giovedì 1 maggio 2014

Strage di Portella della Ginestra Commemorazione



In questo 1 maggio la mia marcia ideale è con i contadini di Portella della Ginestra. A volte fare un salto nel passato è illuminante.

Fu l'eccidio di lavoratori che avvenne in località Portella della Ginestra, in provincia di Palermo il 1 maggio 1947

Il 1º maggio 1947, nell'immediato dopoguerra, si tornava a festeggiare la festa dei lavoratori, spostata al 21 aprile, ossia al Natale di Roma, durante il regime fascista.
Circa duemila lavoratori della zona di Piana degli Albanesi, in prevalenza contadini, si riunirono nella vallata di Portella della Ginestra per manifestare contro il latifondismo, a favore dell'occupazione delle terre incolte e per festeggiare la vittoria del Blocco del Popolo nelle recenti elezioni per l'Assemblea Regionale Siciliana, svoltesi il 20 aprile di quell'anno e nelle quali la coalizione PSI - PCI aveva conquistato 29 rappresentanti (con il 29% circa dei voti) contro i soli 21 della DC (crollata al 20% circa). Improvvisamente dalle colline circostanti partirono sulla gente in festa numerose raffiche di mitra che lasciarono sul terreno, secondo le fonti ufficiali, 11 morti (9 adulti e 2 bambini) e 27 feriti, di cui alcuni morirono in seguito per le ferite riportate.
La CGIL proclamò lo sciopero generale, accusando i latifondisti siciliani di voler “soffocare nel sangue le organizzazioni dei lavoratori”. Solo quattro mesi dopo si seppe che a sparare materialmente erano stati gli uomini del bandito separatista Salvatore Giuliano, colonnello dell'E.V.I.S..
Il rapporto dei carabinieri sulla strage faceva chiaramente riferimento ad "elementi reazionari in combutta con i mafiosi".
Nel 1949 Giuliano scrisse una lettera ai giornali, in cui affermava lo scopo politico della strage.
Questa tesi fu smentita dall'allora ministro degli Interni Mario Scelba.
Nel 1950, il bandito Giuliano fu trovato assassinato, presumibilmente ucciso dal suo luogotenente Gaspare Pisciotta, il quale morì avvelenato in carcere quattro anni più tardi, dopo aver affermato di voler rivelare i nomi dei mandanti della strage. Attualmente vi sono forti dubbi che Pisciotta fosse l'autore dell'omicidio, come è stato fatto osservare nella trasmissione Blu notte e come emerge dal lavoro di Alberto Di Pisa e Salvatore Parlagreco.
L’episodio, che resta ancora oscuro, porta i segni della collusioni fra la mafia e le forze reazionarie dell’isola.
Queste le 11 vittime, così come riportate dalla pietra incisa posta sul luogo del massacro:

Margherita Clesceri (min. albanese)
Giorgio Cusenza (min albanese)
Giovanni Megna (min. albanese, 18 anni)
Francesco Vicari (min. albanese)
Vito Allotta (min. albanese, 19 anni)
Serafino Lascari (min. albanese, 15 anni) Filippo Di Salvo (min. albanese, 48 anni)
Giuseppe Di Maggio (13 anni)
Castrense Intravaia (18 anni)
Giovanni Grifò (12 anni)
Vincenza La Fata (8 anni) Rimasero gravemente ferite 27 persone. Alcuni di questi feriti morirono in seguito a causa delle ferite riportate.
Sul movente dell'eccidio furono formulate alcune ipotesi già all'indomani della tragedia.
Il 2 maggio 1947 il ministro Scelba intervenne all'Assemblea Costituente, affermando che dietro all'episodio non vi era alcuna finalità politica o terroristica, ma che doveva essere considerato un fatto circoscritto, e identificò in Salvatore Giuliano e nella sua banda gli unici responsabili.
Il processo del 1951, dapprima istruito a Palermo, poi spostato a Viterbo per legittima suspicione, si concluse con la conferma di questa tesi, con il riconoscimento della colpevolezza di Salvatore Giuliano (morto il 5 luglio 1950, ufficialmente per mano del capitano Antonio Perenze) e con la condanna all'ergastolo di Gaspare Pisciotta e di altri componenti la banda.
Pisciotta durante il processo, oltre ad attribuirsi l'assassinio di Giuliano, lanciò pesanti accuse sui presunti mandanti politici della strage.
« Coloro che ci avevano fatto le promesse si chiamavano così: L'onorevole deputato democristiano on. Bernardo Mattarella, l'onorevole deputato regionale Giacomo Cusumano Geloso, il principe Giovanni Alliata di Montereale, l'onorevole monarchico Tommaso Leone Marchesano e anche il signor Scelba.
Furono Marchesano, il principe Alliata, l'onorevole Mattarella a ordinare la strage di Portella della Ginestra.
Dopo le elezioni del 18 aprile 1948, Giuliano mi ha mandato a chiamare e ci siamo incontrati con Mattarella e Cusumano; l'incontro tra noi e i due mandanti è avvenuto in contrada Parrino, dove Giuliano ha chiesto che le promesse fatte prima del 18 aprile fossero mantenute.
I due tornarono allora da Roma e ci hanno fatto sapere che Scelba non era d'accordo con loro, che egli non voleva avere contatti con i banditi. »
La seconda ipotesi fu quella sostenuta da Girolamo Li Causi in sede parlamentare, dalle forze di sinistra e dalla CGIL, secondo la quale il bandito Giuliano era solo l'esecutore del massacro: i mandanti, gli agrari e i mafiosi, avevano voluto lanciare un preciso messaggio politico all'indomani della vittoria del Blocco del Popolo alle elezioni regionali. 
In seguito ai riscontri emersi dal processo, diversi parlamentari socialisti e comunisti denunciarono i rapporti tra esponenti delle istituzioni, mafia e banditi.
Intervenendo alla seduta della Camera dei deputati del 26 ottobre 1951, lo stesso Li Causi affermava:
« Tutti sanno che i miei colloqui col bandito Giuliano sono stati pubblici e che preferivo parlargli da Portella della Ginestra nell'anniversario della strage.
Nel 1949 dissi al bandito: "ma lo capisci che Scelba ti farà ammazzare? Perché non ti affidi alla giustizia, perché continui ad ammazzare i carabinieri che sono figli del popolo come te?". Risposta autografa di Giuliano, allegata agli atti del processo di Viterbo: "Lo so che Scelba vuol farmi uccidere perché lo tengo nell'incubo di fargli gravare grandi responsabilità che possono distruggere la sua carriera politica e finirne la vita".
È Giuliano che parla.
Il nome di Scelba circolava tra i banditi e Pisciotta ha preteso, per l'attestato di benemerenza, la firma di Scelba; questo nome doveva essere smerciato fra i banditi, da quegli uomini politici che hanno dato malleverie a Giuliano.
C'è chi ha detto a Giuliano: sta tranquillo perché Scelba è con noi; Tanto è vero che Luca portava seco Pisciotta a Roma, non a Partinico, e poi magari ammiccava: hai visto che a Roma sono d'accordo con noi? »