venerdì 3 maggio 2013
Il triangolo di Molebka
Al primo posto, per turisti russi e stranieri alla ricerca di avventura, senza dubbio va considerato il cosiddetto “Triangolo di Molebka”, nei pressi di Kišertskij, nella Regione di Perm.
Si tratta di una delle prime zone geopatogene scoperte sul territorio russo. I primi accenni su questo luogo maledetto,risalgono agli anni trenta del XIX secolo.
Già allora, i contadini del posto raccontavano di strani oggetti volanti ed oggetti brillanti che vedevano intorno al villaggio di Molebka, ma il vero grande evento del Triangolo di Molebka è arrivato a metà degli anni ottanta durante il periodo di caccia invernale, quando il geologo di Perm, Emil Bačurin, notò tra la neve un cerchio di 62 metri di diametro, che poi descrisse in una dettagliata relazione.
Timur Ivanzov racconta che, in seguito, vennero organizzate molte esplorazioni scientifiche nel Triangolo di Molebka, per cercare di svelarne il mistero:
“Le persone vedevano con i propri occhi piatti volare, come aerei su una pista e, per di più, con regolarità.
Sul bosco e sui campi periodicamente comparivano brillanti palle che gli abitanti del luogo denominarono “arance di fuoco”.
Va anche ricordata la sensazione di malessere che incontrano le persone arrivando nel Triangolo di Molebka: di fatto, tutti soffrono di una lunga e costante emicrania, hanno sbalzi di temperatura corporea e di pressione e il corpo si gonfia”.
"Per la prima volta in Russia la statua di un alieno è stata inaugurata presso la città di Perm, negli Urali.
Esso rappresenta il luogo di più frequenti avvistamenti di UFO in Russia.
La statua in legno, alta quasi due metri, è stata eretta all'ingresso del villaggio di Molebka. Questo posto non è stato scelto casualmente in quanto è considerato uno dei punti caldi UFO più popolari in Russia. Molti credono che ci siano più UFO in questa zona che in altri luoghi.
Il cosiddetto triangolo Molebsky è stato scoperto nel 1980".
Si tratta di una delle prime zone geopatogene scoperte sul territorio russo. I primi accenni su questo luogo maledetto,risalgono agli anni trenta del XIX secolo.
Già allora, i contadini del posto raccontavano di strani oggetti volanti ed oggetti brillanti che vedevano intorno al villaggio di Molebka, ma il vero grande evento del Triangolo di Molebka è arrivato a metà degli anni ottanta durante il periodo di caccia invernale, quando il geologo di Perm, Emil Bačurin, notò tra la neve un cerchio di 62 metri di diametro, che poi descrisse in una dettagliata relazione.
Timur Ivanzov racconta che, in seguito, vennero organizzate molte esplorazioni scientifiche nel Triangolo di Molebka, per cercare di svelarne il mistero:
“Le persone vedevano con i propri occhi piatti volare, come aerei su una pista e, per di più, con regolarità.
Sul bosco e sui campi periodicamente comparivano brillanti palle che gli abitanti del luogo denominarono “arance di fuoco”.
Va anche ricordata la sensazione di malessere che incontrano le persone arrivando nel Triangolo di Molebka: di fatto, tutti soffrono di una lunga e costante emicrania, hanno sbalzi di temperatura corporea e di pressione e il corpo si gonfia”.
"Per la prima volta in Russia la statua di un alieno è stata inaugurata presso la città di Perm, negli Urali.
Esso rappresenta il luogo di più frequenti avvistamenti di UFO in Russia.
La statua in legno, alta quasi due metri, è stata eretta all'ingresso del villaggio di Molebka. Questo posto non è stato scelto casualmente in quanto è considerato uno dei punti caldi UFO più popolari in Russia. Molti credono che ci siano più UFO in questa zona che in altri luoghi.
Il cosiddetto triangolo Molebsky è stato scoperto nel 1980".
Ti amo di Pablo Neruda
TI AMO
Non t"amo come se fossi rosa di sale , topazio
O freccia di garofani che propagano il fuoco
T"amo come si amano certe cose oscure ,
Secretamente, tra l"ombra e l"anima.
T"amo come la pianta che non fioresce e reca
Dentro di se, nascosta,la luce di quei fiori
Grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
Il concentrato aroma che ascese dalla terra
T"amo senza sapere come,ne quando,ne da dove
T"amo direttamente senza problemi ne orgoglio
Cosi t"amo perchè non so amare altrimenti
Che cosi in questo modo in cui non sono e non sei
Cosi vicino che la tua mano sul mio petto è mia
Cosi vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sogno "
di Pablo Neruda
La leggenda cherokee del lupo bianco e del lupo nero
Una vecchia leggenda cherokee racconta che un giorno il capo di un grande villaggio decise che era arrivato il momento di insegnare al nipote preferito cosa fosse la vita. Lo porta nella foresta, lo fa sedere ai piedi di un grande albero e gli spiega:
“Figlio mio, si combatte una lotta incensante nella mente e nel cuore di ogni essere umano. Anche se io sono un saggio e vecchio capo, guida della nostra gente, quella stessa lotta avviene dentro di me. Se non ne conosci l’esistenza, ti spaventerai e non saprai mai quale direzione prendere; magari, qualche volta nella vita vincerai, ma poi, senza capire perché, all’improvviso ti ritroverai perso, confuso e in preda alla paura, e rischierai di perdere tutto quello che hai fatica tanto a conquistare.
Crederai di fare le scelte giuste per poi scoprire che erano sbagliate. Se non capisci le forze del bene e del male, la vita individuale e quella collettiva, il vero sé e il falso sé, vivrai sempre in grande tumulto.
È come se ci fossero due grandi lupi che vivono dentro di me: uno bianco, l’altro nero. Il lupo bianco è buono, gentile e innocuo; vive in armonia con tutto ciò che lo circonda e non arreca offesa quando non lo si offende. Il lupo buono, ben ancorato e forte nella comprensione di chi è e di cosa è capace, combatte solo quando è necessario e quando deve proteggere se stesso e la sua famiglia, e anche in questo caso lo fa nel modo giusto; sta molto attento a tutti gli altri lupi del suo branco e non devia mai dalla propria natura.
Ma c’è anche un lupo nero che vive in me, ed è molto diverso: è rumoroso, arrabbiato, scontento, geloso e pauroso. Le più piccole cose gli provocano accessi di rabbia; litiga con chiunque, continuamente, senza ragione. Non riesce a pensare con chiarezza poiché avidità, rabbia e odio in lui sono troppo grandi. Ma è rabbia impotente, figlio mio, poiché non riesce a cambiare niente. Quel lupo cerca guai ovunque vada, perciò li trova facilmente; non si fida di nessuno quindi non ha veri amici.
A volte è difficile vivere con questi due dentro di me, perché entrambi lottano strenuamente per dominare la mia anima.”
Al che, il ragazzo chiede ansiosamente: “Quale dei due lupi vince, nonno?”
Con voce ferma, il capo risponde:
“Tutti e due, figlio mio. Vedi, se scelgo di nutrire solo il lupo bianco quello nero mi aspetta al varco per approfittare di qualche momento di squilibrio, o in cui sono troppo impegnato e non riesco ad avere il controllo di tutte le mie responsabilità, e attaccherà il lupo bianco, provocando così molti problemi a me e alla nostra tribù; sarà sempre arrabbiato e in lotta per ottenere l’attenzione che pretende. Ma se gli presto un po’ di attenzione perché capisco la sua natura, se ne riconosco la potente forza e gli faccio sapere che lo rispetto per il suo carattere e gli chiederò aiuto se la nostra tribù si trovasse mai in gravi problemi, lui sarà felice e anche il lupo bianco sarà felice ed entrambi vincono. E tutti noi vinciamo.”
Confuso, il ragazzo chiede:
“Non capisco, nonno, come possono vincere entrambi?”
Il capo continua:
“Vedi, figlio mio, il lupo nero ha molte importanti qualità di cui posso aver bisogno in certe circostanze: è temerario, determinato e non cede mai; è intelligente, astuto e capace dei pensieri e delle strategie più tortuose, caratteristiche importanti in tempo di guerra. Ha sensi molto acuti e affinati che soltanto chi guarda con gli occhi delle tenebre può valorizzare. Nel caso di un attacco, può essere il nostro miglior alleato.”
Poi il capo tira fuori due pezzi di carne dalla sacca e li getta a terra, uno a sinistra e uno a destra. Li indica e dice:
“Qui alla mia sinistra c’è il cibo per il lupo bianco, e alla mia destra il cibo per il lupo nero. Se scelgo di nutrirli entrambi, non lotteranno mai per attirare la mia attenzione e potrò usare ognuno nel modo che mi è necessario. E, dal momento che non ci sarà guerra tra i due, potrò ascoltare la voce della mia coscienza più profonda e scegliere quale dei due potrà aiutarmi meglio in ogni circostanza.
Vedi, figlio mio, se capisci che ci sono due grandi forze dentro di te e le consideri con uguale rispetto, saranno entrambi vincenti e convivranno in pace; e la pace, figlio mio, è la missione dei cherokee, il fine ultimo della vita. Un uomo che ottiene la pace interiore ha tutto; un uomo che è lacerato dalla guerra che si combatte dentro di lui, è niente.”
Antilla, l'isola delle sette città
Nel 507 i Visigoti si spostarono in Spagna e lì vi rimasero fino alla conquista musulmana del 711. Non fu difficile sconfiggerli, dato che già da tempo i re Goti erano più preoccupati di vivere una bella vita, piuttosto che pensare alla situazione politica del loro paese.
Per sfuggire agli Arabi, alcuni Visigoti, accompagnati dai loro vescovi cristiani, fuggirono via mare. Si imbarcarono in Portogallo e presero a navigare verso ovest, fino a giungere su un'isola nell'Atlantico che essi chiamarono Antilla (da "Ante" + "Ihla", cioè "isola opposta al continente Europeo).
Qui, fondarono sette città, una per ogni vescovo, e continuarono a vivere in pace.
Questi vescovi distrussero ogni carta nautica, ogni strumento di navigazione e bruciarono le navi sulle quali erano lì giunti, per evitare che qualcuno di loro potesse ritornare in Europa, in quanto l'isola così poteva rimanere segreta e loro sarebbero potuti vivere a lungo in pace, senza il pericolo di ulteriori conquiste.
Nel corso dei secoli, furono diverse le persone che affermarono di aver visto l'isola da lontano o addirittura di esserci stati. Ancora all'inizio del '400, marinai spagnoli dichiararono di essere approdati sull'isola per caso e di aver assistito ad una cerimonia religiosa. Essi avevano portato con loro un po' di sabbia di quell'isola che si scoprì essere mista a polvere d'oro.
Così, la corona spagnola si interessò alla cosa (ovviamente quando si sentiva parlare di oro, i governi erano i primi a muoversi), ma i marinai che avrebbero potuto ricordarsi l'ubicazione dell'isola, scomparvero misteriosamente, o per paura di ritornarvi, o perché avevano raccontato solo menzogne.
Ferdinando Colombo, figlio del celebre navigatore che scoprì l'America nel 1492, aggiunge alcuni dettagli a questa leggenda, affermando che l'isola si trova a circa 200 leghe a ovest delle Canarie e delle Azzorre (686 miglia marine)
Nel 1452, il nobile portoghese Diego de Teive partì, assecondato dalla corona portoghese, alla ricerca dell'Isola delle Sette Città, ma non vi giunse mai. Girò per l'Atlantico arrivando nel Mar dei Sargassi, poi, fu costretto per vari motivi a ritornare in patria, ma la sua spedizione non fu un fallimento totale, in quanto durante il ritorno scoprì le isole Flores e Corvo, le due più occidentali delle Azzorre.
Tra il 1462 e il 1487 i Portoghesi organizzarono almeno otto viaggi con lo scopo di trovare quest'isola misteriosa, nonché nuove isole nell'Atlantico, ma tutte le missioni fallirono. Anche Cristoforo Colombo si aspettava di trovare molte isole nell'Oceano Atlantico, compresa quella di Antilla, di cui aveva sentito molto parlare, ma con sua sorpresa, dovette ricredersi. Egli sbagliò di molto i suoi calcoli, così come molti altri studiosi del passato, pensando che l'Oceano Atlantico dovesse essere esteso verso ovest non più di mille miglia.
Interessante da notare è il fatto che l'isola di Antilla dovesse trovarsi pressappoco nella stessa posizione in cui Platone collocò la mitica isola di Atlantide. Entrambe sono un mito, di entrambe non v'è più alcuna traccia! Dopo le scoperte di Colombo, Antilla venne situata dai cartografi nel Nuovo Mondo, nella loro collocazione attuale, nel Centro America, divenendo più che altro un arcipelago di piccole isole (delle Antille) e non una sola isola. Ma il mistero dell'Isola delle sette Città rimane velato.
Giorgio Pastore