sabato 18 maggio 2013

Tramonto poesia



Il carnato del cielo
sveglia oasi
al nomade d'amore

di Giuseppe Ungaretti

Olito ai fiori di gelsomino fai da te



In un vasetto di vetro ben pulito mettete dell'olio - bisogna sceglierne uno che non abbia forte odore e sia piuttosto resistente all'irrancidimento, quindi niente olio di mandorle o di cereali e frutti, meglio andare su quello di riso, o di vinaccioli, o di cocco ma solo d'estate quando è sciolto; l'ideale sarebbe la jojoba resistentissima, ma costa molto!
La sera (l'alba e il tramonto sono i momenti in cui il gelsomino ha un profumo più intenso) raccogliete abbastanza fiori da riempire l'olio, semplicemente facendoli cadere nel vasetto senza premere, poi chiudete e lasciate al buio un paio di giorni finché non avranno cambiato colore (da bianchi diventano marroncini).
Allora eliminateli ad uno ad uno col cucchiaino, senza schiacciarli, e procedete ad una nuova carica, questo per 3 o 4 volte o anche per tutto il periodo della fioritura.
Alla fine l’olio avrà una profumazione buonissima! Chiaramente la ricetta riguarda fiori di gelsomino ma si può fare con qualunque altro fiore profumato o spezia o addirittura anche, per esempio con baccelli di vaniglia alla camomilla,arancia-zenzero e cannella,al timo, alla vaniglia, alla betulla-centella-pilosella, menta .....insomma sperimentate

WWOOF: dove tutto è cominciato

WWOOF: dove tutto è cominciato
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Per chi non lo conoscesse,
WWOOF è un network nato per connettere fattorie biologiche e volontari, presente in tutto il mondo. WWOOF è l'acronimo di World Wide Opportunities on Organic Farms, una semplice e meravigliosa idea nata 42 anni fa dalla mente di Sue Coppard, cittadina londinese con la passione per il cibo buono e un forte bisogno di ritrovare il contatto con la terra.

Jhonson & Johnson: ritirata licenza in India per talco cancerogeno



Prodotti per i bambini pericolosi.

Il famoso marchio di cosmetici Johnson & Johnson ha perso la sua licenza per per produrre il prodotto nello stabilimento Mulund, sobborgo di Bomaby in India.
Lo ha deciso la Food and Drug Administration indiana, dopo la scoperta risalente al 2007 di 15 lotti di talco per bambini in cui è stata rilevata la presenza di un pericolosissimo componente cancerogeno e fortemente irritante, l'ossido di etilene.
L'ordine entrerà in vigore a partire dal 24 giugno prossimo e, nel frattempo, la società ha 90 giorni per fare ricorso.
"L'ossido di etilene può essere usato legalmente per la sterilizzazione, ma la società non si è preoccupata di effettuare i test dopo il processo per controllare le quantità residuali presenti nel prodotto.
E i prodotti sono utilizzati per i neonati.
E 'necessario che l'azienda prenda tutte le precausioni possibili", ha detto KB Shende della Fda. "Siamo impegnati nella produzione di prodotti che soddisfino gli standard di qualità seguiti da tutti i nostri siti di produzione globali e tutti gli standard normativi locali di alta sicurezza.
Stiamo lavorando diligentemente con l'agenzia per risolvere questo problema", ha fatto sapere un portavoce della multinazionale, già contestata dal movimento animalista per la sua massiccia attività di sperimentazione sugli animali.
Alla Mulund, l'azienda produce borotalco, bende adesive Band-Aid e assorbenti igienici.
Un portavoce della J&J ha confermato l'ordine della FDA, che riguardava solo i prodotti cosmetici.
Per questo la società potrà continuare a fabbricare i prodotti non cosmetici nello stesso sito. "La materia in questione - spiega il portavoce- come citato dalla fine FDA, si riferisce a un numero limitato di lotti prodotti nel 2007.
La FDA ha sollevato preoccupazione per il trattamento con ossido di etilene, che non è stato incluso come parte del processo di fabbricazione presentato alla FDA.
Questo metodo è ampiamente utilizzato per dispositivi medici di tutto il mondo.
Questa è stata seguita come eccezione e tutti i protocolli di sicurezza interni sono stati seguiti per garantire che la sicurezza del consumatore non sia stata compromessa.
Alla luce di queste evidenze 
l'Enpa chiede che il nostro Ministero della Salute predisponga "immediatamente controlli accurati su tali prodotti anche nel nostro Paese e che, ancor più perché trattasi di prodotti destinati ai bambini, qualora dovessero essere trovate sostanze pericolose per la salute, provveda adeguatamente al ritiro dal commercio.
E' comunque un' ottima regola non acquistare prodotti delle multinazionali che effettuano da sempre l'inutile quanto barbara sperimentazione sugli animali e prediligere invece le ditte che da sempre hanno scelto di coniugare la qualità dei loro prodotti all'etica e al rispetto delle persone, degli animali e dell'ambiente". Che cosa è l'ossido di etilene? Si tratta di un composto utilizzato nella produzione chimica su vasta scala, che, a temperatura ambiente, è molto pericoloso.
Questa sostanza chimica è infiammabile, cancerogena, mutagena e irritante. Insomma, un'esposizione non protetta e costante può causare mutazioni genetiche o alterazioni del DNA.
Può danneggiare i polmoni e il sistema cardiovascolare.
Le manifestazioni fisiche dopo l'esposizione comprendono mal di testa, vomito, vertigini, disturbi del sonno, dolore alle gambe, debolezza, rigidità, sudorazione o ingrossamento del fegato.
Roberta Ragni

Seychelles : un arcipelago ancora incontaminato la cui bellezza fa rimanere senza fiato.



Il nome è indubbiamente melodioso e ricco di fascino esotico e chi non ha mai visitato anche una sola delle tante isole che ne compongono l’arcipelago, non può immaginarne la grande bellezza. Una bellezza che spazia dal mare limpido e cristallino alle bianchissime spiagge, dalla vegetazione rigogliosa, piena di colori e di profumi, alla popolazione creola ben predisposta all’accoglienza del turista.
 Nel mondo, fortunatamente, ci sono ancora alcuni luoghi incontaminati e le Seychelles, a pieno diritto, possono definirsi tali. Un Governo lungimirante, infatti, da molti anni ha a cuore la conservazione del suo ecosistema impedendo anche la costruzione di nuove strutture alberghiere per non alterarne l’equilibrio. Niente turismo di massa, quindi, nessun sovrappopolamento in ogni periodo dell’anno. Tutto rimane circoscritto nell’ambito di un turismo che non altera l’armonia delle isole, della sua flora, della sua fauna e della sua popolazione.

Le Seychelles sono un grande patrimonio naturale da rispettare e conservare per tutta l’umanità. È questo il compito che i seychelles si sono prefissati da tanti anni e che ogni “buon” turista, consapevole dell’importanza del mantenimento di un simile paradiso, dovrebbe aiutare a proteggere e a conservare. Un turista con una coscienza ecologica è il miglior turista che queste meravigliose isole possano ospitare.

Le Seychelles, oltre 65.00 abitanti distribuiti su una trentina di isole in parte coralline e in parte granitiche, si trovano nell’Oceano Indiano a 1.100 Km circa a nord est del Madagascar e poco più a sud dell’equatore. 
Scoperte dai portoghesi nel XVI secolo, furono colonizzate dal francese L. Picault, inviato dal governatore delle Mascarene, che le chiamò inizialmente “Boudonnais”. 
Nel 1756 passarono alla Compagnia Francese delle Indie Orientali con il nome di Seychelles, derivato dal cognome dell’intendente generale delle finanze sotto Luigi XV, Moreau de Seychelles. Sotto Napoleone, invece, divennero luogo di deportazione di detenuti politici. 
Con il trattato di Parigi del 1814 le Seychelles vennero cedute agli inglesi ma nel 1976 hanno ottenuto l’indipendenza. I primi abitanti si stabilirono alle Seychelles un paio di secoli fa ed erano costituiti da schiavi liberati dalle navi negriere, da coloni di origine francese, da indiani e cinesi. Tutte queste unioni hanno dato origine alla bella razza creola che vive soprattutto a Mahè, e in particolare a Victoria, capitale e centro vivacissimo con il suo mercato pieno di banchi di pesce, di frutta esotica, di oggetti di artigianato locale e con un’incredibile miniatura del Big Ben londinese “ che campeggia” nella piazza centrale.

Doggerland, l'Atlantide del Mare del Nord



Durante l'ultima glaciazione, una parte del continente europeo collegava Inghilterra a Germania e Danimarca. Poi, quando il livello del mare si alzò, scomparve sott'acqua per sempre.

 Le prove cominciarono ad apparire circa un secolo e mezzo fa, quando lungo la costa olandese si cominciò a praticare su vasta scala la tecnica della pesca a strascico. I pescatori trascinavano sul fondo marino reti cui venivano applicati dei pesi, ritirandole piene di sogliole, platesse e altro pesce di fondale. Ma a volte capitava che dalle reti, insieme al pesce, si rovesciasse sul ponte delle imbarcazioni una grossa zanna, oppure i resti di un uro, di un rinoceronte lanoso o di qualche altro animale estinto. I pescatori erano sconvolti da questi ritrovamenti incomprensibili, e tutto quello che non sapevano come spiegarsi lo ributtavano in mare. 

 A distanza di qualche generazione, un intraprendente paleontologo dilettante, Dick Mol, riuscì a convincere i pescatori a portargli quello che trovavano e a prendere nota delle coordinate dei punti in cui avvenivano i ritrovamenti. Nel 1985 un capitano portò a Mol una mandibola umana perfettamente conservata e completa di molari consumati dall'uso. Con l'aiuto dell'amico Jan Glimmerveen, anche lui appassionato di paleontologia, Mol fece sottoporre l'osso alla datazione radiocarbonica. Venne fuori che era di 9.500 anni fa, e quindi che l'individuo cui apparteneva era vissuto durante il Mesolitico, che in Nord Europa ebbe inizio al termine dell'ultima glaciazione, all'incirca 12.000 anni fa, e durò fino all'avvento dell'agricoltura, 6.000 anni dopo. "Pensiamo che provenga da una sepoltura che era rimasta indisturbata dal momento in cui quel mondo era scomparso sotto le onde, più o meno 8.000 anni fa, " dice Glimmerveen.

 La storia di questa terra scomparsa comincia con il ritiro dei ghiacci.
 Diciottomila anni fa il livello dei mari intorno all'Europa del Nord era di circa 122 metri più basso di oggi. Allora la Gran Bretagna non era un'isola, ma la propaggine nord-occidentale disabitata del continente europeo, e tra lei e il resto del continente si stendeva una tundra ghiacciata. Man mano che la Terra si riscaldava e i ghiacci si ritiravano, cervidi, uri e cinghiali si dirigevano a nord o a ovest, seguiti dagli uomini che li cacciavano. Provenendo dalle regioni montuose di quella che oggi è l'Europa continentale, si ritrovavano in una vasta depressione pianeggiante.

Gli archeologi chiamano questa depressione Doggerland, dal nome di una estesa secca del Mare del Nord chiamata Dogger Bank, e che occasionalmente crea problemi alla navigazione.
 Un tempo considerata una semplice striscia di terra in gran parte disabitata che collegava l'Europa continentale e la Gran Bretagna odierne - un luogo di passaggio verso altri luoghi - oggi si ritiene che il Doggerland sia stato colonizzato, forse anche in misura consistente, dai popoli del Mesolitico, fin quando, migliaia di anni dopo, l'inesorabile avanzare del mare non li costrinse a spostarsi. Ne seguì un periodo di sconvolgimenti climatici e sociali che sarebbe durato fino alla fine del Mesolitico, quando ormai l'Europa aveva perduto una parte sostanziosa della sua massa territoriale e appariva più o meno come è oggi.
 Molti studiosi sono giunti alla conclusione che Doggerland sia la chiave per comprendere il Mesolitico nel Nord Europa, e che il Mesolitico a sua volta sia un periodo da cui noi - che viviamo un'altra epoca di cambiamenti climatici - abbiamo qualcosa da imparare. Se oggi sappiamo con una certa esattezza come era fatto quel mondo, il merito va a un gruppo di esperti di archeologia del paesaggio dell'Università di Birmingham, guidato da Vince Gaffney. Basandosi sui dati delle prospezioni sismiche raccolti soprattutto dalle società petrolifere che operano nel Mare del Nord, Gaffney e colleghi hanno ricostruito in formato digitale quasi 46.620 chilometri quadrati del territorio sommerso - una superficie più vasta di quella dei Paesi Bassi.

Punte di freccia in osso e corno recuperate dal Mare del Nord al largo della costa olandese. 
(Museo delle Antichità, Leida, Olanda)