giovedì 18 luglio 2013

Breve storia della giada


Durante il neolitico, l’uomo trovò che alcune pietre erano più belle, di struttura più liscia e più solide di altre e se ne servì per fabbricare attrezzi, punte di frecce ed ornamenti. Questi oggetti furono gli antenati degli articoli in giada. I materiali usati dagli antichi non comprendevano soltanto l’orneblenda, ma anche diverse pietre preziose come la serpentina, il turchese, la malachite e l’agata.
 Gli antichi cinesi chiamarono queste pietre magnifiche yu (giada). Il primo dizionario cinese, Spiegazione delle parole e delle frasi pubblicato nell’anno 100 durante la dinastia degli Han orientali, definì yu come «la pietra più bella».

La natura ha “viziato” la giada donandole molte qualità eccellenti – la sua struttura è solida, il colore è magnifico, è delicata al tatto e produce un suono gradevole se la si batte. Tali qualità corrispondevano alle norme etiche e ai codici di comportamento degli antichi e vennero personificate.
 Confucio (551-479 a.C.) concluse che la giada possedeva undici virtù, tra cui la benevolenza (essendo dolce e lucida), la fedeltà (non irrita mai la pelle), l’educazione (c’era un rituale nell’abbigliamento) e la sincerità (un difetto nella giada non si nasconde mai). La cultura confuciana predicava che un uomo doveva definire i suoi modi e la sua condotta in accordo con le virtù della giada. 
 Per lungo tempo fu di moda indossare ornamenti di giada, i quali erano costituiti o da un unico pezzo di giada o ne comprendevano sino a nove uniti insieme. Le persone avevano la consuetudine di indossarli per dar prova del loro status sociale. Su questi ornamenti venivano incisi dei motivi beneaugurali e degli ideogrammi che auguravano la fortuna e una vita felice. Questa moda raggiunse il suo apogeo durante la dinastia Qing (1644-1911): chi non indossava della giada veniva giudicato vestito male e una casa senza decorazioni in giada non era considerata una vera casa .I poveri o le persone del popolo che non potevano permettersi di possedere della giada adornavano le loro abitazioni con alcuni distici del tipo «la stanza brilla d’oro e di giada». 
 Se oggi scarseggiano gli acquirenti di cannelli di pipa in giada presenti sui mercati d’antiquariato in grande quantità e a buon mercato, un tempo, invece, i poveri consideravano le pipe con cannello di giada degli oggetti di grande valore: se la famiglia aveva la fortuna di possederne una, questa veniva lasciata in eredità di generazione in generazione. Capita di vedere messi in vendita alcuni cannelli di pipa che presentano segni di denti profondi diversi millimetri e, poiché la giada è particolarmente dura, questi non possono essere stati causati che da un uso costante nel corso di diverse generazioni.

Per le donne, invece, erano i braccialetti a riempire in gran parte i loro portagioie. I braccialetti in giada ricevuti in regalo in occasione del fidanzamento o del matrimonio erano preziosi proprio come lo sono oggi gli anelli di diamanti.
 I cinesi antichi descrivevano un matrimonio felice come un «matrimonio d’oro e di giada». 
 La giada non è stata soltanto idealizzata e personificata, ma è anche divenuta un oggetto mitico, specialmente nei tempi antichi, quando i recipienti di giada erano consacrati al compimento dei riti e della divinazione. 
 Gli antichi credevano che la giada si fosse formata là dove le fenici si erano posate, e là dove c’erano accumuli di yang (principio maschile e positivo della natura) e, durante le notti di luna, delle donne nude la lavassero. Si credeva che fosse soltanto facendo appello allo yin (principio femminile o negativo) che si potesse purificare la giada e ottenere così l’essenza della terra e del cielo. Questa credenza ha influenzato i cinesi per numerosi secoli. In un testo intitolato Tian Gong Kai Wu (Valorizzazione delle opere della natura), una descrizione delle antiche tecniche di produzione pubblicata nel 1637 alla fina della dinastia Ming, si legge della consuetutine di far raccogliere a giovani donne nude, nelle notti di luna, la giada con la draga. Il libro spiega che «attirando l’energia vitale dello yang, si otterrebbe molta giada».



I cinesi antichi consideravano sacra la giada che serviva a fabbricare le urne sacre; pertanto la sua estrazione doveva rispettare determinati principi. Ma, non tutti credevano a queste teorie. L’imperatore Qianlong dei Qing, sfidò questa credenza facendo incidere due pezzi di giada rappresentanti due uomini che portano della giada. Scrisse un saggio critico nella parte posteriore di queste incisioni e fece notare che, poichè durante le notti di luna non si poteva avere una buona visione, l’estrazione doveva svolgersi in autunno, periodo in cui i fiumi sono in secca. Si credeva, inoltre, che la giada impedisse la corrosione e cacciasse gli spiriti maligni. Sono stati rinvenuti numerosi oggetti funerari in giada in tombe risalenti alla dinastia Zhou (XI secolo a.C.); è in quel periodo che la popolazione inizia ad utilizzare pezzi di giada per ricoprire i cadaveri. 
Durante la dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.), questa usanza si sviluppò ulteriormente. Si cucivano dei pezzi di giada quadrati e piatti con del filo d’oro per farne un abito funerario che veniva messo a personalità dello Stato affinchè il corpo non venisse neppure sfiorato dalla decomposizione.
 Nel 1971, si sono aperte le tombe del principe Jing degli Han Occidentali e della sua consorte e sono stati trovati due abiti in giada. Ma, i cadaveri erano decomposti ormai da moltissimo tempo. Con il passare del tempo, gli aspetti mitologici della giada scomparirono poco a poco. Ma, nonostante ciò, ancora oggi molte persone credono che indossare della giada sia positivo per la salute. A partire dalla dinastia Qing, vengono utilizzati degli strumenti di massaggio facciale in giada. Esistono anche dei guanciali e dei cuscini di giada. La giada Fior di susino, prodotta nella provincia dello Henan, è nera con diversi punti blu, neri, bianchi, gialli e verdi, proprio come i fiori dei susini.
 L’imperatore Guangwu della dinastia Han definì questo tipo di giada «tesoro dello Stato». Studi scientifici hanno dimostrato che questa giada contiene dei minerali necessari all’organismo.

 I cinesi antichi davano un grande valore alla giada, lo dimostra l’impiego molto diffuso di questo materiale. Gli oggetti rinvenuti appartenenti alla cultura di Hongshan (5000-6000 anni fa) sono di due categorie: la terracotta e la giada.
 La giada di questo periodo comprende ornamenti, oggetti rituali e urne divinatorie. Le asce e le accette simboleggiavano il potere. Le urne divinatorie erano scolpite a forme di piccoli animali – uccelli e bachi da seta. Il totem di giada degli uomini di Hongshan è un drago con testa di maiale.
 Durante il periodo dell’Imperatore Giallo, attorno al 4600 a.C., si regolizzò l’impiego della giada. Gli articoli legati al potere dello Stato, come sigilli e monete dei dirigenti, recipienti per i rituali importanti e le cerimonie dovevano essere fabbricati in giada. La giada era un simbolo di status sociale e i nobili solevano indossarla come ornamento. Prima dell’età del bronzo, la giada era il materiale dominante in Cina. Il pittogramma originale degli antichi per la giada era composto da tre pezzi (linee) orizzontali di giada uniti da un tratto verticale centrale. Più tardi si aggiunse un punto (goccia) al carattere per formare la parola giada. Il carattere senza punto ha modificato la pronuncia e i tre pezzi di giada orizzontali sono divenuti semplicemente tre tratti orizzontali. Questo carattere in cinese significa ora «re» o «monarca»

.La crosta terrestre cela oltre 1 000 tipi di pietre, ma solamente una dozzina di esse appartiene alla famiglia della giada. Limitata dalle tecniche di estrazione sottosviluppate, la produzione antica della giada era limitatissima e, conseguentemente, il suo prezzo molto elevato. Alcuni ritengono che il pezzo di giada antico di maggior valore sia un ornamento piatto e rotondo chiamato Heshi Bi risalente al periodo delle Primavere e degli Autunni (770-476 a.C.): questo ornamento è celebre non solo per l’altissima qualità della giada ma anche per la storia che sottintende. 
Secondo la leggenda, un uomo chiamato He e originario dello Stato di Chu avrebbe ottenuto, sul monte Jing nella provincia dello Hubei, un pezzo di giada offrendolo, in seguito, al re Li. Il re ritenendosi insultato avrebbe fatto amputare il piede sinistro dell’uomo. Quando al trono salì il re Wu, l’uomo avrebbe nuovamente presentato la giada al nuovo sovrano. E ancora una volta si sarebbe avuto lo stesso epilogo, perdendo, questa volta il piede destro. Quando il re Wen salì al trono, l’uomo, colmo di dispiaceri, sarebbe ritornato al monte Jing con la sua giada. Il re Wen avrebbe allora inviato qualcuno per dirgli che la sua giada era preziosa e che l’avrebbe chiamata Heshi Bi, la giada della famiglia degli He. 
Sima Qian, lo storico della dinastia degli Han, scrisse nel suo libro, Gli annali di uno storico, che questa giada fu più tardi acquisita dal dirigente dello Stato di Zhao. Quando il dirigente di Qin sentì parlare di questa storia, gli avrebbe offerto di scambiare 15 città cintate con quella giada. Il dirigente di Zhao avrebbe allora inviato un ministro per andare a portare la giada nello Stato di Qin, che era più potente dello Stato di Zhao. Il ministro, una volta appreso che il dirigente di Qin non aveva detto sul serio a proposito dello scambio, si sarebbe arrangiato per riportare la giada nello Stato di Zhao, affidandosi alle sue risorse e al suo coraggio. 
Il semplice fatto che qualcuno fosse stato d’accordo nello scambiare 15 città con un pezzo di giada riflette il valore che i Cinesi davano a questa pietra.



Secondo un antico proverbio cinese «l’oro ha un prezzo ma la giada non ne ha», questo, almeno a livello tecnico, non è esatto. Nella letteratura cinese tradizionale, l’oro e la giada sono spesso menzionati insieme e sono considerati simboli di ricchezza. 
Anche oggi, il prezzo della giada di buona qualità non vale di meno di un pezzo d’oro dello stesso peso. Gli oggetti di giada più antichi rinvenuti in Cina sino a oggi risalgono a 8000 anni fa. Ciò dimostra che la giada ha avuto da sempre un ruolo di primo piano nel corso dello sviluppo umano. 
Oggi, la giada è scesa dal piedistallo e fa ormai parte della vita della gente comune.

Le due facce delle COOP



"La Coop sei tu", recita lo slogan di un celebre spot, con protagonista la comica Luciana Littizzetto.
Ma, come quasi sempre accade, la realtà è ben distante dalla sua rappresentazione mediatica: per questo il battagliero sindacato Usb ha lanciato un "controspot" nel quale, dopo aver rilanciato le affermazioni del colosso della grande distribuzione, dà voce ai suoi lavoratori.
"Lo sai quanto guadagna in media una cassiera della Coop?", è la scritta che compare in sovrimpressione.
La risposta non tarda ad arrivare: "Circa 700 euro al mese. le nostre famiglie fanno una gran fatica a tirare avanti".
Poi l'Usb spiega che i contratti pat-time sono l'unica opzione possibile per sperare di essere assunti, e che i turni di lavoro vengono cambiati con una semplice telefonata.
Non solo, si lavora anche di domenica. "E la famiglia - conclude il video - va a rotoli".