lunedì 19 gennaio 2015
Masha, la gatta randagia che ha salvato un bambino dal congelamento
Altro che Lassie! Il miglior amico dell'uomo, in questo caso di un bambino, è un gatto randagio.
Si chiama Masha, è una micia soriana a pelo lungo e ha salvato la vita di un neonato abbandonato per le strade della città russa di Obinsk, tenendolo al caldo.
Per fortuna il piccolo è stato fuori al gelo solo per poche ore e, solo grazie a Masha, non ha riportato danni alla salute per via di questa orribile esperienza, come spiega un portavoce dell'ospedale che ora ha in cura il piccolo.
L'eroe con le vibrisse non si è limitato a questo: ha anche miagolato incessantemente, catturando l'attenzione di una passante. Irina Lavrova, 68 anni che stava gettando fuori la spazzatura quando ha sentito i suoi miagolii disperati in prossimità dei cassonetti.
Così si è avvicinata per controllare.
Non riusciva a credere ai suoi occhi quando ha visto il bambino che giaceva accanto al felino.
"Lei è molto placida e cordiale, così quando ho sentito il suo miagolio, ho pensato che forse si era ferita. Normalmente mi sarebbe venuta incontro per salutarmi.
Potete immaginare la mia sorpresa quando ho visto che stava accanto a un bambino.
Chiaramente il suo istinto materno ha preso il sopravvento e lei voleva proteggere il piccolo", ha spiegato Lavrova.
Il neonato abbandonato si presentava ben vestito, con un cappellino, e chi lo ha lasciato in strada ha pensato bene di affiancargli un paio di pannolini e cibo per bambini.
È stato immediatamente trasportato presso l'ospedale locale, dove è stato sottoposto a un check-up che ha confermato la sua buona salute.
Di certo grazie a Masha, che ha mostrato più empatia di chi lo ha esposto al gelo.
Roberta Ragni
Lo spettacolo dell’Iceberg blu rovesciato
Sono immagini straordinarie quelle che arrivano dal passaggio di Drake In Antartide dove un appassionato videomaker, Alex Cornell, ha notato e filmato un iceberg rovesciato durante una traversata.
Può capitare che gli iceberg si rovescino, lasciando emergere la parte bassa solitamente nascosta dalle acque del mare e in questo caso il colore del ghiaccio si fa blu, molto simile a quello delle acque circostanti.
Quello fotografato da Cornell e dai compagni di traversata è stato osservato nel mese di dicembre 2014: il giovane è salito sull’incrociatore Zodiac e da qui ha ripreso l’iceberg capovolto di colore blu da vicino per poterne ammirare l’interno formato da acqua corrente e bolle d’aria.
Gli iceberg infatti non sono sempre bianchi ma possono assumere colorazioni differenti: quando il ghiaccio è bianco significa che la superficie è erosa dal vento e dalla pioggia con la parete glaciale e lungo rimasta in superficie.
Nel caso sia nero significa che all’interno dell’iceberg vi sono sedimenti di roccia; il blu invece rappresenta una sorta di effetto ottico legato al fatto che la parete liscia è piena d’acqua e svela che l’iceberg si è capovolto portando alla luce gran parte della massa solitamente nascosta nel mare.
Fonte : .centrometeoitaliano.it
Piramidi circolari scoperte in Bolivia e in Perù
I resti di un monumento circolare risalente a più di 2 mila anni fa sono stati trovati nella foresta amazzonica della Bolivia, nel dipartimento di Santa Cruz.
La struttura si mostra come una piramide circolare con un diametro di base di circa 180 metri e un’altezza di quasi 14 metri.
“Non è una piramide di pietra”, spiega l’archeologo Danilo Drakic, coordinatore del gruppo di ricerca. “Si tratta di una piccola collina con tre livelli, che è stata abbassata e circondata con mura per mantenere la forma piramidale a gradini circolari”.
Come riporta La Prensa, la struttura è costruita su una superficie di due ettari, circondata da molte strutture ancora sepolte.
“La piramide si compone di tre corpi circolari e presenta cinque ingressi, dei quali il principale è rivolto verso sud”, continua Drakic.
Secondo il ricercatori, la struttura potrebbe essere collegata a Fuerte de Samaipata e altri siti archeologici presenti nelle valli di Santa Cruz, una regione che comprende il nord dell’Argentina, il Paraguay nordoccidentale, il sud-ovest del Brasile e il sud-est della Bolivia.
La datazione della piramide, presumibilmente più antica di 2 mila anni, è stata ricavata comparando altre strutture costruite dalle culture amazzoniche tra i 2 mila e i 2,5 mila anni fa.
La piramide sarà totalmente visibile per la fine del 2015, quando a causa della stagione delle piogge gli archeologi saranno costretti a fermare gli scavi.
PERU'
Gli archeologi del Perù hanno scoperto a Miravalles, nella regione di Cajamarca, nel nord del Perù, quelli che sembrano i resti di un antichissimo centro cerimoniale, con al centro una piramide a base circolare.
Secondo quanto riportato dall’edizione spagnola di Epoch Times, il sito risale ad oltre 5,5 mila anni fa, dimostrandosi come uno dei siti più antichi mai scoperti in sudamericana.
Fino ad oggi, si riteneva che la civiltà Norte Chico fosse la prima civiltà delle Americhe.
La loro capitale fu la sacra città di Caral, una metropoli di 5 mila anni fa, nella quale si praticavano complesse attività agricole e dove sono state trovate sei grandi strutture piramidali, insieme a templi, anfiteatri, piazze circolari e aree residenziali.
Tuttavia, questa ultima scoperta suggerisce che la civiltà Norte Chico non può essere la più antica: qualcun altro li ha preceduti.
La scoperta è stata annunciata dal ricercatore Victor Colan nel corso di una conferenza stampa tenuta nell’ottobre del 2014.
Colan ha spiegato che la piramide si trova al centro di quello che sembra essere un vero e proprio centro cerimoniale, con tre piattaforme ampie 30 metri di diametro.
La struttura presentava grandi pareti semicircolari costruite con una miscela di malta di fango e pietre pesanti fino a 200 chilogrammi.
“Il sito archeologico di Miravilles, con i suoi 5,5 mila anni, è di ben 500 anni più antico della città sacra di Caral”, ha detto Colan. “Dunque, non solo Caral è stato il centro originale della civiltà peruviana, ma anche Cajamarca, nel nord del Perù”.
Il ricercatore ha concluso che “quella del Perù è la più antica civiltà del mondo insieme con la Mesopotamia e l’Egitto”.
Ora l’obiettivo del ricercatore è quello di ottenere nuovi finanziamenti dal Ministero della Cultura per continuare gli scavi.
Fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it/
Riaperta la capsula del tempo di Boston
La capsula del tempo di Boston, uno scrigno pieno di cimeli storici risalenti a 220 anni fa, è stata riaperta ieri dai curatori del Museum of Fine Arts della città, davanti a una folla impaziente di giornalisti. La scatola, sepolta nel 1795 da alcuni dei padri fondatori degli Stati Uniti, sotto a una delle prime pietre di costruzione della Boston State House (uno storico edificio cittadino), era stata dissepolta a metà dicembre, durante i lavori per risolvere una perdita d'acqua nel monumento.
Al suo interno sono stati trovati le pagine ripiegate di cinque giornali del tempo, ancora in perfette condizioni, una medaglia con l'effigie di George Washington, una collezione di almeno 24 monete di vario conio (la più antica delle quali risale al 1652), una piastra d'argento incisa con la commemorazione della costruzione della nuova State House, un sigillo e alcuni documenti dell'epoca coloniale del Massachusetts.
L'apertura della scatola si è rivelata complessa: ha richiesto 4 ore di tempo e alcuni utensili degni del miglior scassinatore, come aculei di porcospino e strumenti da dentista, per far saltare le viti arrugginite.
A chiuderla con una tale perizia furono - come riportano alcune testimonianze storiche - Samuel Adams, governatore dell'epoca, la cui opera politica fu fondamentale per spingere le prime Tredici colonie e ribellarsi alla Gran Bretagna; Paul Revere, esperto incisore e caricaturista anti-britannico, che immortalò con la sua arte i principali eventi della Rivoluzione americana; e William Scollay, eroe di guerra, tra i membri più in vista delle milizie rivoluzionarie.
La piastra d'argento, forse incisa proprio da Revere, reca scritti i loro nomi, che lega alle celebrazioni del 20esimo anniversario dell'indipendenza americana (che si sarebbe celebrato poco dopo la sepoltura della scatola).
Non è la prima volta che la capsula rivela il suo contenuto. Era già accaduto, per caso, nel 1855, durante alcuni lavori di ristrutturazione.
In quell'occasione erano stati aggiunti alcuni fogli di giornali e alcune monete in rame (forse per proteggere il contenuto della scatola: il rame ha proprietà fungicide), e il contenitore era stato sostituito prima di essere ricollocato nella stessa posizione.
Prima di aprirla, i curatori del museo l'avevano scannerizzata ai raggi X (dunque conoscevano già, almeno in parte, il suo contenuto); ora, terminati i processi di conservazione, gli oggetti trovati al suo interno saranno messi in mostra per breve tempo, prima di essere riposizionati nella capsula e sepolti di nuovo, a beneficio dei posteri. Con l'aggiunta, forse, di alcuni cimeli della nostra epoca.
Fonte: focus.it
Le tartarughe e l'impronta magnetica della spiaggia natale
Le tartarughe marine ritrovano la spiaggia dove sono nate - e dove torneranno a deporre le uova - riconoscendo la “firma” magnetica unica che caratterizza i diversi tratti di costa.
A scoprirlo sono stati due biologi dell'Università del North Carolina, J. Roger Brothers e Kenneth J. Lohmann, che illustrano la loro ricerca in un articolo pubblicato su “Current Biology”.
La ragione per cui le tartarughe marine depongono le uova nella stessa spiaggia in cui sono nate è, molto probabilmente, che sono sicure di trovarvi la giusta combinazione di caratteristiche favorevoli: sabbia soffice, giusta temperatura, pochi predatori e facile accessibilità.
Ma come fanno a ritrovarla?
Studi precedenti hanno dimostrato che per orientarsi durante le migrazioni, nel corso delle quali percorrono migliaia di chilometri, le tartarughe marine usano come guida il campo magnetico terrestre.
Di conseguenza, già diversi anni fa Lohmann aveva ipotizzato che nel loro sistema sensoriale (come pure forse in quello dei salmoni, che hanno un comportamento analogo), rimanesse impressa in qualche modo l'impronta del campo magnetico del loro luogo di nascita.
La dimostrazione diretta di questa ipotesi è però al di là delle attuali possibilità tecniche, anche perché non è chiaro con quale meccanismo le tartarughe percepiscano il campo geomagnetico, benché vi siano indizi che sia legato alla presenza di minuscole particelle magnetiche nel loro cervello.
Lohmann e Brothers hanno quindi adottato un metodo indiretto: "Abbiamo pensato che se le tartarughe usano il campo magnetico per trovare la spiaggia natale, il naturale, lento cambiamento che si verifica nel campo geomagnetico dovrebbe influenzare il punto in cui nidificano", ha spiegato Brothers.
I ricercatori quindi hanno analizzato 19 anni di registrazioni dei singoli punti di deposizione delle uova sulla costa orientale della Florida della più grande colonia di tartarughe Caretta caretta del Nord America.
Hanno così scoperto che i diversi siti di nidificazione effettivamente si erano via via spostati in modo perfettamente conforme al cambiamento del campo magnetico.
Fonte: http://www.lescienze.it/