giovedì 18 settembre 2014
La mappa che usò Cristoforo Colombo
Oggi è ancora possibile farsi un’idea di come Cristoforo Colombo arrivò a scoprire l’America.
Nella Beinecke Rare Book & Manuscript Library dell’Università di Yale è infatti custodita una mappa realizzata nel 1491 dal cartografo tedesco Henricus Martellus, e secondo gli esperti si tratterebbe proprio di quella utilizzata dall’esploratore genovese per progettare il suo famoso viaggio verso le Indie.
Come tutte le cartine dell’epoca, la mappa è coperta di annotazioni che illustrano caratteristiche geografiche dei territori, così come usi e costumi delle popolazioni che li abitano.
Testi che potrebbero rivelare particolari fondamentali su quello che sapeva Colombo quando organizzò la sua spedizione, ma che in oltre 500 anni sono ormai divenuti illeggibili.
Un nuovo progetto, finanziato dal National Endowment for the Humanities del governo americano, ha deciso di riportare alla luce questi testi perduti, utilizzando una tecnica chiamata multispectral imaging.
La mappa di Martellus rappresenta l’Europa, l’Africa e l’Asia, ossia tutto il mondo conosciuto prima che Colombo scoprisse accidentalmente il continente americano.
Si tratta di una grossa cartina di 1,2 metri x 2, completamente coperta di scritte oggi illeggibili: note geografiche, annotazioni prese da Il Milione di Marco Polo, indicazioni su dove trovare perle e mostri marini, e descrizioni degli abitanti di paesi lontani.
Un piccolo box nel nord dell’Asia (ancora parzialmente leggibile) descrive ad esempio la popolazione dei Balor, un popolo che vive “senza vino o grano, sostentandosi di carne di cervo, e cavalcando cavalli simili a cervi”.
Per recuperare tutte queste informazioni, estremamente interessanti per comprendere la genesi dell’impresa di Colombo, nei prossimi mesi un team di ricercatori sarà a lavoro sulla mappa con il multispectral imaging, tecnica che consiste nel riprendere immagini a determinate frequenze di luce, compreso l’ultravioletto e l’infrarosso, che vengono poi ricombinate e processate digitalmente per portare alla luce particolari prima invisibili.
Ci vorranno diversi mesi prima che i ricercatori inizino a decifrare i testi perduti, perché bisogna procedere per tentativi ed errori, utilizzando combinazioni differenti di immagini per ogni parte della mappa.
Quando il lavoro sarà finito, probabilmente entro il prossimo anno, l’immagine finale sarà resa pubblica sul sito web della Beinecke Digital Library di Yale.
Fonte : http://www.wired.it/
L'airglow: la spettacolare luminescenza notturna fotografata nei cieli del Tibet
Dopo un violento temporale sul Bangladesh, lo scorso aprile, nei cieli del vicino altopiano tibetano è apparso questo curioso spettacolo: una specie di gigantesco ed etereo "bersaglio" luminoso, prontamente immortalato dal fotografo cinese Jeff Dai a 4.450 metri di altitudine.
Lo strano evento è il risultato di due diversi fenomeni conosciuti: l'airglow e le onde di gravità atmosferiche.
L'airglow o luminescenza notturna è un debole bagliore luminoso dell'atmosfera terrestre visibile solo al buio (di giorno è celato dai raggi solari), dovuto all'eccitazione degli atomi di ossigeno ed azoto in atmosfera, ionizzati dalla radiazione ultravioletta del Sole durante il giorno. Questo fenomeno ottico fa sì che, anche di notte, il cielo non sia mai completamente buio, ma brilli di un debole bagliore nei toni del verde.
Le strutture circolari sono invece causate dalle onde di gravità, zone di pressione alternata che si formano in atmosfera (in questo caso, a circa 90 chilometri di altezza), provocate dal contrasto tra i movimenti verticali ascendenti e discendenti dell'aria in atmosfera e particolarmente visibili dopo le tempeste.
Tratto da focus.it