mercoledì 28 novembre 2012
La Gioconda con il caffe
per quest'opera sono necessarie 3,605 tazze di caffè. Rappresentazione della Gioconda a Sydney, Australia. 3,605 Le tazze di caffè sono state riempite con una certa quantità di latte in modo da riprodurre i colori corretti!
Hotel di ghiaccio
L’hotel di ghiaccio è una delle tipiche attrattive del luogo, un posto da non perdere se si ama questo genere di curiosita’. Ve ne sono solo due in Canada e pochi altri in tutto il mondo. Ogni gennaio viene costruito con circa 12.000 tonnellate di neve e 400 di ghiaccio.
Tutta la struttura, dalla reception, alle stanze, dal bar ai locali comuni sono interamente scolpiti nel ghiaccio. Si puo’ visitare l’hotel di ghiaccio anche senza soggiornarvi, ma se vi viene voglia di passarci la notte sappiate che potete farlo con la modica cifra di 600 dollari. Naturalmente dovete avere la possibilita’ di scaldarvi con molto “calore umano”, se no dubito che possiate resistere a lungo!
Preservativi per abiti
Cina, abiti fatti con i condom per promuovere il sesso sicuro
Vestiti, cappelli e accessori, rigorosamente ornati con preservativi. In Cina i condom sono stati usati nei modi più bizzarri per promuovere l'uso del profilattico in occasione dell'esposizione nazionale sulle nuove tecnologie riproduttive a Beijing. Durante la fiera su sesso e salute, sono stati anche distribuiti preservativi gratis: un incentivo per la politica cinese di pianificazione delle nascite e per la lotta all'Aids.
Perché i fenicotteri stanno su una zampa sola?
Principalmente per regolare la temperatura del corpo. Negli uccelli, infatti, le zampe sono una significativa fonte di perdita di calore corporeo: con il caldo si è visto che i fenicotteri tendono a stare su due zampe, mentre via via che si abbassa la temperatura preferiscono stare su una zampa sola, mantenendo l’altra ripiegata a contatto con il corpo.
Chernobyl: il nuovo sarcofago pronto per il reattore | euronews, mondo
Chernobyl: il nuovo sarcofago pronto per il reattore | euronews, mondo
Per vedere il video cliccare sulla scritta
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Un nuovo sarcofago per seppellire la peggiore catastrofe nella storia del nucleare civile.
A Chernobyl è stata installata Novarka: la nuova struttura ad arco è stata eretta accanto all’impianto nucleare sopra il quale sarà trasportata entro due anni. 5.000 tonnellate d’acciaio. Un progetto faraonico per mettere in sicurezza il sito ucraino.
“Nessuno al mondo ha mai costruito una struttura del genere” dice Nicolas Caille, Direttore del Progetto Novarka. “La progettazione è stata estremamente complessa, ci sono voluti due milioni di ore, poi la realizzazione ed infine collocare l’arco è stata tutto sommato la parte meno difficile”.
Una volta completato il nuovo sarcofago sarà lungo oltre 160 metri e alto 110. Costo complessivo 1 miliardo e mezzo di euro. Ma resta il grande punto interrogativo: un deposito definitivo per la colata radioattiva presente nel cuore del vecchio reattore.
“Poi bisogna trovare soprattutto un deposito dove trasferire questa lava radioattiva in modo che possa essere seppellita definitivamente e questo deposito ancora non esiste” spiega Carlo Mancini, Direttore dell’Agenzia Internazionale di valutazione del progetto.
Per quanto avveniristico sia il progetto finanziato dalla comunità internazionale e dalla Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo, resta intatta la spettralità della cittadina di Pripiat, gioiello sovietico che un tempo ospitava le famiglie dei dipendenti di Chernobyl.
“Uno dei rischi di cui si è sempre parlato è quello dell’infiltrazione di particelle radioattive nelle falde acquifere” dice il nostro corrispondente Sergio Cantone. “Ora, questa costruzione dovrebbe evitare proprio questo rischio perchè impedirebbe all’acqua piovana di infiltrarsi nel suolo”.
Le anime sono come fiori
Due persone possono andare d'accordissimo, parlare di tutto ed essere vicine.
Ma le loro anime sono come fiori, ciascuno ha la sua radice in un determinato posto e nessuno può avvicinarsi troppo all'altro senza abbandonare la sua radice, cosa peraltro impossibile.
I fiori effondano il loro profumo e spargono il loro seme perché vorrebbero avvicinarsi, ma il fiore non può fare niente perché il seme giunga nel posto giusto;
tocca al vento che va e viene come vuole.
Herman Hesse
Una pila su tre viene buttata via con il 40% di energia ancora al suo interno
Nei 200 milioni di pile gettate ogni anno in Italia rimane una considerevole quantità d’energia: 900 mila kWh, secondo le stime – una quantità che corrisponde all’incirca all’energia prodotta da 50 mila pannelli fotovoltaici in un’ora.
È quanto emerge da una ricerca finanziata da Duracell e European Recycling Platform(Erp). Analizzato un campione di 12 mila pile raccolte da circuiti di riciclo in vari Paesi europei (Italia compresa), si è scoperto che una pila su tre viene buttata con ancora il 40% di energia disponibile al suo interno: un gesto, questo, dovuto spesso a un generale fraintendimento.
«Oggi usiamo sempre più spesso strumenti high tech, come la fotocamera digitale, che richiedono tantissima energia», spiega Riccardo Fratticcioli, field officer di Erp, «e che possono smettere di funzionare con pile che contengono ancora il 60% di energia residua.
Sprecare quanto rimane è un peccato, perché si tratta di energia che può far funzionare ancora a lungo una sveglia, un telecomando, un giocattolo per bambini o un piccolo apparecchio di questo tipo».
Accanto allo spreco di energia va segnalata la difficoltà relativa allo smaltimento, pratica ancora poco adottata dai consumatori. Pile e accumulatori esausti contengono metalli pesanti - come piombo, cromo, cadmio, rame, zinco e mercurio – che pur essendo presenti in minime quantità possono inquinare pesantemente l’ambiente (una pila che contiene un grammo di mercurio può inquinare 1.000 litri d’acqua).
«Con il decreto legislativo 188 del 2008», continua Fratticcioli, «è stata recepita la normativa europea che rendeva il produttore responsabile della gestione dell’intero ciclo di vita dei prodotti immessi sul mercato. Questo vale anche per le pile, e per la loro raccolta e il trattamento finali. Chiaro che però come prima cosa deve passare il messaggio che le pile non devono essere gettate nel residuo, altrimenti il danno all’ambiente e al portafogli è assicurato».
Secondo Giulio Rentocchini, presidente del Centro di coordinamento nazionale pile e accumulatori (Cdcnpa), «le pile portatili sono oggetti da cui la tecnologia sino a oggi è riuscita a ricavare pochissimo. Sono un’entità a costo, perché la pila va distrutta e smaltita per eliminare materiali dannosi per l’ambiente. Più ambiti sono gli accumulatori, perché dal loro trattamento si ricava il piombo, che può essere riutilizzato».
L’accordo siglato il 7 di novembre tra Cdcnpa e Associazione nazionale Comuni italiani (Anci) punta a rendere capillare e sistematica la raccolta sul territorio: un passo che, si crede, «porterà a grandi risultati».
Il Castello di Predjama
Dalle Grotte di Postumia fino a Predjama si devono percorrere in auto 9 km .
La strada porta attraverso la sella di flysch "Na vreher" (560m), laddove si trova lo spartiacque fra il bacino della Pivka e il torrente Lokva che scorre verso Nord e s'inabissa al di sotto di una parete rocciosa alta 123 m nella valle chiusa da Predjama.
Nella cavità nel mezzo della parete a strapiombo si trova addossato il Castello di Predjama o di Lueghi, un castello ancor'oggi pieno di misteri e di sorprese.
Innumerevoli sono al mondo i castelli favolosamente belli e famosi, le fortificazioni e le carceri terrificanti.....ma il castello di Predjama, presso Postojna, in Slovenia è unico al mondo.
Questo è un nido d'aquila, incastonato mirabilmente in una grotta a strapiombo sopra l'inghiottitoio carsico del torrente Lokva, un'ascetica opera d'arte dell'inventiva medievale, del coraggio, dell'ingegnosità e dell'animo ribelle che caratterizzava quei tempi.
Si tratta di un monumento unico che amalgama in maniera totale la creazione millenaria della natura e l'improvviso lampo di genio della mente umana nel momento dell'angustia e del pericolo. È il simbolo del modo estremo in cui veniva vissuta l'esistenza del Medio Evo.
Questo insolito castello nella grotta unico al mondo, altro non è che uno scenario costruito dall'uomo davanti ad un fenomeno di erosione, di gocciolii e di ruscelli che si è protratto per millenni ed ancor'oggi persevera, seguendo il ritmo irregolare con cui respira la Terra.
Ascoltando queste gocce, questo ritmo si riesce ad immedesimarsi nel quieto legame tra la storia del pianeta e quella dell'umanità, unite ed indissolubilmente alleate.
Dimenticate per un attimo il ritmo frenetico della vita odierna ed immaginate di vivere cinquecento anno or sono, nel periodo medievale dal XII al XVI secolo, quando ancora non esistevano rubinetti ed elettricità. Anche allora si viveva in maniera dura, pericolosa, spietata...., ma anche con sfarzo, coraggio, in maniera lenta, peccaminosa e comunque in sintonia con la natura.
Nella parte centrale del castello rinascimentale del secolo sedicesimo, sono venuti alla luce i resti di un castello ancora più antico, risalente al dodicesimo secolo e che rappresentava la parte residenziale del castello.
Al di sopra c'era la cosiddetta "Tana di Erasmo", un rifugio allora inaccessibile come un "nido d'aquila" appollaiato nel mezzo della roccia; vi portava uno stretto cornicione roccioso al disotto del quale c'era un baratro profondo una sessantina di metri.
Finora si era ritenuto che in questo punto si ergesse l'antico castello, menzionato per la prima volta nel XIII secolo.
Fra i suoi proprietari si annoverano i patriarchi di Aquileia, poi gli Asburgo, ma sopratutto il cavaliere Erasmo Lueger, vissuto nella seconda metà del XV secolo.
La storia racconta di questo eroe, del superbo cavaliere Erasmo, che cadde nelle ire del suo imperatore, Federico III, e dei suoi vassalli, per sfuggire alle quali si rifugiò in questo luogo, sotto la parete a strapiombo.
Nelle lotte fra l'imperatore d'Austria ed il re d'Ungheria, Erasmo si schierò dalla parte di quest'ultimo.
Quando poi l'imperatore fece decapitare un suo amico, Erasmo litigò con un parente dell'Imperatore e lo uccise, per il fatto che aveva offeso la memoria dell'amico. Poi, per sottrarsi alla condanna a morte, si rifugiò nel castello di Predjama e sfidò e irritò l'imperatore, attaccando di continuo le carovane di commercianti. L'imperatore ordinò al luogotenente di Trieste, tale Gaspare Ravbar, di catturare Erasmo. Però l'assedio dei soldati fu vano: Erasmo si faceva beffe di loro gettandogli pezzi di carne di bue arrosto e ciliege fresche.
Erasmo sarebbe stato salvo se un suo servitore infedele non lo avesse tradito. Infatti costui si accordò con Gaspare Ravbar, il luogotenente triestino che comandava i soldati appostati fuori dal castello, confidandogli che l'unico punto dal quale avrebbero potuto colpire il padrone era la finestra del bagno, che affacciava sullo strapiombo. Ad un segnale luminoso fatto dal servitore, le truppe mirarono all'obbiettivo e colpirono Erasmo, che morì. Era il 1484.
Secondo la leggenda il cavaliere sarebbe sepolto accanto alla chiesetta del XV secolo che oggi è in Slovenia uno dei rari esempi dell'architettura tardogotica. Sulla sua tomba cresce un'imponente tiglio che la leggenda vuole sia stato piantato proprio dall'amata di Erasmo.
Passaggi segreti, grotte o livelli successivi di conoscenza?
Erasmo avevo fatto realizzare un cunicolo segreto, una piccola grotta direttamente dietro il ciglio della parete a strapiombo. Un passaggio che venne usato dai...ladri (XVII secolo) per trafugare dal maniero molti oggetti preziosi.
Oggi è possibile visitarlo perché gli speleologi ne hanno esplorato il percorso e reso praticabile. Un altro proprietario importante fu Ivan Kobenzi che nel 1570 diede al maniero l'odierno aspetto.
In una nicchia della cantina è stato scoperto il tesoro del castello (sembra una fiaba ma è vero) del XVI secolo (oggi conservato al Museo Nazionale di Lubiana).
Il castello è attualmente gestito da una società (Turizem KRAS).
Ciò che vorremmo far emergere è invece la straordinarietà della parte in grotta del castello di Predjama. Vi si arriva dopo aver visitato praticamente tutti gli altri piani (sono cinque).
Al quinto un ponte levatoio immette lungo un percorso ricavato nella roccia, che sfocia nel vivo della caverna, dove francamente si rimane senza parole dallo stupore.
E' una grotta enorme e altissima, con alcune strutture create dall'uomo (forse alcune sono tombe?), come un pozzo al centro della sala superiore.
Ci sono scritte antiche (Galleria dei nomi antichi), risalenti ad almeno il 1500. I cunicoli sono dislocati su più livelli; è stato calcolato che l'intreccio di queste gallerie è profondo circa 140 metri. Le grotte hanno un percorso lunghissimo, per ora sono stati esplorati 13 Km (visitabili 800 metri).
E' il secondo sistema di grotte per grandezza della Slovenia, dopo Postumia.
Questo sottosuolo è stato plasmato attraverso milioni di anni dal torrente a scomparsa Lokva che, negli strati calcarei corrosi e pieni di spaccature dei monti Nanos e Hrušica, ha creato un sistema simile a quello del formaggio groviera.
L'ingresso a queste grotte avviene 25 metri più in basso rispetto all'entrata del castello.
Calzature improbabili
Le mostruosità del passato i piedini da geisha
Le mostruosità del presente unita a una buona dose d'idiozia
Le mostruosità del presente unita a una buona dose d'idiozia
Cascata di fuoco
The Fall Of Fire "El Capitan Moraine"
Questo spettacolo, molto raro è visibile qualche volta solo intorno alla fine di febbraio Parco Nazionale dello Yosemite, California, Stati Uniti. , è molto difficile ottenere immagini di questo, perché molti fattori devono essere presenti. Il parco stato dichiarato "Parco Nazionale", nel 1890. ha una superficie di 1200 chilometri quadrati e il fuoco caduta chiamato El Capitan. Questa è una scena spettacolare. Questa visione spettacolare della cascata è stato creato dal riflesso della luce del sole che incontrano lo scivolo ad un angolo specifico.
Molti fattori devono coincidere.
Abbastanza neve che si scioglie diventando cascata.
Un preciso angolo del sole che con la sua luce al tramonto colpisca l'acqua. Una giornata serena senza nuvole.
E altri fattori che coincidendo danno vita a questo meraviglioso fenomeno.
Eccezionale il fotografo che nonostante molte difficoltà è riuscito ad ottenere queste strepitose immagini. E anche molto fortunato.
Questo spettacolo, molto raro è visibile qualche volta solo intorno alla fine di febbraio Parco Nazionale dello Yosemite, California, Stati Uniti. , è molto difficile ottenere immagini di questo, perché molti fattori devono essere presenti. Il parco stato dichiarato "Parco Nazionale", nel 1890. ha una superficie di 1200 chilometri quadrati e il fuoco caduta chiamato El Capitan. Questa è una scena spettacolare. Questa visione spettacolare della cascata è stato creato dal riflesso della luce del sole che incontrano lo scivolo ad un angolo specifico.
Molti fattori devono coincidere.
Abbastanza neve che si scioglie diventando cascata.
Un preciso angolo del sole che con la sua luce al tramonto colpisca l'acqua. Una giornata serena senza nuvole.
E altri fattori che coincidendo danno vita a questo meraviglioso fenomeno.
Eccezionale il fotografo che nonostante molte difficoltà è riuscito ad ottenere queste strepitose immagini. E anche molto fortunato.
Come dare la pillola al gatto
1. Prendere il gatto e cullarlo nell’incavo del braccio sinistro come se fosse un bebè. Posizionare l’indice ed il pollice destri sui lati della bocca del gatto ed applicare una leggera pressione alle guance tenendo la pillola nella mano destra. Appena il gatto apre la bocca, sparare la pillola in bocca. Lasciate che il gatto chiuda la bocca ed inghiotta. 2. Recuperare la pillola dal pavimento ed il gatto da dietro il divano. Cullare il gatto nel braccio sinistro e ripetere il processo. 3. Recuperare il gatto dalla camera da letto e gettare la pillola ciancicata. 4. Prendere una nuova pillola dalla confezione e cullare il gatto nel braccio sinistro, tenendo con fermezza le zampe posteriori con la mano sinistra. Forzare l’apertura della bocca e premere la pillola in fondo alla bocca con l’indice destro.. Tenere la bocca del gatto chiusa e contare fino a 10. 5. Recuperare la pillola dalla boccia del pesce rosso ed il gatto dall’armadio. Chiamare il consorte dal giardino. 6. Inginocchiarsi sul pavimento col gatto stretto tra le ginocchia, tenendo tutte e quattro le zampe. Ignorare i leggeri grugniti emessi dal gatto. Fate tenere al consorte la testa del gatto con fermezza, forzando un righello di legno in bocca al gatto. Lasciar cadere la pillola e sfregare vigorosamente la gola del gatto. 7. Recuperare il gatto dalla riloga delle tende, prendete un’altra pillola dal pacchetto, prendete nota di comprare un nuovo righello e di riparare le tende. Raccogliete da terra con cura la tappezzeria strappata per incollarla più tardi. 8. Avvolgete il gatto in un asciugamano e fate sedere il consorte sul gatto con la testa che sbuca appena all’avambraccio del consorte. Mettere la pillola sulla punta di una cannuccia, forzare l’apertura della bocca del gatto con una matita e soffiate nella cannuccia per sparare la pillola in gola. 9. Controllate che la pillola non fosse tossica per l’uomo, bevete un bicchiere d’acqua per mandar via il saporaccio. Applicate un cerotto all’avambraccio del consorte e rimuovete il sangue dal tappeto con acqua fredda e sapone. 10. Recuperate il gatto dalla tettoia dei vicini. Prendete un’altra pillola. Mettete il gatto in una pentola e chiudete col coperchio lasciando fuori la testa. Aprite la bocca del gatto con un cucchiaino, Lanciate la pillola in gola con un elastico. 11. Prendete un cacciavite dal garage e rimettete la porta nei cardini. Applicate compresse fredde sulla guancia e controllate quando avete fatto l’ultima antitetanica. Buttate la maglietta e prendetene una nuova dalla vostra stanza. 12. Chiamate i pompieri per riprendere il gatto dall’albero dall’altro lato della strada. Scusatevi col vicino che si è schiantato contro la recinzione sterzando bruscamente per evitare il gatto. Prendete l’ultima pillola dal pacchetto. 13. Legate le zampe del gatto e legatelo alle gambe del tavolo. Trovate dei guanti da lavoro robusti. Tenete la bocca del gatto aperta con una chiave inglese. Premete la pillola in bocca con un bel pezzo di bistecca di filetto, tenete la testa verticale e versate dell’acqua per far scendere la pillola. 14. Portate il consorte al pronto soccorso e attendete pazientemente mentre il medico sutura le dita e le braccia e rimuove i resti della pillola dall’occhio destro. Mentre tornate a casa fermatevi al negozio di mobili per comprare un nuovo tavolo. 15. Fate fare al veterinario una visita a domicilio. |
Nella partita morte/guadagno VINCE LA MORTE
Qual è la storia dell’Ilva di Taranto?
Si tratta di una delle più grandi acciaierie d’Europa, e la più grande d’Italia.
Costruita nel 1961 quando l’allora Italsider era un’azienda pubblica, l’immenso stabilimento costruito a ridosso di due popolosi quartieri di Taranto nel 1995 è stato ceduto al gruppo privato Riva, che in questi anni lo ha riportato a una gestione in profitto.
Oggi produce circa 10 milioni di tonnellate l’anno di acciaio. Per quale ragione si è fatta un’acciaieria nel mezzo di una città?
Non si è pensato all’inquinamento? Una scelta folle, tipica di una stagione «sviluppista» e industrialista in cui non si teneva affatto conto dei problemi della salute e del territorio.
Nel 2010, secondo le perizie del tribunale e le dichiarazioni dell’Ilva, sono state immesse nell’ambiente circostante 4.159 tonnellate di polveri, 11 mila di diossido d’azoto e anidride solforosa, tantissima anidride carbonica, e quantità di arsenico, cromo, cadmio, nichel, diossine, piombo e molti altri materiali. Ma è possibile produrre acciaio in modo meno «sporco»?
Sì: alcune acciaierie in Germania generano emissioni inferiori del 70-90% rispetto all’Ilva. Ovviamente, servono investimenti ingentissimi per adottare tecnologie «pulite». Dunque l’Ilva sono anni che inquina.
Perché la magistratura non è intervenuta prima? Certamente l’azione, scattata il 26 luglio 2012 con il sequestro dell’«area a caldo» dello stabilimento, e proseguita il 26 novembre con quello delle «aree a freddo», è arrivata con grande ritardo. Il problema era noto da anni. Va detto che già nel 2007 i Riva erano stati condannati per violazione delle norme anti-inquinamento. Quali sono le accuse? L’inchiesta è per «disastro ambientale doloso e colposo» a carico dell’Ilva, dei suoi proprietari e dirigenti. Secondo l’ordinanza del 26 luglio, l’azienda ha disperso «sostanze nocive nell’ambiente» provocando «malattia e morte». Pur conoscendo gli effetti delle emissioni, si è continuato a inquinare «con coscienza e volontà per la logica del profitto». Vediamo i numeri ufficiali sulle morti e le malattie a Taranto. I periti nominati della Procura di Taranto calcolano in sette anni un totale di 11.550 morti causati dalle emissioni (in media 1.650 l’anno) soprattutto per cause cardiovascolari e respiratorie e 26.999 ricoveri, soprattutto per cause cardiache, respiratorie, e cerebrovascolari.
Le concentrazioni di agenti inquinanti e la proporzione di decessi e malattie è altissima nei quartieri Tamburi e Borgo, quelli più vicini alla zona industriale. Secondo i dati ufficiali del rapporto «Sentieri» dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2003-2009 Taranto registra (rispetto alla media della Puglia) un +14% di mortalità per gli uomini e un +8% per le donne. La mortalità nel primo anno di vita dei bambini è maggiore del 20%. Forti differenze ci sono anche per tumori e malattie circolatorie, con addirittura un +211% rispetto alla media pugliese per i mesoteliomi della pleura. Insomma l’Ilva fa male, e a volte uccide. L’azienda come risponde? Intanto dice che i dati considerano 30 anni di emissioni, e che già ha agito per ridurle.
Dopo il blitz della Procura, Ilva ha presentato un piano (poi respinto dai magistrati) che prevede investimenti per 400 milioni per l’abbattimento delle polveri e la copertura dei depositi di carbone, ora a cielo aperto. E soprattutto, chiedeva e chiede di continuare la produzione, sia pure in modo ridotto. Ma i giudici hanno detto che produrre significa continuare a inquinare e, dunque, far ammalare la gente.
E la reazione del governo qual è stata? Il governo (come i sindacati e quasi tutti i partiti) vorrebbe evitare la chiusura della fabbrica, che produce un terzo del fabbisogno di acciaio italiano e dà lavoro a 12 mila lavoratori diretti (40 mila con l’indotto).
Il tentativo è stato quello di tenere aperto e produttivo lo stabilimento (come chiede l’Ilva) favorendo il risanamento. Lo strumento che è stato individuato è l’«Aia», l’autorizzazione integrata ambientale.
Cosa prevede l’Aia? Autorizza l’esercizio dell’impianto imponendo all’azienda una serie di interventi nell’arco di tre anni, partendo dalla riduzione della produzione a otto milioni di tonnellate, la copertura dei parchi di carbone, il rifacimento degli altiforni, con una serie di monitoraggi.
Secondo molti esperti effetti concreti sulle emissioni nocive si vedranno solo dal 2015. Si ipotizzano costi per tre miliardi; lo Stato contribuirebbe con circa 330 milioni.
Ma i giudici hanno sequestrato tutte le aree dell’Ilva, e l’azienda ha annunciato la chiusura.
E ora? Ora il governo ha annunciato un decreto legge, che dovrebbe imporre l’esecuzione dell’Aia e degli interventi previsti.
A CURA DI ROBERTO GIOVANNINI Fonte La Stampa.it
Costruita nel 1961 quando l’allora Italsider era un’azienda pubblica, l’immenso stabilimento costruito a ridosso di due popolosi quartieri di Taranto nel 1995 è stato ceduto al gruppo privato Riva, che in questi anni lo ha riportato a una gestione in profitto.
Oggi produce circa 10 milioni di tonnellate l’anno di acciaio. Per quale ragione si è fatta un’acciaieria nel mezzo di una città?
Non si è pensato all’inquinamento? Una scelta folle, tipica di una stagione «sviluppista» e industrialista in cui non si teneva affatto conto dei problemi della salute e del territorio.
Nel 2010, secondo le perizie del tribunale e le dichiarazioni dell’Ilva, sono state immesse nell’ambiente circostante 4.159 tonnellate di polveri, 11 mila di diossido d’azoto e anidride solforosa, tantissima anidride carbonica, e quantità di arsenico, cromo, cadmio, nichel, diossine, piombo e molti altri materiali. Ma è possibile produrre acciaio in modo meno «sporco»?
Sì: alcune acciaierie in Germania generano emissioni inferiori del 70-90% rispetto all’Ilva. Ovviamente, servono investimenti ingentissimi per adottare tecnologie «pulite». Dunque l’Ilva sono anni che inquina.
Perché la magistratura non è intervenuta prima? Certamente l’azione, scattata il 26 luglio 2012 con il sequestro dell’«area a caldo» dello stabilimento, e proseguita il 26 novembre con quello delle «aree a freddo», è arrivata con grande ritardo. Il problema era noto da anni. Va detto che già nel 2007 i Riva erano stati condannati per violazione delle norme anti-inquinamento. Quali sono le accuse? L’inchiesta è per «disastro ambientale doloso e colposo» a carico dell’Ilva, dei suoi proprietari e dirigenti. Secondo l’ordinanza del 26 luglio, l’azienda ha disperso «sostanze nocive nell’ambiente» provocando «malattia e morte». Pur conoscendo gli effetti delle emissioni, si è continuato a inquinare «con coscienza e volontà per la logica del profitto». Vediamo i numeri ufficiali sulle morti e le malattie a Taranto. I periti nominati della Procura di Taranto calcolano in sette anni un totale di 11.550 morti causati dalle emissioni (in media 1.650 l’anno) soprattutto per cause cardiovascolari e respiratorie e 26.999 ricoveri, soprattutto per cause cardiache, respiratorie, e cerebrovascolari.
Le concentrazioni di agenti inquinanti e la proporzione di decessi e malattie è altissima nei quartieri Tamburi e Borgo, quelli più vicini alla zona industriale. Secondo i dati ufficiali del rapporto «Sentieri» dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2003-2009 Taranto registra (rispetto alla media della Puglia) un +14% di mortalità per gli uomini e un +8% per le donne. La mortalità nel primo anno di vita dei bambini è maggiore del 20%. Forti differenze ci sono anche per tumori e malattie circolatorie, con addirittura un +211% rispetto alla media pugliese per i mesoteliomi della pleura. Insomma l’Ilva fa male, e a volte uccide. L’azienda come risponde? Intanto dice che i dati considerano 30 anni di emissioni, e che già ha agito per ridurle.
Dopo il blitz della Procura, Ilva ha presentato un piano (poi respinto dai magistrati) che prevede investimenti per 400 milioni per l’abbattimento delle polveri e la copertura dei depositi di carbone, ora a cielo aperto. E soprattutto, chiedeva e chiede di continuare la produzione, sia pure in modo ridotto. Ma i giudici hanno detto che produrre significa continuare a inquinare e, dunque, far ammalare la gente.
E la reazione del governo qual è stata? Il governo (come i sindacati e quasi tutti i partiti) vorrebbe evitare la chiusura della fabbrica, che produce un terzo del fabbisogno di acciaio italiano e dà lavoro a 12 mila lavoratori diretti (40 mila con l’indotto).
Il tentativo è stato quello di tenere aperto e produttivo lo stabilimento (come chiede l’Ilva) favorendo il risanamento. Lo strumento che è stato individuato è l’«Aia», l’autorizzazione integrata ambientale.
Cosa prevede l’Aia? Autorizza l’esercizio dell’impianto imponendo all’azienda una serie di interventi nell’arco di tre anni, partendo dalla riduzione della produzione a otto milioni di tonnellate, la copertura dei parchi di carbone, il rifacimento degli altiforni, con una serie di monitoraggi.
Secondo molti esperti effetti concreti sulle emissioni nocive si vedranno solo dal 2015. Si ipotizzano costi per tre miliardi; lo Stato contribuirebbe con circa 330 milioni.
Ma i giudici hanno sequestrato tutte le aree dell’Ilva, e l’azienda ha annunciato la chiusura.
E ora? Ora il governo ha annunciato un decreto legge, che dovrebbe imporre l’esecuzione dell’Aia e degli interventi previsti.
A CURA DI ROBERTO GIOVANNINI Fonte La Stampa.it