venerdì 3 ottobre 2014
Stupendi Iceberg Striati e Multicolori!
L'Antartide è uno dei continenti più affascinanti e misteriosi sulla Terra, ma normalmente lo immaginiamo come una semplice lunga distesa di bianco. Invece è molto più ricco di colori di così!
Un esempio è questo stupendo iceberg multicolore fotografato lungo le coste dell'Antartide, a circa 2.700 km dal Cape Town, Sud Africa.
L'immagine non è l'unica di simili iceberg colorati e ghiacciai striati, ma come si spiegano?
Ecco la spiegazione degli scienziati della Divisione Antartica del Governo dell'Australia:
"Gli Iceberg si formano dal ghiaccio glaciale che a sua volta si è formato dalla caduta di neve sul continente lungo migliaia di anni. Il ghiaccio è fatto di acqua pura e fluisce lentamente verso la costa, normalmente dopo essersi rotto da un più grande iceberg o dalla costa stessa o da calotte di ghiaccio.
Dato che questi blocchi sono molto spessi e galleggiano, l'acqua sotto interagisce in modo particolare con il ghiaccio.
Man mano che l'acqua marina viene spinta verso il basso, sotto l'iceberg, per via delle correnti oceaniche, diventa super-fredda. Sotto certe speciali condizioni, può anche ghiacciare sulla base del ghiacciaio stesso.
Dato che il ghiaccio si forma con acqua marina, è differente da quello che si forma con l'acqua dolce della costa stessa dell'Antartide.
Spesso, l'acqua marina che ghiaccia, contiene anche tanta materia organica e minerali, e questo le da un colore differente e diversi pattern e texture.
Così, gli iceberg che si spezzano, potrebbero mostrare tracce di passati momenti di glaciazione dell'acqua marina, come una stratigrafia minerale.
I colori possono variare da un bianco-blu profondo glaciale, fino a ghiacci più verdi e colorati, in base all'acqua marina ghiacciata.
Poi gli stessi iceberg subiscono le onde che li ri-modellano ed erodono, lisciandoli.
Anche il ghiaccio puro può avere simili pattern colorati.
Questo può succedere come risultato dello scioglimento che può avvenire sul continente stesso, prima che l'iceberg se ne separi. Fratture abbastanza alte nel plateau dell'Antartide possono essere riempite da acqua sciolta dal ghiaccio e poi ghiacciare nuovamente, e questo produce le striature e la matrice blu.
Dopo l'erosione continua, e la fratturazione di separazione, gli iceberg possono finire per mostrare queste spettacolari striature."
Quali sono le persone più isolate del mondo?
Quelle che appartengono a tribù senza alcun contatto con il resto dell’umanità, le cosidette tribù incontattate.
Si stima che questi gruppi siano ancora un centinaio: circa 40 in Brasile, 15 in Perù, e altri in quei Paesi in cui si estende la foresta amazzonica, come Bolivia, Colombia, Ecuador e Paraguay. Ma ce ne sono anche in Nuova Guinea e nelle isole Andamane, nell’oceano Indiano.
Nel 2011, Survival International, un’organizzazione per la salvaguardia dei popoli indigeni, ha diffuso un filmato che ritrae una tribù dell’Amazzonia brasiliana, al confine con il Perù. È la prima ripresa aerea di un “gruppo di isolati” e permette di conoscere particolari sulle sue abitudini: i suoi membri si tingono il corpo di rosso con estratti di piante spontanee, si cibano di banane, papaia e tapioca, hanno capanne di tronchi e fronde di banano e possiedono qualche oggetto metallico, come tegami e maceti, ottenuti dal commercio tra tribù.
Gli studi sugli indios isolati sono relativamente recenti.
In Brasile a condurli sono i “sertanisti”, antropologi avventurieri.
Il primo di loro fu il maresciallo Candido Mariano da Silva Rondon, che contattò varie tribù all’inizio del secolo scorso.
Il suo motto, “Morire se necessario, uccidere mai”, è divenuto il manifesto dei veri sertanisti.
In Papua Nuova Guinea, invece, la ricerca è stata avviata da antropologi e linguisti, attratti dal fatto che sull’isola si concentrano circa 800 lingue delle 5.000 parlate sul pianeta.
L’olandese Johannes Velduizen è stato il primo a contattare, negli anni ’70, i Korowai, uno degli ultimi popoli della Terra che costruisce le case sugli alberi.
Nascondersi è una scelta obbligata per molti di questi popoli, per sopravvivere alle invasioni di latifondisti senza scrupoli, bracconieri e cercatori d’oro, che spesso li aggrediscono, li uccidono, li stordiscono con l’alcol e stuprano le loro donne. Sappiamo poco di loro: sono per lo più nomadi e basano il loro sostentamento su caccia e pesca e sulla raccolta di vegetali, usati per nutrirsi, curarsi, ma anche per costruire case, intrecciare cesti e amache, produrre armi, per dipingersi il corpo e celebrare riti, per distillare veleni, saponi e profumi.
Da : http://www.focus.it
Si stima che questi gruppi siano ancora un centinaio: circa 40 in Brasile, 15 in Perù, e altri in quei Paesi in cui si estende la foresta amazzonica, come Bolivia, Colombia, Ecuador e Paraguay. Ma ce ne sono anche in Nuova Guinea e nelle isole Andamane, nell’oceano Indiano.
Nel 2011, Survival International, un’organizzazione per la salvaguardia dei popoli indigeni, ha diffuso un filmato che ritrae una tribù dell’Amazzonia brasiliana, al confine con il Perù. È la prima ripresa aerea di un “gruppo di isolati” e permette di conoscere particolari sulle sue abitudini: i suoi membri si tingono il corpo di rosso con estratti di piante spontanee, si cibano di banane, papaia e tapioca, hanno capanne di tronchi e fronde di banano e possiedono qualche oggetto metallico, come tegami e maceti, ottenuti dal commercio tra tribù.
Gli studi sugli indios isolati sono relativamente recenti.
In Brasile a condurli sono i “sertanisti”, antropologi avventurieri.
Il primo di loro fu il maresciallo Candido Mariano da Silva Rondon, che contattò varie tribù all’inizio del secolo scorso.
Il suo motto, “Morire se necessario, uccidere mai”, è divenuto il manifesto dei veri sertanisti.
In Papua Nuova Guinea, invece, la ricerca è stata avviata da antropologi e linguisti, attratti dal fatto che sull’isola si concentrano circa 800 lingue delle 5.000 parlate sul pianeta.
L’olandese Johannes Velduizen è stato il primo a contattare, negli anni ’70, i Korowai, uno degli ultimi popoli della Terra che costruisce le case sugli alberi.
Nascondersi è una scelta obbligata per molti di questi popoli, per sopravvivere alle invasioni di latifondisti senza scrupoli, bracconieri e cercatori d’oro, che spesso li aggrediscono, li uccidono, li stordiscono con l’alcol e stuprano le loro donne. Sappiamo poco di loro: sono per lo più nomadi e basano il loro sostentamento su caccia e pesca e sulla raccolta di vegetali, usati per nutrirsi, curarsi, ma anche per costruire case, intrecciare cesti e amache, produrre armi, per dipingersi il corpo e celebrare riti, per distillare veleni, saponi e profumi.
Da : http://www.focus.it
Manuel Barrantes: l'”uomo talpa” che ha impiegato 10 anni per costruire la sua “Topolandia”
Manuel Barrantes, sessantaduenne della Costa Rica, conosciuto come “El Hombre Topo”, ovvero l’“uomo talpa”, o anche come “uomo delle caverne”, ha impiegato un decennio per costruire, munito solo di carriole, secchi, pale e picconi, una geniale casa sotterranea, dove risiede con sua moglie e le sue due figlie, divenuta un vero e proprio museo ecologico che accoglie turisti da ogni angolo del mondo, anche con l’intento di far appassionare i piccoli all’archeologia e alla geografia.
La simpatica abituazione scavata nel terreno, conosciuta come “Topolandia”, che si trova a Perez Zeledon, un cantone di San Josè, nella provincia di Costa Rica, è dotata di oltre 400 metri quadrati di gallerie, con pareti e corridoi sotterranei adornati da sculture intagliate a mano, rappresentanti tartarughe, dinosauri e perfino personaggi televisivi come i Flintstones e Chapulin Colorado, piena di animali imbalsamati ed oggetti di antiquariato.
Barrantes, viaggiando sin da giovane con lo zaino sulle spalle, appassionato della cultura indigena, si è avventurato in Tica bus alla scoperta di Panama, ha viaggiato in aereo sino in Colombia, per poi scoprire il fascino di Ecuador, Perù, Bolivia, Cile e Argentina, attraversare le Ande e percorrere il deserto per capire come vivevano i cavernicoli.
Il più grande tunnel all’interno della casa misura almeno 16 metri di profondità, con un comodo salotto per accogliere i visitatori; camere da letto con letti in pietra, 9 finestre per l’aria fresca, sale conferenze, pozzi con acqua cristallina, bagni e docce.
Nonostante l’abitazione sia in stile cavernicolo, l’aspetto inganna,poiché è dotata di tutti i confort moderni: è infatti alimentata dall’energia elettrica e dispone di telefono fisso per le comunicazioni, oltre ad essere isolata naturalmente dal caldo e dal freddo.
Barrantes, che scherzosamente vuol continuare a scavare fino a trovare la strada che conduce in Cina, traendo ispirazione dai suoi numerosi viaggi in Europa e Sud America dove ha lavorato come minatore ed ha imparato le varie tecniche di scavo, è riuscito a realizzare una dimora unica per proteggere la sua famiglia dal riscaldamento globale, dalle piogge acide e dai terremoti.
Fonte: http://www.meteoweb.eu/
Miao Room, Cina: alla scoperta della caverna piu' grande del mondo
Si trova in Cina la caverna più grande del mondo.
Miao Room, che fa parte del sistema di grotte di Gebihe, che si trova nel Ziyun Getu He National Park, nella provincia di Guizhou, dopo nuove analisi ha conquistato il primato. È la più ampia al mondo mai osservata.
L’enorme caverna (le più grandi grotte del mondo si trovano nella stessa zona) è stata “scoperta” grazie a una spedizione che è stata finanziata dalla National Geographic.
La cava è stata mappata tramite laser in 3D per la prima volta e, appunto, le nuove misurazioni hanno permesso di scoprire che è quella che ha maggiore volume.
Secondo il National Geographic è grande 10,78 milioni di metri cubi.
La grandezza della Miao Room in Cina supera quella della Sarawak Chamber in Malesia, detentore del titolo passato, di circa il 10 per cento.
“Per me è stato come scoprire che il K2 è più alto dell’Everest”, così ha raccontato al National Geographic Tim Allen, uno dei leader della spedizione che ha studiato la grotta cinese.
La grotta contiene anche stalagmiti alte 45 metri.
Per più di 600 milioni di anni l’area in cui sorgono le grotte di Gebihe era ricoperta dal mare: in questo periodo nella zona si sono depositati spessi strati di sedimenti, come il calcare tenero.
Il sollevamento della zona e quindi l’erosione dello strato di calcare ha dato poi vita alla caverna come appare adesso.
Alcune parti della grotta cinese sono comunque ancora sconosciute.
http://www.fanpage.it