venerdì 22 novembre 2013
Che cos’è la Cassa Depositi e Prestiti
Cassa depositi e prestiti S.p.A. (chiamata anche CDP S.p.A.) è una società per azioni finanziaria italiana.
Politici e giornalisti spesso la indicano come quell’ente che può intervenire a risolvere parecchi problemi, tramutandosi in uno strumento di intervento diretto dello Stato nell’economia.
La CDP in realtà è una creatura strana: allo stesso tempo pubblica e privata, ha partecipazioni in alcune delle più importanti aziende del paese, fa utile, presta soldi agli Enti Locali e raccoglie soldi dagli uffici postali.
Come dicono alcuni, la CDP è “un centauro”: una creatura mezza pubblica e mezza privata.
Ha la forma giuridica di una Società per Azioni, ma queste sono detenute parte dal ministero del Tesoro e per il restante dalle Fondazioni Bancarie (che a loro volta sono istituti misti pubblici e privati).
Il presidente, Franco Bassanini, e l’amministratore delegato, Giovanni Gorno Tempini, sono nominati dal ministro dell’Economia, e gestiscono una “banca che non è una banca” con una raccolta di 230 miliardi di euro. Partiamo dall’inizio: lo scopo principale della CDP, come dice il suo sito, è gestire il risparmio postale. Si tratta di circa 230 miliardi (nel 2012), soldi investiti dai cittadini italiani in buoni fruttiferi o libretti postali garantiti dallo Stato.
Sempre dal sito apprendiamo che la CDP usa queste risorse per «aiutare la crescita del paese». Il “come” è diviso in due rami diversi. Il primo si chiama gestione separata ed ha a che fare con la storia secolare della CDP.
La storia Quando si parla di CDP in genere si associa il termine “veneranda istituzione”. La CDP, infatti, è più vecchia dell’Italia: è nata a Torino nel 1850.
In particolare, le principali tappe sono:
1875. Nascita dei libretti di risparmio postale;
1896. Inizia l'emissione delle cosiddette Cartelle, forma di Titoli di Stato destinata al consolidamento del deficit degli Enti pubblici locali;
1924. Inizia l'emissione dei Buoni Fruttiferi Postali, titoli a rendimento fisso e garantito, di piccolo taglio, tali da raccogliere anche investimenti minimi; l'emissione ha un tale successo che, per un certo periodo, viene addirittura sospesa l'emissione dei Buoni Ordinari del Tesoro;
1925. I Buoni Fruttiferi Postali vengono emessi anche in dollari e sterline, soprattutto ad uso degli emigranti.
Il suo scopo, per quasi un secolo e mezzo, è stato quello di fare prestiti a medio termine agli enti locali per costruire infrastrutture, e questo resta lo scopo della “gestione separata”.
In pratica, raccogliendo il risparmio dei cittadini, CDP fa prestiti, ad esempio, a un’amministrazione comunale per rifare il lungomare o restaurare un asilo.
La tenuta finanziaria del Comune, alla fine, è garantita dallo Stato, tanto quanto il risparmio dei cittadini, che così resta al sicuro.
Cosa fa la CDP La parte veramente interessante della CDP, però, è l’altra: la cosiddetta gestione ordinaria.
In questo ramo di attività non entrano i risparmi postali.
Le operazioni e gli investimenti vengono finanziati con risorse proprie – non garantite dallo Stato, insomma – come ad esempio l’emissione di obbligazioni della CDP sul mercato.
Cosa fa questa divisione della CDP?
In realtà un po’ di tutto: la sua missione – molto vaga – è investire in “società di interesse nazionale in equilibrio economico e finanziario e con prospettive reddituali e di sviluppo” – una modifica nello statuto voluta da Tremonti tra il 2005 e il 2006.
In altre parole la CDP può acquisire partecipazioni e azioni in quasi qualunque azienda i suoi vertici ritengano interessante.
Anche in passato esisteva qualcosa di simile: si chiamava IRI ed era, appunto, una cassaforte di partecipazioni statali in imprese ritenute “strategiche” o, più spesso, in mano ad amici dei politici. La CDP non è proprio come l’IRI, perché per statuto può acquisire solo partecipazioni di minoranza nelle aziende, ma secondo alcuni – anche in alcune operazioni recenti – nelle scelte della CDP ha avuto qualche peso l’opportunità politica oltre che la convenienza economica.
A questo proposito, è utile sottolineare che, se l’attività ordinaria non gode delle garanzie dello Stato, può usufruire di contributi versati dallo Stato «a qualsiasi titolo».
Volendo, quindi, il governo è autorizzato a finanziare direttamente l’intervento di CDP in un’azienda ritenuta “strategica”. Le partecipazioni Oltre a investire in imprese strategiche, o ritenute tali, la CDP è utile anche per un altro tipo di manovre.
La CDP è formalmente privata dal 2003.
E questo permette al governo di “spingere” debiti dello Stato nella CDP e così farli uscire dal “perimetro” del debito pubblico.
Ad esempio, l’anno scorso, due società partecipate dallo Stato, Fintecna e Sace, vennero trasferite alla CDP per 10 miliardi di euro, soldi che vennero utilizzati per ridurre il debito pubblico.
In realtà si è trattato di una specie di trucco contabile:
lo Stato prendeva dei soldi con una mano e li restituiva con l’altra. Il trucco è tollerato dalla Commissione Europea e largamente praticato.
La politica di vendere imprese alla CDP per fare cassa e l’ampia libertà di investimento concessa ai suoi vertici hanno fatto sì che la cassa sia diventata una vera e propria cassaforte di partecipazioni varie.Sopratutto Fondazioni bancarie.
Oltre a quelle citate, la CDP possiede il 27 per cento di ENI, il 30 per cento di SNAM (che si occupa della distribuzione del gas) e il 30 per cento di Terna (rete elettrica).
Controlla quasi completamente aziende come SIMEST, che offre finanziamenti e assistenza alle aziende italiane impegnate nell’internazionalizzazione, e molti altri fondi e società.
Per il momento la CDP resta una società solida, che nel 2012 ha prodotto 2,8 miliardi di euro di utile.
Questa è la conclusione del suddetto articolo
Politici e giornalisti spesso la indicano come quell’ente che può intervenire a risolvere parecchi problemi, tramutandosi in uno strumento di intervento diretto dello Stato nell’economia.
La CDP in realtà è una creatura strana: allo stesso tempo pubblica e privata, ha partecipazioni in alcune delle più importanti aziende del paese, fa utile, presta soldi agli Enti Locali e raccoglie soldi dagli uffici postali.
Come dicono alcuni, la CDP è “un centauro”: una creatura mezza pubblica e mezza privata.
Ha la forma giuridica di una Società per Azioni, ma queste sono detenute parte dal ministero del Tesoro e per il restante dalle Fondazioni Bancarie (che a loro volta sono istituti misti pubblici e privati).
Il presidente, Franco Bassanini, e l’amministratore delegato, Giovanni Gorno Tempini, sono nominati dal ministro dell’Economia, e gestiscono una “banca che non è una banca” con una raccolta di 230 miliardi di euro. Partiamo dall’inizio: lo scopo principale della CDP, come dice il suo sito, è gestire il risparmio postale. Si tratta di circa 230 miliardi (nel 2012), soldi investiti dai cittadini italiani in buoni fruttiferi o libretti postali garantiti dallo Stato.
Sempre dal sito apprendiamo che la CDP usa queste risorse per «aiutare la crescita del paese». Il “come” è diviso in due rami diversi. Il primo si chiama gestione separata ed ha a che fare con la storia secolare della CDP.
La storia Quando si parla di CDP in genere si associa il termine “veneranda istituzione”. La CDP, infatti, è più vecchia dell’Italia: è nata a Torino nel 1850.
In particolare, le principali tappe sono:
1875. Nascita dei libretti di risparmio postale;
1896. Inizia l'emissione delle cosiddette Cartelle, forma di Titoli di Stato destinata al consolidamento del deficit degli Enti pubblici locali;
1924. Inizia l'emissione dei Buoni Fruttiferi Postali, titoli a rendimento fisso e garantito, di piccolo taglio, tali da raccogliere anche investimenti minimi; l'emissione ha un tale successo che, per un certo periodo, viene addirittura sospesa l'emissione dei Buoni Ordinari del Tesoro;
1925. I Buoni Fruttiferi Postali vengono emessi anche in dollari e sterline, soprattutto ad uso degli emigranti.
Il suo scopo, per quasi un secolo e mezzo, è stato quello di fare prestiti a medio termine agli enti locali per costruire infrastrutture, e questo resta lo scopo della “gestione separata”.
In pratica, raccogliendo il risparmio dei cittadini, CDP fa prestiti, ad esempio, a un’amministrazione comunale per rifare il lungomare o restaurare un asilo.
La tenuta finanziaria del Comune, alla fine, è garantita dallo Stato, tanto quanto il risparmio dei cittadini, che così resta al sicuro.
Cosa fa la CDP La parte veramente interessante della CDP, però, è l’altra: la cosiddetta gestione ordinaria.
In questo ramo di attività non entrano i risparmi postali.
Le operazioni e gli investimenti vengono finanziati con risorse proprie – non garantite dallo Stato, insomma – come ad esempio l’emissione di obbligazioni della CDP sul mercato.
Cosa fa questa divisione della CDP?
In realtà un po’ di tutto: la sua missione – molto vaga – è investire in “società di interesse nazionale in equilibrio economico e finanziario e con prospettive reddituali e di sviluppo” – una modifica nello statuto voluta da Tremonti tra il 2005 e il 2006.
In altre parole la CDP può acquisire partecipazioni e azioni in quasi qualunque azienda i suoi vertici ritengano interessante.
Anche in passato esisteva qualcosa di simile: si chiamava IRI ed era, appunto, una cassaforte di partecipazioni statali in imprese ritenute “strategiche” o, più spesso, in mano ad amici dei politici. La CDP non è proprio come l’IRI, perché per statuto può acquisire solo partecipazioni di minoranza nelle aziende, ma secondo alcuni – anche in alcune operazioni recenti – nelle scelte della CDP ha avuto qualche peso l’opportunità politica oltre che la convenienza economica.
A questo proposito, è utile sottolineare che, se l’attività ordinaria non gode delle garanzie dello Stato, può usufruire di contributi versati dallo Stato «a qualsiasi titolo».
Volendo, quindi, il governo è autorizzato a finanziare direttamente l’intervento di CDP in un’azienda ritenuta “strategica”. Le partecipazioni Oltre a investire in imprese strategiche, o ritenute tali, la CDP è utile anche per un altro tipo di manovre.
La CDP è formalmente privata dal 2003.
E questo permette al governo di “spingere” debiti dello Stato nella CDP e così farli uscire dal “perimetro” del debito pubblico.
Ad esempio, l’anno scorso, due società partecipate dallo Stato, Fintecna e Sace, vennero trasferite alla CDP per 10 miliardi di euro, soldi che vennero utilizzati per ridurre il debito pubblico.
In realtà si è trattato di una specie di trucco contabile:
lo Stato prendeva dei soldi con una mano e li restituiva con l’altra. Il trucco è tollerato dalla Commissione Europea e largamente praticato.
La politica di vendere imprese alla CDP per fare cassa e l’ampia libertà di investimento concessa ai suoi vertici hanno fatto sì che la cassa sia diventata una vera e propria cassaforte di partecipazioni varie.Sopratutto Fondazioni bancarie.
Oltre a quelle citate, la CDP possiede il 27 per cento di ENI, il 30 per cento di SNAM (che si occupa della distribuzione del gas) e il 30 per cento di Terna (rete elettrica).
Controlla quasi completamente aziende come SIMEST, che offre finanziamenti e assistenza alle aziende italiane impegnate nell’internazionalizzazione, e molti altri fondi e società.
Per il momento la CDP resta una società solida, che nel 2012 ha prodotto 2,8 miliardi di euro di utile.
Questa è la conclusione del suddetto articolo
Le avventure di Prosdocimi
Prosdocimi deve vedersela con le bolle di sapone, la mamma tornata adolescente e l’ora di pranzo che sta per scoccare…
Se volete divertirvi leggendo l'intero racconto cliccare su
http://tormenti.altervista.org/
Il più grande aeroporto del mondo
Dubai non si accontenta dei primati che già detiene: oltre a vantare, fra l'altro, il più grande shopping mall e il giardino fiorito più grandi del globo, ora ha una nuova freccia al suo arco da guinness. Da poche settimane è infatti entrato in funzione il Dubai World Central Al Maktoum International Airport (o più semplicemente DWC), che si presenta come l’aeroporto più enorme del mondo. Con una capacità di 12 milioni di tonnellate merci all’anno, una operatività di 24 ore al giorno, una pista da 4,5 chilometri per gli A380, il DWC accoglie i passeggeri (ne aspetta 160 milioni all’anno) con un terminal che si estende per un solo piano, ma largo 66mila metri quadrati.
Si tratta del secondo aeroporto cittadino, situato a circa 50 chilometri dal vecchio Dubai International Airport, che nel 2012 si è guadagnato il titolo di aeroporto più trafficato del mondo con 57 milioni di passeggeri.
L’aeroporto non è in realtà completo, dato che la fase due dell’operazione Dwc prevede un potenziamento dell’area cargo e una sede permanente per il Dubai Airshow, un mercato - spettacolo che va avanti ininterrottamente dal 1989.
Fonte : http://www.milesmagazine.it/
L'ultima casa di Holland Island
Holland Island si trova nella baia di Chesapeake, tra Bloodsworth Island e Smith Island, a largo di Wenona, nel Maryland.
Un tempo abitata da una fiorente e prospera comunità di marinai e agricoltori, nel corso degli ultimi decenni è praticamente scomparsa sotto l'innalzamento del livello delle acque della baia.
L'emblema della sua rovina è l'ultima casa dell'isola.
Holland Isola sorse nel 1600, prendendo il nome dal primo proprietario dell'area, Daniel Holland.
Nel 1850 la prima comunità di famiglie di pescatori e contadini si sviluppa sull'isola.
Nel 1910 l'isola conta circa 360 abitanti, il che la rende una delle più grandi isole abitate della Chesapeake Bay. All'apice del suo splendore può vantare 70 case, diversi negozi, un ufficio postale, una scuola con due aule e due insegnanti, una chiesa e un centro della comunità. Ha un proprio team di baseball e un medico. Gli isolani si mantengono principalmente grazie alle ostriche e ai granchio. Anche la flotta di barche è, in relazione, imponente, con un 'ottantina di imbarcazioni, alcune delle quali costruite sull'isola. Poi, però, arriva l'affondamento naturale del terreno.
L'acqua divora l'isola fino a farla diventare solo una piccola macchia di terra in mezzo al mare.
Gli isolani tentano di proteggersi con la costruzione di muri per arginare l'erosione, ma la mancanza di attrezzature e tecniche moderne rende vani i loro sforzi.
La maggior parte dei residenti sono costretti a trasferirsi sulla terraferma.
Nel mese di agosto del 1918 una tempesta tropicale colpisce la baia, distruggendo la chiesa e spingendo le ultime famiglie ad andare via.
È il 1922. Sempre più case cominciano a sparire sotto l'acqua, fino a quando ne rimane sono una. Con aria di sfida resiste alla natura per oltre un secolo.
Nel 1995 Stephen White, cresciuto sull'isola, la acquista per 70.000 dollari e cerca di salvarla creando la Holland Island Preservation Foundation. Ci prova per 15 anni, spendendo quasi 150 mila dollari. A metà ottobre del 2010, però, la casa cede e crolla inesorabilmente.
L'acqua porta via le macerie, pezzo per pezzo, e finisce di inghiottire l'ultima parte a galla dell'isola.
Roberta Ragni
La misteriosa Piana delle Giare nel Laos
Si tratta di un sito archeologico megalitico del Laos, chiamato anche “la Stonehenge asiatica”.
E' uno dei posti più enigmatici della Terra. Migliaia di giare e vasi di pietra giganti sono disseminati lungo l’altopiano chiamato Xieng Khouang, a volte singolarmente, altre volte vicini, in gruppi composti anche da centinaia di vasi di pietra.
La Piana delle Giare si trova nella Cordigliere Annamese, la principale catena montuosa indonesiana, e le prime ricerche archeologiche iniziarono nel 1930, l’archeologia associò questi vasi giganti a pratiche di sepoltura antiche. risalenti all’ Età del Ferro, oltre 2000 anni fa.
Fino ad ora sono stati scoperti oltre 90 siti nella sola provincia di Xieng Khouang.
Ogni sito contiene da una a 400 giare di pietra, che variano in dimensioni da uno a tre metri di diametro.
Le giare sono prive di decorazioni, tranne una singola giara, scoperta nel Sito 1, uno dei pochi siti pubblici del complesso, che mostra bassorilievi sulla superficie esterna.
Si ritiene che molte di queste giare avessero coperchi, alcuni dei quali decorati da motivi animali raffiguranti tigri, scimmie e rane, ritrovati in quantità nel Sito 52.
Oltre ai coperchi, ci sono anche dischi di pietra, con un lato piatto ed uno convesso, che pare venissero utilizzati per ricoprire le sepolture.
Sono meno frequenti delle giare di pietra, ma sono spesso vicini ad esse.
Le giare sono realizzate in granito, arenaria e calcare; a volte anche con corallo pietrificato.
La maggior parte è stata realizzata in arenaria, e con un elevato grado di conoscenza dei materiali e delle tecniche per elaborarli.
Lo scopo delle giare è tutt’ora sconosciuto, ma le ipotesi che vengono tenute in considerazione sono principalmente due:
1.- Le giare erano dei forni crematori, come sostenne la geologa e archeologa amatoriale Madeleine Colani nel 1930, la prima che ipotizzò anche il periodo di costruzione, l’Età del Ferro.
Dentro alle giare Colani ritrovò delle perle di vetro colorato, denti bruciati e frammenti di ossa, a volte appartenenti a più di un individuo.
2.- Nel 1994, Eiji Nitta, della Kagoshima University, iniziò a mappare il Sito Potrebbe inoltre essere valida anche l’ipotesi, che trova riscontro nelle moderne tradizioni del sud-est asiatico, di lasciare il cadavere a “macerare” in attesa della sepoltura definitiva, in modo da liberare lo spirito del defunto.
Sembra che la cremazione venisse effettuata principalmente per individui adolescenti, come sostenne nel 2004-2005 Julie Van Den Bergh, archeologa dell’ UNESCO.
Pare inoltre che le giare siano disposte lungo antiche rotte commerciali, in particolare sulla via del sale. Secondo la tradizione e le leggende del Laos,
la Piana era un tempo abitata da una civiltà di giganti.
Le leggende parlano di un sovrano chiamato Khun Cheung che, dopo una gloriosa e sanguinosa battaglia contro il suo nemico, fece creare le giare per contenere enormi quantità di “lao lao”, il vino di riso locale.
Altra spiegazione che i locali danno delle giare è quella di raccogliere l’acqua piovana dei monsoni, in modo che i viaggiatori potessero trovare acqua nell’attraversare la regione.
Fino ad ora solo pochi siti sono stati aperti al pubblico, soprattutto per il pericolo rappresentato dalle UXO (unexploded bombs) lanciate durante la “Guerra Segreta” in Laos degli anni ’60.
Un terzo delle bombe sembra sia tutt’ora inesplosa,
Si calcola che i soli Stati Uniti eseguirono circa 580.000 missioni di bombardamento nel solo Laos durante la guerra, con una media di due tonnellate di esplosivo per ogni abitante
E' uno dei posti più enigmatici della Terra. Migliaia di giare e vasi di pietra giganti sono disseminati lungo l’altopiano chiamato Xieng Khouang, a volte singolarmente, altre volte vicini, in gruppi composti anche da centinaia di vasi di pietra.
La Piana delle Giare si trova nella Cordigliere Annamese, la principale catena montuosa indonesiana, e le prime ricerche archeologiche iniziarono nel 1930, l’archeologia associò questi vasi giganti a pratiche di sepoltura antiche. risalenti all’ Età del Ferro, oltre 2000 anni fa.
Fino ad ora sono stati scoperti oltre 90 siti nella sola provincia di Xieng Khouang.
Ogni sito contiene da una a 400 giare di pietra, che variano in dimensioni da uno a tre metri di diametro.
Le giare sono prive di decorazioni, tranne una singola giara, scoperta nel Sito 1, uno dei pochi siti pubblici del complesso, che mostra bassorilievi sulla superficie esterna.
Si ritiene che molte di queste giare avessero coperchi, alcuni dei quali decorati da motivi animali raffiguranti tigri, scimmie e rane, ritrovati in quantità nel Sito 52.
Oltre ai coperchi, ci sono anche dischi di pietra, con un lato piatto ed uno convesso, che pare venissero utilizzati per ricoprire le sepolture.
Sono meno frequenti delle giare di pietra, ma sono spesso vicini ad esse.
Le giare sono realizzate in granito, arenaria e calcare; a volte anche con corallo pietrificato.
La maggior parte è stata realizzata in arenaria, e con un elevato grado di conoscenza dei materiali e delle tecniche per elaborarli.
Lo scopo delle giare è tutt’ora sconosciuto, ma le ipotesi che vengono tenute in considerazione sono principalmente due:
1.- Le giare erano dei forni crematori, come sostenne la geologa e archeologa amatoriale Madeleine Colani nel 1930, la prima che ipotizzò anche il periodo di costruzione, l’Età del Ferro.
Dentro alle giare Colani ritrovò delle perle di vetro colorato, denti bruciati e frammenti di ossa, a volte appartenenti a più di un individuo.
2.- Nel 1994, Eiji Nitta, della Kagoshima University, iniziò a mappare il Sito Potrebbe inoltre essere valida anche l’ipotesi, che trova riscontro nelle moderne tradizioni del sud-est asiatico, di lasciare il cadavere a “macerare” in attesa della sepoltura definitiva, in modo da liberare lo spirito del defunto.
Sembra che la cremazione venisse effettuata principalmente per individui adolescenti, come sostenne nel 2004-2005 Julie Van Den Bergh, archeologa dell’ UNESCO.
Pare inoltre che le giare siano disposte lungo antiche rotte commerciali, in particolare sulla via del sale. Secondo la tradizione e le leggende del Laos,
la Piana era un tempo abitata da una civiltà di giganti.
Le leggende parlano di un sovrano chiamato Khun Cheung che, dopo una gloriosa e sanguinosa battaglia contro il suo nemico, fece creare le giare per contenere enormi quantità di “lao lao”, il vino di riso locale.
Altra spiegazione che i locali danno delle giare è quella di raccogliere l’acqua piovana dei monsoni, in modo che i viaggiatori potessero trovare acqua nell’attraversare la regione.
Fino ad ora solo pochi siti sono stati aperti al pubblico, soprattutto per il pericolo rappresentato dalle UXO (unexploded bombs) lanciate durante la “Guerra Segreta” in Laos degli anni ’60.
Un terzo delle bombe sembra sia tutt’ora inesplosa,
Si calcola che i soli Stati Uniti eseguirono circa 580.000 missioni di bombardamento nel solo Laos durante la guerra, con una media di due tonnellate di esplosivo per ogni abitante