sabato 17 maggio 2014

I meccanismi della truffa dei derivati bancari



Il fatto che la gente normale, negli USA e negli altri paesi industrializzati, non si sia riversata in strada per linciare gli alti papaveri delle banche centrali e i loro complici di Wall Street o delle altre piazze bancarie è una chiara dimostrazione di quanto sono stati abili i gruppi finanziari a infinocchiare e confondere le masse.
Sono stati fatti sparire miliardi di dollari, ma ben pochi alti responsabili hanno sollecitato indagini sul crimine.
Banchieri di primissimo piano, legali, esperti finanziari, legislatori e politici di tutte le tendenze hanno perpetrato frodi massicce, ma nessuno di loro pagherà per questi crimini.
In cambio, il ragazzino che ruba un paio di dollari di merce nel negozio all'angolo viene sbattuto in carcere per cinque anni o più, malmenato e umiliato durante la detenzione.
Non c'è pietà per delinquenti di questa sorta, quali che siano state le circostanze che li hanno spinti a commettere un così grave misfatto. I vari Bernanke, Geithner, Paulson, Larry Summer e i loro degni compari nella Goldman Sachs, JP Morgan, Citigroup, Merrill Lynch, Bear Sterns, Lehman Brothers, Fannie Mae, Freddie Mac o nelle corrispondenti banche europee, godono di una totale immunità e possono continuare a distruggere e saccheggiare l'economia globale.
Se gli analisti finanziari e i commentatori onesti non semplificheranno analisi e spiegazioni, in modo da permettere a più gente di capire come sono state portate avanti le frodi, sono fermamente convinto che la situazione attuale non cambierà e che il saccheggio continuerà.
Quest'articolo è un tentativo di spiegare con parole semplici la massiccia frode bancaria, e spero di riuscirci.
ALCUNI CONCETTI FONDAMENTALI
L'attività bancaria è un'attività estremamente lucrativa, e il responsabile della vostra banca locale lavora duro per fornire un servizio e ottenere profitti accettabili per i suoi dipendenti.
Ho trascorso oltre 20 dei miei 34 anni come avvocato a formare i banchieri alle loro operazioni quotidiane, e li ho sempre considerati seri e affidabili. È molto raro che uno qualsiasi dei settore di attività bancaria registri perdite; direi che il 98% fornisce alla sede centrale un flusso costante di profitti.
La rete dei vari settori costituisce un efficace sistema di pagamenti per il commercio e per le nostre esigenze di tutti i giorni.
Non ho niente da dire contro le agenzie bancarie locali, anche se funzionano col principio della riserva frazionaria.
L'articolo si propone di illustrare le frodi perpetrate dalle elite finanziarie delle sedi centrali delle banche e dalle banche "troppo grandi per fallire", che hanno profittato delle scappatoie concesse dal sistema, con la complicità dei banchieri centrali e dei legislatori. Per capire le scappatoie del sistema bisogna prima capire come funziona il sistema bancario, e in particolare il principio della riserva frazionaria adottato dalle banche in tutto il mondo.
E il modo migliore per arrivarci è quello d'imparare alcuni termini fondamentali.
1.0 Capitale della banca
1.01 La legge impone alla banca di avere a disposizione una percentuale minima di capitale. In parole povere, ci devono essere sufficienti "attivi" da compensare le passività.
1.02 Perché "attivi" è tra virgolette? Perché nel mondo delle banche il termine ha un significato alquanto diverso da quello normale.
1.03 Lo stato patrimoniale e la forza di una banca dipendono dal rapporto capitale/impieghi espresso in percentuale.
1.04 Nel 1988 la Banca dei regolamenti internazionali di Basilea (Svizzera) definì uno standard internazionale (Basilea I) per valutare il rapporto capitale/impieghi e stabilì che il capitale totale avrebbe dovuto essere pari ad almeno l'8% degli attivi totali ponderati al rischio.
Per capire come è stata perpetrata la frode non bisogna dimenticare che nel 1988 il rapporto era stato fissato all'8%.
2.0 Attivi ponderati al rischio
2.01 Nel precedente paragrafo ho inquadrato tra virgolette il termine "attivi" perché nel mondo delle banche gli "attivi" vengono calcolati in modo diverso da come si fa nel mondo reale.
2.02 Come vedremo più avanti, questa è una delle cause della confusione e dei malintesi che imperano tra tanti analisti e nel pubblico a proposito della riserva frazionaria bancaria. Ed è anche la chiave che spiega come i banchieri hanno potuto perpetrare la truffa.
2.03 Come vengono trattati e classificati gli "attivi" bancari?
Bisogna tenere ben presente che la classificazione degli attivi bancari ha lo scopo di determinare il rapporto di capitale (così come definito negli accordi Basilea I, e i successivi Basilea II e Basilea III).
2.04 Non tutti gli attivi bancari vengono trattati allo stesso modo.
Perché?
2.05 I banchieri hanno avuto la geniale idea di classificare gli "attivi" in base al loro "rischio". Da qui il termine attivi ponderati al rischio!
In sintesi, se un "attivo" presenta pochi rischi sarà necessaria una minore riserva di capitale. 

2.07 Si noti, per inciso, che ai fini della contabilità bancaria i prestiti vengono considerati "attivi", concetto piuttosto incomprensibile per una persona normale, che considera invece "attivi" contanti, risparmi, proprietà (case, fattorie), azioni e titoli di stato. Si tratta di un'ulteriore motivo di confusione quando si parla di "attivi bancari".
2.08 Dalla tabella si deduce che il "rischio 0" non richiede riserve di capitale e che gli "attivi" molto rischiosi richiedono invece la riserva di capitale più elevata. In base agli accordi di Basilea, i titoli ordinari rappresentano la forma più alta/migliore per assorbire le perdite.
2.09 Il fatto che gli accordi di Basilea prevedano due categorie di capitale non fa che aggiungere confusione.
3.0 Tier 1 (Capitale di primo livello) e Tier 2 (Capitale di secondo livello)
3.01 Il capitale di primo livello si riferisce al valore di carico (valore contabile) del capitale sociale della banca e degli utili non distribuiti [la BRI lo definisce come capitale costituito da riserve, azioni ordinarie e loro immediati equivalenti. NdT]. Il capitale di primo livello dev'essere almeno pari al 4% degli attivi totali ponderati al rischio. Il capitale di secondo livello si riferisce alle riserve per perdite su crediti (capitale accantonato per il caso di crediti impagati e conseguenti perdite per la banca) e debiti subordinati [la BRI lo definisce come capitale costituito da capitale diverso da quello di primo livello: inferiore, cioè debiti a lunga scadenza, e superiore, cioè beni rivalutati ma non ancora inseriti nel capitale azionario. NdT] [1].
3.02 Il capitale totale corrisponde dunque al totale di Tier1 + Tier2, così come definiti dagli accordi di Basilea. Il capitale totale deve essere almeno pari all'8% degli attivi totali ponderati al rischio.


Per chi volesse approfondire il sito è: http://www.courtfool.info/it_La_banca_spiegata_La_truffa_dei_derivati.htm

Il Vasa , l’unico vascello rimasto intatto dal 1628


Il Museo Vasa rappresenta allo stato attuale il museo più visitato dell’intera Scandinavia...
La realizzazione del museo è strettamente connessa ad un ritrovamento eccezionale, quello del celebre relitto del galeone Vasa.
 La storia del galeone Vasa è una storia duplice: da una parte testimonia la grandezza dell’architettura navale svedese della prima metà del XVII secolo, dall’altra attesta senza ombra di dubbio l’estremo amore del popolo svedese per le sue radici, un amore testimoniato da numerose e fortunate iniziative tese alla valorizzazione del patrimonio culturale svedese. 
Il Vasa non era solo un galeone: era il sogno di Re Gustavo II Adolfo di Svezia.
 Dotato di 64 cannoni, il galeone rientrava perfettamente nella politica del giovane re svedese, intenzionato a potenziare il controllo del Mar Baltico e sventare di conseguenza il pericolo danese attraverso un programma di costruzione navale senza precedenti. 

La grandezza del Vasa è soprattutto figlia di una tecnica costruttiva di derivazione olandese ed inglese, ovvero dei due paesi che agli inizi del XVII secolo avevano una tradizione consolidata ed affermata nel campo navale. 
Il materiale di costruzione era legno di quercia, proveniente dall’ isola di Angso e dalla costa di Smaland.
 La nave misurava 69 metri, era larga 11.7 metri e alta 52, per un peso complessivo di circa 1210 tonnellate; artisti intagliatori e pittori si incaricarono di ornare riccamente la nave, spesso rappresentando in chiave simbolica i segni del potere regio.


Per poter meglio comprendere i motivi per i quali una grande nave come il Wasa forte di 64 bocche da fuoco, 57 metri di lunghezza tra le perpendicolari ed un albero maestro alto più di 50 metri dalla linea d'acqua, possa avere avuto una vita così breve, sarà bene rammentare a quale livello tecnico ed organizzativo erano giunti i cantieri navali dei primi anni del XVII secolo.

 Non esistevano ancora né architetti navali né regole codificate e la costruzione di una nave era affidata, qualunque ne fosse la grandezza, ad un maestro d'ascia.
 Questo provvedeva ad impostare la chiglia seguendo le indicazioni base che venivano fornite dal committente che chiedeva una nave con le caratteristiche navali e potenzialità di fuoco superiori a quelle nemiche, che spesso erano semplici indicazioni di massima.
 Sulla chiglia proseguiva edificando la nave e basandosi quasi esclusivamente sulla propria esperienza e su semplici calcoli empirici.
 Non esisteva ancora l'uso di disegnare le navi e calcolarle e neppure l'abitudine, venuta in uso in epoca successiva, di costruirne il modello da sottoporre all'approvazione del committente. Perciò il maestro d'ascia applicava le regole da lui conosciute per la costruzione di navi precedenti di una medesima categoria.
 Quando poi, come nel caso del Wasa, si intendeva costruire una nave più grande o più veloce delle precedenti, mancava al maestro d'ascia anche l'esperienza fatta su navi similari e doveva pertanto procedere per tentativi. 
Tutto ciò non deve in alcun modo sminuire la figura del maestro d'ascia il quale spesso aveva delle intuizioni sorprendenti e risolveva dei problemi costruttivi di considerevole complessità. 


E nel caso del Wasa si trattava veramente di una nave fuori del comune, considerando che nel 1637 veniva costruita in Inghilterra la Sovereign of the seas che costò una cifra notevole da costringere all'applicazione di una forte quanto impopolare tassa per il suo pagamento e che la Victory, costruita un secolo e mezzo più tardi, era lunga soltanto 10 metri più del Wasa, si avrà l'idea sufficientemente precisa delle dimensioni del Wasa rapportate alla sua epoca. 

La sua costruzione fu ordinata da Gustavo Adolfo II re di Svezia che, temendo una guerra da parte del Regno di Prussia, intendeva con questa grande nave con un elevato volume di fuoco dimostrare la propria supremazia e destare timore all'eventuale futuro nemico. Quindi il Wasa era armata con 64 cannoni di bronzo, mentre per la sua costruzione erano stati impiegati legnami della migliore qualità ricavati con l'abbattimento di 16 ettari di foreste.
 Il gran velaccio di maestra raggiungeva la considerevole altezza di 50 metri dalla linea di galleggiamento, che in proporzione alle case molto basse del porto di Stoccolma, proponeva uno spettacolo impressionante.
 La nave prevedeva 133 uomini di equipaggio e 300 fanti di marina. Dislocava 1400 tonnellate ed era riccamente decorata e per quell'epoca rappresentava non solo la più grande nave della flotta svedese, ma anche una delle più grandi navi esistenti.

Il varo avvenne nel pomeriggio del 10 agosto 1628 sotto lo sguardo ammirato di tutta la popolazione di Stoccolma, il Wasa salpava le sue ancore accingendosi al suo primo viaggio in mare aperto.
 Il Capitano di vascello Serin Hannson si accingeva alla cena soddisfatto di culminare la sua carriera al comando dell'ammiraglia della flotta di sua Maestà Re Gustavo Adolfo II mentre il Wasa randeggiava lungo il Sodermalm. 
La navigazione procedeva tranquillamente, quando all'improvviso un colpo di vento più forte fece sbandare pesantemente la nave a babordo, il primo ufficiale Erik Jonsson si precipitò sottocoperta ordinando agli uomini di spostare i cannoni di babordo a tribordo e di chiudere i sabordi inferiori. Ma era ormai troppo tardi, l'acqua iniziò ad entrare in quantità tali fino a che in un brevissimo arco di tempo il Wasa si inabissò adagiandosi su un fondale di 32 metri di profondità.
 Le imbarcazioni che sopraggiunsero poco dopo poterono recuperare soltanto pochi superstiti. 

Fu una sciagura enorme per il popolo svedese che con la perdita di una così grande nave vide svanire le speranze di una sicura difesa. Alcuni anni più tardi si svolse un processo per accertare le responsabilità, ma non fu provato nulla ed il comandante ed i pochi superstiti vennero assolti e lasciati liberi.
 Molti ardimentosi da ogni paese si recarono in Svezia per tentare il recupero del prezioso relitto ma ogni tentativo risultò vano.
 Soltanto nel 1663 un ex ufficiale dell'esercito svedese, certo Hans von Treileben, ottenne qualche risultato con la sua invenzione, che consisteva in una grande campana di piombo con all'interno una piattaforma e con questa poté immergersi usufruendo dell'aria immagazzinata all'interno della campana stessa. 

Dopo 35 anni di permanenza sul fondale il Wasa si era completamente ricoperto di detriti e fango, ma i cannoni in bronzo erano ancora intatti e Treileben tentò con la campana il recupero di questi, durante il corso di un anno oltre alla campana della nave recuperò ben 50 cannoni su un totale di 64. 

Successivamente a questo recupero nessuno si interessò più del recupero della nave e tutta la storia del Wasa si dimenticò fino a perdere addirittura la posizione del relitto.


Il recupero del relitto del Wasa, avvenuto 300 anni dopo, è frutto di una combinazione tra la perseveranza di Anders Franzen di Stoccolma ed il caso.
 Franzen aveva sempre avuto la passione dei recuperi ed aveva trascorso innumerevoli ore su una lancia motore in cerca di qualche relitto. Fin da bambino rincorreva il sogno di Recuperare il relitto di una nave.
 Qualche anno dopo conobbe lo storico svedese Nils Ahnulnd che, durante le sue ricerche, si era imbattuto in un piccolo reperto del Wasa.
 Fu lui a spingere Franzen verso la ricerca di questa stupenda nave e gli indicò anche la posizione approssimativa del relitto o quella da lui presunta tale. 
Dato che il Wasa era presumibilmente affondato all'interno del grande porto di Stoccolma, all'imbocco del lago Malaren, Franzen pensò che la temperatura piuttosto fredda delle acque non avrebbe consentito la sopravvivenza alla teredine e che pertanto il relitto sarebbe stato ancora in buone condizioni.

 Dal 1952 al 1956 Franzen, aiutato da Per Falting capo sommozzatore della marina svedese, sondò i fondali in cerca di qualche traccia del Wasa, ma senza il minimo risultato che potesse incoraggiarlo a perseverare nelle ricerche. 
Soltanto nel 1956 ebbe l'accortezza di consultare una vecchia mappa del porto, da questa rilevò una grossa protuberanza del fondo in prossimità dell'isola di Beckholmsudden e, successivamente, reperì una lettera inviata dal Consiglio del Regno al Re Gustavo Adolfo II nella quale si descriveva il disastro precisando che il Wasa si inclinò per un colpo di vento a Beckholmsudden.
 Quindi Franzen, sempre aiutato da Falting, iniziò una serie di sondaggi sul punto dove esisteva la protuberanza scoperta sulla mappa.
 Dopo tre mesi di sondaggi continui recuperarono un vecchio cuneo di quercia annerito.
 Franzen sapeva che la quercia impiega almeno 100 anni per annerire in acqua e considerò che soltanto le grandi navi del '500 e '600 venivano costruite con legnami tanto pregiati, perciò suppose che doveva trattarsi di un componente del Wasa.

 Equipaggiati di attrezzatura idonea si recarono sul punto del ritrovamento del perno e Falting si immerse. Una volta immerso la visuale risultò scarsa a causa del fango rimosso, ma appena questo si depositò Falting intravide una serie di aperture quadrate disposte in fila e comunicò immediatamente in superficie la scoperta.
 Si trattava senz'altro di una nave da guerra perché proseguendo nell'esplorazione del relitto individuò un'altra fila di aperture quadrate e a questo punto comunicò a Franzen che era convinto che si trattasse proprio del relitto del Wasa.


La sensazionale notizia del ritrovamento del Wasa fece il giro del mondo.
 Infatti fino ad allora l'unica nave più vecchia della quale si conoscevano tutti i particolari era la Victory di Nelson conservata a Portsmouth. 
Il Wasa lo precedeva di quasi 150 anni. 
Le operazioni di recupero durarono molti anni comportando spese notevoli. 
Si scavarono sei gallerie al disotto dello scafo per consentire il passaggio dei cavi di recupero e si iniziò lo spostamento del Wasa portandolo ad un livello di pochi metri di profondità, in attesa che fosse pronta un'adeguata struttura che potesse consentire il mantenimento di un alto grado di umidità necessario alla conservazione dello scafo.


Nel grande edificio costruito all'epoca del suo ritrovamento il Wasa con la sua imponente bellezza è visitato da centinaia di migliaia di persone ogni anno che possono ammirare questa spettacolare opera prodotta dalle mani dell'uomo e oltre allo scafo anche tutti gli effetti personali compreso il servizio da tavola del comandante; una testimonianza unica di quella che era la vita dei marinai a bordo di una nave da guerra del '600 

BINARI PREISTORICI



Questi solchi si trovano in alcune isole come Malta, Gozo, Lixo e Cadice.
Prendiamo in esame quelli più famosi delle due isole Maltesi. Questa rete di “binari” scavati nella pietra corrono paralleli l’uno all’altro, una persona che li vede per la prima volta può pensare che si tratti di un'antica rete ferroviaria abbandonata dove sono stati eliminati i binari di ferro, ma esaminando attentamente si nota che non sono per niente strutture moderne.
Sui “binari” di Malta e Gozo sono state fatte parecchie ipotesi ma nessuno è mai stato in grado di fornire una riposta concreta. Si era pensato fossero tracce lasciate da ruote di carri:
No! questi solchi in alcuni punti compiono curve molto strette ed essendo molto profondi nessuno avrebbe potuto affrontare le curve senza ribaltarsi.
Altra ipotesi potrebbe essere quella dei primi trasporti su slitta ma nemmeno questa regge, in quanto i pattini delle slitte sono ancora più rigidi delle ruote dei carri, figuriamoci se fossero state caricate con blocchi pesanti decine e decine di tonnellate come quelli utilizzati per costruire templi megalitici di Ġgantija, Hagar Qim, Scorba ecc… (giusto per nominarne alcuni, ce ne sono più di 30!), peccato inoltre che i solchi non conducono ne a questi edifici ne ad altri luoghi sacri, ma viaggino in direzioni opposte.
E' ipotizzabile che i solchi siano più antichi dei templi di pietra. Forse i Maltesi hanno inventato le prime ruote con i cuscinetti a sfera di pietra?.
Ipotesi inverosimile perché sull’Isola sono state trovate si delle sfere di vari diametri, ma composte da roccia friabile.
Sottolineo che la composizione geologica delle isole Maltesi è di roccia calcarea, argilla e sabbia, materiale molto tenero, e quindi le ruote non avrebbero retto nemmeno ad una tonnellata di peso. Inoltre queste ruote sferiche avrebbero formato un erosione del pavimento roccioso semisferico e non a sezione quadrata. Credo che su i “binari” di Malta sia stato fatto un errato ragionamento da parte dell'archeologia tradizionale perché in alcuni tratti di costa come nella baia di St. George a sud di Dingle i “binari” finiscono in profondità nel Mar Mediterraneo.
Nei testi storici tradizionali si dice che i binari risalgano all’età del bronzo;..come è possibile?..
Dato che coloro che costruirono tutto ciò non erano ne animali acquatici dotati di un intelligenza fuori dal comune, e neppure uomini antichi dotati di attrezzature da sub che gli consentisse di lavorare in profondità, le possibilita' plausibili rimaste per spiegare questi “binari” sottomarini sono ben poche.
L’unica risposta logica è questa:
Che dove ora c’è l’acqua prima c'era la terraferma, circa 10700 anni fa.
Non ne ho idea di quale possa essere stata la causa precisa che a quell'epoca abbia innescato improvvisamente l’aumento della temperatura e con esso la fusione dei ghiacci polari.
Secondo gli esperti 10700 anni fa ci fu il termine dell’ultima era glaciale e il conseguente innalzamento del livello del mare.
E' evidente che la civilta' preistorica che popolava quei luoghi non era composta da semplici cacciatori-raccoglitori come si è sempre sostenuto, e su di loro e sulle loro conoscenze permane tutt'oggi un alone di mistero.

Fonti: (internet, wikipedia, Cronache da un altro passato di E.V. Daniken ed Piemme)

Attenzione ai cereali confezionati per la prima colazione: troppo zucchero e poche fibre



In commercio troviamo interi scaffali dedicati ai cereali per la colazione, di cui si vede spesso anche la pubblicità in tv.
Questi prodotti vengono il più delle volte passati come un'ottima soluzione per un pasto veloce, nutriente e sano di prima mattina quando il corpo di grandi e piccini ha bisogno della massima energia per affrontare la giornata.
Ma è davvero così?
Se si vuole guardare la situazione da un punto di vista nutrizionale, non resta che girare la confezione e leggere l’etichetta (dovremmo farlo sempre per ogni prodotto), si può vedere così che il più delle volte c’è una lista di ingredienti che comprendono  zucchero, farine raffinate e in alcuni casi coloranti, aromi artificiali o grassi (soprattutto nel caso dei muesli).
Come dice anche il professor Berrino, sarebbe meglio lasciare lì dove si trovano quei prodotti che contengono più di 5 ingredienti o che le nostre bisnonne non riconoscerebbero come tali.
Questi “cereali” in realtà del cereale hanno ormai ben poco, sono tutti molto trasformati, li troviamo infatti in varie forme che ovviamente in natura non esistono: anelli, petali, chicchi soffiati, ecc.
Il procedimento con cui si ottengono, come potrete immaginare, si svolge su scala industriale utilizzando il più delle volte alte temperature e quindi di nutriente non rimane proprio nulla (l'apporto calorico, quello sì!).
E’ in particolare poi il grande quantitativo di zucchero, spesso presente nei cereali da colazione, ad essere particolarmente dannoso.
Una colazione equilibrata, infatti, dovrebbe evitare proprio grossi quantitativi di zucchero che tendono ad alzare la glicemia per poi farla scendere repentinamente con la conseguenza di scombussolare l'equilibrio del nostro organismo e farci sentire stanchi e di nuovo desiderosi di mangiare.
Molti prodotti però vengono addizionati con vitamine di sintesi e minerali (proprio perchè altrimenti sarebbero alimenti del tutto vuoti dal punto di vista nutrizionale).
Già nel 2008 un’indagine di Altroconsumo aveva evidenziato proprio questo: i cereali tanto sponsorizzati per la colazione di bambini e ragazzi contenevano fino al 42% di zuccheri, grassi (spesso saturi) fino al 14% e percentuali di sale troppo elevate.
Nel 2012 negli Stati Uniti un’indagine analoga sui cereali per la prima colazione condotta presso la Yale University, era arrivata alla stessa conclusione e aveva evidenziato come questi prodotti fossero troppo pubblicizzati e poco sani in quanto eccessivamente ricchi di zucchero, sodio e poveri di fibre.
La situazione in questi anni non è di molto cambiata perciò vi consigliamo di preparare in casa una colazione più sana per i vostri figli.
Si possono scegliere ad esempio i fiocchi integrali d’avena biologici e non zuccherati (si ottengono dalla schiacciatura dei chicchi), ai quali associare frutta, succhi freschi, latte (anche vegetale), ecc. Potete sbizzarrirvi realizzando dei muesli fai da te aggiungendo frutta secca, semi o altro.
Dedicherete un pochino di tempo in più per la preparazione ma la vostra colazione sarà sicuramente più sana e nutriente. 

http://www.greenme.it/mangiare/altri-alimenti/13227-cereali-confezionati-colazione-zucchero-fibre

Diabete tipo 1: clonate cellule da staminali per tornare a produrre insulina




Un bel passo avanti per la ricerca scientifica è stato compiuto a New York presso la Stem Cell Foundation con la collaborazione della Columbia University.
Un gruppo di ricercatori è infatti riuscito a clonare cellule di una donna malata di diabete tipo 1, riprogrammandole in modo tale che possano produrre nuovamente insulina e senza rischio di rigetto.
E’ evidente l’importanza di questo traguardo che forse in futuro permetterà ad ogni paziente di avere la propria cura personalizzata, grazie all’utilizzo delle cellule staminali e quindi creare dal Dna specifico di ogni paziente malato di diabete delle nuove cellule sane in grado di sopperire ai deficit dell'organismo.
La ricerca, pubblicata su Nature, era già iniziata nel 2006 e si proponeva proprio di creare cellule staminali embrionali che fossero “paziente-specifiche” per tentare di trovare una cura risolutiva per i casi di diabete di tipo 1.
Oggi questo traguardo sembra più vicino, i ricercatori infatti sono riusciti, tramite le cellule staminali, a supplire alla carenza nei malati delle cellule beta (quelle in grado di produrre insulina).
A partire dalle cellule staminali embrionali, create trasferendo il nucleo di una cellula della pelle della paziente in una cellula uovo non fecondata (privata del suo originario nucleo), si sono poi andate a creare appunto delle cellule beta.
Queste nuove cellule sane potranno essere trapiantate senza difficoltà nei pazienti dato che, essendo prodotte con il loro stesso materiale genetico, non comportano alcun rischio di rigetto.
La tecnica di “clonazione” utilizzata è simile a quella con cui a metà degli anni ’90 era stata creata la pecora Dolly e, almeno teoricamente, potrebbe essere sfruttata anche per altre malattie tra cui il Parkinson e la Sclerosi multipla.
Arrivare a questo risultato però, sottolineano gli stessi scienziati, comporta una serie di ostacoli, non solo di tipo scientifico ma anche burocratici e legislativi dato che questo tipo di tecnica si serve della produzione di embrioni umani e sono molti i paesi in cui questo è vietato.

http://www.greenme.it/vivere/salute-e-benessere/13187-diabete-cellule-staminali