sabato 6 aprile 2013
Il camper più lussuoso del mondo
Dodici metri di caravan, terrazza, area lounge, sala riunioni, bagno e tanti altri comfort: l'eleMMent Palazzo è il camper più lussuoso del mondo.
Chiamarlo camper è davvero riduttivo: costa quanto un castello ed ha più confort di un albergo a cinque stelle. Ma dimenticate le vecchie fantasie da camper: guidare sino allo sfinimento e parcheggiare appena si può, anche laddove la legge lo vieterebbe, con l’EleMMent Palazzo non è consigliabile. E non si possono neanche percorrere strade particolarmente disagevoli, sentieri tra boschi e campagne, zone periferiche malfamate. Qua non si sta parlando di un camper, ma di un signor camper. Anzi, di un “re” camper.
Oltre due milioni di euro di puro lusso su quattro ruote: a realizzarlo è stata la società austriaca Marchi Mobile. Esternamente è tutto perfetto, e lascia ben immaginare quello che l’interno può accogliere. Il design si ispira a quello dei più moderni motoscafi, nonostante la struttura sia proprio quella di un vero e proprio palazzo. Due piani inclusi. Gli interni sono luminosi, vivibili e spaziosi. E si possono raggiungere anche la sala riunioni, l’area lounge ed il bar, senza muovere un passo: basta soltanto premere un pulsante.
E non finisce qui: il caravan di dodici metri dispone anche di una camera letto con bagno principale, terrazza sul tetto, pavimentazione riscaldata. Per non parlare della tv a schermo piatto, della doccia a pioggia e cabina di guida completa con letto a castello. Anche la sicurezza raggiunge ottimi livelli: tutti i sistemi di bordo sono controllati da un pannello centralizzato dotato di una efficace interfaccia touch screen. Come se non bastasse ancora, c’è un esclusivo dispositivo di controllo remoto che permette di regolare la temperatura all’interno prima di tornare nella vostra dimora a quattro ruote.
La Valle della Loira - Il castello di Azay-le-Rideau
Il castello di Azay-le-Rideau è situato nella Regione Centre Val de Loire.
Costruito su un'isola in mezzo alle acque dell’Indre, la costruzione, così come si presenta oggi, fu eretta sotto il regno di Francesco I, da un ricco finanziere, Gilles Berthelot, che desiderava conciliare le innovazioni venute dall’Italia con l’arte della costruzione alla francese.
Situato nel cuore di uno scrigno di verde, il castello si erge nelle acque del fiume in cui si riflettono le sue facciate.
Classificato monumento storico, il castello di Azay-le-Rideau esprime tutta la perfezione di un castello del primo Rinascimento francese.
Descritto da Balzac all’occasione di un pranzo, come “un diamante sfaccettato incastonato nell’Indre”, Azay-le-Rideau è uno dei castelli più famosi della Loira.
Relativamente piccoli, i due corpi dell'edificio sono circondati dall’Indre e da un parco paesaggistico.
L'ingresso del castello, a forma d'arco di trionfo, è decorato con le iniziali di Gilles Berthelot e di sua moglie, mentre la parte inferiore delle finestre della scala è decorata con la salamandra e l’ermellino, emblemi del Re Francesco I e di sua moglie Claude de Francia. L'attuale parco in stile inglese è stato progettato e creato nel XIX secolo. Lo specchio d'acqua all'ovest è stato scavato in quest’epoca. È soltanto nel 1959 che lo Stato stabilizza il corso dell’Indre ai piedi della facciata sud, creando così un secondo specchio d'acqua.
L'interno del castello d’Azay-le-Rideau testimonia dell’influenza dell’Italia durante il Rinascimento francese.
La scala presenta, all’interno, una ricca decorazione scolpita, medaglioni all’antica, soffitto a cassettoni e ornato con fiori.
Le sale sono decorate con arazzi del XVI e del XVII secolo: scene dell’Antico Testamento realizzate a Audenarde e ad Anversa, scene di caccia della manifattura di Beauvais ed episodi della storia di Rinaldo e Armida, realizzati su cartoni di Simon Vouet, nella manifattura del faubourg Saint-Marcel a Parigi.
Il mobilio e la decorazione interna sono di grande ricchezza ; magnifici mobili e quadri, tra cui numerosi ritratti reali, decorano le sale.
Tutto in questo castello suscita l'incanto del visitatore, sia esso un appassionato di storia ed antichità o semplicemente un turista curioso.
Un luogo romantico a volontà...
Il Parco floreale di Keukenhof, Olanda
È qui che sboccia la primavera, in questo parco davvero unico, famoso in tutto il mondo e da sessant’anni una delle mete più amate in Olanda se si vuole visitare la più grande esposizione di fiori del mondo.
Non avete visitato il Keukenhof? In questo caso non avete visto l’Olanda perché nessun altro luogo offre una tale esplosione di colori e profumi, con più di 7 milioni di fiori che creano uno sfondo stupendo per le fotografie più belle.
Keukenhof è il nome di un parco botanico olandese situato nei pressi della città di Lisse, nell’Olanda Meridionale, circa 35 km a sud-ovest di Amsterdam.
E’ una delle principali attrazioni dei Paesi Bassi ed è considerato il più grande parco di fiori a bulbo del mondo, oltre che uno dei luoghi più fotografati in assoluto.
La bellezza del parco è legata ai colori dei fiori: aiuole variopinte, ordinatissime, profumatissime! I 70 acri del parco ospitano 6 milioni di fiori a bulbo, il cui fiore dominante è ovviamente il TULIPANO, simbolo dell’Olanda: oltre a 4 milioni e mezzo di tulipani in 100 varietà diverse, sono presenti in gran numero, tra gli altri, narcisi, giacinti, giunchiglie, muscari e aiuole di viole di varia qualità. Nel parco inoltre vi sono 2500 alberi di 87 specie diverse, un lago, canali e vasche d’acqua con fontane, un mulino a vento e numerose sculture che lo rendono in questo ambito il parco più ricco del paese.
In questo vasto parco sono state inoltre ricavati dei piccoli giardini tematici, meritano una visita il giardino storico dove si possono trovare le più antiche varietà di tulipani, il giardino delle erbe da cucina e di quelle medicinali, il giardino giapponese e il percorso della sposa. E da non perdere è il padiglione delle Orchidee! Centinaia di orchidee di ogni colore, forma, dimensione! Con tanto di cartellino col nome e il VOTO … perché si tratta di orchidee che hanno partecipato a diversi concorsi.
Sempre nel parco trovate una grande area giochi per i bambini e un grande recinto con tantissimi animali all’interno del quale si può entrare! E non ultimo c’è un labirinto… e persino la ricostruzione di un vecchio mulino a vento sul quale è possibile salire per ammirare il parco dall’alto!
Da dove viene il nome Keukenhof ?
Nel XV° secolo la zona dove attualmente si trova il parco Keukenhof ospitava boschi e dune incontaminate. Era la zona di caccia degli abitanti del castello Teylingen, del quale oggi esistono ancora le rovine. Dal 1401 al 1436 la zona apparteneva alla contessa Jacoba van Beiere, era questa la sua corte dove passeggiava, cacciava e raccoglieva erbe per la cucina del castello. Proprio da qui deriva il nome “Keukenhof” (cioè ‘cortile della cucina’).
Nel 1830 fu disegnato dagli architetti tedeschi Zocher (padre e figlio, specializzati in progetti ortoculturali) il piano di base per il parco Keukenhof ed il parco intorno al Palazzo Soestdijk in stile inglese. L’idea di una mostra di fiori a Keukenhof nacque nel 1949, per iniziativa dell’allora sindaco di Lisse: il Sig. Lambooy. Insieme ad un gruppo di eminenti coltivatori ed esportatori di bulbi, sviluppò l’idea di realizzare una mostra di fiori all’aperto dedicata agli appartenenti al settore.
Ai visitatori viene offerto anche un opuscolo con tutte le indicazioni tecniche necessarie per poter coltivare a casa propria le qualità di tulipani che hanno ammirato durante il giro nel parco, occorre solo ordinarli nel corso della stupefacente gita.
La cosa più importante da ricordare è che Keukenhorf Gardens è aperto al pubblico soltanto per due mesi, dall’inizio della primavera alla metà di maggio, quando i bulbi sono in fiore e precisamente dal 22 marzo al 20 maggio 2012. Il periodo migliore per visitarla è durante la metà di aprile, quando si avrà molte più possibilità di vedere i fiori in piena fioritura.
Le sale Bingo Un affare da miliardi
Quando D’Alema iniziò ad investire nelle sale Bingo
Si parla tanto di sale gioco, di famiglie in difficoltà perchè gli italiani si buttano sempre di più in questa pratica che dilapida patrimoni e mette in crisi famiglie.
Sarà bene ricordare come esplose in Italia, pochi anni or sono, il fenomeno delle sale Bingo.
Pur di fare soldi, infatti, ci si getta in un affare poco nobile: la creazione delle sale Bingo.
Sono oltre 400, create nel 2001, e garantiscono introiti immensi. Sentiamo casa scrive il quotidiano cattolico “Avvenire”( 1/7/2001): “mai visti tanti uomini vicini ai DS davanti alle cartelle del Bingo. La metà delle sale pronte ad aprire saranno gestite da chi è in qualche modo legato alla Quercia.
Duecentododici sale su quattrocentoquindici.
Più della metà.
Un business che va dai settanta ai centocinquanta miliardi l’anno per sala.
Difficile resistere. I ‘D’Alema boys’ hanno fatto tombola prima ancora che si cominciasse a giocare.
Hanno fondato una società, la Formula Bingo, e fatto il lavoro migliore.
I frutti si sono visti. Già, ma perché D’Alema boys? A loro il nome non piace. Ma come sanno tutti nessuno può sceglierselo.
Sta di fatto che lo staff di Formula Bingo vede alla vicepresidenza Luciano Consoli (militante PCI sezione Trastevere) e nessuno può negare che sia un amico dell’ex presidente del Consiglio diessino. Così come non passa inosservata la sede della società: Via San Nicola de Cesarini al 3, Roma. Nello stesso palazzo dove si trovano gli uffici di ‘Italianieuropei’, la fondazione creata da D’Alema…“. Mesi prima, il 20/1/2001, sempre Avvenire specificava che Formula Bingo “è posseduta per metà da una banca, la London Court, a sua volta guidata da un vecchio amico di D’Alema, Roberto De Santis. Così amico che è stato lui a cedere al leader diessino la fin troppo nota barca Ikarus.
Ma la London Court ha un altro azionista al 50%, la Chance Mode Italia, il cui patrono è un altro amico di d’Alema, Luciano Consoli…”. L’accusa arriva anche da sinistra. Marco Travaglio, durante un raduno ad una convention girotondina, parlando del governo D’Alema si lascia scappare una frase piuttosto imbarazzante:
“Quelli sono entrati a Palazzo Chigi con le pezze al culo, e ne sono riusciti ricchi“. Perché queste accuse? Per la missione Arcobaleno, i rapporti con Colaninno, l’inchiesta sulla Banca del Salento, e i “D’Alema boys”, “imputati di improvvisa fama e ricchezza
(Corriere della Sera, 16/1/2004). ..
Si parla tanto di sale gioco, di famiglie in difficoltà perchè gli italiani si buttano sempre di più in questa pratica che dilapida patrimoni e mette in crisi famiglie.
Sarà bene ricordare come esplose in Italia, pochi anni or sono, il fenomeno delle sale Bingo.
Pur di fare soldi, infatti, ci si getta in un affare poco nobile: la creazione delle sale Bingo.
Sono oltre 400, create nel 2001, e garantiscono introiti immensi. Sentiamo casa scrive il quotidiano cattolico “Avvenire”( 1/7/2001): “mai visti tanti uomini vicini ai DS davanti alle cartelle del Bingo. La metà delle sale pronte ad aprire saranno gestite da chi è in qualche modo legato alla Quercia.
Duecentododici sale su quattrocentoquindici.
Più della metà.
Un business che va dai settanta ai centocinquanta miliardi l’anno per sala.
Difficile resistere. I ‘D’Alema boys’ hanno fatto tombola prima ancora che si cominciasse a giocare.
Hanno fondato una società, la Formula Bingo, e fatto il lavoro migliore.
I frutti si sono visti. Già, ma perché D’Alema boys? A loro il nome non piace. Ma come sanno tutti nessuno può sceglierselo.
Sta di fatto che lo staff di Formula Bingo vede alla vicepresidenza Luciano Consoli (militante PCI sezione Trastevere) e nessuno può negare che sia un amico dell’ex presidente del Consiglio diessino. Così come non passa inosservata la sede della società: Via San Nicola de Cesarini al 3, Roma. Nello stesso palazzo dove si trovano gli uffici di ‘Italianieuropei’, la fondazione creata da D’Alema…“. Mesi prima, il 20/1/2001, sempre Avvenire specificava che Formula Bingo “è posseduta per metà da una banca, la London Court, a sua volta guidata da un vecchio amico di D’Alema, Roberto De Santis. Così amico che è stato lui a cedere al leader diessino la fin troppo nota barca Ikarus.
Ma la London Court ha un altro azionista al 50%, la Chance Mode Italia, il cui patrono è un altro amico di d’Alema, Luciano Consoli…”. L’accusa arriva anche da sinistra. Marco Travaglio, durante un raduno ad una convention girotondina, parlando del governo D’Alema si lascia scappare una frase piuttosto imbarazzante:
“Quelli sono entrati a Palazzo Chigi con le pezze al culo, e ne sono riusciti ricchi“. Perché queste accuse? Per la missione Arcobaleno, i rapporti con Colaninno, l’inchiesta sulla Banca del Salento, e i “D’Alema boys”, “imputati di improvvisa fama e ricchezza
(Corriere della Sera, 16/1/2004). ..
L'Artico in gravissimo pericolo
Scioglimento dell'Artico
Il ghiaccio artico da cui tutti dipendiamo sta scomparendo. Velocemente.
Negli ultimi 30 anni, abbiamo perso tre quarti della calotta di ghiaccio che galleggia in cima al mondo.
Per salvare l'Artico dobbiamo agire oggi.
Per oltre 800 mila anni, il ghiaccio è stata una caratteristica costante del Mar Glaciale Artico.
Si sta sciogliendo a causa del nostro uso di energia sporca da fonti fossili, e in un prossimo futuro potrebbe essere privo di ghiaccio per la prima volta da quando gli esseri umani sono sulla Terra.
Questo sarebbe devastante non solo per le persone, gli orsi polari, i narvali, i trichechi e altre specie che vi abitano - ma per tutti noi.
Il ghiaccio in cima al mondo riflette nello spazio molto del calore del sole, contribuendo così a raffreddare il nostro pianeta, stabilizzando il clima da cui dipendiamo per le coltivare il nostro cibo.
Proteggere il ghiaccio significa proteggere tutti noi.
Perforazioni petrolifere
Una nuova corsa al petrolio nell'Artico sta per cominciare.
Shell, BP, Exxon, Gazprom e gli altri sono pronti a correre il rischio di una devastante fuoriuscita di petrolio nelle acque dell'Artico per sfruttare riserve che valgono tre anni di consumi globali di petrolio.
Le stesse aziende dell'energia sporca che per prime hanno causato lo scioglimento dei ghiacci artici ora stanno cercando di trarre profitto da quel disastro.
Vogliono aprire la nuova frontiera dell'oro nero per raggiungere un potenziale di 90 miliardi di barili di petrolio.
Questo vuol dire un sacco di soldi per loro, ma equivale a soli tre anni di consumi petroliferi per il pianeta.
Documenti governativi sin qui segreti dicono che contenere fuoriuscite di petrolio nelle acque del Polo è "quasi impossibile" ed ogni errore si rivelerebbe potenzialmente fatale per il fragile ecosistema artico.
Per trivellare nella regione artica, le compagnie petrolifere devono trascinare gli iceberg lontano dai loro impianti e utilizzare enormi tubi idraulici per sciogliere il ghiaccio galleggiante con acqua calda. Se li lasciamo fare, una catastrofica fuoriuscita di petrolio è solo una questione di tempo.
Abbiamo visto i danni terribili causati dai disastri della Exxon Valdez e della Deepwater Horizon
Non possiamo lasciare che ciò accada nell'Artico.
Pesca industriale
Flotte industriali di pescherecci stanno cominciando a pescare con reti a strascico nelle acque artiche.
Le comunità locali hanno pescato per migliaia di anni nell'Artico in maniera sostenibile, ma questo potrebbe essere messo a rischio, se lasciamo che le grosse compagnie della pesca sfruttino l'oceano artico.
La guerra
I Paesi artici si stanno preparando per un possibile conflitto sull'Artico.
Come dimostrano le interecettazioni di Wikileaks, gli Stati Uniti hanno parlato di "aumento delle minacce militari nell'Artico" e la Russia prevede "l'intervento armato" in futuro.
La minaccia di una guerra futura nell'Artico è reale.
Tutti i Paesi artici stanno comprando sottomarini, aerei da combattimento e navi rompighiaccio a propulsione nucleare per delimitare le loro rivendicazioni con forza.
Sia la Russia che la Norvegia hanno annunciato un 'Battaglione artico' per difendere i loro interessi nazionali.
Insieme con la crescente militarizzazione, sei paesi stanno cercando di appropriarsi delle parti dell'Artico non reclamate - compreso il Polo Nord - come proprio territorio nazionale.
Oggi quest'area appartiene a tutti noi.
Continuiamo così e istituiamo un santuario globale nell'Alto Artico per tutta le forme vita sulla Terra.
Il ghiaccio artico da cui tutti dipendiamo sta scomparendo. Velocemente.
Negli ultimi 30 anni, abbiamo perso tre quarti della calotta di ghiaccio che galleggia in cima al mondo.
Per salvare l'Artico dobbiamo agire oggi.
Per oltre 800 mila anni, il ghiaccio è stata una caratteristica costante del Mar Glaciale Artico.
Si sta sciogliendo a causa del nostro uso di energia sporca da fonti fossili, e in un prossimo futuro potrebbe essere privo di ghiaccio per la prima volta da quando gli esseri umani sono sulla Terra.
Questo sarebbe devastante non solo per le persone, gli orsi polari, i narvali, i trichechi e altre specie che vi abitano - ma per tutti noi.
Il ghiaccio in cima al mondo riflette nello spazio molto del calore del sole, contribuendo così a raffreddare il nostro pianeta, stabilizzando il clima da cui dipendiamo per le coltivare il nostro cibo.
Proteggere il ghiaccio significa proteggere tutti noi.
Perforazioni petrolifere
Una nuova corsa al petrolio nell'Artico sta per cominciare.
Shell, BP, Exxon, Gazprom e gli altri sono pronti a correre il rischio di una devastante fuoriuscita di petrolio nelle acque dell'Artico per sfruttare riserve che valgono tre anni di consumi globali di petrolio.
Le stesse aziende dell'energia sporca che per prime hanno causato lo scioglimento dei ghiacci artici ora stanno cercando di trarre profitto da quel disastro.
Vogliono aprire la nuova frontiera dell'oro nero per raggiungere un potenziale di 90 miliardi di barili di petrolio.
Questo vuol dire un sacco di soldi per loro, ma equivale a soli tre anni di consumi petroliferi per il pianeta.
Documenti governativi sin qui segreti dicono che contenere fuoriuscite di petrolio nelle acque del Polo è "quasi impossibile" ed ogni errore si rivelerebbe potenzialmente fatale per il fragile ecosistema artico.
Per trivellare nella regione artica, le compagnie petrolifere devono trascinare gli iceberg lontano dai loro impianti e utilizzare enormi tubi idraulici per sciogliere il ghiaccio galleggiante con acqua calda. Se li lasciamo fare, una catastrofica fuoriuscita di petrolio è solo una questione di tempo.
Abbiamo visto i danni terribili causati dai disastri della Exxon Valdez e della Deepwater Horizon
Non possiamo lasciare che ciò accada nell'Artico.
Pesca industriale
Flotte industriali di pescherecci stanno cominciando a pescare con reti a strascico nelle acque artiche.
Le comunità locali hanno pescato per migliaia di anni nell'Artico in maniera sostenibile, ma questo potrebbe essere messo a rischio, se lasciamo che le grosse compagnie della pesca sfruttino l'oceano artico.
La guerra
I Paesi artici si stanno preparando per un possibile conflitto sull'Artico.
Come dimostrano le interecettazioni di Wikileaks, gli Stati Uniti hanno parlato di "aumento delle minacce militari nell'Artico" e la Russia prevede "l'intervento armato" in futuro.
La minaccia di una guerra futura nell'Artico è reale.
Tutti i Paesi artici stanno comprando sottomarini, aerei da combattimento e navi rompighiaccio a propulsione nucleare per delimitare le loro rivendicazioni con forza.
Sia la Russia che la Norvegia hanno annunciato un 'Battaglione artico' per difendere i loro interessi nazionali.
Insieme con la crescente militarizzazione, sei paesi stanno cercando di appropriarsi delle parti dell'Artico non reclamate - compreso il Polo Nord - come proprio territorio nazionale.
Oggi quest'area appartiene a tutti noi.
Continuiamo così e istituiamo un santuario globale nell'Alto Artico per tutta le forme vita sulla Terra.
Artemisia Gentileschi
Artemisia Gentileschi nasce a Roma l'8 luglio del 1593. E' la primogenita del pittore Orazio Gentileschi e di Prudentia Montone. Fin dall'infanzia è istruita per diventare un'artista dimostrando subito una certa abilità verso la pittura.
Artemisia può osservare da vicino molte opere che vari pittori, intorno a lei, stanno producendo in quel momento: dalla Galleria Farnese, affrescata da Annibale Carracci, alla chiesa di S. Luigi de Francesi dove sta lavorando Caravaggio, alla chiesa di S. Maria del Popolo, dove si stanno elaborando gli affreschi di Guido Reni e del Domenichino.
A quei tempi, per una donna, il progetto di una carriera artistica è difficile e piena di ostacoli, ma Artemisia Gentileschi non si arrende: seguendo e lavorando insieme al padre, ha modo di conoscere diversi pittori, tra cui Caravaggio e il nipote di Michelangelo. La sua prima tela, "Susanna e i Vecchioni", è dipinta con uno stile molto naturale. La gestualità dei personaggi è decisa, le espressioni sono realistiche ed il dipinto mostra la sua conoscenza dell'anatomia umana, dei colori, del pennello e il suo gusto per la struttura del quadro.
Nell'estate del 1611 Artemisia visita in città alcune opere finalmente completate: Santa Maria Maggiore ed i suoi soffitti dipinti dal Cigoli e da Guido Reni, San Pietro e l'estensione della facciata voluta da Carlo Maderno, il Palazzo del Quirinale, dove il padre insieme a Giovanni Lanfranco, Carlo Saraceni e Agostino Tassi sta decorando la Sala Regia.
Orazio e Tassi lavorano insieme anche al "Casinò delle Muse", per l'affresco sulla volta del palazzo e si suppone che anche Artemisia partecipi alla decorazione.
Agostino Tassi è un pittore di paesaggi e di vedute marine, al quale Orazio affida la figlia per insegnarle come costruire la prospettiva in pittura. Tassi s'innamora di lei e tra i due nasce una relazione. Il padre Orazio, però, scopre la tresca e ritenendo la figlia vittima del suo amico/traditore Tassi, lo fa arrestare e processare per stupro (perdita di verginità senza promessa di matrimonio) nei confronti della figlia.
Tassi era già sposato, ma separato e pare avesse una storia con la sorella della moglie. Al processo Artemisia cerca di salvare Tassi dichiarando che nulla fosse successo e d'essere ancora vergine, ma alla prova ginecologica immediata risulta la menzogna. A quel punto il giudice, per fare chiarezza, mette sotto tortura Artemisia di fronte al Tassi, il quale, non sopportando la vista del dolore inflitto alla sua innamorata, pur di far cessare lo strazio confessa d'averla violentata.
Così parrebbe siano andate le cose, ma ovviamente ci sono interpretazioni maschiliste e interpretazioni femministe su come siano andate realmente.
All'epoca non essere vergine senza essere sposata corrispondeva ad una condanna sociale.
Artemisia dopo il processo s'allontana dal padre che considera il responsabile dell'accaduto ed al quale non perdona d'aver provocato la condanna inflitta al Tassi, ma anche questa è una possibile interpretazione arbitraria.
Un mese dopo la fine del processo (1612), Artemisia Gentileschi sposa un artista fiorentino, Pietro Antonio di Vincenzo Stiattesi che frequenta come lei l'Accademia del Disegno, dove Artemisia diventerà socio ufficiale nel 1616.
In questo periodo la giovane pittrice comincia a elaborare uno stile più personale. dipinge "Giuditta che decapita Oloferne", che rappresenta una delle scene più violente della Bibbia e che probabilmente rispecchia lo stato d'animo che la sconvolse durante il processo.
Il realismo e il drammatico chiaroscuro richiamano le opere precedenti di Rubens e di Caravaggio. Durante il soggiorno fiorentino ha il sostegno di diversi benefattori della città, tra cui la Famiglia De Medici e la Famiglia Buonarroti, dal quale riceve la commissione di completare un affresco all'interno della loro residenza.
All'Accademia Artemisia Gentileschi diventa amica di Galileo Galilei con il quale intrattiene una fitta corrispondenza.
Durante il soggiorno in Toscana, quando ancora si firma con il cognome di Lomi, realizza un'altra versione di Giuditta, dal titolo "Giuditta e la sua governante", mentre in seguito dipingerà "L'allegoria dell'inclinazione". L'ultima tela completata a Firenze è "Giuditta che decapita Oloferne" e nel 1618 dà alla luce una bambina.
Nel 1620 Orazio Gentileschi parte per Genova per eseguire una nuova commissione e probabilmente Artemisia lo accompagna; qui la ragazza compone "Lucrezia" e "Cleopatra". A quel tempo Genova è una città mercantile di ricchi banchieri e così Artemisia non ha difficoltà a trovare degli acquirenti per le sue opere.
Ed è durante il soggiorno genovese che incontrerà Anthony Van Dick; i due artisti si conoscono artisticamente ed è abbastanza probabile che si influenzeranno a vicenda.
Artemisia ritorna a Roma nel 1622 dove rimarrà per alcuni anni, dipinge il "Ritratto del Condottiere", e partecipa al censimento del 1624-26.
In questo periodo vive a Via del Corso, in prossimità di Piazza del Popolo, insieme a due domestici e alla figlia, che in base ad alcuni documenti dovrebbe chiamarsi Prudentia o Palmira. Non ci sono più tracce del marito: probabilmente si è separata, ed intanto sta nascendo una nuova figlia, concepita con un Cavaliere dell'Ordine di Malta, come ci attesta la lettera a lui indirizzata nel 1649.
Il secondo periodo artistico romano di Artemisia coincide con il pontificato di Urbano VIII e con un nuovo orientamento di stile e di gusti: Gianlorenzo Bernini sta trasformando il volto della città e gli interni di San Pietro.
Artemisia lavora su un'altra rappresentazione di Giuditta: la sua "Giuditta e la domestica con la testa di Oloferne", è un esempio raffinato dello stile barocco caravaggesco sul quale sta lavorando.
Il quadro "Giuseppe e la moglie di Putipharre" è pure dipinto durante questo periodo, particolarmente produttivo e pieno di soddisfazioni.
Una delle opere più conosciute e raffinate viene realizzata in questi anni: "L'Autoritratto dell'allegoria della pittura", nel quale dimostra la padronanza con la tempera ad olio ritraendo sé stessa nell'atto di dipingere, circondata dagli strumenti della pittura; un autoritratto abbastanza insolito per i suoi tempi; l'opera sarà acquistata da Re Carlo d'Inghilterra tra il 1639 e il 1649 ed entra a far parte della Royal Collection.
Dalle documentazioni del tempo sappiamo che Artemisia , come Caravaggio, soggiorna a Napoli tra l'agosto del 1630 e il novembre del 1637, una città che in quei tempi ha sete di opere d'arte.
Qui Artemisia nel 1630 incontra Velázquez ed entrambi lavoreranno per la regina Maria d'Austria. Lo stesso anno Artemisia completa una grande tela d'altare che ha come tema l'Annunciazione
Nel 1638 Artemisia soggiorna a corte dei Re Carlo I e della regina Henrietta Maria; il re è un collezionista d'arte che ha già raccolto una sorprendente quantità di opere d'arte tra cui alcuni capolavori di Tiziano, Raffaello, Mantegna, Correggio, Caravaggio e di altri artisti del Rinascimento.
La Gentileschi rimane a corte per quasi tre anni ed in questa circostanza lavora ancora con suo padre, che è arrivato in Inghilterra nel 1626 con l'incarico di affrescare il soffitto della Queen's House a Greenwich, ora Marlborough House, che ha come tema "L'allegoria della Pace e delle Arti sotto la Corona Inglese". Orazio Gentileschi muore il 7 febbraio del 1639 e Artemisia così tra il 1640 e il 1641 torna a Napoli, dove rimane per il resto della sua vita.
Quest'ultimo periodo è caratterizzato dal lavoro per conto di Don Antonio Rufo di Sicilia; Artemisia completa "David e Betsabea" e "Lot e le sue figlie". Una delle sue ultime opere famose è la sua prima eroina femminile, "Lucrezia", personaggio nel quale Artemisia si identifica: una donna forte, abile e indipendente.
Artemisia Gentileschi muore nel 1653 e, nonostante la sua arte e la sua importanza, i critici d'arte non hanno perso troppo tempo: su di lei non è stato scritto molto.
Ciò che rimane della sua vita e della sua esperienza artistica sono 34 dipinti e 28 lettere.
Il Great Blue Hole nel Mar dei Caraibi
L'esperienza dell'esplorazione del Great Blue Hole è vista da molti come qualcosa di mistico: acqua cristallina, colori incredibilmente vivaci, una discesa verso le profondità marine che si fa via via sempre più emozionante, e la possibilità di scattare alcune foto da sogno.
Questo incredibile fenomeno geografico conosciuto come il Buco Blu è una una delle più grandi doline carsiche subacquee che si possano trovare sulla terra, situata nel Mar dei Caraibi, ad est delle coste del Belize, in America Centrale.
Ci sono numerosi buchi blu nel mondo, ma nessuno così grande e stupefacente.
Il Great Blue Hole è un buco particolare: è una fossa quasi perfettamente circolare all'interno di un minuscolo atollo a 100 km di distanza da Belize City.
Lighthouse Reef è un piccolo atollo dalla vaga forma di pesce con una profondità media di 2,7 metri, ed un fondo sabbioso che ospita una piccola barriera corallina. Poco noto come atollo, è più conosciuto per il buco che ha nel centro, il Great Blue Hole, punto in cui la colorazione dell'acqua cambia per via della profondità del fondale, che da pochi metri passa improvvisamente ad oltre 100 metri di profondità.
È una sorta di grotta calcarea di forma circolare larga oltre 300 metri, che arriva ad una profondità di 125 metri. Si è formata durante l'ultima era Glaciale, quando il livello delle acque era molto più basso di quello attuale. Quando poi l'oceano tornò a crescere la grotta si riempi di acqua e il suo tetto crollò, dando origine a un pozzo sommerso, le cui pareti quasi verticali (a volte anche a parete strapiombante) sono ricoperte da stalattiti lunghe fino a 12 metri. Così, all'interno del buco è possibile ammirare alcune delle stalattiti più imponenti di tutte le grotte marine del mondo, che confermano il fatto che inizialmente il sistema di grotte si trovava sopra il livello del mare.
All'interno di questo buco l'acqua è profonda 125 metri ed assume un colore blu scuro, creando strutture conosciute in tutto il mondo come "buchi blu".
L'opportunità di esplorare il famoso Blue Hole è una caratteristica attrazione delle immersioni a Belize, soprattutto per i subacquei amanti dei fenomeni geografici, anche se per via delle pareti quasi verticali e della grande profondità la parte più bassa della cavità è poco visitata.
L'acqua di superficie è quasi costantemente alla temperatura di 24°C; ma com'è facile immaginare, più si scende di profondità più la temperatura dell'acqua decresce, rendendo necessario l'utilizzo di una muta.
L'assenza di luce del Great Blue Hole impedisce che si formi il corallo, non solo sul fondale ma anche sulle sue pareti, che scendono verticalmente per oltre 100 metri. La scarsa luminosità inoltre impedisce di godersi pienamente lo spettacolo offerto dalla conformazione geologica del buco e dalla popolazione di pesci che vi abita.
La visibilità è ottima fino a 15-30 metri; superato quel limite descresce progressivamente con la profondità. Il buco è popolato da diverse specie di squali, tra cui gli squali toro, che sembra abbiano eletto a dimora fissa il Great Blue Hole. Gli squali generalmente arrivano in gruppo a "salutare" i turisti, aspettandosi un bel pasto offerto dalle guide; non è raro che arrivino gruppi da 15-20 esemplari di squali toro, alcuni squali tigre e dei pinna nera, oltre a squali martello.