venerdì 13 settembre 2013
I macachi alle terme
(Radius Images/Corbis)
Nella stagione invernale è decisamente piacevole rilassarsi immersi in una vasca di acqua termale calda, anche se non per tutti è possibile farlo. Chi proprio non ci rinuncia sono i macachi giapponesi (Macaca fuscata) di Jigokudani, a Nagano, che per superare i lunghi e rigidi inverni si immergono nelle calde sorgenti di acqua termale di cui è ricca la zona
Unici al mondo, questi macachi al mattino scendono dalle montagne dove trascorrono la notte per passare la giornata a mollo nelle caldi acque, massaggiandosi a vicenda.
Ma i bagni alle terme non sono l’unica curiosità di questa specie, chiamata anche “scimmia delle nevi”: è stato scoperto che per divertirsi giocano a palle di neve e, prima di mangiare, lavano il cibo. Davvero un animale amante del benessere!
Ma i bagni alle terme non sono l’unica curiosità di questa specie, chiamata anche “scimmia delle nevi”: è stato scoperto che per divertirsi giocano a palle di neve e, prima di mangiare, lavano il cibo. Davvero un animale amante del benessere!
Da : focus.it
I fuochi di Sant'Elmo
Il fenomeno prende il nome da Sant'Erasmo di Formia (detto anche sant'Elmo), vescovo e martire, santo patrono dei naviganti.
Secondo la tradizione quando il santo fu bruciato si levarono fiamme bluastre, che furono viste come la sua anima che si levava al cielo.
Le stesse fiamme bluastre e violette si osservano durante il fenomeno naturale dei “fuochi di Sant'Elmo”. In realtà quelle che si vedono non sono fiamme, bensì intense scariche elettriche che ionizzano l'atmosfera. L'azoto e l'ossigeno ionizzati producono il caratteristico blu-violetto del fenomeno. Un meccanismo molto simile a quello che si produce nei tubi al neon.
Si tratta quindi di getti di gas e plasma, che si producono in presenza di forti campi elettrici in prossimità di materiali conduttori. L'aria si carica positivamente, mentre sugli oggetti appuntiti si accumulano cariche negative. Se non riesce a formarsi un fulmine vero e proprio, ecco apparire il fuoco di sant'Elmo.
I fuochi di Sant'Elmo possono prodursi durante temporali e tempeste in mare, e si manifestano come fiamme, bagliori, getti luminosi, che a causa dell'”effetto punta” si possono vedere sugli alberi delle navi, sulle ciminiere, antenne e guglie. Proprio perché nella tradizione sono collegati con l'omonimo santo, nonostante l'aspetto inquietante e spettrale sono considerati di buon auspicio.
Possono essere osservati anche durante i tornado, o sulle strutture esterne degli aerei, a causa del forte sfregamento della carlinga con le particelle dell'atmosfera.
Si possono formare anche con il bel tempo, in particolare in presenza di venti secchi che caricano l'atmosfera, oppure in montagna, producendo scariche che si fuoriescono dagli arti degli alpinisti ed aloni attorno al capo simili ad aureole. Possono essere accompagnati anche da rumori tipo ronzii e sfrigolii.
Tra i vari miti e leggende correlate, i Greci ne parlano in riferimento alla storia della conquista Vello d'Oro. La nave Argo, che trasportava Giasone con i suoi argonauti, nonché varie divinità, tra le quali Orfeo, Ercole, Castore e Polluce, si trovò in mezzo a una terribile tempesta. Orfeo, tirata fuori la lira, si mise a cantare per ingraziarsi gli dei. Scesero allora due luci dal cielo che si posarono sul capo dei due gemelli Castore e Polluce.
Nell'antica Grecia quando si vedeva una sola fiammella veniva chiamata Elena (sorella di Polluce), mentre se le fiamme erano due venivano chiamate Castore e Polluce.
Dei fuochi di Sant'Elmo tra gli altri ne parla il poeta greco Alceo, mentre lo storico Plutarco narra di due stelle che si posarono sulla nave di Lisandro quando uscì dal porto per andare a battersi contro la flotta ateniese.
Secondo un'ulteriore versione collegata a Sant'Elmo, questi si sarebbe ammalato durante un viaggio in mare e, sopraggiunta una tempesta, si trovò in punto di morte. Prima di esalare l'ultimo respiro promise all'equipaggio che sarebbe tornato e si sarebbe fatto riconoscere se la nave fosse stata destinata a salvarsi. Poco dopo la sua morte una strana luce apparve sull'alberatura, tranquillizzando i marinai.
Nel Medio Evo invece queste luci spettrali erano ritenute demoni dell'aria che impedivano alle anime di salire in cielo. C'era chi riteneva che i fuochi di Sant'Elmo potessero incendiare le navi, e, quando i bagliori comparivano, si faceva un gran chiasso per scacciarli arrivando persino a sparare colpi di arma da fuoco sulle attrezzature di bordo.
Anche i navigatori Colombo e Magellano incapparono nel fenomeno, ma lo vedevano come un segno di buon auspicio.
Nel mar Adriatico, nel Mar di Levante e nelle acque francesi i fuochi di Sant'Elmo sono conosciuti come fuoco di San Nicola. In questo caso la leggenda racconta che una volta, durante una tempesta, i marinai invocarono San Nicola. Apparve loro in aiuto un uomo che li aiutò nelle manovre. Quando la tempesta improvvisamente si placò, altrettanto improvvisamente l'uomo scomparve. Giunti in salvo i marinai identificarono il loro soccorritore come San Nicola in persona.
Il fuoco di Sant'Elmo è conosciuto anche come "corposanti" o "corpusanti", dallo spagnolo Cuerpos Santos. Questo perché tale fenomeno si verifica sui bastioni del porto di Malta, che i marinai inglesi chiamavano il corposant (il corpo del santo).
I fuochi di Sant'Elmo sono citati nelle opere di Giulio Cesare, Plinio il Vecchio, e in epoca più moderna ne parlano Antonio Pigafetta e Charles Darwin nei loro diari.
Fra l'altro si ritrovano i fuochi di Sant'Elmo anche nel “Moby Dick” di Hermann Melville.
Nel 1749 Benjamin Franklin accertò l'origine elettrica di questo fenomeno. La differenza di potenziale è di circa 1000 volt al centimetro, ma, come già accennato, fortemente variabile a seconda della geometria dell'oggetto.
I fuochi di Sant'Elmo non vanno confusi con i fulmini normali né con i cosiddetti “fulmini globulari”, che sono fenomeni a sé stanti. Collegati fin dall'antichità, come è logico, con l'elemento fuoco, più tardi, nel Medioevo, furono associati alla mitica salamandra e, a quanto pare, con creature simili denominate acthnici, che erano elementali del fuoco.
Secondo la tradizione quando il santo fu bruciato si levarono fiamme bluastre, che furono viste come la sua anima che si levava al cielo.
Le stesse fiamme bluastre e violette si osservano durante il fenomeno naturale dei “fuochi di Sant'Elmo”. In realtà quelle che si vedono non sono fiamme, bensì intense scariche elettriche che ionizzano l'atmosfera. L'azoto e l'ossigeno ionizzati producono il caratteristico blu-violetto del fenomeno. Un meccanismo molto simile a quello che si produce nei tubi al neon.
Si tratta quindi di getti di gas e plasma, che si producono in presenza di forti campi elettrici in prossimità di materiali conduttori. L'aria si carica positivamente, mentre sugli oggetti appuntiti si accumulano cariche negative. Se non riesce a formarsi un fulmine vero e proprio, ecco apparire il fuoco di sant'Elmo.
I fuochi di Sant'Elmo possono prodursi durante temporali e tempeste in mare, e si manifestano come fiamme, bagliori, getti luminosi, che a causa dell'”effetto punta” si possono vedere sugli alberi delle navi, sulle ciminiere, antenne e guglie. Proprio perché nella tradizione sono collegati con l'omonimo santo, nonostante l'aspetto inquietante e spettrale sono considerati di buon auspicio.
Possono essere osservati anche durante i tornado, o sulle strutture esterne degli aerei, a causa del forte sfregamento della carlinga con le particelle dell'atmosfera.
Si possono formare anche con il bel tempo, in particolare in presenza di venti secchi che caricano l'atmosfera, oppure in montagna, producendo scariche che si fuoriescono dagli arti degli alpinisti ed aloni attorno al capo simili ad aureole. Possono essere accompagnati anche da rumori tipo ronzii e sfrigolii.
Tra i vari miti e leggende correlate, i Greci ne parlano in riferimento alla storia della conquista Vello d'Oro. La nave Argo, che trasportava Giasone con i suoi argonauti, nonché varie divinità, tra le quali Orfeo, Ercole, Castore e Polluce, si trovò in mezzo a una terribile tempesta. Orfeo, tirata fuori la lira, si mise a cantare per ingraziarsi gli dei. Scesero allora due luci dal cielo che si posarono sul capo dei due gemelli Castore e Polluce.
Nell'antica Grecia quando si vedeva una sola fiammella veniva chiamata Elena (sorella di Polluce), mentre se le fiamme erano due venivano chiamate Castore e Polluce.
Dei fuochi di Sant'Elmo tra gli altri ne parla il poeta greco Alceo, mentre lo storico Plutarco narra di due stelle che si posarono sulla nave di Lisandro quando uscì dal porto per andare a battersi contro la flotta ateniese.
Secondo un'ulteriore versione collegata a Sant'Elmo, questi si sarebbe ammalato durante un viaggio in mare e, sopraggiunta una tempesta, si trovò in punto di morte. Prima di esalare l'ultimo respiro promise all'equipaggio che sarebbe tornato e si sarebbe fatto riconoscere se la nave fosse stata destinata a salvarsi. Poco dopo la sua morte una strana luce apparve sull'alberatura, tranquillizzando i marinai.
Nel Medio Evo invece queste luci spettrali erano ritenute demoni dell'aria che impedivano alle anime di salire in cielo. C'era chi riteneva che i fuochi di Sant'Elmo potessero incendiare le navi, e, quando i bagliori comparivano, si faceva un gran chiasso per scacciarli arrivando persino a sparare colpi di arma da fuoco sulle attrezzature di bordo.
Anche i navigatori Colombo e Magellano incapparono nel fenomeno, ma lo vedevano come un segno di buon auspicio.
Nel mar Adriatico, nel Mar di Levante e nelle acque francesi i fuochi di Sant'Elmo sono conosciuti come fuoco di San Nicola. In questo caso la leggenda racconta che una volta, durante una tempesta, i marinai invocarono San Nicola. Apparve loro in aiuto un uomo che li aiutò nelle manovre. Quando la tempesta improvvisamente si placò, altrettanto improvvisamente l'uomo scomparve. Giunti in salvo i marinai identificarono il loro soccorritore come San Nicola in persona.
Il fuoco di Sant'Elmo è conosciuto anche come "corposanti" o "corpusanti", dallo spagnolo Cuerpos Santos. Questo perché tale fenomeno si verifica sui bastioni del porto di Malta, che i marinai inglesi chiamavano il corposant (il corpo del santo).
I fuochi di Sant'Elmo sono citati nelle opere di Giulio Cesare, Plinio il Vecchio, e in epoca più moderna ne parlano Antonio Pigafetta e Charles Darwin nei loro diari.
Fra l'altro si ritrovano i fuochi di Sant'Elmo anche nel “Moby Dick” di Hermann Melville.
Nel 1749 Benjamin Franklin accertò l'origine elettrica di questo fenomeno. La differenza di potenziale è di circa 1000 volt al centimetro, ma, come già accennato, fortemente variabile a seconda della geometria dell'oggetto.
I fuochi di Sant'Elmo non vanno confusi con i fulmini normali né con i cosiddetti “fulmini globulari”, che sono fenomeni a sé stanti. Collegati fin dall'antichità, come è logico, con l'elemento fuoco, più tardi, nel Medioevo, furono associati alla mitica salamandra e, a quanto pare, con creature simili denominate acthnici, che erano elementali del fuoco.