mercoledì 22 gennaio 2014

L’ENIGMA DELLE “RUOTE DI PIETRA” DEL MEDIO ORIENTE

Se ne contano a migliaia e si estendono su una regione che va dalla Siria fino all'Arabia Saudita.
Possono essere notate solo dal cielo e sono praticamente sconosciute al grande pubblico.
Cosa sono le enigmatiche "Ruote di Pietra", chi le ha costruite e, soprattutto, a cosa servivano?

Vengono considerate dagli archeologi come la versione mediorientale delle Linee di Nazca, i famosi pittogrammi giganti tracciati sul suolo del deserto del Perù.
Gli archeologi impegnati nello studio hanno definito queste strutture circolari “Ruote di Pietra”.
Ne hanno contate migliaia e presentano una grandissima varietà di disegni, con una caratteristica in comune: quella di presentarsi come un cerchi con dei raggi che partono dal centro.
Ora, con l’ausilio della mappatura satellitare e delle fotografie aerea eseguite in Giordania, i ricercatori stanno acquisendo nuove informazioni su queste misteriose formazioni, le quali sembrano avere origine in un passato molto antico.
“Le strutture in pietra che stiamo osservando in Giordania risultano molto più numerose, molto più grandi in estensione e molto più antiche delle Linee di Nazca”, spiega David Kennedy, coordinatore della ricerca e prefessore di storia antica presso la University Of Western Australia.
Lo studio di Kennedy rivela che queste ruote fanno parte di una varietà di strutture che occupano un territirio vastissimo e che sono composte da pareti e altri elementi sconosciuti che si snodano per centinaia di metri, senza avere alcun utilizzo pratico apparente. L’unico modo per accorgersi delle ruote è attraverso le fotografie aeree della zona e a Google Earth, in quanto le strutture sono praticamente invisibili da terra.
“Per migliaia di anni carovane di uomini hanno camminato per questi territori senza rendersi mai conto dell’esistenza di queste strutture”, spiega Kennedy.

Ma a cosa servivano?
Il ricercatore e la sua equipe sono molto perplessi circa l’utilizzo di queste antiche strutture. Il problema è che nessuna di queste ruote è stata finora oggetto di scavo, cosa che rende molto complicato comprendere lo scopo per il quale sono state realizzate.
Dallo studio delle immagini, gli archeologi ipotizzano che si possa trattare di antiche abitazioni o di cimiteri, ma per Kennedy nessuna di queste ipotesi è convincente.
“Ci troviamo di fronte a costruzioni che sono state realizzate nel corso di centinaia di anni, quindi deve esserci una qualche tradizione culturale che spingeva le persone a costruire queste strane strutture circolari”.
A che epoca risalgono? Il mancato scavo delle ruote rende problematica anche la collocazione cronologica delle strutture. Alcune di esse sembrano risalire alla preistoria, con una datazione che si spinge fino ai 9 mila anni fa, mentre quelle più recenti potrebbero risalire a non più tardi di 2 mila anni fa.
Ma per il professor Kennedy la domanda più intrigante rimane quella sul reale utilizzo di queste curiose strutture:
“Il vero mistero è: a che servivano?”, e soprattutto: chi le ha costruite?

Fonte il Navigatore curioso

Starlight Avatar, la pianta che fa luce senza elettricità


Non ci illuminerete il salone, ma in campagna potrebbe indicare il percorso notturno dalla rimessa alla porta d’ingresso.

 Si chiama Starlight Avatar ed è un pianta che emana una debole luce verde-azzurra senza necessitare di elettricità.

 E’ stata creata in laboratorio dal gruppo di ricerca del progetto Bioglow, che, facendo incontrare campi diversi della zoologia, ha modificato geneticamente una pianta ornamentale, la Nicotania alata, grazie ai geni dei batteri marini che nelle profondità del mare si illuminano.


Non si fa dunque ricorso né a raggi UV né ad additivi chimici, ma alla sola modificazione genetica. Al momento sono in “produzione” altre venti esemplari simili, nell’attesa – dichiara il gruppo di ricerca – che si trovi il mondo di aumentare la luminosità di queste singolari piante.
 La speranza degli studiosi è che queste piante, oltre ad essere potenziate in termini di luminosità, possano diventare anche indicatori dei livelli di inquinamento grazie alla qualità di emissione della luce.


Ad oggi, comunque, la Starlight Avatar potrebbe essere utile alla decorazione, più che alla illuminazione vera e propria, o, magari, a sostituire luci antibuio nella stanza dei bambini. 
Un domani, chissà, potrebbe sorgere vegetazione illuminata laddove si alzano i pali della luce urbani.
 Insomma – il nome non è stato dato a caso – un po’ come l’Albero delle Anime nel film “Avatar”. 

 Fonte : http://scienze.fanpage.it/

Fulmini vulcanici , un fenomeno spettacolare


Bellissime foto sono state scattate in questi anni sul fenomeno dei fulmini vulcanici che stanno spopolando sul web, delle recenti eruzioni vulcaniche sul Chaitèn in Cile, il Sakurajima in Giappone, Eyjafjallajökull in Islanda.
 I fulmini vulcanici sono un fenomeno normale in occasione di eventi di tale portata che furono osservati durante l’ultima eruzione del Vesuvio del marzo 1944.
 Ma qual è l’origine di questa potente attività elettrica?
 Il fenomeno “fulmine” non è altro che un intensissimo flusso di elettricità tra due zone in cui sono presenti cariche elettriche di segno opposto. La carica elettrica non è altro che il rapporto tra elettroni e protoni in una qualche quantità di materia. Se il numero di elettroni supera quello dei protoni la materia è carica negativamente, viceversa se predominano i protoni.
 Due condizioni devono esistere perché si produca un fulmine.
 La prima necessita la presenza di meccanismo che genera la separazione di cariche tra due masse considerevoli di materia che siano sufficientemente separate.
 La seconda implica un processo che connetta le due masse in modo da permettere il flusso di elettricità.
 In genere l’ultima condizione è relativamente semplice. Quando la differenza di potenziale tra le due masse è sufficientemente elevata, riesce a superare la resistenza dell’aria per cui può avvenire la scarica elettrica.


La prima condizione è più complessa ma anche la meno conosciuta. E’ facile comprendere che quando due oggetti elettricamente neutri con diverse proprietà elettriche vengono in contatto, gli elettroni possano fluire da uno all’altro, generando tra loro una differenza di potenziale. E’ ciò che avviene tra le particelle di polvere emesse da un’eruzione vulcanica o sollevate da una tempesta di sabbia, le quali collidendo l’una con l’altra si elettrificano. 
Nel suo insieme la nube è sempre neutra, ma deve esistere un meccanismo tale da permettere alle particelle cariche positivamente di separarsi da quelle con carica negativa. 
Ciò in linea di principio può avvenire se entrambe le particelle possiedono differenti proprietà aerodinamiche.
 Altri processi ancora sconosciuti e in fase di studio, contribuiscono alla separazione delle cariche che sono alla base dell’origine dei fulmini vulcanici. 
Il fatto che spesso i fulmini si sviluppino in prossimità delle bocche del vulcano fa pensare che possano essere attivi dei processi che avvengono al suo interno, poco prima che le polveri vengano emesse, causando la separazione delle cariche.




centrometeoitaliano.it

Olanda, Usa e Gran Bretagna: ecco la nuova Fiat trilocata




Sede societaria in Olanda, sede operativa e quotazione negli Usa, domicilio fiscale in Gran Bretagna.
È lo schema che si fa strada per la nascente Fiat-Chrysler, come verrà disegnato nel prossimo consiglio d’amministrazione del 29 gennaio.
Le fonti del Lingotto non confermano né smentiscono, si limitano a ricordare che le opzioni sono diverse e tutte aperte, ed è vero.
Ma che questa tripartizione si delinei ogni giorno che passa come la più probabile, lo sostengono fonti vicine al dossier, ricordando come essa ricalchi la formula già adottata dal gruppo per Fiat Industrial. 
Stabilire la sede legale societaria in Olanda permette infatti alla società di utilizzare, celebrando l’assemblea dei soci, la legge del voto doppio a vantaggio dei pacchetti azionari stabili nel tempo, il che significa in concreto che l’Exor, col suo “storico” 30,05% di Fiat-Chrysler, voterebbe per il 60,10%, esattamente come fa in Fiat Industrial.
Privarsi di una simile opportunità sarebbe uno spreco, dal punto di vista degli interessi dell’azionista di controllo.
Anche perché la “via olandese” non presenta alcuna controindicazione agli occhi del sistema finanziario internazionale, che considera il paese europeo del tutto “friendly”, a dispetto del fatto che quella clausola riduca la contendibilità delle società quotate.
Meno certa la scelta di stabilire il domicilio fiscale in Gran Bretagna: risponde al meglio alle esigenze contabili di una qualsiasi multinazionale ma priverebbe Torino dell’unica chance di conservare la titolarità di almeno una prerogativa di gruppo.
E’ evidente, infatti, che la principale sede operativa sarà a Detroit, anche se probabilmente “ridondata” da qualche funzione centrale stabilita a Torino.
Già oggi Marchionne e il suo alto staff vivono più sull’aereo in giro per il mondo e nella metropoli americana che a Torino, figuriamoci domani, quando la fusione sarà operativa.
Se dovessero perdere anche la residenza fiscale della holding, Torino e l’Italia diventerebbero, nella galassia Fiat-Chrysler, poco più di una sede storica, con il suo problematico bagaglio di impianti in buona parte ancora da saturare con le nuove produzioni di auto di lusso, il rilancio dell’Alfa su cui Marchionne ha lanciato la sua nuova sfida, con gli stessi accenti animosi e insieme prudenti con cui parlò, quattro anni fa, di “Fabbrica Italia”.
D’altronde, anche l’idea di domiciliare fiscalmente in Italia la neofusa Fiat-Chrysler appare assurda, nessuno ragionevolmente preferirebbe il ginepraio delirante della normativa fiscale italiana – fonte di infiniti equivoci e del più forte contenzioso del mondo occidentale – rispetto al più semplice ed efficiente sistema anglosassone.
Infine la quotazione: è evidente che la Borsa prescelta come sede principale della quotazione del titolo non potrà che essere Wall Street, anche se nulla vieta un “dual listing”, con una seconda quotazione a Londra o anche in Italia, che poi significa comunque Londra, visto che a suo tempo le banche italiane svendettero Piazza Affari al Ftse londinese
Insomma, il futuro della Fiat americana sarà sempre più fuori dall’Italia, e di per sé qualunque polemica sulle ubicazioni delle varie sedi sarebbe sbagliata, a patto che il gruppo, vista la sua storia e la cittadinanza dei suoi soci di riferimento, tentasse sul serio di continuare a produrre in Italia il massimo possibile.
Questa scelta non è inattuabile, ma dipende da Marchionne.
Il quale la fa dipendere dal mercato, forse trascurando che il mercato è anche quello che si riesce a suscitare con i prodotti che gli si propongono

di Sergio Luciano
Fonte - Affari italiani.it