mercoledì 8 gennaio 2014

Il medico che canta ai neonati

Il dottor Carey D. Andrew-Jaja é un ginecologo del Magee Womens Hospital of UPMC che fa nascere migliaia di bambini.


Ma non è un dottore come tutti gli altri: ogni volta che nasce un bambino, infatti, lui gli canta una canzone da ”Happy Birthday” a “It’s a Wonderful World” un canzone per dare il benvenuto al mondo al nuovo nato. 
La tradizione gli è stata passata da un anziano medico che faceva questa cosa prima di lui, una specie di tradizione che si sono tramandati, insieme al loro mantra: “Affronta ogni incontro con un sorriso sul viso e una canzone nel cuore”.
 Ecco cosa racconta Andrew-Jaja: 

“Mi piace cantare, ma questa particolarità di cantare per i bambini è cominciata quando ero un tirocinante. C’era un signore, un ostetrico più vecchio, un ginecologo che amava cantare. E quando stava per andare in pensione mi ha chiesto: “Andy, perché non canti per i bambini?” E io ho risposto : “no, è la tua specialità”. Ma lui ha insistito. 
 E così ho cominciato a cantare per i miei bambini da allora e lo faccio ogni volta”
 “Sono speciali. Ciascuno di essi è un individuo. E io faccio nascere migliaia e migliaia di bambini. 
Quando canto a quei bambini penso che sto cantando a una futura persona importante: è il regalo che io do a tutti loro”. “E' bellissimo il mondo in cui viviamo e ci si dimentica tutta la crisi in corso in tutto il mondo, per un attimo, quando si vede che miracolo della vita è di fronte a voi”.

 

Eruzione solare in corso


Sua Maestà, il Sole, ha volute celebrare l’anno nuovo con uno spettacolo degno di nota. Proprio il primo gennaio ha fatto la sua comparsa sull’orizzonte occidentale della nostra stella una delle macchie solari (sunspot) più grandi dell’ultimo decennio. 
La macchia è composta da diversi spot scuri, di cui il più esteso misura approssimativamente quanto due Terre, mentre tutta la configurazione si estende per una lunghezza pari a circa sette volte il diametro del nostro pianeta.
 La macchia solare è stata catalogata come AR1944, dove il prefisso sta per regione attiva: oltre alla macchia vera e propria sulla superficie (che appare più scura in quanto più fredda delle zone circostanti), la regione attiva comprende anche parti dell’atmosfera soprastante, in particolare della corona.


Come suggerisce il nome, le regioni attive possono originare alcune tra le più potenti esplosioni solari: i brillamenti (flare), che sprigionano intense emissioni di radiazione a causa del rilascio di energia magnetica, o le espulsioni di massa coronale (CME), che catapultano nello spazio gigantesche nubi di materiale solare. 
La rotazione del Sole ha portato AR1944 a trovarsi in questi giorni in bella vista proprio al centro del disco, un palcoscenico perfetto per i fuochi d‘artificio che sono seguiti. 
Il 7 gennaio, nei paraggi della nuova grande macchia solare, sono stati infatti registrati due flare, di cui il secondo è stato catalogato di classe X 1.2 , dove la lettera X denota la classe di emissioni più intense. 
Si è quindi trattato del primo flare significativo dell’anno appena iniziato.


Associata al brillamento, si è verificata anche un’espulsione di massa coronale (qui un’animazione, qui il filmato della sonda SOHO) diretta in parte verso la Terra che, secondo il NOAA’s Space Weather Prediction Center, probabilmente produrrà per un paio di giorni una tempesta geomagnetica di moderata entità.
 Fino a tutto il 10 gennaio, alle più alte latitudini, sarà dunque molto facile assistere a spettacolari aurore polari.


Fonte : http://www.diregiovani.it/rubriche/scientificamente/

Port Grimaud : la piccola Venezia francese


La piccola Venezia francese della Costa Azzurra è una cittadina che si chiama Port Grimaud e si trova nella Baia di St. Tropez: questo delizioso borgo medievale riesce ad unire armoniosamente lo stile provenzale a quello veneziano, dato che la cittadina è stata pensata dall’architetto François Spoerry il quale, ispirandosi alla nostra amata città sulla laguna, ha fatto erigere tanti edifici colorati gli uni vicini agli altri che si affacciano su 7 chilometri di canali artificiali, nei quali hanno le fondamenta.
 Proprio come a Venezia, a Port Grimaud si può girare soltanto a piedi o sulle imbarcazioni, tanto che non è possibile introdurvisi in auto: per chi ha voglia di fare una scampagnata, dalla vicina St. Maxime parte una pista ciclabile che arriva proprio qui, così non c’è nemmeno bisogno di pagare il parcheggio!


E anche se Venezia non ha eguali e Port Grimaud è decisamente meno storica, passeggiando tra le stradine e i ponti della città francese potrete rivivere un po’ di quell’atmosfera unica grazie alla presenza dei canali, dei diversi tipi di imbarcazioni che li attraversano e dei terrazzini che vi si affacciano. 
Proprio come Venezia, Port Grimaud è un luogo davvero molto suggestivo e romantico, nel quale vi sembrerà di essere stati catapultati in una fiaba: oltre a passeggiare per le sue stradine ammirando il paesaggio, si può anche affittare un’imbarcazione per vedere la cittadina e i suoi edifici dall’acqua, oppure aspettare che cali la sera e salire su un battello che porta i turisti a fare un emozionante giro tra i canali illuminati dalle luci delle case, all’interno delle quali si possono spesso scorgere gli splendidi arredi in perfetto stile provenzale; se si tratta di una serata particolarmente romantica, o se vi volete semplicemente godere l’atmosfera della cittadina dopo il tramonto, sono imperdibili i graziosi ristorantini di pesce affacciati direttamente sui canali (e quindi sul mare), dove si può gustare una cucina davvero ottima e, evitando i luoghi prettamente turistici, anche a prezzi molto ragionevoli.

I dipinti più famosi dell'arte "gatta": cosi' parlo' Zarathustra.


Un micione in sovrappeso con il pallino dell'arte, che fa bella mostra di sé tra le braccia della Monnalisa.
 Si chiama Zarathustra questa deliziosa palletta color arancione che, con i suoi "10 kg di pura gioia indisturbata", si è guadagnata un posto nei più famosi quadri del mondo, dall'opera più misteriosa di Leonardo, alla "Primavera" e alla "Nascita di venere" del Botticelli, fino al più moderno "Sogno causato dal volo di un'ape intorno a una melagrana un attimo prima del risveglio" di Salvador Dalì.

 "Siamo un gatto. Secondo il nostro assistente (definito dagli ignoranti come nostro "padrone"), noi siamo il miglior gatto al mondo. Per volontà degli dei, siamo stati sollevati dai nostri desideri animali e il nostro tempo post-prandiale viene dedicato a riflessioni su alte questioni. 
La nostra passione più grande è posare per grandi artisti. Solo i grandi artisti possono apprezzare le nostre forme generose e il nostro spirito sublime", così parlò Zarathustra (il gatto!), che usa sempre il pluralis maiestatis, sul sito Great Artists' Mews, in cui è possibile ammirarlo in tutte le sue stupende pose.


Ma chi si nasconde dietro questa nuova forma d'arte "graffiante" che sta facendo letteralmente impazzire la rete? 
L'artista russa Svetlana Petrova, che ha deciso di infilare l'immagine del suo felino in carne ed ossa, di cui è evidentemente super innamorata, in alcuni dei più bei dipinti del mondo. 
 L'idea le è venuta dopo che, chiacchierando con degli amici, aveva detto che il suo gatto rosso era così divertente che avrebbe dovuto usarlo nel suo lavoro. Così ha preso alcune fotografie di Zarathustra, che ha una naturale tendenza a posare, e ha utilizzato le nuove tecnologie, ovvero photoshop, per "metterlo" nell'arte. 
Gli esilaranti risultati sono ormai diventati un vero e proprio fenomeno su internet. "Zarathustra è un modello nato -racconta l'artista- adora adottare pose diverse, a volte molto femminili e ammicanti, e fa facce diverse. Ma possono volerci mesi per scattare la foto giusta".


Insomma, forse il bello nell'arte non è da ricercare solo nelle forme umane e Zarathustra ne è la prova evidente!
D'altronde, a chi non piacerebbe vedere il proprio gatto nel suo quadro preferito?


Roberta Ragni

Gli anemoni di mare incastrati nei ghiacci del Polo Sud



Le foto degli anemoni in loco (A e B) e di un singolo esemplare. Nella foto B, i due puntini rossi si trovano a 10 centimetri di distanza. Photo: Marymegan Daly, Frank Rack, Robert Zook 

Mangiano, si riproducono, ma soprattutto sopravvivono con il corpo circondato dal pack antartico, senza morire congelati: la strana storia degli anemoni di mare trovati accidentalmente da un gruppo di geologi.
Ci si può aspettare di vederli abbarbicati alle rocce o alle barriere coralline dei mari tropicali, ma certo nessuno immaginava di trovarne alcuni incastonati nei ghiacci dell'Antartide.
Grandi quantità di anemoni di mare - polipi urticanti imparentati con coralli e meduse - sono state rinvenute sotto al pack ghiacciato del Polo Sud.
Con grande stupore degli scienziati, che non riescono a spiegarsi come l'animale faccia a sopravvivervi.
Un incontro inaspettato la nuova specie di anemone bianco, ribattezzata Edwardsiella andrillae, è stata trovata nel corso di una spedizione geologica da un team di ricercatori dell'University of Nebraska-Lincoln (Stati Uniti).
Gli scienziati stavano perforando la Barriera di Ross, uno spesso strato di ghiaccio nell'omonimo mare, con un dispositivo collegato a una telecamera, quando hanno filmato gli animali con il corpo sepolto nel ghiaccio e i tentacoli a mollo nell'acqua sottostante.
La scoperta, avvenuta tra il 2010 e il 2011, è stata descritta in questi giorni in un articolo su PLOS ONE.
Interrogativi senza risposta.
L'analisi anatomica dei campioni non ha rilevato differenze macroscopiche con altre specie meglio conosciute: come questi invertebrati possano farsi largo nei ghiacci - scavandone la superficie durissima - rimane per ora un mistero.
Forse, ipotizzano gli scienziati, possono secernere sostanze chimiche in grado di sciogliere parti del pack.
Non si sa ancora, inoltre, come gli anemoni possano sopravvivere a queste temperature senza congelare (sono gli unici animali marini di cui si sa, ad ora, che vivono incastrati nel ghiaccio), né come facciano a riprodursi.
«Ci piacerebbe avere informazioni genetiche su questi animali per trovare le risposte» ha commentato Marymegan Daly dell'Ohio State University, che condotto le analisi.
Sfortunatamente gli scienziati coinvolti nella spedizione avevano a disposizione una soluzione che ha conservato il corpo degli anemoni distruggendone però il DNA.
Del resto, nessuno si aspettava di trovare vita in quei ghiacci.

di: Elisabetta Intini

Fonte Focus.it

Ecco dove vanno una gran parte delle nostre tasse!!!!



Cacciabombardieri, navi da guerra, blindati ed elicotteri da combattimento, cannoni, siluri, bombe, droni e satelliti spia.
E’ la lista della spesa che l’apparato militare italiano ha in serbo nonostante l’opposizione parlamentare e le polemiche sugli F-35. Un “investimento” che non ha a che fare con la sicurezza nazionale, ma è il costo occulto delle missioni internazionali, prima fra tutte l’Afghanistan.
E dal ministro Mauro arriva soltanto un “no comment”
Generali e ammiragli brindano all’inizio di un nuovo anno di spese pazze in armamenti alla faccia della crisi.
Nel 2014 la Difesa si prepara a spendere altri 5 miliardi di euro in cacciabombardieri, navi da guerra, blindati ed elicotteri da combattimento, cannoni, siluri, bombe, droni e satelliti spia. Impermeabili a ogni spending reviewe refrattari a qualsiasi controllo parlamentare, gli stati maggiori continuano a sentirsi intoccabili.
Ma l’anno che viene potrebbe riservare loro qualche sorpresina.
Il 2013 verrà ricordato come l’anno in cui il Parlamento, pungolato dall’opposizione di Sel e Cinque stelle e facendo leva su un’articolo della riforma militare del 2012, ha osato esercitare le proprie prerogative di controllo sui programmi di riarmo della difesa.
A partire dai famigerati F35 da 150 milioni di euro l’uno, per cui le mozioni approvate da Camera e Senato il 26 giugno e 7 luglio impegnavano il governo a non procedere a nessuna “ulteriore acquisizione” in attesa delle conclusioni di un’apposita indagine conoscitiva parlamentare.
Un’inaudita insolenza per i vertici militari, che hanno immediatamente reagito attraverso il Consiglio supremo di Difesa presieduto da Giorgio Napolitano lanciando un duro monito: “Niente veti del Parlamento sulle spese militari”.
E infatti, incurante della volontà del Parlamento, il ministro della Difesa Mario Mauro ha continuando ad autorizzare di nascosto la firma di nuovi contratti per centinaia di milioni di euro.
IL MINISTERO: “NUOVE COMMESSE? NO COMMENT”.
Il 27 settembre scorso, oltre a saldare l’ultima rata da 113 milioni dei primi 3 aerei già acquistati (e già pagati per 350 milioni di euro), è stato firmato il contratto d’acquisto definitivo di altri 3 aerei per 403 milioni (per i quali in precedenza erano stati anticipati 47 milioni).
Successivamente, non è dato sapere quando, sono anche stati versati 60 milioni di anticipo per ulteriori 8 aerei (che la Difesa vuole acquistare nel 2014, anno in cui intende inoltre dare anticipi per altri 10 aerei).
Quando queste informazioni di “ulteriori acquisizioni” – trapelate dagli Stati Uniti – sono state riferite in commissione Difesa, diversi parlamentari, sentitisi presi in giro, hanno chiesto immediate spiegazioni e hanno preteso di avere accesso a tutti i documenti contrattuali.
Niente da fare: il ministro Mauro si è limitato a ribadire (nemmeno di persona, ma per bocca di un messaggio letto in aula il 18 ottobre dal sottosegretario all’Agricoltura…) che a suo giudizio le mozioni parlamentari “non incidono sulle politiche di acquisto già determinate”.
A più riprese ilfattoquotidiano.it ha chiesto alla Difesa dettagli sull’avanzamento dei contratti del programma F35, rimbalzando contro un cortese muro di gomma e ottenendo alla fine solo un secco ma eloquente “no comment”.
“Queste ulteriori acquisizioni sono contra legem – taglia corto Gianpiero Scanu, capogruppo Pd in commissione Difesa – così come lo è l’ostinata resistenza della Difesa a ogni controllo parlamentare sulle sue politiche di spesa.
Un potere di controllo che è stato introdotto nella legislazione italiana con una norma dall’aspetto innocuo ma di portata dirompente: l’articolo 4 della legge 244 del 31 dicembre 2012.
Dal giorno della sua approvazione è in atto uno scontro durissimo, una continua guerra di posizione tra il Parlamento e la Difesa che non vuole accettare questa legge che pone fine a decenni di spese incontrollate.
L’indagine conoscitiva parlamentare sugli F35, che qualcuno voleva chiudere frettolosamente a dicembre senza alcuna presa di posizione, proseguirà fino a febbraio e si dovrà concludere con un documento prescrittivo che la Difesa dovrà rispettare”.
Quale sarà questa ‘prescrizione’ non è ancora dato sapere ma, dopo la svolta renziana del Pd, tra gli addetti ai lavori c’è chi ipotizza (e chi teme) un congelamento del programma o un suo ulteriore forte ridimensionamento.
Durante la campagna per le primarie, il sindaco di Firenze aveva dichiarato: “Gli F35 sono soldi buttati via, io ho proposto il dimezzamento”. (ricordiamoci tutti di queste parole)...staremo a vedere se seguiranno i fatti

 E GLI F-35 “ABBATTONO” GLI EUROFIGHTER. Ipotesi a parte, al momento ciò che fa testo rimane il cosiddetto Dpp (Documento programmatico pluriennale) della Difesa per il triennio 2013-2015 presentato lo scorso aprile dall’allora ministro della Difesa Di Paola – oggi consulente di Finmeccanica – che dei 5 miliardi di spesa totale allocata per il nuovo anno su decine di programmi di riarmo  ne assegna oltre mezzo (535,4 milioni per la precisione) agli F35 della Lockheed Martin.
Questo mentre si continua a investire il doppio (un miliardo l’anno, anche nel 2014) nel programma aeronautico alternativo Eurofighter – rara concretizzazione della tanto auspicata cooperazione industriale europea nel settore difesa e principale concorrente del programma americano – che invece la Difesa ha deciso di tagliare proprio per far posto agli F35, nonostante tutti gli esperti del settore lo ritengano ampiamente sufficiente a soddisfare da solo le esigenze della nostra Aeronautica (come lo è per la Luftwaffe tedesca, che infatti ha scelto Eurofighter rinunciando agli F35), per giunta con indiscutibili vantaggi in termini di costi di manutenzione, di ricaduta tecnologica e occupazionale e, non ultimi, di autonomia operativa vista la comproprietà dell’hardware, che invece rimane sotto esclusivo controllo americano sugli F35: veri e propri “aerei a sovranità limitata”. L’attaccamento della Difesa al programma F35 è spiegabile solo tirando in ballo delicati equilibri di politica estera. Il 16 luglio scorso, pochi giorni dopo l’approvazione delle mozioni, l’ambasciatore americano David Thorne ha convocato nella sua residenza romana di Villa Taverna i massimi vertici militari italiani per ricordare loro, con il sorriso e un bicchiere di rosso in mano, che l’Italia “deve” mantenere gli impegni presi rispetto al programma F35 se vuole “continuare a essere nostro stretto alleato, ad avere voce in capitolo quando si tratta di prendere decisioni sulle regioni più critiche e sulla sicurezza mondiale e a rimanere tra gli alleati Nato di alto livello giocando un ruolo di leadership”.
Gli F35 come pegno di fedeltà verso il nostro potente alleato, come suggello di quella “stretta alleanza che unisce Italia e Stati Uniti e che – spiegava Thorne quella sera d’estate ai nostri generali – è andata rafforzandosi negli ultimi dieci-quindici anni con il comune impegno nei Balcani, in Medio Oriente, in Afghanistan e Nord Africa”. Un impegno, quelle nelle missioni internazionali, che incide in maniera sostanziale sulla spesa italiana in armamenti.

IL COSTO OCCULTO DELLA MISSIONE IN AFGHANISTAN. Dopo aver esaminato la lista dei programmi di riarmo in corso, sorge infatti spontaneo chiedersi a cosa ci servano tutte queste nuove armi visto che, per fortuna, non si intravedono all’orizzonte conflitti mondiali o invasioni straniere.
La risposta data la scorsa primavera in Parlamento dal capo di stato maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, era stata molto sincera: “Le nostre forze armate dispongono di materiali, sistemi d’arma e mezzi adeguati all’impegno attuale e il cui standard possiamo considerare, dal punto di vista qualitativo, paritetico a quello di molti nostri alleati; sussiste tuttavia l’esigenza di ammodernare e rinnovare costantemente le dotazioni delle nostre unità per l’impiego continuato in operazioni lontane dal supporto logistico in patria, che ne ha fortemente accresciuto l’usura”. Insomma, non compriamo nuove armi tanto per ragioni di sicurezza nazionale, quanto in funzione delle prolungate campagne militari condotte in paesi lontani.
Afghanistan in primis. Combattere una guerra implica la necessità di ricostituire le scorte di munizioni (durante la campagna aerea sulla Libia del 2011 abbiamo sganciato bombe per 260 milioni), rimpiazzare i blindati danneggiati negli attacchi nemici e impiegare mezzi più robusti e sicuri, potenziare i sistemi di protezione delle basi e degli avamposti, dotarsi di droni di sorveglianza, di artiglierie più precise, di mezzi e armi per le forze speciali e di tutta una serie di altri strumenti richiesti dalle esigenze operative.
Voci di spesa  da centinaia di milioni che contribuiscono a far salire a 5 miliardi la spesa annua in armamenti e che rappresentano un costo occulto delle missioni militari internazionali che si somma al costo palese dichiarato nei periodici decreti di rifinanziamento.
Lo tengano a mente i nostri parlamentari quando al rientro dalle festività saranno chiamati a rifinanziare la prosecuzione del coinvolgimento militare italiano nella sempre più sanguinosa guerra civile afgana (2.730 civili uccisi nel 2013, un incremento del 10 percento rispetto all’anno precedente).
I principali paesi della Nato se ne sono già andati dal’Afghanistan o se ne andranno entro un anno, perfino la Gran Bretagna lo ha annunciato pochi giorni fa.
Il governo italiano invece, senza consultare il Parlamento, si è impegnato con Washington e con il presidente Karzai (che con le elezioni presidenziali del prossimo 5 aprile uscirà di scena e Allah solo sa da chi verrà rimpiazzato) a lasciare le sue truppe nei deserti afgani almeno fino al 2017 e a donare 360 milioni all’esercito di Kabul.

Fonte: LARETENONPERDONA.it

Informazioni da un amica....Al suo mio Dio aggiungo il mio

Barbara Marchand
Dio mio!!!!

Il Comitato Esecutivo nomina, ed eventualmente revoca, il Segretario Generale, nomina il Presidente degli "Amici di Aspen"e il Presidente degli "Aspen Junior Fellows".
Delibera inoltre sull'ammissione di nuovi soci, propone al Consiglio Generale la revoca o l'esclusione di soci e stabilisce le modalità con cui i soci ordinari eleggono i loro rappresentanti nel Consiglio Generale dell'Istituto.

Alla data fanno parte del Comitato Esecutivo di Aspen Institute Italia:
Luigi Abete
Giuliano Amato
Lucia Annunziata
Sonia Bonfiglioli
Giuseppe Cattaneo
Fedele Confalonieri
Fulvio Conti
Gianni De Michelis
Umberto Eco
John Elkann
Jean-Paul Fitoussi
Franco Frattini
Gabriele Galateri di Genola
Gianni Letta
Emma Marcegaglia
Francesco Micheli
Paolo Mieli
Mario Monti
Mario Moretti Polegato
Lorenzo Ornaghi
Riccardo Perissich
Angelo Maria Petroni
Mario Pirani
Romano Prodi
Alberto Quadrio Curzio
Giuseppe Recchi
Gianfelice Rocca
Cesare Romiti
Paolo Savona
Carlo Scognamiglio
Lucio Stanca
Robert K. Steel
Giulio Tremonti
Beatrice Trussardi
Giuliano Urbani
Giacomo Vaciago
Giuseppe Vita
Elena Zambon

Cosa è Aspen Junior Fellows?

Cliccate sotto per saperlo: 

https://www.aspeninstitute.it/istituto/comunita-aspen/aspen-junior-fellows






I Navajo insegnano ai loro bambini, 
che ogni mattina il sole che sorge e’ un sole nuovo.
Nasce ogni giorno, vive solo per quel giorno,
muore alla sera e non ritornera’ piu’.
Dicono ai loro piccoli:
Il sole ha solo questo giorno, un giorno.
Vivi bene la tua vita in modo che,
il sole non abbia sprecato il suo tempo prezioso.