mercoledì 28 maggio 2014
Gli Egizi usavano le meteoriti come gioielli
Uno studio inglese ha analizzato una perlina di ferro egizia vecchia di 5.000 anni fa: in apparenza non sembra granché, tuttavia nasconde uno spettacolare passato.
I ricercatori hanno scoperto che l’antico gingillo è stato fatto con un meteorite.
Il risultato, pubblicato su Meteoritics & Planetary Science, spiega come gli antichi Egizi ottenessero il ferro millenni prima delle prime tracce di fusione del ferro trovate nella regione.
Parrebbe inoltre che i meteoriti venissero considerati in modo speciale nella loro religione. “Il cielo era molto importante per gli antichi Egizi,” dice Joyce Tyldesley, egittologa presso l’Università di Manchester e co-autore della ricerca.
“Qualcosa che cade dal cielo viene considerato come un dono degli dèi”.
La perlina a forma cilindrica è uno delle nove trovate nel 1911 in un cimitero di Gerzeh, 70 chilometri a sud del Cairo.
Risalgono a circa il 3.300 a.C., rendendo questi manufatti i più antichi in ferro conosciuti in Egitto.
Uno studio condotto nel 1928 aveva rilevato che il ferro contenuto nelle perline aveva un alto contenuto di nichel – tipico dei meteoriti di ferro – e aveva portato alla proposta dell’origine celeste.
Ma negli anni ’80 gli studiosi avevano sostenuto che un’accidentale fusione precoce avrebbe potuto portare a tale arricchimento di nichel, e una più recente analisi aveva mostrato un basso contenuto di nichel sulla superficie.
Per risolvere la questione, Diane Johnson, scienziata della Open University di Milton Keynes, e i suoi colleghi hanno usato la microscopia elettronica e la tomografia computerizzata per analizzare una delle perline.
Le analisi hanno dimostrato che in origine il contenuto di nichel in questo metallo era alto – fino al 30% – e dunque era effettivamente un meteorite.
Il metallo aveva inoltre una particolare struttura cristallina chiamata Widmanstätten.
Questa struttura si trova solo nei meteoriti di ferro che si sono raffreddati molto lentamente dentro gli asteroidi quando il Sistema Solare si stava formando.
Usando la tomografia, i ricercatori hanno poi costruito un modello tridimensionale della struttura interna, scoprendo che gli Egizi l’avevano modellato martellandolo su una lamina piatta poi piegata a forma di tubo.
La prima prova di fusione del ferro in Egitto appare nella documentazione archeologica del VI secolo a.C.
Solo una manciata di manufatti in ferro sono stati scoperti nella regione da prima di allora, e tutti provengono da tombe di alto rango, come quella di Tutankhamon.
“Il ferro era fortemente associato a regalità e potere”, dice Johnson. Si credeva infatti che oggetti di tale materiale divino garantissero al defunto un passaggio prioritario nell’aldilà.
Figure di Widmanstätten su una meteorite incisa con acido (wikipedia) Campbell Price, curatore al Museo di Manchester di Egitto e Sudan, non coinvolto nello studio, afferma che non si sa nulla di certo riguardo le credenze religiose degli Egizi prima dell’avvento della scrittura.
Ma sottolinea che in seguito, all’epoca dei faraoni, gli dèi erano creduti avere le ossa di ferro.
Un’ipotesi è che i meteoriti possano aver ispirato questa convinzione: le rocce celesti forse furono interpretate come i resti fisici degli dèi che cadevano sulla Terra.
Se otterrà i permessi necessari, le analisi di Johnson continueranno anche su altri oggetti di ferro.
I ricercatori hanno scoperto che l’antico gingillo è stato fatto con un meteorite.
Il risultato, pubblicato su Meteoritics & Planetary Science, spiega come gli antichi Egizi ottenessero il ferro millenni prima delle prime tracce di fusione del ferro trovate nella regione.
Parrebbe inoltre che i meteoriti venissero considerati in modo speciale nella loro religione. “Il cielo era molto importante per gli antichi Egizi,” dice Joyce Tyldesley, egittologa presso l’Università di Manchester e co-autore della ricerca.
“Qualcosa che cade dal cielo viene considerato come un dono degli dèi”.
La perlina a forma cilindrica è uno delle nove trovate nel 1911 in un cimitero di Gerzeh, 70 chilometri a sud del Cairo.
Risalgono a circa il 3.300 a.C., rendendo questi manufatti i più antichi in ferro conosciuti in Egitto.
Uno studio condotto nel 1928 aveva rilevato che il ferro contenuto nelle perline aveva un alto contenuto di nichel – tipico dei meteoriti di ferro – e aveva portato alla proposta dell’origine celeste.
Ma negli anni ’80 gli studiosi avevano sostenuto che un’accidentale fusione precoce avrebbe potuto portare a tale arricchimento di nichel, e una più recente analisi aveva mostrato un basso contenuto di nichel sulla superficie.
Per risolvere la questione, Diane Johnson, scienziata della Open University di Milton Keynes, e i suoi colleghi hanno usato la microscopia elettronica e la tomografia computerizzata per analizzare una delle perline.
Le analisi hanno dimostrato che in origine il contenuto di nichel in questo metallo era alto – fino al 30% – e dunque era effettivamente un meteorite.
Il metallo aveva inoltre una particolare struttura cristallina chiamata Widmanstätten.
Questa struttura si trova solo nei meteoriti di ferro che si sono raffreddati molto lentamente dentro gli asteroidi quando il Sistema Solare si stava formando.
Usando la tomografia, i ricercatori hanno poi costruito un modello tridimensionale della struttura interna, scoprendo che gli Egizi l’avevano modellato martellandolo su una lamina piatta poi piegata a forma di tubo.
La prima prova di fusione del ferro in Egitto appare nella documentazione archeologica del VI secolo a.C.
Solo una manciata di manufatti in ferro sono stati scoperti nella regione da prima di allora, e tutti provengono da tombe di alto rango, come quella di Tutankhamon.
“Il ferro era fortemente associato a regalità e potere”, dice Johnson. Si credeva infatti che oggetti di tale materiale divino garantissero al defunto un passaggio prioritario nell’aldilà.
Figure di Widmanstätten su una meteorite incisa con acido (wikipedia) Campbell Price, curatore al Museo di Manchester di Egitto e Sudan, non coinvolto nello studio, afferma che non si sa nulla di certo riguardo le credenze religiose degli Egizi prima dell’avvento della scrittura.
Ma sottolinea che in seguito, all’epoca dei faraoni, gli dèi erano creduti avere le ossa di ferro.
Un’ipotesi è che i meteoriti possano aver ispirato questa convinzione: le rocce celesti forse furono interpretate come i resti fisici degli dèi che cadevano sulla Terra.
Se otterrà i permessi necessari, le analisi di Johnson continueranno anche su altri oggetti di ferro.
Nel Duomo di Pisa è stato scoperto un tesoro medioevale nella tomba di Enrico VII
Quel sarcofago era stato aperto l'ultima volta nel 1921 quando, in occasione del 600° anniversario della morte di Dante, il monumento contenente le spoglie dell'imperatore Enrico VII fu ricollocato nel transetto destro del Duomo di Pisa insieme al suo corredo funerario.
Sono state l'apertura dello scorso ottobre e l'indagine ancora in corso, compiuta con strumenti e tecniche all'avanguardia, a svelare la reale importanza del tesoro custodito per sette secoli all'interno della cassa: oltre ai simboli del potere – corona, scettro e globo in argento dorato – la sorpresa maggiore è stata riservata da un drappo rettangolare lungo oltre tre metri, una rara testimonianza della produzione aulica di stoffe seriche degli inizi del XIV secolo.
Vista l'eccezionalità degli oggetti e considerato il contesto storico di riferimento, si è deciso di destinare gli elementi del corredo al Museo dell'Opera del Duomo.
L'ispezione della tomba è stata un'impresa molto impegnativa, che ha richiesto la collaborazione dei diversi enti interessati, Arcivescovado e Capitolo della Cattedrale, Opera della Primaziale Pisana, Soprintendenza BAPPSAED e Università di Pisa, i cui rispettivi rappresentanti hanno formato un comitato con il compito di seguirne tutte le fasi.
Rotti i sigilli dell'ultima ricognizione, all'interno della cassa sono apparsi i resti mortali dell'imperatore avvolti in un drappo, sopra il quale erano appoggiati la corona, lo scettro e il globo.
I tre oggetti richiamano con forte immediatezza le immagini dell'imperatore contenute nel resoconto illustrato in 73 miniature del suo viaggio in Italia, commissionato dopo il 1330 dal fratello Baldovino, arcivescovo di Treviri, e ora conservato a Coblenza nel Landeshauptarchiv.
Nella cassa era inoltre presente un contenitore cilindrico di piombo con dentro una carta, rivelatasi in seguito settecentesca e riferibile alla ricognizione avvenuta in questo secolo.
A questo punto ha avuto indizio l'indagine vera e propria, che ha svelato il contenuto in tutta la sua consistenza.
Quello che nel verbale del 1921 era sommariamente definito «un drappo sottile tessuto a fasce» si è rivelato fin da subito un documento di grande interesse per peculiarità e consistenza: si tratta infatti di un telo rettangolare di grandi dimensione – oltre 300 cm di lunghezza per 120 di larghezza – realizzato in seta a bande orizzontali alte circa 10 cm, alternate nei colori – particolarmente ricchi di significato simbolico – nocciola rosato (dal rosso originale) e azzurro.
Le bande azzurre risultano operate in oro e argento con coppie di leoni affrontati, emblema per eccellenza della sovranità, mentre una complessa decorazione monocroma tono su tono, allo stato attuale non ancora decifrabile, è presente nelle fasce rosate.
Una fascia di coloro rosso violaceo listata in giallo, posta in alto all'inizio della pezza, reca all'interno tracce d'iscrizione.
Elemento che rende peculiare, se non unico, il manufatto è la presenza sui lati lunghi delle cimose e sui lati corti di due bande a piccoli scacchi, che segnano l'inizio e la fine della pezza: ciò definisce di fatto le dimensioni del drappo e potrà fornire importanti indicazioni utili per definirne la destinazione d'uso.
Altre rivelazioni sui resti di Enrico VII arriveranno presto da Francesco Mallegni, antropologo dell'Università di Pisa, che ha provveduto alla ricomposizione dello scheletro e del cranio.
Tali operazioni, con i necessari interventi di restauro e l'applicazione di opportune metodologie, hanno consentito per ora di valutare la statura in vita dell'imperatore, risultata di circa 1,78 metri e di valutare l'età alla morte in circa 40 anni. Ulteriori analisi su piccolissimi frammenti inviati a laboratori specializzati potranno offrire nuovi elementi per chiarire lo stato di salute, le cause di morte e il trattamento del cadavere dell'imperatore dopo il precoce decesso avvenuto a Ponte D'Arbia nel 1313.
Tratto da : http://www.unipi.it/
Il Triangolo delle Bermuda dello spazio
C'è una regione bizzarra nello Spazio appena sopra il Brasile, nell'orbita della Terra, dove i computer a bordo della Stazione Spaziale Internazionale vanno regolarmente in crash, i telescopi e i satelliti smettono di funzionare, e gli astronauti riferiscono di vedere strane luci lampeggiare davanti ai loro occhi.
Anche se la regione è tecnicamente definita come Anomalia del Sud Atlantico (SAA), è conosciuta popolarmente come "Il Triangolo delle Bermuda dello Spazio".
Tuttavia, a differenza dell'originale, non c'è nulla di misterioso o fantascientifico: gli scienziati riconoscono che esiste, e hanno cominciato a tracciarne i confini.
La SAA è l'area in cui la parte inferiore delle fasce di Van Allen si avvicinano alla superficie della Terra.
Il campo magnetico terrestre è noto per non essere uniforme: esistono delle regioni in cui si registrano valori più bassi.
Uno di questi "punti deboli" si trova in corrispondenza dell'area del Triangolo delle Bermuda dello Spazio.
Qui l'intensità delle radiazioni è più elevata rispetto a quella del resto del pianeta.
L'anomalia, proprio per il basso valore del campo magnetico terrestre, rappresenta una piccola "buca" nello scudo magnetico della Terra.
Quando questi anelli di radiazioni furono scoperti nel 1950, gli scienziati sospettavano che la SAA avrebbe potuto comportare qualche rischio.
Per questo motivo i veicoli spaziali, come il telescopio Hubble, sono programmati per spegnere i loro strumenti delicati quando sorvolano quello spazio, proprio per evitare i danni.
Anche la Stazione Spaziale Internazionale è dotata di una schermatura in più per affrontare questo problema.
Un team di scienziati guidati da Riccardo Campana dell'Istituto Nazionale di Astrofisica di Bologna sta progettando un telescopio spaziale che orbiti attraverso la parte inferiore della zona di pericolo, che non è mai stata studiata accuratamente.
Per valutare meglio i rischi, il team ha analizzato i dati di radiazione raccolti da un satellite di monitoraggio a raggi X, il BeppoSAX , attivo dal 1996 al 2003.
Aveva un'orbita simile a quella prevista per il nuovo telescopio, che regolarmente attraversava i confini dell'anomalia, ed era stato equipaggiato con un rivelatore di radiazione.
I ricercatori hanno scoperto che i livelli di radiazione nello strato inferiore del SAA erano molto meno che negli strati superiori.
Hanno anche visto che l'anomalia si sta lentamente spostando verso est. Ogni anno i confini si spostano di circa 34 chilometri più vicino all'Africa, il che significa che dal 2114 la SAA si troverà più vicino alla costa della Namibia.
Tratto da : diregiovani.it
Gli angeli
Dal greco angelos, che vuol dire “messaggero”, gli Angeli sono presenti in tutte le culture e tradizioni fin da epoche assai remote.
E ancora oggi! In molti, infatti, ancor oggi credono nell’esistenza degli Angeli, anche se nessuno può affermare di averne visto uno. Creature piene di fascino e di splendore, circondati di mistero e suggestione, gli Angeli appartengono ad un mondo evanescente e fantastico, ai confini tra materia e spiritualità.
E tale è anche il loro aspetto: luminoso ed evanescente ed al contempo composto di materia.
Caratteristica principale, oltre alla “sostanza”? Le ali, di cui sono provvisti.
Nella Bibbia, però, non sempre hanno ali, ma utilizzano le Scale celesti per salire in cielo ed assumono forma umana per portare messaggi divini agli uomini.
Forma umana, infatti, hanno gli Angeli che si presentano ad Abramo per annunciargli il concepimento di Isacco o per impedirgli il suo sacrificio.
Così è anche quando, con il nome di Azaria, l’arcangelo Raffaele accompagna e protegge Tobia nel suo viaggio.
Ed è sempre un messaggero di Dio, anche se Dio ha cambiato nome e non si chiama più Jeowa, ma Allah, quello da cui Maometto riceverà la Rivelazione: Jabrà, ossia Gabriele.
Gli altri due sono: Israfil, cioè Raffaele, l’Arcangelo che suonerà le Trombe della Resurrezione e Mikail o Michele, colui che è alla guida delle azioni dell’uomo.
Li troviamo attivamente all’opera anche nel Cristianesimo: nell’Annunciazione alla Vergine Maria, in quella ai pastori di Betlemme… E ancora: fu un Angelo a confortare Cristo sull’alto del Monte degli Ulivi quando andò a pregare prima della Passione. Fu ancora un angelo ad aprire la porta della prigione a Pietro e l’elenco sarebbe davvero lungo.
Una caratteristica dell’Apocalisse, infine, è proprio la mediazione degli Angeli i quali saranno chiamati a recare il messaggio divino alle 7 Chiese.
Gli Angeli Custodi?
E’ radicata la convinzione che ognuno di noi abbia un Angelo Protettore o Custode che ci guida nel nostro cammino ed agisce a livello umano.
Già nelle società primitive si credeva all’esistenza di uno Spirito Protettore.
Nella cultura ebraica si parla di Angeli Protettori non solo degli uomini, ma anche della Natura: Angeli del mare, Angeli dell’aria, angeli del fuoco, ecc.
In Mesopotamia, Spiriti benigni dall’aspetto di grifoni alati anticipano le figure di Angeli ed Arcangeli di qualche millennio. Nella mitologia greca i messaggeri degli Dei erano raffigurati con le ali proprio come gli Angeli. Ali d’oro e caduceo, che era l’insegna del messaggero.
Il caduceo era un’asta con due serpenti attorcigliati e terminanti con due ali. Messaggeri delle Divinità greche e romane erano Iride, personificazione dell’arcobaleno, che congiunge cielo e terra ed Ermes o Mercurio, simbolo del mistero e dell’arcano.
Angeli custodi si trovano anche in Persia: i fravashi, copia perfetta ma evanescente di ogni individuo. Un po’ come il Ba degli egizi, detto anche il “Doppio”, essendo la copia esatta di ogni essere umano, ma trasparente e di puro spirito.
Sempre in Persia, Zoroastro, profeta di Ahura, riferì che il mondo era stato creato proprio con l’aiuto di Spiriti benigni: sette angeli. Esiste una gerarchia nella società angelica?
Pare di sì! Gli Ordini Angelici sarebbero nove, divisi in ulteriori tre Ordini.
Al primo Ordine apparterrebbero: Cherubini - Serafini - Troni
Al secondo ordine: Dominazioni - Virtù - Potenza
Al terzo ordine Principati - Angeli - Arcangeli.
Gli Angeli sarebbero tanti mentre gli Arcangeli, di grado superiore, sarebbero quattro, ma noi ne conosciamo il nome solamente di tre di loro: Gabriele - Raffaele - Michele.
Per alcuni il quarto arcangelo sarebbe Emanuele.
Il sesso degli Angeli? Se ne discute da secoli, ma secondo l’opinione dei più, gli Angeli sarebbero asessuati, anche se possono apparire con aspetto umano maschile quanto femminile.
FERMIAMOLI!!!
Sprechi alimentari: l’UE propone l'eliminazione delle scadenze di pasta, riso e caffe
Eliminare le scadenze degli alimenti a lunga conservazione per ridurre gli sprechi alimentari.
Ecco la strategia che l’Unione Europea potrebbe mettere in atto per contenere il problema dell’accumulo di rifiuti alimentari sul proprio territorio.
A comunicarlo è la Coldiretti, che rende noto che l’UE si appresterebbe a rivedere le norme relative alle scadenze riportate sulle etichette dei prodotti alimentari.
Da prodotti come pasta, riso, caffè e formaggi stagionati potrebbero scomparire le diciture “Da consumarsi preferibilmente entro”.
La proposta è all’ordine del giorno della riunione del Consiglio Agricoltura che si svolgerà a Bruxelles.
Unico aspetto positivo della crisi, è la tendenza dei cittadini a contenere gli sprechi.
Anche se, a livello domestico, ogni cittadino italiano continua comunque a gettare nella spazzatura ben 76 chili di prodotti alimentari.
I consumatori italiani non sono ancora del tutto virtuosi. Ad ogni prodotto gettato dovrebbe corrispondere, in teoria, un nuovo acquisto.
Come si comporteranno le aziende se le nuove regole per l’indicazione della scadenza dovessero diventare ufficiali? Eliminare la data di scadenza dai prodotti a lunga conservazione potrebbe permettere ai punti vendita della grande distribuzione di mantenere i prodotti sugli scaffali e nei magazzini più a lungo.
Ne conseguirebbero una riduzione degli sprechi e una diminuzione della necessità di acquistare nuove forniture.
I produttori alimentari potrebbero dunque non accogliere in modo positivo l’iniziativa, ma dovranno comunque accettare di adattarsi alle nuove regole, a partire dalla modifica delle diciture presenti sulle confezioni.
E’ necessario tenere presente che la dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro” differisce dalla data di scadenza vera e propria che, come precisa la Coldiretti, è la data entro cui il prodotto deve essere consumato e anche il termine oltre il quale il prodotto non può più essere messo in commercio.
“Il TMC riportato con la dicitura ‘Da consumarsi preferibilmente entro’ indica” - spiega la Coldiretti – “la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione.
Cioè indica soltanto la finestra temporale entro la quale si conservano le caratteristiche organolettiche e gustative, o nutrizionali, di un alimento, senza con questo comportare rischi per la salute in caso di superamento seppur limitato della stessa”. L’Europa dunque approfondirà presto l’argomento dello spreco di cibo e delle perdite alimentari dal punto di vista della data di scadenza.
Olanda, Svezia, Austria, Germania e Danimarca sarebbero tra i Paesi più favorevoli al cambiamento.
Il rinnovamento della posizione di aziende e produttori rispetto alle date di scadenza richiederà forse tempi lunghi, ma potrebbe comunque trattarsi di una strategia vincente per ridurre gli sprechi alimentari ad ogni livello.
Marta Albè
A leggerlo così potrebbe anche essere "buona cosa"
MA.......
Non si tiene conto che ci potrebbero essere disonesti che tengono in circolazione prodotti per molti anni e quindi non solo non avrebbero le caratteristiche organolettiche e gustative di tale prodotto ma potrebbero creare nel loro interno muffe (vedi farine usate in paste di una nota marca).
La data di scadenza secondo me è un deterrente e va mantenuta
Ecco la strategia che l’Unione Europea potrebbe mettere in atto per contenere il problema dell’accumulo di rifiuti alimentari sul proprio territorio.
A comunicarlo è la Coldiretti, che rende noto che l’UE si appresterebbe a rivedere le norme relative alle scadenze riportate sulle etichette dei prodotti alimentari.
Da prodotti come pasta, riso, caffè e formaggi stagionati potrebbero scomparire le diciture “Da consumarsi preferibilmente entro”.
La proposta è all’ordine del giorno della riunione del Consiglio Agricoltura che si svolgerà a Bruxelles.
Unico aspetto positivo della crisi, è la tendenza dei cittadini a contenere gli sprechi.
Anche se, a livello domestico, ogni cittadino italiano continua comunque a gettare nella spazzatura ben 76 chili di prodotti alimentari.
I consumatori italiani non sono ancora del tutto virtuosi. Ad ogni prodotto gettato dovrebbe corrispondere, in teoria, un nuovo acquisto.
Come si comporteranno le aziende se le nuove regole per l’indicazione della scadenza dovessero diventare ufficiali? Eliminare la data di scadenza dai prodotti a lunga conservazione potrebbe permettere ai punti vendita della grande distribuzione di mantenere i prodotti sugli scaffali e nei magazzini più a lungo.
Ne conseguirebbero una riduzione degli sprechi e una diminuzione della necessità di acquistare nuove forniture.
I produttori alimentari potrebbero dunque non accogliere in modo positivo l’iniziativa, ma dovranno comunque accettare di adattarsi alle nuove regole, a partire dalla modifica delle diciture presenti sulle confezioni.
E’ necessario tenere presente che la dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro” differisce dalla data di scadenza vera e propria che, come precisa la Coldiretti, è la data entro cui il prodotto deve essere consumato e anche il termine oltre il quale il prodotto non può più essere messo in commercio.
“Il TMC riportato con la dicitura ‘Da consumarsi preferibilmente entro’ indica” - spiega la Coldiretti – “la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione.
Cioè indica soltanto la finestra temporale entro la quale si conservano le caratteristiche organolettiche e gustative, o nutrizionali, di un alimento, senza con questo comportare rischi per la salute in caso di superamento seppur limitato della stessa”. L’Europa dunque approfondirà presto l’argomento dello spreco di cibo e delle perdite alimentari dal punto di vista della data di scadenza.
Olanda, Svezia, Austria, Germania e Danimarca sarebbero tra i Paesi più favorevoli al cambiamento.
Il rinnovamento della posizione di aziende e produttori rispetto alle date di scadenza richiederà forse tempi lunghi, ma potrebbe comunque trattarsi di una strategia vincente per ridurre gli sprechi alimentari ad ogni livello.
Marta Albè
A leggerlo così potrebbe anche essere "buona cosa"
MA.......
Non si tiene conto che ci potrebbero essere disonesti che tengono in circolazione prodotti per molti anni e quindi non solo non avrebbero le caratteristiche organolettiche e gustative di tale prodotto ma potrebbero creare nel loro interno muffe (vedi farine usate in paste di una nota marca).
La data di scadenza secondo me è un deterrente e va mantenuta