha dichiarato che lo scudo è importante non solo per il suo valore estetico e per la tecnica impiegata per la sua realizzazione, ma soprattutto perché è testimone di importanti epoche della storia del Messico, come la conquista e il secondo impero.

 Fonte: arkeonews.wordpress.com

Sadako Sasaki e le gru


Classificata come Gru Japonensis e comunemente nota come Gru della Manciuria o gru coronata di rosso per il colore delle piume che ne ornano il capo, questo volatile deve la sua popolarità alla presenza nella sua livrea dei colori bianco e rosso, simboli di purezza e virilità. 
Simbolo ben augurante per una lunga e felice vita coniugale, la gru rimane fedele al proprio compagno per tutta la sua esistenza, solitamente della durata di 40 anni. 
Le coppie sovente sono impegnate in danze rituali, anche lontano dal periodo dell'accoppiamento, e tale comportamento è stato interpretato dal popolo giapponese come una manifestazione della gioia dello stare insieme. 
Gru vengono raffigurate sul kimono della sposa, vengono sagomate come dolci, danno forma a sculture di ghiaccio preparate per la festa.

 Anche nella nostra mitologia la gru ha gli stessi connotati: come uccello sacro ad Apollo rappresenta la gioia di vivere, la luce e la felicità di intrecciare danze primaverili nei prati.
 Gli autori classici conoscevano le rotte migratorie delle gru europee e sapevano che andavano a svernare in Africa. 
Da questo fatto hanno tramandato le lotte annuali che questi uccelli ingaggiavano con i Pigmei, popolo la cui statura e' stata dimezzata dal circolare della leggenda. 

Molto diffuse nel Giappone feudale perché protette dai nobili, anche in Occidente le gru sono legate a tale ceto sociale: la parola "pedegree" deriva dal francese "pied de grue" (zampa di gru), per la somiglianza della freccia usata negli alberi genealogici con l'impronta di tale uccello.
 Ma il declino del feudalesimo portò alla quasi estinzione di tale animale: nel 1920 era ormai rimasta un'unica colonia composta da 20 esemplari, stabilitisi nell'isola di Hokkaido. 
Il governo decise quindi di dichiarare la gru specie protetta. 

 Narra un'antica leggenda giapponese che la gru possa vivere 1000 anni: regalare una gru significa quindi augurare 1000 anni di vita. Un'offerta di mille gru rafforza ulteriormente il concetto. 
Piegare le mille gru è segno di un sincero interesse per il destinatario, perché occorre bravura, tempo e dedizione per piegarle tutte. 
Regalare mille gru ancora oggi significa: "ho pensato a te per tutto questo tempo, sei importante".

 

Alla tradizione della piegatura delle mille gru è legato un commovente episodio risalente alla seconda guerra mondiale. Sadako Sasaki  era una bambina che nel 1945 aveva due anni, abitava con la sua famiglia a circa un chilometro dal punto su cui venne sganciata la bomba, e rimase miracolosamente illesa. 
Crebbe e divenne una ragazzina intelligente e vivace. 
Ma la bomba non aveva smesso di uccidere: nel febbraio del 1955, all'età di dodici anni, Sadako si ammalò di leucemia a causa degli effetti delle radiazioni di cui la zona rimase contaminata per effetto dello scoppio nucleare.
 Sadako era piena di voglia di vivere, e nelle lunghe giornate in ospedale si dedicava a costruire, con le scatole delle medicine e con qualunque altro frammento di carta avesse a portata di mano, piccoli origami raffiguranti ben auguranti gru. 
Ne aveva composte più di milletrecento quando dopo otto mesi di malattia, la mattina del 25 ottobre 1955, i suoi sorrisi e la sua voglia di vivere smisero di animare la piccola stanza d'ospedale ed entrarono nella memoria straziata di tutti gli abitanti della città, a partire dai suoi compagni di scuola.


Da quel giorno migliaia e migliaia di gru di carta, di tutte le dimensioni e di tutti i colori, prendono continuamente forma dalle mani dei bambini e di tutti gli abitanti di Hiroshima, e vanno a costituire ghirlande, disegni, composizioni di ogni tipo che vengono utilizzate al posto dei fiori per onorare tutti i luoghi della memoria: una miriade di piccole gru che vengono spedite alla città di Hiroshima anche da tutto il mondo, e che nelle semplici ed accurate pieghe delle loro ali tengono ancora oggi in vita l'incredibile vivacità di Sadako e i suoi sogni colorati.


Dal 1958 Sadako è posta su di un piedistallo in granito, nel Parco della Pace di Hiroshima, con le mani tese a sorreggere una grande gru a origami; alla base, l’iscrizione recita: 

 Questo è il nostro grido. Questa è la nostra preghiera. Pace nel mondo.