mercoledì 26 febbraio 2014
La Griglia Planetaria
In effetti, si tratta di qualcosa di molto differente dalle linee di longitudine e latitudine della geografia convenzionale.
I teorici della Griglia Planetaria suggeriscono che le linee della griglia siano di natura energetica ed organizzate in una precisa rete, fonte di un'energia libera e inesauribile, che alimentava la tecnologia della grande civiltà di Atlantide.
Molti si dicono convinti che questa tecnologia possa essere nuovamente recuperata.
Non che dubbio che gli antichi umani davano una notevole importanza ai simboli e ai segni, strumenti attraverso i quali venica codificata l'informazione e convogliata la conoscenza.
La geometria, in questo modo, assumeva una dimensione sacrale, grazie alla quale la conoscenza veniva trasmessa alle nuove generazioni.
Ma per alcuni ricercatori, la “Geometria Sacra” aveva anche la funzione di governare le forze invisibili della natura.
Nonostante i progressi della scienza moderna, ancora non sappiamo quali siano le forze fondamentali che hanno dato vita all'Universo. Basti pensare che si parla di “materia oscura”, così come di “energia oscura”, forze della natura che ancora non riusciamo a comprendere e che ci costringono ad accettare il fatto che la realtà è molto più complessa di quanto possiamo percepire con i nostri cinque sensi.
La questione diventa, allora, chi o cosa governa le forze invisibili della natura?
Cosa c'è dietro la simmetria della natura?
Qual è il significato “sacro” del Rapporto Aureo, del valore di Phi o della Sequenza di Fibonacci?
Abbiamo appena cominciato a decodificare queste conoscenze pervenute a noi sotto forma di simboli, segni e strutture megalitiche. Ma gli antichi umani maneggiavano con disinvoltura queste potenze naturali invisibili ed erano tutt'altro che primitivi o stupidi come vorrebbero farci credere.
Anzi, lo studio del passato remoto dell'umanità ci svela quanto i nostri antenati siano riusciti a coniugare scienza e sapienza, intelligenza e spiritualità, tecnologia e natura.
Tornare al passato e ammirare lo sviluppo di una civiltà in armonia con le leggi del cosmo, potrebbe offrirci delle risposte assolutamente sorprendenti ai problemi che ci troviamo ad affrontare come civiltà.
La totale mancanza di progressione spirituale, la perversione individualistica nelle relazioni interpersonali, l'incapacità a sviluppare fonti di energia pulita e tecnologie in armonia con la natura, potrebbero finalmente subire una svolta positiva grazie al recupero della scienza e della sapienza degli antichi umani.
Alcune delle caratteristiche significative delle principali intersezioni sulla griglia:
1-La Grande Piramide di Giza
3-Tyumen, USSR
4-Lago Baikal, USSR, con piante e animali unici
9-Baia di Hudson, polo nord magnetico al presente
11-Isole Britanniche del nord, Maes Howe, Ring of Brodgar, Callanish
12-Mohenjo Daro, cultura dell'Impero di Rama
13-Piramidi di Xian
14-Giappone del sud, "Triangolo del Dragone", grande attività sismica
16-Hamakulia, grande attività vulcanica e sismica
17-Cibola
18-Bimini, enormi mura sottomarine, scoperte nel 1969, la data in cui, secondo Cayce, avremmo scoperto indizi su Atlantide
20-Rovine megalitiche Algerine
21-Megaliti a Axum, il centro Cristiano Copto in Etiopia
25-Bangkok e Ankor Wat
26-Sarawak, Borneo, sito di antiche strutture megalitiche
28-Isola di Pohnpei, Micronesia, con la città megalitica di Nan Madol
35- Lima, Perù, confine della Piana di Nazca, Pisco, il Candeliere delle Ande e le linee di Nazca
40-Gabon, Africa Occidentale, reattore atomico naturale in azione da 1.7 milioni di anni
41-Zimbabwe con le sue miniere e le sue strutture antiche
44-Il Sito di Test Atomico Maralinga, con rovine megalitiche
47-L'Isola di Pasqua con i suoi megaliti
62-Base tedesca sotterranea?
Il team russo di Goncharov, Morozov e Makarov ha determinato in modo indipendente che la Terra ha la forma di una griglia icosa-dodecaedrica, basata sulle posizioni dei continenti e delle creste vulcaniche sottomarine.
La cresta medio-atlantica corre precisamente lungo la verticale zig-zagante nell’Atlantico, come si vede nel diagramma. In questa immagine si possono vedere sia i pentagoni dei dodecaedri sia i triangoli dell’icosaedro:
Sorprendentemente, Goncharov ha passato in rassegna la collocazione di oltre 4000 antichi siti sacri differenti sulla Terra, come pietre verticali, piramidi, monoliti, menhir, obelischi, templi, pagode, sotterranei di pietra, cerchi di pietre, ziggurat, sollevamenti di terra, e simili, e ogni singolo sito antico che hanno catalogato è situato, senza eccezioni, da qualche parte su questa griglia icosa-dodecaedrica.
Il perché gli antichi abbiano usato tale tecnologia; riguarda l’abilità che ha una formazione come la piramide di imbrigliare le onde di torsione da utilizzare per bilanciare il pianeta.
Vedremo ricerche russe e ucraine di fonti esimie che hanno provato che le piramidi possono smorzare la potenza dei terremoti, le emissioni meteorologiche e radioattive, mentre aumentano la purezza di acqua, petrolio e minerali sotterranei.
Le piramidi possono anche essere usate per curare, stimolare la crescita e l’espansione della coscienza in relazione ad una elevazione spirituale.
Tutti i sopracitati effetti sulla materia fisica sono creati dall’azione delle onde di torsione, la cui delicata pressione, se in forma sufficientemente concentrata, può creare effetti significativi sulla materia, ed è importante ricordare che le “linee di questa griglia” sono essenzialmente formazioni di onde di torsione.
I rivelatori di campi torsionali percepiscono, lungo queste linee, una quantità di radiazione torsionale molto più alta rispetto ad ogni altra zona, e i punti nodali dove le linee si incrociano sono particolarmente attive.
Perciò, dovremmo essere molto ben stimolati a ricostruire una volta ancora un simile sistema di piramidi attraverso tutta la Terra al fine di compensare gli attuali danni che la civilizzazione sta a tutt’oggi producendo.
In caso di un limitato scambio nucleare e/o ulteriori distruzioni ambientali, un simile progetto diventerà estremamente necessario, così come lo è stato dopo la caduta delle antiche civiltà di Atlantide e Rama.
Il rivelatore di terremoti di Zhang Heng
Il patrimonio di osservazioni sui fenomeni naturali che ereditiamo dall’antichità è considerato dalla scienza moderna, almeno in settori come l’astronomia e le scienze della terra, di grande interesse.
L’opera di questi “astronomi senza telescopio” è ritenuta preziosa non solo perché di grande accuratezza ma, soprattutto, perché testimonia di eventi sporadici come le supernovae e copre tempi molto lunghi, fornendoci informazioni su fenomeni lenti non rilevabili dai dati ricavati dall’uso sistematico del telescopio che hanno al più quattrocento anni.
L’orbita della cometa di Halley, la variabilità delle macchie solari e la rotazione della Terra sono solo alcuni esempi in cui l’analisi delle antiche misure di babilonesi, arabi e cinesi ha dato un contributo importante alla comprensione dei fenomeni coinvolti.
Un altro settore di studi in cui risultano utili le antiche registrazioni e che, purtroppo, in questo periodo è di grande attualità, è quello relativo ai terremoti.
Il Giappone, per la sua posizione all'interno della cosiddetta Cintura di Fuoco del Pacifico, un’area estesa per circa 40.000 Km tutto intorno all'oceano Pacifico e caratterizzata dal triste primato di ospitare circa il 90% dei terremoti mondiali, convive da sempre con questi fenomeni sconvolgenti. Ma è la Cina a subire i terremoti più disastrosi, pur essendo distante dalla zona in cui ha sede il fenomeno della subduzione, cioè dello scivolamento delle placche l’una sotto l’altra, che è alla base dei terremoti disastrosi di questi giorni.
Secondo l’USGS (United States Geological Survey), un’agenzia scientifica governativa che ha lo scopo di studiare il territorio degli Stati Uniti ma che gestisce anche il National Earthquake Information Center, organismo che fornisce informazioni circa la posizione e la magnitudo dei terremoti di tutto il mondo, tra i primi dieci terremoti del XX secolo e di questo scorcio di XXI in base al numero di vittime dichiarate (e di solito le stime sono sempre per difetto) cinque sono avvenuti in Cina e, tra questi, quello che ha colpito la città industriale di Tangshan il 28 luglio del 1976 provocando 255.000 morti.
Non è strano, quindi, che oggi la più estesa e completa serie di registrazioni di terremoti sia dovuta proprio agli studiosi cinesi.
Dai loro minuziosi resoconti apprendiamo che uno degli eventi sismici più catastrofici di tutti i tempi fu quello del 2 febbraio 1556 che coinvolse soprattutto le regioni confinanti dello Shansi, dello Shensi e dell’Honan, nel nord della Cina, e che provocò più di ottocentomila vittime.
In una terra da sempre martoriata da eventi tanto distruttivi possiamo immaginare l’interesse che suscitò la messa a punto di un hou fêng ti tung i ovvero (per quei pochi che non conoscono il cinese) di una “banderuola segnavento per terremoti”, qualcosa di simile a un moderno sismografo.
Una realizzazione della quale non è rimasta che una dettagliata descrizione e il nome del suo inventore, il matematico, astronomo e geografo Zhang Heng.
Astronomo reale della dinastia Han per molti anni, Zhang Heng è noto per aver tracciato una delle prime mappe stellari, per la spiegazione corretta del fenomeno delle eclissi lunari e per l’uso di buone approssimazioni di π nella sua opera di astronomia Ling xián. Fu anche letterato e artista, tanto da essere considerato uno dei sei maggiori pittori del tempo.
Ma sicuramente la fama la deve allo strumento perfezionato nel 132 d.C. che poté sicuramente mettere alla prova in occasione dei terremoti che colpirono la capitale nel 133, nel 135 e, soprattutto, nel grave sisma del 138 di epicentro lontano dalla sede imperiale ma utile per verificare la sensibilità dello strumento in questi casi.
Come tutti gli oggetti che appartengono alla cultura cinese anche il rivelatore di terremoti di Zhang Heng aveva caratteristiche decorative piuttosto appariscenti.
Com’è possibile leggere nella cronaca cinese Hou Han Shu lo strumento era costituito da «un recipiente di fine bronzo fuso, simile a una giara da vino […] la superficie esterna era ornata con antichi caratteri da sigillo e con disegni di montagne, tartarughe uccelli e animali. […] Fuori dal recipiente stavano otto teste di drago, le bocche serrate su una sfera bronzea, mentre attorno alla base erano assisi otto rospi con le bocche aperte».
Il meccanismo di funzionamento, all’interno del vaso, era costituito da un pendolo collegato a otto bracci mobili ognuno connesso, a sua volta, a una manovella atta a comandare il movimento della bocca di un drago e dotata di una funzione di bloccaggio.
Ricevuta una scossa, l’oscillazione del pendolo metteva in azione uno degli otto bracci che consentiva alla manovella di far aprire la bocca del drago che così lasciava cadere la sfera nella bocca del rospo sottostante.
Il meccanismo di bloccaggio impediva qualunque altro movimento successivo.
Avvertiti dal suono acuto provocato dalla caduta della sfera, gli addetti allo strumento potevano stabilire immediatamente la direzione e il verso della scossa e, con considerazioni aggiuntive relative alla durata dei tremiti preliminari, alcuni studiosi moderni suggeriscono che probabilmente si poteva pervenire a una stima della distanza del sisma, anche se la descrizione che troviamo nel Hou Han Shu è piuttosto confusa su questo fatto.
I tentativi di ricostruzione di questo antico strumento hanno messo in luce alcune difficoltà interpretative dei testi originali che lo descrivono.
Il geofisico giapponese Imamura Akitsune, ad esempio, ritiene che il pendolo interno non fosse sospeso, come sostenuto da altri, ma fosse un pendolo invertito, ritenendo che nel primo modo il meccanismo d’immobilizzazione dello strumento non sarebbe stato in grado di impedire ulteriori movimenti dovuti alle onde trasversali. Nel modello da lui proposto sopra la massa pendolare è collocato un perno che, in caso di scossa, andrebbe a incastrarsi in una delle otto fessure di una piastra soprastante.
È uno strumento, quello di Imamura, che pur nella maggiore semplicità e affidabilità della misura, non tiene conto della precisa menzione del movimento delle teste di drago che nella sua versione è assente.
In ogni caso lo strumento di Zhang Heng, che qualcuno preferisce considerare più un sismoscopio che un vero e proprio sismografo, a causa della limitata capacità di registrazione delle scosse (data l’impossibilità di misurarne intensità e durata), venne all’epoca considerato molto importante.
Esso è citato non soltanto nelle biografie di Zhang Heng ma anche nel capitolo degli Annali che registrano i principali accadimenti durante il regno dell’imperatore Shun, dove si legge che uno strumento di questo tipo venne installato nell’Ufficio per l’astronomia e il calendario e che il suo autore era proprio il Thai Shih Ling (astronomo reale)
.
Tale successo ufficiale lo possiamo spiegare, oltre che con il prestigio di cui Zhang Heng godeva, anche con le necessità informative di un governo centralizzato, in un paese bersagliato da frequenti eventi sismici di notevole portata.
Si legge, infatti, nelle cronache Hou Han Shu che «una volta uno dei draghi lasciò cadere una sfera benché non si fosse avvertita nessuna scossa percettibile. Tutti gli studiosi della capitale rimasero stupefatti […] Ma qualche giorno dopo giunse un messaggero che recava notizie di un terremoto nel Lung-Hsi».
Uno strumento potente, quindi, utilissimo per aumentare l’efficacia del governo dell’impero.
Avere in anticipo la notizia di un terremoto in una provincia lontana avrebbe facilitato i funzionari nell’organizzazione dei soccorsi dando loro il tempo di prendere tutte le misure atte a far fronte ai disordini che ne potevano derivare. La seconda un’esigenza decisamente prioritaria.
Fonte: http://giovanniboaga.blogspot.it/
L’opera di questi “astronomi senza telescopio” è ritenuta preziosa non solo perché di grande accuratezza ma, soprattutto, perché testimonia di eventi sporadici come le supernovae e copre tempi molto lunghi, fornendoci informazioni su fenomeni lenti non rilevabili dai dati ricavati dall’uso sistematico del telescopio che hanno al più quattrocento anni.
L’orbita della cometa di Halley, la variabilità delle macchie solari e la rotazione della Terra sono solo alcuni esempi in cui l’analisi delle antiche misure di babilonesi, arabi e cinesi ha dato un contributo importante alla comprensione dei fenomeni coinvolti.
Un altro settore di studi in cui risultano utili le antiche registrazioni e che, purtroppo, in questo periodo è di grande attualità, è quello relativo ai terremoti.
Il Giappone, per la sua posizione all'interno della cosiddetta Cintura di Fuoco del Pacifico, un’area estesa per circa 40.000 Km tutto intorno all'oceano Pacifico e caratterizzata dal triste primato di ospitare circa il 90% dei terremoti mondiali, convive da sempre con questi fenomeni sconvolgenti. Ma è la Cina a subire i terremoti più disastrosi, pur essendo distante dalla zona in cui ha sede il fenomeno della subduzione, cioè dello scivolamento delle placche l’una sotto l’altra, che è alla base dei terremoti disastrosi di questi giorni.
Secondo l’USGS (United States Geological Survey), un’agenzia scientifica governativa che ha lo scopo di studiare il territorio degli Stati Uniti ma che gestisce anche il National Earthquake Information Center, organismo che fornisce informazioni circa la posizione e la magnitudo dei terremoti di tutto il mondo, tra i primi dieci terremoti del XX secolo e di questo scorcio di XXI in base al numero di vittime dichiarate (e di solito le stime sono sempre per difetto) cinque sono avvenuti in Cina e, tra questi, quello che ha colpito la città industriale di Tangshan il 28 luglio del 1976 provocando 255.000 morti.
Non è strano, quindi, che oggi la più estesa e completa serie di registrazioni di terremoti sia dovuta proprio agli studiosi cinesi.
Dai loro minuziosi resoconti apprendiamo che uno degli eventi sismici più catastrofici di tutti i tempi fu quello del 2 febbraio 1556 che coinvolse soprattutto le regioni confinanti dello Shansi, dello Shensi e dell’Honan, nel nord della Cina, e che provocò più di ottocentomila vittime.
In una terra da sempre martoriata da eventi tanto distruttivi possiamo immaginare l’interesse che suscitò la messa a punto di un hou fêng ti tung i ovvero (per quei pochi che non conoscono il cinese) di una “banderuola segnavento per terremoti”, qualcosa di simile a un moderno sismografo.
Una realizzazione della quale non è rimasta che una dettagliata descrizione e il nome del suo inventore, il matematico, astronomo e geografo Zhang Heng.
Astronomo reale della dinastia Han per molti anni, Zhang Heng è noto per aver tracciato una delle prime mappe stellari, per la spiegazione corretta del fenomeno delle eclissi lunari e per l’uso di buone approssimazioni di π nella sua opera di astronomia Ling xián. Fu anche letterato e artista, tanto da essere considerato uno dei sei maggiori pittori del tempo.
Ma sicuramente la fama la deve allo strumento perfezionato nel 132 d.C. che poté sicuramente mettere alla prova in occasione dei terremoti che colpirono la capitale nel 133, nel 135 e, soprattutto, nel grave sisma del 138 di epicentro lontano dalla sede imperiale ma utile per verificare la sensibilità dello strumento in questi casi.
Come tutti gli oggetti che appartengono alla cultura cinese anche il rivelatore di terremoti di Zhang Heng aveva caratteristiche decorative piuttosto appariscenti.
Com’è possibile leggere nella cronaca cinese Hou Han Shu lo strumento era costituito da «un recipiente di fine bronzo fuso, simile a una giara da vino […] la superficie esterna era ornata con antichi caratteri da sigillo e con disegni di montagne, tartarughe uccelli e animali. […] Fuori dal recipiente stavano otto teste di drago, le bocche serrate su una sfera bronzea, mentre attorno alla base erano assisi otto rospi con le bocche aperte».
Il meccanismo di funzionamento, all’interno del vaso, era costituito da un pendolo collegato a otto bracci mobili ognuno connesso, a sua volta, a una manovella atta a comandare il movimento della bocca di un drago e dotata di una funzione di bloccaggio.
Ricevuta una scossa, l’oscillazione del pendolo metteva in azione uno degli otto bracci che consentiva alla manovella di far aprire la bocca del drago che così lasciava cadere la sfera nella bocca del rospo sottostante.
Il meccanismo di bloccaggio impediva qualunque altro movimento successivo.
Avvertiti dal suono acuto provocato dalla caduta della sfera, gli addetti allo strumento potevano stabilire immediatamente la direzione e il verso della scossa e, con considerazioni aggiuntive relative alla durata dei tremiti preliminari, alcuni studiosi moderni suggeriscono che probabilmente si poteva pervenire a una stima della distanza del sisma, anche se la descrizione che troviamo nel Hou Han Shu è piuttosto confusa su questo fatto.
I tentativi di ricostruzione di questo antico strumento hanno messo in luce alcune difficoltà interpretative dei testi originali che lo descrivono.
Il geofisico giapponese Imamura Akitsune, ad esempio, ritiene che il pendolo interno non fosse sospeso, come sostenuto da altri, ma fosse un pendolo invertito, ritenendo che nel primo modo il meccanismo d’immobilizzazione dello strumento non sarebbe stato in grado di impedire ulteriori movimenti dovuti alle onde trasversali. Nel modello da lui proposto sopra la massa pendolare è collocato un perno che, in caso di scossa, andrebbe a incastrarsi in una delle otto fessure di una piastra soprastante.
È uno strumento, quello di Imamura, che pur nella maggiore semplicità e affidabilità della misura, non tiene conto della precisa menzione del movimento delle teste di drago che nella sua versione è assente.
In ogni caso lo strumento di Zhang Heng, che qualcuno preferisce considerare più un sismoscopio che un vero e proprio sismografo, a causa della limitata capacità di registrazione delle scosse (data l’impossibilità di misurarne intensità e durata), venne all’epoca considerato molto importante.
Esso è citato non soltanto nelle biografie di Zhang Heng ma anche nel capitolo degli Annali che registrano i principali accadimenti durante il regno dell’imperatore Shun, dove si legge che uno strumento di questo tipo venne installato nell’Ufficio per l’astronomia e il calendario e che il suo autore era proprio il Thai Shih Ling (astronomo reale)
.
Tale successo ufficiale lo possiamo spiegare, oltre che con il prestigio di cui Zhang Heng godeva, anche con le necessità informative di un governo centralizzato, in un paese bersagliato da frequenti eventi sismici di notevole portata.
Si legge, infatti, nelle cronache Hou Han Shu che «una volta uno dei draghi lasciò cadere una sfera benché non si fosse avvertita nessuna scossa percettibile. Tutti gli studiosi della capitale rimasero stupefatti […] Ma qualche giorno dopo giunse un messaggero che recava notizie di un terremoto nel Lung-Hsi».
Uno strumento potente, quindi, utilissimo per aumentare l’efficacia del governo dell’impero.
Avere in anticipo la notizia di un terremoto in una provincia lontana avrebbe facilitato i funzionari nell’organizzazione dei soccorsi dando loro il tempo di prendere tutte le misure atte a far fronte ai disordini che ne potevano derivare. La seconda un’esigenza decisamente prioritaria.
Fonte: http://giovanniboaga.blogspot.it/
Le case sugli alberi della tribu' Korowai in Nuova Guinea
Nell'entroterra della Nuova Guinea, a 150 chilometri dalle coste del Mare degli Arafura, vive una tribù completamente isolata dal resto del mondo, che porta il nome di Korowai.
Si tratta d una tribù di cacciatori-raccoglitori, dove i legami famigliari rivestono la massima importanza.
La maggior parte di essi vive all'interno di case costruite sugli alberi.
Il primo contatto della tribù dei Korowai con individui al di fuori della loro tribù avvenne nel 1974, a seguito di un'esplorazione guidata da un missionario olandese.
Al giorno d'oggi, i Korowai hanno rari contatti con il mondo esterno, nonostante la loro presenza tra le foreste sia in grado di rappresentare un'attrazione per i turisti.
Le case sugli alberi costruite dai Korowai si trovano solitamente posizionate tra i 6 ed i 12 metri di altezza dal suolo, ma alcune di esse possono essere situate anche a 35 metri da terra.
Le case possono essere costruite su di un singolo albero, oppure prevedere come propria base più alberi ravvicinati. Esse vengono sorrette sia dai rami degli stessi alberi che grazie all'utilizzo di pali di legno.
Le abitazioni della tribù vengono costruite sugli alberi in modo che le famiglie che la compongono possano risultare protette dagli insetti presenti sul terreno, oltre che, in base alle credenze tradizionali, dagli spiriti maligni.
Per la realizzazione delle case sugli alberi viene solitamente prescelto come base di partenza un baniano, un albero sempreverde di grandi dimensioni.
I rami presenti nella parte alta dell'albero vengono rimossi ed utilizzati per la realizzazione del pavimento. Esso viene ricoperto con delle fronde di palma, che vengono utilizzare anche per la creazione delle pareti.
Il tutto viene studiato in modo che possa risultare sufficientemente resistente e robusto, in quanto una sola abitazione deve poter ospitare una famiglia composta anche da dodici persone.
L'accesso alle case sugli alberi è permesso dalla costruzione di lunghe scale a pioli, dal cui movimento e scricchiolio è sempre possibile comprendere se vi sia un ospite in arrivo.
La costruzione delle case sugli alberi da parte dei Korowai è stata documentata grazie alla realizzazione di un film documentario, girato in Nuova Guinea nel 1993.
Marta Albè
Saggezza degli indiani d'America
Gli anziani meritano il massimo rispetto, perché ci hanno tramandato le tradizioni, la cultura e la lingua. Essi ancora oggi, con la loro saggezza, ci aiutano a rendere migliore la nostra vita.
Sinta Glesha
CARNEVALE: MASCHERE TOSSICHE CINESI E’ ALLARME!
Il materiale contraffatto trovato in quattro depositi alla periferia est della città.
Quattro gli imprenditori cinesi denunciati.
Rintracciate nei prodotti elevate quantità di cicloesanone, un composto infiammabile e nocivo per inalazione. oltre che irritante per le mucose, le vie respiratorie superiori, gli occhi e della cute, quindi molto pericolosi per i bimbi con cui sarebbero dovuti venire a contatto.
Oltre due milioni di maschere, trucchi e giocattoli, tutti privi dei necessari certificati di conformità sono stati sequestrati dai finanzieri del Comando provinciale di Roma in quattro depositi alla periferia est della città.
L’obiettivo – spiega una nota – era quello di invadere il carnevale romano, offrendo alle tante famiglie che in tempi di crisi cercano di fare divertire i propri figli ’’facendo quadrare i conti’’, prodotti non conformi agli standard di sicurezza.
L’obiettivo delle aziende «made in China» era quello di invadere il carnevale romano, in vista delle festività di questi giorni.
In un altro capannone, questa volta situato a Fiano Romano, a pochi chilometri da Roma, sono state scoperte 45.000 calzature con i loghi contraffatti di marchi celebri come Hogan, Nike ed Adidas, tutte di ottima fattura ed esteticamente perfette.
La merce, per un valore di oltre un milione di euro, era già pronta per la distribuzione ai venditori ambulanti.
I gioielli del made in Italy cambiano di mano.
Krizia venduta alla Shenzhen Marisfrolg Fashion Co., azienda leader nel mercato asiatico del pret-a-porter.
Ma la vendita dei marchi storici della produzione italiana è un fenomeno sempre più diffuso: dall’agroalimentare fino ai trasporti, ma anche la moda.
La Francia fa spese oltralpe Prima di Krizia era stata, infatti, la volta della Poltrona Frau, passata all’americana Haworth, e di Loro Piana al gruppo francese LVMH per 2 miliardi di euro.
La Lvmh di Bernard Arnault aveva già in portafoglio Bulgari ed è proprietario di Fendi, Emilio Pucci e Acqua di Parma mentre la sua rivale francese Ppr di Francois-Henry Pinault controlla Gucci, Bottega Veneta e Sergio Rossi.
Il colpo più grosso nell’alimentare i francesi lo hanno messo a segno nel 2011 con Lactalis che è stata, invece protagonista dell’operazione che ha portato Parmalat a finire sotto controllo transalpino, dopo aver già acquisito in passato Galbani, Locatelli e Invernizzi.
L’arabo Valentino Se nella moda gli emiri del Qatar si sono assicurati lo scorso anno lo storico marchio Valentino, assieme alla licenza Missoni nel settore vitivinicolo quest’anno – continua la Coldiretti -, sempre nel 2013 si sono verificate la cessione da parte della società Averna dell’intero capitale dell’azienda piemontese Pernigotti al gruppo turco Toksoz, e il passaggio di mano del 25% della proprietà del riso Scotti ceduto dalla famiglia pavese al colosso industriale spagnolo Ebro Foods”.
Star parla spagnolo
Nel 2012 la Princes Limited (Princes), una controllata dalla Giapponese Mitsubishi, aveva siglato un contratto con AR Industrie Alimentari SpA (ARIA), leader italiana nella produzione di pelati, per creare una nuova società denominata “Princes Industrie Alimentari SrL” (PIA), controllata al 51% dalla Princes, mentre il marchio Star passa definitivamente in mano spagnola con il gruppo Agrolimen che ha aumentato la propria partecipazione in Gallina Blanca Star al 75%. L’iberica Fiorucci
Nel 2011 la società Gancia, casa storica per la produzione di spumante, è divenuta di proprietà per il 70% dell’oligarca Rustam Tariko, proprietario della banca e della vokda Russki Standard mentre il 49% di Eridania Italia Spa operante nello zucchero è stato acquisito dalla francese Cristalalco Sas e la Fiorucci salumi è passata alla spagnola Campofrio Food Group, la quale ha ora in corso una ristrutturazione degli impianti di lavorazione a Pomezia che sta mettendo a rischio numerosi posti di lavoro.
Altri marchi celebri in vendita
Nel 2010 il 27% del gruppo lattiero caseario Ferrari Giovanni Industria Casearia S.p.A fondata nel 1823, che vende tra l’altro Parmigiano Reggiano e Grana Padano, è stato acquisito dalla francese Bongrain Europe Sas e la Boschetti Alimentare Spa, che produce confetture dal 1981, è diventata di proprietà della francese Financiére Lubersac che ne detiene il 95 per cento. L’anno precedente, nel 2009 – prosegue la Coldiretti -, è iniziata la cessione di quote della Del Verde industrie alimentari spa che è divenuta di proprietà della spagnola Molinos Delplata Sl, la quale fa parte del gruppo argentino Molinos Rio de la Plata.
Orzo Bimbo e Bertolli Nel 2008 la Bertolli era stata venduta all’Unilever per poi essere acquisita dal gruppo spagnolo SOS, è iniziata la cessione di Rigamonti Salumificio Spa, divenuta di proprietà dei brasiliani attraverso la società olandese Hitaholb International, mentre la Orzo Bimbo è stata acquisita dalla francese Nutrition&Santè S.A. del gruppo Novartis – ricorda ancora Coldiretti -. Lo stesso anno è stata ceduta anche Italpizza, l’azienda modenese che produce pizza e snack surgelati, all’inglese Bakkavor acquisitions limited.
Buitoni e Perugina: tra le prime ad esser vendute Nel 2003 hanno cambiato bandiera anche la birra Peroni, passata all’azienda sudafricana SABMiller mentre negli anni Novanta era stata la San Pellegrino ad entrare nel gruppo Nestlè e la Stock ad essere venduta alla tedesca Eckes A.G per poi essere acquisita nel 2007 dagli americani della Oaktree Capital Management.
La stessa Nestlè – conclude la Coldiretti – possedeva già dal 1993 il marchio Antica gelateria del Corso e addirittura dal 1988 la Buitoni e la Perugina.
E poi continuano a chiedere il canone?
Fabio Fazio ha fallito e i danni li pagherà la Rai (cioè noi).
Il crollo dello share del Festival ha deluso tutti i maggiori sponsor che avevano acquistato per svariati milioni di euro gli spazi pubblicitari durante le cinque serate.
Dopo il flop i conti pesano. Tre milioni di spettatori in meno si traducono nel 28% in meno di ricavi.
Rai pubblicità, la concessionaria guidata da Fabrizio Piscopo, come racconta la Stampa, nonostante la contrazione del mercato pubblicitario, quest’anno aveva fatto davvero il miracolo: 4 main sponsor con 82 interruzioni pubblicitarie.
Totale oltre 20 milioni di euro di raccolta.
Ora però le statistiche dello share verranno analizzate dal consiglio di amministrazione della Rai.
I pubblicitari sono sul piede di guerra.
Quanto costa il flop - Così il flop potrebbe “costare” circa 6 milioni di euro.
Soldi che come ha fatto sapere il direttore di Rai uno,Giancarlo Leone, la Rai non dovrà restituire ma che certamente, però, dovrà compensare magari con dei passaggi gratuiti.
In più i danni saranno ingenti anche sulla prossima edizione del festival.
Rai pubblicità, infatti, solo se si tiene conto di Sanremo nella contrattazione pubblicitaria non partiranno dal 47,26 medio di share (la Rai pare abbia venduto gli spot con una media di share al 45%) ma dal 39.27: sette-otto punti in meno di valore.
Una questione non da poco. Gli spazi pubblicitari per il 2015 già partiranno con una quotazione bassa e alla fine il danno del festival di Fazio rischia di affossare pure la prossima edizione.
Eppure nonostante questi disastri, Fazio ha ancora il coraggio di dire “potrei condurre anche l’edizione del 2015″.
Speriamo per le casse della Rai che lui e la Littizzetto decidano di prendersi un anno sabatico.