venerdì 24 gennaio 2014
L'uomo che vive coi lupi
Per capire i lupi bisogna vivere e comportarsi come loro. E per poterlo fare è necessario guadagnarsi il loro rispetto. Da queste semplici considerazioni ha preso il via l'avventura dello zoologo tedesco Werner Freund che nel 1972 ha creato una riserva per i lupi nella foresta di Merzig, profondo sud della Germania.
Ma non si è fermato qui: ha infatti deciso di vivere da lupo tra i lupi, condividendo con loro ogni momento della vita, caccia e pasto compresi. All'interno del gruppo si comporta come un maschio dominante, il che gli è valso il ruolo di capobranco riconosciuto da tutti i membri. E come ogni leader che si rispetti, quando si tratta di mangiare è il primo a cibarsi della preda, strappando la carne cruda con i denti per ricordare la sua autorità, per poi lanciarla agli altri lupi che se ne ciberanno seguendo la gerarchia del branco.
I primi furono i candidi lupi artici, tutti provenienti da zoo o da parchi, ma in 40 anni di vita coi lupi il ricercatore ha cresciuto 70 cuccioli, tutti come se fossero figli suoi.
A partire dalle 5 settimane di vita, con il permesso della madre, Freund trascorre le notti dormendo a terra con loro, mentre quando crescono li addestra alla caccia e gioca con loro, come un bravo padre.
Oggi non ci sono solo lupi artici nella riserva: oltre a loro, tra i 29 animali presenti ci sono esemplari europei, canadesi, siberiani e mongoli.
Ma per vivere con i lupi è necessario parlare la stessa lingua. Per questo Freund ha imparato a ululare come loro, studiandone il linguaggio fino a farlo diventare suo.
La guerra delle due rose
La guerra delle due rose fu una sanguinosa lotta dinastica combattuta in Inghilterra tra il 1455 ed il 1485 tra due diversi rami della casa regnante dei Plantageneti: i Lancaster e gli York. La guerra fu così denominata, nel XIX secolo, dopo che Walter Scott, nel 1829, aveva pubblicato la novella Anna di Geierstein facendo riferimento agli stemmi dei due casati che recavano rispettivamente una rosa di colore rosso per la casata dei Lancaster ed una bianca per quella degli York
Cause dinastiche
Edoardo III d'Inghilterra (1312-1376) ebbe sei figli maschi; quattro di questi (anche a causa della politica matrimoniale del padre, che li fece sposare con figlie di ricche famiglie nobili, dando così vita a potenti casati tutti in grado di rivendicare la corona) concorsero con la loro discendenza a dare vita al conflitto.
Essi furono:
1 - Edoardo di Woodstock, principe del Galles (1330-1376).
Primogenito di Edoardo III, passò alla storia col soprannome di Principe Nero. Morì un anno prima del padre.
3 - Giovanni di Gaunt, primo duca di Lancaster (1340-1399)
Terzogenito maschio di Edoardo III e capostipite del ramo Lancaster
4 - Edmondo di Langley, primo duca di York (1341-1402)
Quintogenito maschio di Edoardo III e capostipite del ramo York.
Le cause risalivano alla politica matrimoniale di Edoardo III (1327-1377) che aveva fatto sposare i figli cadetti con figlie di ricche famiglie nobili, dando vita a potenti dinastie in grado di rivendicare la corona.
La famiglia dei Lancaster si era affermata con Enrico IV, che aveva deposto Riccardo II (1399). Sotto il malgoverno che caratterizzò la minorità di Enrico VI (il terzo sovrano Lancaster, 1422-1461), l’opposizione costituzionale si raccolse attorno alla famiglia degli York. La debolezza istituzionale della monarchia e la potenza della nobiltà trasformarono l’opposizione in scontro militare, che nel 1461 (battaglia di Towton) portò sul trono Edoardo IV di York, senza per questo porre fine alle lotte. Dal 1483 la lotta fu interna agli York, della cui divisione approfittò Enrico Tudor, posto a capo della casa Lancaster, per proclamarsi re con il nome di Enrico VII (1485) e dare inizio al forte governo dei Tudor. Cause politiche e militari
Per quanto il contrasto dinastico avrebbe anche potuto essere ricomposto, la particolare situazione dell'Inghilterra di quel periodo non si prestava certo alla concordia ed alla pace.
Sotto lo scettro debole di Enrico VI, infatti, la grande nobiltà andava sempre più affermando la propria indipendenza dal potere regio, ed addirittura i grandi feudatari presero a guerreggiare più o meno apertamente tra di loro per il possesso dei feudi, possesso spesso contestato e dubbio dovuto all'usanza di stringere ripetuti legami di sangue tra le grandi famiglie dell'isola.
Fu una vera caccia alle alleanze quella che le due casate intrapresero. Pian piano, le contese tra feudatari divennero militanza per un contendente o per l'altro.
La scintilla scoccò nel 1455, quando i Lancaster ed in particolare i duchi di Somerset e Northumberland (approfittando di una temporanea ripresa della salute mentale del re, verificatasi nel periodo di Natale 1454, e spalleggiati dall'aggressiva regina Margherita) riuscirono a far decadere dalla carica Riccardo di York con l'accusa di tradimento e malversazione .Le due casate si scontrarono per il trono d’Inghilterra e il conflitto durò oltre trent’anni. Non si trattò però di un solo lungo conflitto, ma di tanti diversi scontri, e ribellioni. Dopo anni di lotte, la vittoria finale andò a un discendente dei Lancaster, Henry Tudor che sposò una discendente degli York, Elizabeth, un’unione che dette vita alla casata dei Tudor. La lunga contesa terminò il 22 agosto 1485. con la morte di Riccardo III IL vincitore della battaglia, di Bosworth Field fu Enrico Tudor, in relazione segretamente con ambedue le fazioni ma con una tenue rivendicazione del trono, impose una pace che venne suggellata l’anno seguente dal suo matrimonio politico con Elisabetta di York, figlia di Edoardo IV. La rosa Tudor, adottata dal figlio di Enrico, Enrico VIII, abbinando i petali della Rosa Rossa di Lancaster e della Rosa Bianca di York, simboleggiò l’unione delle due Case. Enrico VIII incorporò questa rosa bianca e rossa nel suo stemma.
Riccardo III è celebre soprattutto per la tragedia che gli dedicò William Shakespeare, descrivendolo come una sorta di mostro gobbo e deforme; un personaggio così ripugnante che “i cani latrano di me quand’io zoppico accanto a loro”, che riesce con ogni mezzo a impadronirsi del trono, uccidendo metodicamente quasi tutti i membri della sua famiglia – moglie, fratello maggiore, due piccoli nipoti – per poi essere sconfitto e ucciso (non prima di aver urlato “Il mio regno per un cavallo!”) per mano di Enrico VII, giovane eroe Tudor.
La morte di Riccardo III, durante la battaglia di Bosworth, nel 1485, segnò la fine della Guerra delle Due Rose e l’inizio della dinastia Tudor.
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Abbiamo come antenati più di una specie
Olga Sobolevskaja -
La Voce della Russia Una nuova parola nell'archeologia – così può essere definito il lavoro di un pool internazionale di scienziati di cui fanno parte anche specialisti russi.
I ricercatori hanno letto il genoma della donna di Neanderthal proveniente della caverna di Denisovo in Altai, nella Siberia Occidentale.
L'analisi genetica ha confermato che gli uomini di Neanderthal, Homo sapiens e ancora una, per ora "non-identificata" specie umana, hanno avuto antenati comuni.
Finora si riteneva che specie "non si mischiavano" e, dunque, non si scambiavamo geni.
I ricercatori dell'Istituto accademico di archeologia e etnografia di Novosibirsk (Siberia), e anche loro colleghi della Germania, della Cina e degli USA, hanno estratto DNA da un frammento osseo di un piede di una donna di Neanderthal che visse circa 40000 anni fa. I resti sono stati trovati durante gli scavi nella caverna di Denisovo in Altai – nel Sud della Siberia Occidentale.
I Desinoviani
Questa caverna è diventata famosa nel 2010 dopo che vi fossero state trovate le ossa di una specie umana sconosciuta che per ora si chiama proprio così - i denisoviani.
Tuttavia oltre ai denisoviani nella caverna di Altai vivevano anche le specie ben note – l'uomo di Cro-Magnon e l'uomo di Neanderthal.
Complessivamente durante gli scavi nella caverna sono rinvenuti oltre 20 strati di terra appartenenti a epoche diverse.
Il mistero principale per gli scienziati finora rimaneva l'ipotesi di un possibile accoppiamento tra le specie.
Per molto tempo si riteneva che diverse specie umane erano isolate l'una dall'altra e non scambiavano geni.
Tuttavia alcuni scienziati, ad esempio, Boris Maliarciuk, responsabile del laboratorio di genetica dell'Istituto accademico di problemi biologici del Nord, hanno attivamente dibattuto la cosiddetta teoria ibrida.
Hanno espresso le supposizioni che l'uomo moderno potrebbe avere come antenati più di una specie -
Homo sapiens e i suoi parenti – gli uomini di Neanderthal e i denisoviani.
Lo scorso autunno Maliarciuk è stato uno dei primi a scoprire le sequenze di DNA che attestavano l'"ibridizzazione" tra Homo sapiens e gli uomini di Neanderthal.
Ora il pool internazionale degli scienziati che hanno decifrato genoma della donna di Neanderthal con l'impiego dell'analisi genetico - molecolare ha confermato l'incrocio tra tutte le specie che abitavano nella caverna di Denisovo.
C'è stato lo scambio di geni tra diverse specie umane, ha scritto il pool di scienziati sulla rivista "Nature".
In altre parole, i rappresentanti delle specie diverse non solo vivevano a turno nella stessa caverna per oltre diecimila anni, ma anche avevano i figli in comune.
Risulta che queste specie, separandosi circa 400000 anni fa, comunque non sono diventate completamente isolate le une dagli altri.
La Voce della Russia Una nuova parola nell'archeologia – così può essere definito il lavoro di un pool internazionale di scienziati di cui fanno parte anche specialisti russi.
I ricercatori hanno letto il genoma della donna di Neanderthal proveniente della caverna di Denisovo in Altai, nella Siberia Occidentale.
L'analisi genetica ha confermato che gli uomini di Neanderthal, Homo sapiens e ancora una, per ora "non-identificata" specie umana, hanno avuto antenati comuni.
Finora si riteneva che specie "non si mischiavano" e, dunque, non si scambiavamo geni.
I ricercatori dell'Istituto accademico di archeologia e etnografia di Novosibirsk (Siberia), e anche loro colleghi della Germania, della Cina e degli USA, hanno estratto DNA da un frammento osseo di un piede di una donna di Neanderthal che visse circa 40000 anni fa. I resti sono stati trovati durante gli scavi nella caverna di Denisovo in Altai – nel Sud della Siberia Occidentale.
I Desinoviani
Questa caverna è diventata famosa nel 2010 dopo che vi fossero state trovate le ossa di una specie umana sconosciuta che per ora si chiama proprio così - i denisoviani.
Tuttavia oltre ai denisoviani nella caverna di Altai vivevano anche le specie ben note – l'uomo di Cro-Magnon e l'uomo di Neanderthal.
Complessivamente durante gli scavi nella caverna sono rinvenuti oltre 20 strati di terra appartenenti a epoche diverse.
Il mistero principale per gli scienziati finora rimaneva l'ipotesi di un possibile accoppiamento tra le specie.
Per molto tempo si riteneva che diverse specie umane erano isolate l'una dall'altra e non scambiavano geni.
Tuttavia alcuni scienziati, ad esempio, Boris Maliarciuk, responsabile del laboratorio di genetica dell'Istituto accademico di problemi biologici del Nord, hanno attivamente dibattuto la cosiddetta teoria ibrida.
Hanno espresso le supposizioni che l'uomo moderno potrebbe avere come antenati più di una specie -
Homo sapiens e i suoi parenti – gli uomini di Neanderthal e i denisoviani.
Lo scorso autunno Maliarciuk è stato uno dei primi a scoprire le sequenze di DNA che attestavano l'"ibridizzazione" tra Homo sapiens e gli uomini di Neanderthal.
Ora il pool internazionale degli scienziati che hanno decifrato genoma della donna di Neanderthal con l'impiego dell'analisi genetico - molecolare ha confermato l'incrocio tra tutte le specie che abitavano nella caverna di Denisovo.
C'è stato lo scambio di geni tra diverse specie umane, ha scritto il pool di scienziati sulla rivista "Nature".
In altre parole, i rappresentanti delle specie diverse non solo vivevano a turno nella stessa caverna per oltre diecimila anni, ma anche avevano i figli in comune.
Risulta che queste specie, separandosi circa 400000 anni fa, comunque non sono diventate completamente isolate le une dagli altri.
Il nepotismo domina nelle università italiane. I dati di una ricerca scientifica
Uno studio rileva che il nepotismo nell'università italiana è più alto di quanto ci si potrebbe immaginare.
Ci sono ben 9 discipline con un elevato grado di nepotismo.
Le peggiori? Ingegneria, legge e medicina.
Dove le parentele sono più diffuse?
Al sud.
Ma esistono anche settori virtuosi e istituti dove i figli di papà non contano nulla.
Il malcostume di far assumere parenti e amici, senza tenere in minimo conto le capacità e il merito, è una delle piaghe del sistema Italia, e la ricerca non ne è – purtroppo – immune.
Lo conferma uno studio pubblicato su Plos One e condotto da Stefano Allesina, cervello in fuga all'Università di Chicago (Usa), che per fare le pulci al suo Paese d'origine è partito dal database del Ministero dell'Istruzione, che raccoglie nomi e cognomi di tutti i 61.342 professori universitari italiani.
Le aree critiche
Le 9 discipline con più elevato grado di nepotismo
1. Ingegneria industriale
2. Legge
3. Medicina
4. Geografia
5. Pedagogia
6. Agricoltura
7. Ingegneria civile
8. Matematica
9. Chimica
Figli di papà Allesina ha preso in esame i 28 macrosettori in cui sono suddivisi gli insegnamenti in Italia, e i relativi 370 settori minori, per capire quanto il nepotismo è diffuso all'interno di ciascuna disciplina.
In realtà, poiché lo studio si basa sulla frequenza dei cognomi uguali all'interno di ciascuna area, i risultati sono probabilmente sottostimati, perché non è stato possibile tenere conto di “figli di mammà” (che hanno il cognome del papà), né di eventuali amanti, cugini, generi e parenti alla lontana.
Eppure, il dato è ugualmente preoccupante: sono infatti ben nove gli ambiti di ricerca nei quali la frequenza delle omonimie è sensibilmente più elevata di quanto accadrebbe se gli accoppiamenti fossero casuali.
E il peggio è che in questi nove settori sono attivi ben 32.000 ricercatori, ovvero il 52,17 per cento della nostra forza lavoro universitaria.
Per di più, alcune di queste discipline sono davvero importanti, perché hanno un impatto notevole sul benessere e sullo sviluppo dell'intera società: ai primi tre posti ci sono ingegneria industriale, legge e medicina.
«Sebbene la presenza del nepotismo nell'accademia italiana non sia affatto una sorpresa, l'entità della sua diffusione, messa in luce dal questa analisi, va ben oltre le aspettative» osserva Allesina.
Le aree virtuose
1. Demografia ed etnologia
2. Linguistica
3. Psicologia
4. Orientalistica del Vicino Oriente
5. Archeologia
Meno al nord
I risultati permettono di individuare abbastanza chiaramente anche un gradiente geografico, dal quale risulta che il nepotismo è più diffuso al sud che al nord.
Mentre l'analisi delle singole istituzioni, basata sulla frequenza delle omonimie al loro interno, permette di individuarne poco più di una decina (su 84) certamente virtuose
Come intervenire?
Secondo Allesina, studi come questo possono essere utili per orientare la politica della ricerca in Italia:
«Alcune delle trappole legislative che hanno portato a questa situazione sono: il fatto che troppi incarichi siano a tempo indeterminato, l'eccessiva frammentazione degli insegnamenti e la presenza di microsettori, facilmente “colonizzabili” da pochi docenti, e la totale assenza di incentivi per i professori che assumono in base al merito, e di conseguenze per chi, invece, manda avanti parenti e conoscenti».
Certo, osserva Allesina, in passato ci sono stati esempi di famiglie particolarmente talentuose in specifiche discipline: Marie Curie, per esempio, vinse due premi Nobel, suo marito uno e sua figlia un altro.
Ma si tratta, ovviamente, di eccezioni.
di: Margherita Fronte
Tratto da Focus. it
Ci sono ben 9 discipline con un elevato grado di nepotismo.
Le peggiori? Ingegneria, legge e medicina.
Dove le parentele sono più diffuse?
Al sud.
Ma esistono anche settori virtuosi e istituti dove i figli di papà non contano nulla.
Il malcostume di far assumere parenti e amici, senza tenere in minimo conto le capacità e il merito, è una delle piaghe del sistema Italia, e la ricerca non ne è – purtroppo – immune.
Lo conferma uno studio pubblicato su Plos One e condotto da Stefano Allesina, cervello in fuga all'Università di Chicago (Usa), che per fare le pulci al suo Paese d'origine è partito dal database del Ministero dell'Istruzione, che raccoglie nomi e cognomi di tutti i 61.342 professori universitari italiani.
Le aree critiche
Le 9 discipline con più elevato grado di nepotismo
1. Ingegneria industriale
2. Legge
3. Medicina
4. Geografia
5. Pedagogia
6. Agricoltura
7. Ingegneria civile
8. Matematica
9. Chimica
Figli di papà Allesina ha preso in esame i 28 macrosettori in cui sono suddivisi gli insegnamenti in Italia, e i relativi 370 settori minori, per capire quanto il nepotismo è diffuso all'interno di ciascuna disciplina.
In realtà, poiché lo studio si basa sulla frequenza dei cognomi uguali all'interno di ciascuna area, i risultati sono probabilmente sottostimati, perché non è stato possibile tenere conto di “figli di mammà” (che hanno il cognome del papà), né di eventuali amanti, cugini, generi e parenti alla lontana.
Eppure, il dato è ugualmente preoccupante: sono infatti ben nove gli ambiti di ricerca nei quali la frequenza delle omonimie è sensibilmente più elevata di quanto accadrebbe se gli accoppiamenti fossero casuali.
E il peggio è che in questi nove settori sono attivi ben 32.000 ricercatori, ovvero il 52,17 per cento della nostra forza lavoro universitaria.
Per di più, alcune di queste discipline sono davvero importanti, perché hanno un impatto notevole sul benessere e sullo sviluppo dell'intera società: ai primi tre posti ci sono ingegneria industriale, legge e medicina.
«Sebbene la presenza del nepotismo nell'accademia italiana non sia affatto una sorpresa, l'entità della sua diffusione, messa in luce dal questa analisi, va ben oltre le aspettative» osserva Allesina.
Le aree virtuose
1. Demografia ed etnologia
2. Linguistica
3. Psicologia
4. Orientalistica del Vicino Oriente
5. Archeologia
Meno al nord
I risultati permettono di individuare abbastanza chiaramente anche un gradiente geografico, dal quale risulta che il nepotismo è più diffuso al sud che al nord.
Mentre l'analisi delle singole istituzioni, basata sulla frequenza delle omonimie al loro interno, permette di individuarne poco più di una decina (su 84) certamente virtuose
Come intervenire?
Secondo Allesina, studi come questo possono essere utili per orientare la politica della ricerca in Italia:
«Alcune delle trappole legislative che hanno portato a questa situazione sono: il fatto che troppi incarichi siano a tempo indeterminato, l'eccessiva frammentazione degli insegnamenti e la presenza di microsettori, facilmente “colonizzabili” da pochi docenti, e la totale assenza di incentivi per i professori che assumono in base al merito, e di conseguenze per chi, invece, manda avanti parenti e conoscenti».
Certo, osserva Allesina, in passato ci sono stati esempi di famiglie particolarmente talentuose in specifiche discipline: Marie Curie, per esempio, vinse due premi Nobel, suo marito uno e sua figlia un altro.
Ma si tratta, ovviamente, di eccezioni.
di: Margherita Fronte
Tratto da Focus. it