giovedì 29 ottobre 2015

Damanhur e i misteriosi Templi dell'umanità: l'ottava meraviglia del mondo



Nascosta nel cuore di una montagna a Nord di Torino c’è una costruzione magica, una moderna cattedrale che molti hanno definito, come l’ottava meraviglia del mondo. 
Vengono accolte con queste parole, le migliaia di persone da tutto il mondo, che ogni anno, visitano i Templi dell’umanità, l'opera sotterranea più grande del mondo, con i suoi 850 mila metri cubi e cinque piani.

 Siamo a Vidracco, un comune piemontese di 500 abitanti a circa 50 km a nord di Torino, nella Valchiusella, ai piedi delle Alpi.
 Qui a circa 72 metri di profondità c’è uno dei luoghi più strani mai esistiti definito spesso, come un posto dove ricercare la propria spiritualità e pace interiore.

 I Templi dell’Umanità, conosciuti anche come Tempio dell'uomo sono una costruzione ipogea dichiarata opera d’arte dalla Sovraintendenza delle Belle Arti, costruita a mano in 16 anni di lavoro, dai cittadini della Federazione di Damanhur (città della luce).


Sono disparate le voci che circolano attorno a questa comunità etico-spirituale autogestita, da molti considerata una vera e propria setta, diverse sono per esempio, le testimonianze negative di ex adepti di Oberto Airaudi o Falco, assicuratore, scrittore, sensitivo e pranoterapeuta torinese che autofinanziandosi ha avviato i lavori per la costruzione del tempio ispirato dalle sue visioni mistiche.
 Ma se sulla comunità ci sono pareri discordanti, sui Tempi dell’Umanità non c’è alcun dubbio, essi rappresentano, infatti, un patrimonio artistico indiscutibile. 
Sono aperti al pubblico ogni giorno e vengono utilizzati sia come luogo di meditazione individuale o di gruppo sia per celebrare matrimoni e altri momenti importanti della vita.
 Chi ama l’arte e l’architettura non può poi non rimanere sorpreso dalla straordinaria costruzione scavata a tratti a mano nella roccia. 

All’interno dei Templi vi sono sette sale principali, ognuna delle quali ha un nome mistico: la Sala dell’Acqua, della Terra, delle Sfere, dei Metalli, il Tempio Azzurro e il Labirinto. 
 Sia artisticamente che coreograficamente sono un tripudio di colori e luci e rendono vivo il percorso che si snoda in centinaia di corridoi, sale, nicchie, scale e passaggi segreti.
 Un ambiente molto simile a quello di una piramide egizia. 
Alle pareti vi sono mosaici in vetro e pietra, pitture, sculture e intarsi di legno, rame e sbalzo, un patrimonio rimasto segreto fino ai primi anni Novanta.












Anche la storia della costruzione dei Templi è legata alla spiritualità, secondo la comunità di Damanhur fu la visione di una stella luminosa che cadde sulla Terra a indicare a Airaudi di scavare la roccia a mani nude.
 All’inizio, il progetto rimase riservato ad artisti, artigiani e muratori, il tutto rappresentava un’operazione segreta senza alcuna regolamentazione, fino a quando nell’ottobre del 1991 le forze dell’ordine fecero un’incursione in grande stile che portò, non poco scompiglio, tra la comunità di Damanhur.

La vera ragione sul perché furono spiegati carabinieri, polizia e cani antidroga non venne mai resa nota, c’è chi avanzò l’ipotesi che si volesse screditare la comunità.
 Ci fu addirittura, una causa legale contro un giornale che sosteneva, che Damanhur non fosse un ambiente adatto ai bambini. La causa che venne vinta dalla Federazione.

 Nel 1992, una lettera anonima svelava l’esistenza dei Templi, dopo varie ricerche i fondatori decisero di aprirne le porte al mondo.
 La visione delle meravigliose sale unì i pensieri: quella magica costruzione doveva essere conosciuta da tutti. E alla fine, nel giugno del 1996, con il sostegno delle Belle Arti, il governo italiano approvò uno speciale emendamento a una legge, che permise di legalizzare la struttura sotterranea.

 Dopo quattro anni di incertezze e continue battaglie, i Templi furono salvi e oggi visitarli significa fare un'esperienza straordinaria.

 Dominella Trunfio

Il bucero dall’elmo, l’uccello che vale più dell’avorio


L’avorio delle zanne degli elefanti è sicuramente la merce illegale più nota sul mercato nero.
 Esiste però un tipo di “avorio” ancora più prezioso, anche se meno conosciuto.
 Si tratta del becco del bucero dall’elmo, una rara specie di uccello che vive nella foresta pluviale dell’Asia orientale. 
 Tra il 2012 e il 2014 ne sono stati confiscati addirittura 1.110 dalla sola polizia indonesiana e, secondo gli esperti, ogni anno vengono uccisi circa 6 mila buceri. 
Il massacro però è quasi impossibile da fermare, viste le altissime quotazioni di questo “avorio”: sul mercato nero vale circa 6mila euro al chilogrammo. Tre volte di più dell’avorio delle zanne di elefante.


Il volatile è difficilissimo da avvicinare, pesa circa 3 chili e il suo particolarissimo becco arriva a pesare trecento grammi, il 10% del peso dell’animale.
 Per questi uccelli dalle piume bianche e nere il becco è sia un’arma - i maschi si scontrano in combattimenti testa contro testa - che lo strumento per cercare vermi e insetti dai tronchi degli alberi. Esistono oltre 60 specie di bucero, tutte diffuse in Asia ed Africa. Le popolazioni locali chiamano questi uccelli i “contadini della foresta”, perché si cibano prevalentemente di frutti e poi ne spargono in giro i semi. 
I buceri sono uccelli molto timidi e vivono nascosti nella fitta boscaglia e ne hanno ben ragione: da secoli vengono cacciati e uccisi a migliaia dai bracconieri, che poi rivendono il loro teschio soprattutto in Cina.


Il becco, morbidissimo al tatto e di una particolare sfumatura color ocra, è infatti considerato merce preziosa, soprattutto dagli incisori cinesi e giapponesi. 
Gli oggetti di questo speciale “avorio” erano considerati di gran moda soprattutto nell’Inghilterra vittoriana del Diciannovesimo secolo.

 La sopravvivenza del bucero, però, non è minacciata solo dal bracconaggio. 
Anche il suo habitat naturale è a rischio, perché le foreste pluviali dove vive si stanno riducendo del 3% ogni anno. 
Per questo, l’Unione internazionale per la conservazione della natura lo ha inserito tra le specie “minacciate, da tenere sotto controllo nel caso di ulteriore riduzione della popolazione”

 Fonte: LaZampa.it

mercoledì 28 ottobre 2015

Eccezionale scoperta nel sud della Grecia: ritrovata la ricca sepoltura di un guerriero Miceneo


Un team di archeologi statunitensi in Grecia ha scoperto lo scheletro di un antico guerriero che ha riposato indisturbato per più di 3500 anni insieme ad un enorme tesoro, così come il ministero della cultura greco ha annunciato nella giornata del 27 ottobre 2015. 
Il tesoro è “il più importante che sia mai stato scoperto in 65 anni” nella Grecia continentale, ha dichiarato il ministero. 
 La bara di legno del milite ignoto, che evidentemente era di una persona di una certa importanza, è stata trovata sul sito del Palace Nestor, di era micenea, nella penisola del Peloponneso greco. 
Era stato sepolto con una serie di gioielli in oro, tra cui una stringa ornata di perle, anelli, una spada di bronzo con una maniglia d’oro e avorio, vasi d’argento e pettini d’avorio.
 I gioielli sono decorati nello stile dei minoici, con le figure di divinità, animali e motivi floreali, nello stile della civiltà che fiorì nell’isola di Creta intorno al 2000 A.C.




Pettine d'avorio


Gli archeologi, Jack L. Davis e Sharon R. Stocker dell’Università di Cincinnati, hanno identificato più di 1.400 pezzi “la cui qualità testimonia l’influenza dei minoici” sui Micenei successivi.
 La civiltà micenea si diffuse dal Peloponneso attraverso tutto il Mediterraneo orientale nel 2° secolo a C.




La tomba, che misura 2,4 metri di lunghezza e 1,5 metri di larghezza, è stata portato alla luce durante gli scavi iniziati a maggio nei pressi di Pylos, sul sito del Palace Nestor. 
Costruito tra il 1300 e il 1200 aC, le rovine del palazzo sono state scoperte nel 1939.

 Fonte: blueplanetheart.it

Un cucciolo di tapiro della Malesia è la nuova star dello Zoo di Praga


La specie asiatica è a rischio estinzione per la perdita di habitat e il bracconaggio




Allo zoo di Praga stanno ancora festeggiando la nascita di quella che sembra destinata a diventare una nuova stella del giardino zoologico: un bellissimo cucciolo di tapiro della Malesia o asiatico (Tapirus Indicus), nato il 15 ottobre. 
E’ il primo figlio della sua gigantesca mamma, indah e di suo padre Niko.
 I tapiri della Malesia, chiamati anche tapiri dalla gualdrappa, possono raggiungere i 410 Kg di peso e le femmine sono più grosse dei maschi
 Ci vorrà ancora qualche settimana per poter determinare il sesso del cucciolo e dargli/le un nome, ma una cosa è certa: la nascita di un piccolo tapiro rappresenta un grande successo per lo zoo: è’ il primo tapiro della Malesia nato a Praga dopo quasi 40 anni. Mamma indah, è nata ad Edimburgo, il 26 settembre 2008, poi è stata ospitata nel Rare Species Conservation Centre di Sandwich, nel Kent, insieme a suo fratello maggiore Vasan quando aveva quasi due anni è stata portata allo zoo di Praga.

 I tapiri della Malesia sono creature solitarie che occupano un vasto territorio, anche se di solito queste aree si sovrappongono con quelle di altri individui. Sono esclusivamente erbivori e si cibano di teneri germogli e foglie di oltre 115 specie di piante. 
Di solito si spostano lentamente attraverso la foresta, ma quando sono minacciati possono essere molto rapidi e pericolosi, sia per la loro mole che per i denti affilati che ornano le loro potenti mascelle.
 Il periodo di gestazione del Tapiro malese è di circa 390-395 giorni, dopo di che partorisce di solito un solo figlio che pesa circa 6,8 kg. 
Tutte le specie di tapiro nascono con la pelliccia marrone ornata di strisce o macchie bianche che permette loro di mimetizzarsi molto bene nella luce che penetra dalla volta della foresta. 
Questa livrea mimetica comincia ad assumere l’aspetto di quella degli adulti tra i 4 e 7 mesi di età. 
I cuccioli vengono allattati dalla madre fino a 6 . 8 mesi. 

 Il Tapirus Indicus, che nei luoghi dove vive in natura viene chiamato tenuk cipan, o badak tampung, è la più grande delle 5 specie di tapiro del mondo e l’unica che vive in Asia.
 Il suo nome scientifico si riferisce a le indie orientali, come veniva chiamato l’arcipelago malese-indonesiano, l’habitat naturale della specie.

 Il tapiro della Malesia è classificato come “a rischio” estinzione nella Lista Rossa dell’uicn.
 Le principali minacce per questi magnifici animali vengono dalle attività umane: deforestazione per scopi agricoli, inondazioni causate dallo sbarramento dei fiumi, bracconaggio e commercio illegale di carne e tapiri vivi. 

 Fonte: greenreport.it

martedì 27 ottobre 2015

Alla scoperta dell’incantevole Villa San Michele


Situata sul versante nord-orientale di Anacapri, uno dei comuni in cui si divide amministrativamente l’isola di Capri, a 327 metri di altezza dal livello del mare, si trova la stupenda Villa San Michele che tra il 1896 e il 1907 fu dimora del suo creatore, il medico e scrittore svedese Axel Munthe.
 Poco dopo il successo del libro “La storia di San Michele”, tra i libri più venduti del 900’, tradotto in 45 lingue, esperanto compreso, la Villa venne gradualmente aperta al pubblico e trasformata, dal 1950, in una casa-museo circondata da un rigoglioso giardino in cui, l’eccentrico creatore collocò 2 betulle dalla Svezia, la grande pergola, la terrazza con le colonne bianche, decine di oggetti eclettici, dalla Sfinge egiziana in granito, alla testa di Medusa del IV secolo.










La Villa San Michele, che sorge lì dove un tempo vi era una stupenda villa imperiale ed una cappella dedica a San Michele, si articola su vari livelli: al primo piano lo studio; poi vi è una loggia che attraversa pergole e colonne per giungere ad un belvedere circolare affacciato sul Golfo di Napoli. 
Nella Villa sono conservati reperti archeologici recuperati da Munthe a Capri, Anacapri e dintorni o a lui donati da amici, tra cui spiccano frammenti di sarcofagi, busti, pavimenti romani, marmi e colonne, oltre che una tomba greca.

 Si tratta, come scriveva lo stesso Munthe, di “una casa aperta al sole, al vento e alle voci del mare e, come un tempio greco, con luce, luce ovunque”. 

Nel microclima del rigoglioso giardino convivono piante tipiche della flora mediterranea e rarità, tra cui la Kochia saxicola, in via d’estinzione, sopravvissuta solo a Capri e Strombolicchio. Attualmente Villa San Michele è una stazione di ornitologia ed una meravigliosa oasi naturale che ospita studiosi e artisti, organizza manifestazioni culturali, rassegne musicali ed eventi speciali.


fonte: meteoweb.eu

Il leopardo delle nevi minacciato dai cambiamenti climatici


La popolazione dei leopardi delle nevi si è ridotta del 20% negli ultimi 16 anni ed è per questo che nel rapporto “Fragile connections – Snow leopards, people, water and the global climate” diffuso dal WWF si auspica un’azione internazionale che sia in grado di difendere dai cambiamenti climatici gli habitat montani himalayani, che forniscono acqua a centinaia di milioni di persone in tutta l'Asia. 
 Ma, se il cambiamento climatico non dovesse essere fermato, più di un terzo dell’habitat dei leopardi delle nevi verrebbe compromesso.
 Le temperature sempre più elevate, infatti, possono spostare verso maggiori altitudini il limite degli alberi e consentire all’uomo di coltivare e di allevare bestiame sempre più in alto, costringendo i leopardi delle nevi a rifugiarsi in zone sempre più strette e frammentate.


“Occorre un intervento urgente per frenare i cambiamenti climatici e prevenire un ulteriore degrado dell’habitat del leopardo delle nevi, altrimenti questo straordinario felino definito il 'fantasma delle montagne' potrebbe scomparire, insieme con le riserve d'acqua che sono vitali per centinaia di milioni di persone”, ha detto Rishi Kumar Sharma, Leader del programma sul leopardo delle nevi del WWF, che sta coordinando la prima strategia globale mai realizzata dal WWF per la conservazione della specie.
 Del leopardo delle nevi – inserito dall’IUCN (Unione Mondiale della Conservazione della Natura) nella categoria “Endangered” della Lista Rossa delle specie minacciate – restano soltanto 4mila esemplari.
 Il cambiamento climatico, che aggrava minacce come la perdita dell’habitat o i conflitti con le comunità, potrebbe spingere la specie oltre la soglia dell’estinzione, al pari di altre specie come gli orsi polari, i pinguini di Adelia, i trichechi, le pernici bianche, i fenicotteri andini.






Il WWF ha lanciato la Campagna Clima anche per salvare queste specie. 
Il WWF aspetta un segnale forte e concreto dalla 21° COP (la Conferenza delle Parti) della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici dell’ONU che si terrà a Parigi, dove è necessario trovare un nuovo accordo globale per fronteggiare i cambiamenti climatici. 

 Il leopardo delle nevi è purtroppo minacciato anche dal bracconaggio, che alimenta il commercio illegale, e dalle uccisioni da parte di pastori “in segno di ritorsione a causa della perdita di animali d’allevamento e il calo di prede naturali”, riferisce Sami Tornikoski, leader dell’Iniziativa globale del WWF Living Himalayas.
 Clima e uomini, insomma, un vero problema per questi e mille altri animali.
 Due anni fa, i dodici paesi dell'area in cui è presente il leopardo delle nevi hanno firmato a Bishkek un accordo globale, lo Snow Leopard and Ecosystem Protection Program, per impegnarsi per la conservazione della specie e per una nuova era di collaborazione tra governi, organizzazioni internazionali e gruppi della società civile. Ma, se tutto il globo non affronta i cambiamenti climatici in modo drastico, il cerchio si chiuderà soltanto con la disastrosa estinzione di specie così rare. 

 Germana Carillo

lunedì 26 ottobre 2015

Li Galli, il bellissimo arcipelago a forma di delfino


Visto dall’alto sembra proprio un delfino, nella realtà è Li Galli un piccolissimo arcipelago formato da tre isolotti che si affacciano tra Capri e Positano. 
Attualmente è di proprietà privata e quindi è possibile visitarlo solo su invito, i meno fortunati possono però ammirarlo da lontano facendo un tour in barca. 

L’arcipelago è formato da Gallo lungo -che è l’isola più grande-, La rotonda e La Castelluccia, tutta la zona fa parte dell’area marina protetta di Punta Campanella. 
E’ conosciuto anche come La Sireneuse, perché secondo la leggenda un tempo era proprio abitato da sirene, che ammaliavano con il loro canto i marinai in transito.


Sempre secondo la mitologia solo due navi riuscirono a non naufragare contro gli scogli, quella di Ulisse la cui storia è narrata nell’Odissea di Omero e quella degli Argonauti che si salvarono grazie a Orfeo.
Si dice poi che lo stesso nome Li Galli derivi proprio dall’iconografia delle sirene che, nell’arte greca arcaica, non sono metà donna e metà pesce ma piuttosto, metà donna e metà uccello.




L’arcipelago fu scoperto negli anni Venti dal ballerino e coreografo russo Leonide Massine, all’epoca Li Galli era coperto da rovine romane ed era disabitato, egli l’acquistò e ci fece una villa grazie all’architetto Le Corbusier e un teatro.
 Alla sua morte, venne acquistato da un danzatore russo Rudolf Nureyev che aveva il sogno di realizzare una scuola di ballo.
 La sua scomparsa prematura glielo impedì e nel 1988 l’isola rimase di nuovo disabitata.






Dal 1993, è in mano all’ imprenditore sorrentino Giovanni Russo che acquistò l'arcipelago per quattro miliardi e ottocento milioni di vecchie lire. 
Nell’isola c’è una villa di tre piani con pareti addobbate con mosaici turchi e andalusi e all' interno sono raccolti tappeti klimt e bronzi anatolici. 

Tanti i personaggi che Li Galli ha ospitato da Greta Garbo a Roberto Rossellini, da Anna Magnani a Ingrid Bergman, da Jacqueline Kennedy a Aristotele Onassis e ancora Hilary Clinton e Franco Zeffirelli. 

 Nel 2002 circolò la voce – poi smentita da Giovanni Russo, proprietario di Li Galli – che l’isola fosse in affitto per 55 mila euro a settimana, il prezzo comprendeva i pasti e l’uso dello yacht. 
Che sia stato vero o meno poco importa, visto il costo inaccessibile, non rimane che consolarsi guardando lo splendido delfino almeno da lontano.

 Dominella Trunfio

Alla conquista del West


Bodie è un'autentica città fantasma, la più grande degli Stati Uniti. Si trova in California, nella contea di Mono.
 Fondata nel 1859, dopo più di un secolo, nel 1962, è diventata Parco Storico. Oggi, infatti, rimangono più di 150 edifici conservati in un perfetto stato... d'abbandono. 

 Bodie ha avuto una rapida ascesa e un altrettanto veloce declino. 
Quando nel 1877 vennero scoperte numerose e ricche miniere d'oro, i cercatori di fortuna arrivarono da tutto il mondo. 
All'apice del suo splendore, intorno al 1880, raggiunse i 10 mila abitanti ed era famosa come la città del peccato: aveva un grande quartiere a luci rosse dove si contavano 65 bordelli e saloon. Sparatorie e rapine erano all'ordine del giorno. 
Ma una volta esauritosi l'oro, fu lentamente abbandonata.














Come era









Fonte: focus.it