giovedì 2 maggio 2013

Buonanotte amici a domani


La nostra vita e un viaggio ininterrotto dalla nascita fino alla  morte...
                      Il paesaggio muta, le persone cambiano, i bisogni si trasformano,
                       ma treno prosegue..La vita è il treno, non la stazione ferroviaria.
                                                                                                                 (P.Coelho)

Il Gigante di Cardiff



 In quel tempo c’erano sulla terra i giganti, e ci furono anche di poi, quando i figliuoli di Dio si accostarono alle figliuole degli uomini, e queste fecero loro de’ figliuoli. (Genesi, 6:4) Era il 1868.

 Il tabaccaio George Hull era ateo, e non sopportava quei cristiani fondamentalisti che prendevano la Bibbia alla lettera. Così, dopo un’ennesima discussione esasperante con un suo concittadino convinto che nelle Sacre Scritture non vi potesse essere alcuna metafora, Hull decise che si sarebbe preso gioco di tutti i creduloni, e forse ci avrebbe anche fatto qualche soldo.
 Si preparò quindi a mettere in piedi quella che sarebbe stata ricordata in seguito come la “più grande burla della storia americana”.
 George Hull acquistò un terreno ricco di gesso nello Iowa, e fece estrarre un grosso blocco di pietra squadrata. Con enormi difficoltà, riuscì a far spostare l’ingombrante fardello fino alla ferrovia, dichiarando che serviva per un monumento commissionatogli a Washington. Ma il blocco di gesso venne invece spedito a Chicago, a casa di Edwin Burkhardt, uno scultore di lapidi e busti funerari. Hull l’aveva infatti convinto a lavorare in segreto, con la promessa di un lauto pagamento, alla scultura che aveva in mente.
 Lo stesso George Hull fece da modello per quella strana statua di quattro metri e mezzo, e quando l’opera fu completa i due passarono sul gesso acidi, mordenti e agenti macchianti per “invecchiare” la scultura. 
Riuscirono addirittura a ricreare quelli che avrebbero dovuto essere scambiati 
per i pori della pelle.

 Hull tornò quindi con il suo “gigante” a New York, dove lo seppellì dietro il fienile del suo amico e complice William “Stub” Newell. Lasciarono passare un anno e poi, con la scusa che serviva un nuovo pozzo, pagarono una ditta di scavi per cominciare i lavori. Gli operai, ovviamente ignari, scoprirono l’incredibile statua, e già il pomeriggio seguente Hull e Newell avevano eretto una tenda attorno alla “tomba del gigante pietrificato” e chiedevano ai visitatori 25 centesimi per poter ammirare quella meraviglia. Cominciò un immenso passaparola, e il prezzo di entrata raddoppiò in poco tempo a 50 centesimi – una cifra altissima per l’epoca.

Il gigante di Cardiff divenne l’argomento dell’anno: politici, accademici e religiosi ne discutevano con fervore, e le teorie più assurde vennero proposte per spiegare l’enigma. 
Secondo alcuni il gigante era un missionario gesuita del 1500, secondo altri un indiano irochese Onondaga, ma per la maggioranza, come aveva sperato Hull, il gigante era la dimostrazione inconfutabile che ciò che era scritto nella Bibbia non era soltanto una verità spirituale, ma anche storica. Nemmeno la lettera, proveniente da Chicago, di uno sconosciuto scultore tedesco che affermava di aver preso parte alla beffa, convinse nessuno: erano certamente i vaneggiamenti di un pazzo.
 Un geologo dichiarò: 
“il gigante ha il marchio del tempo stampato su ogni arto e fattezza, in un modo e con una precisione che nessun uomo può imitare”.

 Il gigante di Cardiff, cominciato come un costoso ed elaborato scherzo, stava diventando un business enorme: venne spostato a Syracuse, dove il prezzo del biglietto salì fino a 1 dollaro – più o meno 60 euro di oggi.

E qui entra in scena il geniale P. T. Barnum.
 Come sempre, appena fiutava odore di affari, il più grande showman di tutta l’America non si faceva scrupoli. Barnum offrì a Hull 50.000$ per portare in tour il gigante per tre mesi, ma Hull rifiutò. Barnum però non era certo tipo da darsi per vinto: riuscì a corrompere una guardia, e di notte fece intrufolare nella tenda un suo artigiano, che eseguì un calco in cera del gigante. Tornato a New York, ricavò dal calco in cera una copia in gesso, del tutto identica alla statua di Hull, per esporla nel suo museo.
 Adesso c’erano quindi in giro ben due giganti! Cominciò una battaglia tragicomica, senza esclusione di colpi. Barnum dichiarò che il suo gigante era l’originale, che aveva comprato da Hull, e che quello di Hull era un falso. Hull denunciò Barnum per diffamazione. In tribunale, Hull ammise che il gigante era una burla, e la corte decise che Barnum non poteva essere ritenuto colpevole di aver dichiarato che il gigante di Hull era un falso, dato che lo era. Durante la disputa, un collaboratore di Hull pronunciò la celebre frase There’s a sucker born every minute (“Ogni minuto nasce un nuovo babbeo”), che sarebbe poi stata erroneamente attribuita a Barnum, e che riassume perfettamente una certa filosofia dello show-business. E infatti i “babbei” non si fecero attendere. Il processo, paradossalmente, riaccese la curiosità del pubblico per “la grande burla del gigante di Cardiff”, e la folla ricominciò a pagare per vedere non più uno, ma due giganti, che su strade separate continuarono la loro carriera per molti anni, fruttando una fortuna sia a Hull che a Barnum.
 Se vi interessa sono ancora visibili. L’originale è esposto al Farmer’s Museum a Cooperstown, New York, mentre è possibile ammirare la copia di Barnum al Marvin’s Marvelous Mechanical Museum di Detroit. Ed entrambi valgono il prezzo del biglietto… se siete dei babbei.

da: http://bizzarrobazar.com/

Mini robot scopre tre camere nel tempio messicano di Quetzalcoalt

Un mini-robot guidato dall'equipe di archeologici dell'Istituto Nacional de Antropologia e Historia ha scoperto tre nuove camere nascoste nell'ultimo tratto di galleria inesplorata della piramide di Quetzalcoatl (anche chiamato tempio del serpente piumato) risalente a oltre duemila anni fa, situata nel famoso sito archeologico di Teotihuacan, Messico.
Si tratta della prima scoperta del genere nel paese latinoamericano. L'investigatore delle gallerie sotterranee è un piccolo robot di 90 centimetri chiamato Tlaloc II, come il dio atzeco della pioggia.
Dotato di una videocamera e di un braccio meccanico in grado di eliminare gli ostacoli sulla strada, Tlaloc, dopo due mesi di esplorazione, ha trasmesso le immagini di quelle che sembrano essere tre antiche camere situate sotto la piramide della città mesoamericana
 Le esplorazioni degli enigmatici ambienti sotterranei della piramide pre-ispanica di Teotihuacan, grazie alle fotocamere montate sulla sonda robotica, gli archeologi hanno scoperto centinaia di enigmatiche sfere che, al momento, risultano essere un vero mistero per i ricercatori. “Sono sfere di colore giallo, ma non riusciamo a comprenderne il significato. Si tratta di una scoperta senza precedenti”, spiega Jeorge Zaule, uno degli archeologi dell'INAH.  Lo scavo al di sotto della piramide ha portato alla luce un tunnel lungo circa 100 metri che corre sotto la struttura. Il condotto fu individuato inizialmente nel 2003, grazie all'azione della pioggia che rivelò un buco a pochi metri dalla piramide.
Il tunnel fu deliberatamente riempito di detriti e nascosto dall'antica popolazione di Teotihuacan, per motivi che gli archeologi ancora non comprendono.
Ci sono voluti diversi anni di lavoro preliminare e di pianificazione prima di cominciare gli scavi che poi hanno liberato il tunnel. “Quando abbiamo cominciato l'esplorazione del tunnel, abbiamo scoperto prima due camere che abbiamo chiamato 'camera nord' e 'camera sud', rispettivamente a 72 e 74 metri dell'ingresso del cunicolo”, spiega nel resoconto di Discovery News Sergio Gomez Chave, l'archeologo a capo del Progetto Tlalocan.  


Secondo la descrizione fornita dai ricercatori, gli oggetti, dal diametro variabile dai 4 ai 13 centimetri, hanno un nucleo in argilla e sono rivestite di un materiale di colore giallo conosciuto come jarosite. “La jarosite si forma dall'ossidazione della pirite, un materiale metallico”, spiega Chavez.
“Ciò significa che in origine le sfere apparivano come se fossero di tipo metallico. Ne abbiamo trovate a centinaia”. Secondo George Cowgill, professore emerito presso l'Arizona State University e autore di numerose pubblicazioni su Teotihuacan, le sfere rappresentano una scoperta davvero affascinante. “La pirite è stata certamente usata a Teotihuacan e in altre culture antiche mesoamericane”, ha detto Cowgill a Discovery News.
“In origine, le sfere dovevano apparire molto lucenti. Sono davvero uniche, ma non ho idea di cosa significhino”. Il fatto curioso è che anche le pareti e il soffitto delle camere risultano ricoperte di una polvere minerale, in questo caso composta da magnetite, pirite ed ematite, materiali che hanno potuto fornire una particolare luminescenza al luogo.
“Forse persone di altro rango, sacerdoti o anche governanti, scendevano nel tunnel per eseguire un qualche rituale”, dice Chavez. Gli archeologi, infatti, hanno ritrovato molte offerte votive, tra cui ceramiche e maschere di legno, tutte databili intorno al 100 d.C. “Il tunnel è in ottime condizioni, rimasto intatto per quasi due millenni”, spiega uno dei tecnici alla guida del robottino archeologo, convinto che il tunnel potrebbe portare ad uno dei ritrovamenti più importanti di Teotihuacan.
“Nessuno è in grado di immaginare cosa troveremo laggiù”.
I risultati, in effetti, sono molto incoraggianti. Gomez Chavez e il suo team ora aspettano di mettere in atto la fase successiva del progetto, cioè esplorare l'ultima parte del tunnel e la camera che si trova alla fine. Il cunicolo sotterraneo è stato sigillato due volte dall'antico popolo di Teotihuacan, con spesse mura erette per bloccarne l'accesso e poi demolite circa 1800 anni fa, al fine di depositare qualcosa di molto importante nella camera centrale alla fine del tunnel. “Forse in questo luogo troveremo i resti di coloro che hanno governato Teotihuacan”, conclude l'archeologo messicano. 

tratto da http://ilnavigatorecurioso.myblog.it

UNO SPRECO ASSURDO

C'è la crisi economica, ma ogni anno nel mondo si sprecano 1,3 miliardi di tonnellate di cibo ancora commestibile, un terzo della produzione totale. Nei paesi industrializzati frutta e verdura vengono lasciate marcire nei campi se il prezzo alla vendita non è remunerativo, o se danneggiati da eventi atmosferici. I supermercati mandano in discarica i prodotti che non rispettano i canoni estetici del marketing. I consumatori, bombardati dalla pubblicità e attirati dalle offerte del "compra tre e paghi due", comprano più cibo di quanto  serva, che poi gettano perché scaduto.

Nei Paesi in via di sviluppo i prodotti ortofrutticoli e le carni non raggiungono le tavole dei consumatori per tecniche di stoccaggio antiquate e inadatte alle alte temperature, per mezzi di trasporto e strade inadeguati, per tecnologie di lavorazione obsolete. Lo spreco di cibo è anche spreco delle risorse energetiche e naturali impiegate per produrlo ed è un’inutile fonte di inquinamento ambientale. Per produrre cibo, che non sarà mai consumato, ogni anno negli Stati Uniti si utilizza il 2% dell’energia nazionale, pari a 56 milioni di tonnellate di petrolio. Ogni tonnellata di cibo perso lungo la filiera genera 4,2 tonnellate di anidride carbonica, contribuendo al riscaldamento globale. Il costo economico annuo di tale spreco è stato stimato dalla FAO in 1000 miliardi di dollari, di cui 680 nei Paesi industrializzati e 320 in quelli in via di sviluppo.

Ciò che rende sconcertante il fenomeno è la considerazione che con questo cibo si potrebbero sfamare  900 milioni di persone che nel mondo soffrono la fame.

In Italia,  la grande distribuzione da sola spreca ogni anno 11 miliardi di euro, una risposta concreta al problema è venuta dalla Last Minute Market, società creata dai docenti dell’Università di Bologna per favorire il trasferimento delle eccedenze alimentari dai supermercati e dalle mense alle associazioni di volontariato che assistono i bisognosi, favorendo così il recupero di migliaia di tonnellate di cibo per svariati milioni di euro.

Anche l’Unione Europea, ha aderito all’iniziativa istituendo per il 2014 istituendo l’"anno europeo contro lo spreco alimentare", ed ha approvando una risoluzione che impegna gli Stati membri a dimezzare lo spreco alimentare entro il 2025. Tocca ora  a ciascuno di noi, cominciando con l’acquistare a seconda delle nostre reali  necessità,  risparmieremmo e aiuteremmo l’ambiente 

L'enigmatica sepoltura millenaria scoperta sull'isoletta di Despotiko



Nel corso di una campagna di scavi che ormai dura da cinque anni, un gruppo si archeologi greci ha scoperto una antica sepoltura maschile che si sta rivelando un enigma per gli studiosi. Il sepolcro è stato scoperto all'interno di un santuario di età arcaica sull'isoletta di Despotiko, nel mare Egeo. Secondo quanto riporta il professor Yiannos Kouragios, curatore della campagna di scavi fin dal 1997, la sepoltura si trova a un metro e mezzo di profondità sotto la camera principale del culto del santuario, il che rappresenta un vero e proprio rompicapo per gli archeologi, dato che questo tipo di pratica, molto rara, era riservata solo a persone di grandissima importanza, mentre la sepoltura sembra essere relativamente povera, priva di corredo e di decorazioni.
 Il defunto è stato sepolto in posizione fetale, con la gamba piegate e le mani incrociate sul petto. Di chi potrebbe trattarsi? Secondo Kouragios, una primissima ipotesi potrebbe essere di identificarlo con un operaio morto durante la costruzione del santuario, immediatamente sepolto. Ma perchè posizionarlo proprio sotto la camera principale del santuario? Purtroppo, al momento risulta impossibile eseguire delle analisi di laboratorio sul materiale scheletrico del defunto, dato che non può essere spostato a causa della sua fragilità.
 Ma il defunto non rappresenta l'unico enigma che gli archeologi si sono trovati di fronte. 
Come spiega lo stesso Kouragios, un'altra sorpresa è stata scoprire che il tempio di Despotiko sembra essere stato costruito su un altro edificio più antico. “Anche se il santuario aveva una vita molto fiorente nel periodo arcaico, intorno al VI secolo a.C., gli scavi eseguiti tra il 2011 e il 2012 hanno dimostrato che l'utilizzo del tempio risale a prima al cosiddetto “periodo geometrico”, con strutture che risalgono all'VIII secolo a.C.”, spiega Kouragios. Questa ultima scoperta ha convinto il Consiglio Archeologico Centrale della Grecia a confermare le attività di scavo presso il sito di Despotiko per altri cinque anni.

Tra i tanti ritrovamenti, quelle che suscitano il maggiore interesse degli archeologi sono le numerose state di marmo usate come offerte votive dai fedeli, di cui sono stati individuati circa 40 frammenti tra gambe, cosce, braccia, mani e parti del tronco. 
“Il sito di Despotiko è unico nel suo genere, con caratteristiche non riscontrabili nella maggior parte dei siti archeologici dell'isola”, continua Kouragios. “Non si trova in prossimità di nessuna struttura recente. La natura e la storia si sono fusi in una soluzione armonica che è sopravvissuta attraverso i secoli”. Come spiegato sul sito greece.greekreporter.com, la continuazione delle attività di scavo permetterà la scoperta di nuove aree del santuario arcaico, probabilmente costruito dagli abitanti di Paros come segno del loro predominio nel Mar Egeo.
 Durante i primi scavi, sono stati individuati una torre e due edifici regolari che non sono stati ancora portati alla luce. Inoltre, saranno esaminate le numerose sale a sud del complesso. Finora, sono dodici gli edifici scoperti sull'isolotto disabitato di Despotiko, localizzato a circa 1 miglio da Antiparo.

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