domenica 17 febbraio 2013

La fossa delle Marianne

La fossa è formata da lava antica

La Fossa delle Marianne, nella realtà non è un buco profondo come il suo nome potrebbe suggerire, ma un abisso che segna il luogo di una zona di subduzione.
La zona di subduzione in questione è il punto dove la Placca Pacifica s'infila sotto quella delle Filippine.
Benché le forze tettoniche abbiano finito per deformare la Placca Pacifica al punto da farla "tuffare" quasi verticalmente verso l'interno della Terra, al livello del fondo marino la placca segue un'inclinazione relativamente dolce. Una placca tettonica è un enorme pezzo di roccia, spesso anche 100 chilometri o più, spiega Robert Stern, geofisico della University of Texas di Dallas. Una delle ragioni per cui la fossa è così profonda, dice, sta nel fatto che nel Pacifico occidentale vi sono alcuni fra i fondali più antichi del pianeta, risalenti a circa 180 milioni di anni fa.


Il fondo marino si forma quando la lava in mezzo all'oceano si solleva. Quando è fresca, la lava è calda e ribollente, sollevandosi di molto dal mantello sottostante; ma quando invecchia e si allontana dalla sua fonte di origine, lentamente si raffredda e diventa via via più densa, depositandosi sempre più in basso, come nel caso della Fossa delle Marianne.

La Fossa delle Marianne può innescare grandi terremoti?
Altri due fattori contribuiscono a rendere così profonda la fossa, che si estende per 2.550 chilometri.
Il primo è che si trova lontano da qualunque grande massa terrestre, il che significa che è anche lontana da foci di fiumi.
Inoltre, le vicine linee di faglia tagliano la Placca Pacifica in un stretta lingua nel punto della fossa, permettendo alla placca di piegarsi verso il basso con un angolo più ripido rispetto ad altre zone di subduzione.
No dice il geofisico Emile Okal della Northwestern University, perché, nella fossa, la roccia densa della Placca Pacifica non spingerebbe con forza verso l'alto la sormontante Placca delle Filippine, creando quell'attrito che causa i terremoti.
Ma questa teoria è stata smentita dallo spaventoso terremoto di Sumatra del 2004 e da quello che ha colpito il Giappone nel 2011, non c'è ragione di credere che la Fossa non possa dare origine a altri sismi

La vista .....vista da diversi tipi di vista

Settecento milioni di anni fa nasceva la vista
La capacità visiva è dovuta a un'antica proteina da cui si è sviluppata anche la melatonina che è all'origine di tutte le opsine. 
Le proteine che permettono ai fotorecettori la trasduzione dello stimolo luminoso in segnale nervoso


Tutti gli animali hanno gli occhi. 
Anche gli invertebrati più semplici, gli insetti più piccoli o addirittura le meduse, composte al 99% di acqua, presentano cellule sensibili alla luce che servono come strumenti visivi.
Ma come vedono?
Hanno una percezione della realtà simile alla nostra?
I loro occhi sono uguali ai nostri?
Non è semplice rispondere a queste domande: dipende.
Ogni specie ha sviluppato le caratteristiche più adatte al proprio habitat e “stile di vita”.
Non è detto che vedano meglio di noi, anzi talvolta è vero il contrario. Tuttavia vedono nel modo migliore per loro
Le talpe vedono bene soltanto da vicino e nel buio più completo delle loro tane.
I cani non riconoscono i colori, ma vedono meglio nella penombra e al crepuscolo.
Le mosche, e gli insetti in genere, non distinguono chiaramente le forme, ma vedono un numero maggiore di immagini fisse al secondo, 200 circa contro le 18 dell'uomo.
Per questo un movimento che a noi appare rapido per una mosca è invece composto da singole immagini fisse.
Il sistema visivo degli insetti è dunque ideale per sopravvivere alle insidie dei predatori (uomini con giornale compresi), o per catturare al volo le prede.
In generale, anche se la forma e la struttura degli occhi è molto diversa tra uomo e altri animali, la funzione degli organi della vista è pressappoco simile. L'occhio è paragonabile a una telecamera: la cornea e il cristallino (negli occhi dei vertebrati) sono lenti che, come un obiettivo, catturano le immagini e le mettono a fuoco.
Le immagini sono poi proiettate sulla retina, assimilabile agli elementi sensibili di una videocamera.
Nella retina dell'uomo ci sono due tipi di cellule sensibili alla luce, detti anche fotorecettori: i coni e i bastoncelli.
I primi (che nell'uomo sono circa 6 milioni) si trovano prevalentemente al centro della retina e sono adatti alla visione diurna: si adattano alla luce e permettono di percepire i colori e distinguere i dettagli.
I bastoncelli (circa 100 milioni, sempre nell'uomo) sono prevalentemente alla periferia della retina e servono per la visione notturna: sono molto più sensibili dei coni alla luce ma si "saturano" rapidamente quando essa aumenta, e non permettono di percepire i colori né distinguere bene i dettagli. Più la parte centrale della retina è sensibile, migliore è l'immagine inviata al cervello.
Gli uomini, nei cui occhi coni e bastoncelli sono ben integrati, vedono meglio alla luce del giorno.
I lupi, e i cani che da essi discendono, hanno invece una retina ricchissima di bastoncelli e perciò più adatta all'oscurità del crepuscolo e della notte, momenti in cui infatti cacciano.

Alta risoluzione 

I rapaci hanno un punto centrale dell'occhio che funziona come un teleobiettivo e ingrandisce particolari di ciò che vede.
La funzione d'ingrandimento è assicurata da una particolare area della retina, chiamata fovea, dove le cellule della visione sono molto concentrate.
Se nell'uomo vi sono circa 200 mila coni per millimetro quadrato, nella fovea dell'aquila ve ne sono 1 milione.
L'immagine percepita dall'occhio ha una parte centrale ingrandita di 2,5 volte e ad altissima definizione.
Diversi animali, inoltre, hanno occhi sensibili alla luce ultravioletta (è il caso di alcune farfalle che così riconoscono i maschi dalle femmine, e delle api che così vengono attratte dai fiori in cui alcune strutture si vedono solo agli ultravioletti) e agli infrarossi:
i serpenti  e alcuni pesci“vedono” anche le prede a sangue caldo grazie a recettori termici che si trovano sotto gli occhi e che il cervello associa alla visione oculare.

Sequenza Fibonacci in natura

Leonardo Pisano detto Leonardo Fibonacci, perché filius del Bonacci (Pisa, settembre 1170 – Pisa, 1240 ca. fu un matematico italiano. Fibonacci è noto soprattutto per la sequenza di numeri da lui individuata e conosciuta, appunto, come successione di Fibonacci: 0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89 ... in cui ogni termine, a parte i primi due, è la somma dei due che lo precedono. Sembra che questa sequenza sia presente in diverse forme naturali (per esempio, negli sviluppi delle spirali delle conchiglie, ecc.). Una particolarità di questa sequenza è che il rapporto tra due termini successivi aumenta progressivamente per poi tendere molto rapidamente al numero 1,61803..., noto col nome di rapporto aureo o sezione aurea.

Occhio di una mosca al microscopio elettronico
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Drago marino

Il Phyllopteryx taeniolatus, conosciuto comunemente come drago marino comune, è pesce d'acqua salata della famiglia dei Syngnathidae, l'unico del genere Phyllopteryx.
Questa specie è diffusa a profondità variabili da 3 a 50 metri lungo la costa meridionale dell'Australia, approssimativamente fra Port Stephens, Nuovo Galles del Sud e Geraldton, Australia Occidentale, così come lungo le coste della Tasmania.


È un pesce simile all'ippocampo, caratterizzato dalle protuberanze simili a foglie che servono a mimetizzarlo fra le piante acquatiche. 
Una specie simile con protuberanze mimetiche ancora più evidenti è il Dragone foglia o Phycodurus eques.
La lunghezza media di questo pesce è di circa 46 cm.
Per quanto riguarda il dimorfismo sessuale, il maschio del drago marino comune è leggermente più grande ed intensamente colorato e trasporta le uova dopo l'accoppiamento.
Il drago marino maschio trasporta le uova fecondate attaccate alla propria coda. I draghi marini, cavallucci marini e i pesci pipa sono le uniche specie dove il maschio trasporta le uova. Questo insolito pesce può essere allevato in acquario.
L'accoppiamento in cattività è piuttosto raro perché i ricercatori devono ancora capire quali siano i fattori biologici o ambientali che li spingono a riprodursi. In cattività la percentuale di sopravvivenza del drago marino comune è di circa il 60%.
 Dragone foglia o Phycodurus eques.
L'Acquario del Pacifico a Long Beach, in California e l'Acquario di Melbourne in Australia sono le uniche strutture al mondo ad aver allevato con successo il drago marino comune in cattività.  


È prossimo alla minaccia di estinzione a causa dell'inquinamento del mare, della distruzione delle barriere coralline, della proliferazione degli sbarramenti nel mare e della cementificazione delle coste, che distruggono l'habitat ed impediscono gli spostamenti alla ricerca di cibo e di aree riproduttive.


Poco prima dell'accoppiamento, la coda del maschio assume un color giallo brillante.
Il drago marino è l'emblema ufficiale della marina dello Stato Victoria (Australia).