lunedì 12 novembre 2012
La tela della vita
Tutte le cose sono collegate, come il sangue che unisce una famiglia. Qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra. Non è stato l’uomo a tessere la tela della vita, egli ne è soltanto un filo. Qualunque cosa egli faccia alla tela, lo fa a se stesso.
Capriolo Zoppo
LE TERRE DEI NATIVI AMERICANI
LE TERRE DEI NATIVI AMERICANI
LA MONUMENT VALLEY, UTAH
ARCHES NATIONAL PARK, UTAH
BADLANDS NATIONAL PARK, SOUTH DAKOTA
IL CANYON DE CHELLY, ARIZONA
VILLAGGIO INDIANO NELLA MESA VERDE
IL CHACO CULTURE NATIONAL HISTORIC PARK, NEW MEXICO
ANTELOPE CANYON, ARIZONA
IL BRYCE CANYON NATIONAL PARK, UTAH
LA MONUMENT VALLEY, UTAH
ARCHES NATIONAL PARK, UTAH
BADLANDS NATIONAL PARK, SOUTH DAKOTA
IL CANYON DE CHELLY, ARIZONA
VILLAGGIO INDIANO NELLA MESA VERDE
IL CHACO CULTURE NATIONAL HISTORIC PARK, NEW MEXICO
ANTELOPE CANYON, ARIZONA
IL BRYCE CANYON NATIONAL PARK, UTAH
La strada della vita
Quando la strada alle tue spalle è più lunga di quella che hai davanti, vedi una cosa che non avevi mai visto prima: la via che hai percorso non era dritta ma piena di bivi, ad ogni passo c'era una freccia che indicava una direzione diversa; da lì si dipartiva un viottolo, da là una stradina erbosa che si perdeva nei boschi. Qualcuna di queste deviazioni l'hai imboccata senza accorgertene, qualcun'altra non l'avevi neanche vista; quelle che hai trascurato non sai dove ti avrebbero condotto, se in un posto migliore o peggiore; non lo sai ma ugualmente provi rimpianto. Potevi fare una cosa e non l'hai fatta, sei tornato indietro invece di andare avanti. Il gioco dell'oca, te lo ricordi? La vita procede pressappoco allo stesso modo. Lungo i bivi della tua strada incontri le altre vite, conoscerle o non conoscerle, viverle o non viverle a fondo o lasciarle perdere dipende soltanto dalla scelta che fai in un attimo; anche se non lo sai, tra proseguire dritto o deviare spesso si gioca la tua esistenza, quella di chi ti sta vicino.
Susanna Tamaro
Susanna Tamaro
CASE FAMIGLIA: I BAMBINI CHI LI PROTEGGE?? - Video Dailymotion
CASE FAMIGLIA: I BAMBINI CHI LI PROTEGGE?? - Video Dailymotion
Clicca qui
Video intervista alla mamma del bambino di Cittadella
INAUDITOOOOOOOOO che a un bambino si debba RESETTARE !!!!! il cervello
che si voglia cancellargli il suo passato
INAUDITO che non si permetta a questa creatura di mangiare una fetta di torta mandatagli dalla nonna
Questa è una casa famiglia o un lager nazista?????
Chiedo a chi lo guarda ovunque si trovi di pubblicarlo il più possibile
Ridiano a questo bimbo la libertà la sua dignità e il suo bel mondo di fanciullo
un sentito grazie
Clicca qui
Video intervista alla mamma del bambino di Cittadella
INAUDITOOOOOOOOO che a un bambino si debba RESETTARE !!!!! il cervello
che si voglia cancellargli il suo passato
INAUDITO che non si permetta a questa creatura di mangiare una fetta di torta mandatagli dalla nonna
Questa è una casa famiglia o un lager nazista?????
Chiedo a chi lo guarda ovunque si trovi di pubblicarlo il più possibile
Ridiano a questo bimbo la libertà la sua dignità e il suo bel mondo di fanciullo
un sentito grazie
L'eucalipto arcobaleno
l’Eucalyptus deglupta, meglio conosciuto come Rainbow Eucalyptus, ovvero Eucalipto Arcobaleno, chiamato così per il suo tronco dai colori dell’arcobaleno.
Il tronco di questo Eucalipto, che cresce nelle Filippine, nelle Hawaii e in Indonesia, si caratterizza per essere colorato esattamente come se fosse un arcobaleno, e in modo naturale: mano a mano che cresce, infatti, la corteccia di questo albero si sfalda naturalmente portando alla luce gli strati sottostanti del legno che, con il passare del tempo, dal verde originario assumono colorazioni particolari come il viola, l’arancio, il giallo e il blu.
L’esfoliazione del tronco avviene in maniera graduale, per cui la pianta cambia sempre aspetto. E’ un albero decisamente imponente, e può arrivare fino a 70 metri di altezza con oltre due metri di diametro, ma nonostante la sua bellezza è ben poco valorizzato: nelle zone di origine viene utilizzato soprattutto per ricavare la polpa di legno, ovvero per fare la carta e non per le sue caratteristiche ornamentali.
Dal punto di vista botanico, l’Eucalipto Arcobaleno è un tipico albero tropicale, che non sopporta il freddo intenso e che ama l’umidità delle foreste tropicali e, per questo, è facile trovarlo lungo le rive dei fiumi, differenziandosi, in questo caso, dalla maggior parte degli Eucalipti che invece non amano l’umidità. Sono favorevoli, perciò, le esposizioni soleggiate e necessita di avere a disposizione molto acqua, in modo da crescere velocemente e da mantenere la sua vegetazione tutto l’anno, e, in situazioni climatiche adatte, l’Eucalipto Arcobaleno è anche in grado di produrre dei vaporosi fiori bianchi.
Colorare le città
Balat Istanbul
Burano Veneto
Notting Hill Londra
Manarola Liguria
Willemstad, sull'isola di Curaçao, nelle Antille Olandesi
Valparaiso, in Cile
Burano Veneto
Notting Hill Londra
Manarola Liguria
Willemstad, sull'isola di Curaçao, nelle Antille Olandesi
Valparaiso, in Cile
Le statistiche
I politici usano le statistiche come un ubriaco usa i lampioni: non per la luce, ma per il sostegno.
Il peso di una lacrima
Quanto pesa una lacrima? Secondo: la lacrima di un bambino capriccioso pesa meno del vento, quella di un bambino affamato pesa più di tutta la terra.
(Gianni Rodari)
Gli ORBS
Orbs (fenomeno)
Orbs è un termine di lingua inglese che definisce un effetto ottico risultante in piccole sfere (somiglianti a globi di luce) che talvolta appaiono nelle immagini fotografiche o nei filmati pur non corrispondendo ad oggetti visibili ad occhio nudo.
Su questi oggetti si sono avanzate numerose spiegazioni più o meno fantasiose, tanto da dare vita ad una serie di teorie.
Le ipotesi di carattere paranormale più note sulla natura di questo fenomeno sono le seguenti:
Secondo alcuni sostenitori del paranormale (tra cui Andreas Müller, autore di "Kornkreise-Geometrie, Phänomene, Forschung") gli Orbs sarebbero legati ad un altro fenomeno, quello dei cerchi nel grano o "crop circles".
Lo stesso Müller dice di nutrire dubbi su cosa possano rappresentare queste sfere di luce e sostiene che la gran parte delle loro apparizioni sia dovuta solo agli effetti del flash o all'improprio funzionamento di alcune apparecchiature fotografiche.
Secondo un'altra teoria paranormale, diffusa soprattutto tra gli spiritisti nordamericani che seguono le teorie dell'australiano Wyatt, si tratterebbe di spiriti che decidono di mostrarsi.
Sempre secondo Wyatt alcuni sarebbero capaci di individuare gli orbs ad occhio nudo poiché questi potrebbero essere in grado di decidere se e da chi farsi notare.
Il fenomeno tuttavia, spogliato del suo alone mistico, è attribuibile a cause fisiche molto più banali.
Gli orb non sono altro che oggetti fuori fuoco, e la loro forma circolare è dovuta ai riflessi del sistema di lenti delle fotocamere specie quelle digitali compatte, mentre con il sistema di lenti delle fotocamere reflex, molto più sofisticato, gli orb appaiono con maggiore difficoltà. Nessun tipo di fotocamera (digitale o meno) è totalmente immune al fenomeno.
Un gran numero di foto di "orbs" condividono alcune caratteristiche comuni: essere scattate con macchine fotografiche digitali compatte essere scattate in un ambiente buio essere scattate con l'uso del flash essere scattate in ambienti con polvere o particelle liquide in sospensione non visibili ad occhio nudo
La luce intensa emessa dal flash colpisce le particelle nell'aria (pulviscolo, pollini, pioggia), che hanno forma assimilabile ad una sfera. I raggi luminosi emessi dalla lampada colpiscono la superficie esterna delle particelle sul lato orientato verso l'apparecchio fotografico, e ne riflettono una grossa parte allargandone l'area secondo un cono in cui ogni raggio ha un angolo di riflessione pari al doppio dell'angolo tra il raggio incidente e la normale alla superficie della particella. Poiché si tratta nella maggior parte dei casi di scatti piuttosto scuri, l'intenso riflesso generato dalle particelle colpite dal flash risalta sulle aree buie delle fotografie, dando l'impressione di un oggetto luminoso fluttuante nel nulla. I bagliori appaiono più chiari al centro e più colorati all'esterno, per via dello scattering. Questi "orbs" hanno spesso bordi frastagliati, dovuti alle minuscole asperità sulla superficie delle particelle, e se filmati (sempre con l'ausilio di una sorgente luminosa) appaiono in movimento per i naturali spostamenti d'aria dell'ambiente o per i movimento generati dai flussi caldi emessi dalla sorgente luminosa. L'aspetto evanescente è dato dal fatto che il pulviscolo o le gocce in sospensione sono molto vicine all'obiettivo e per questo non sono a fuoco e si muovono.
Orbs è un termine di lingua inglese che definisce un effetto ottico risultante in piccole sfere (somiglianti a globi di luce) che talvolta appaiono nelle immagini fotografiche o nei filmati pur non corrispondendo ad oggetti visibili ad occhio nudo.
Su questi oggetti si sono avanzate numerose spiegazioni più o meno fantasiose, tanto da dare vita ad una serie di teorie.
Le ipotesi di carattere paranormale più note sulla natura di questo fenomeno sono le seguenti:
Secondo alcuni sostenitori del paranormale (tra cui Andreas Müller, autore di "Kornkreise-Geometrie, Phänomene, Forschung") gli Orbs sarebbero legati ad un altro fenomeno, quello dei cerchi nel grano o "crop circles".
Lo stesso Müller dice di nutrire dubbi su cosa possano rappresentare queste sfere di luce e sostiene che la gran parte delle loro apparizioni sia dovuta solo agli effetti del flash o all'improprio funzionamento di alcune apparecchiature fotografiche.
Secondo un'altra teoria paranormale, diffusa soprattutto tra gli spiritisti nordamericani che seguono le teorie dell'australiano Wyatt, si tratterebbe di spiriti che decidono di mostrarsi.
Sempre secondo Wyatt alcuni sarebbero capaci di individuare gli orbs ad occhio nudo poiché questi potrebbero essere in grado di decidere se e da chi farsi notare.
Il fenomeno tuttavia, spogliato del suo alone mistico, è attribuibile a cause fisiche molto più banali.
Gli orb non sono altro che oggetti fuori fuoco, e la loro forma circolare è dovuta ai riflessi del sistema di lenti delle fotocamere specie quelle digitali compatte, mentre con il sistema di lenti delle fotocamere reflex, molto più sofisticato, gli orb appaiono con maggiore difficoltà. Nessun tipo di fotocamera (digitale o meno) è totalmente immune al fenomeno.
Un gran numero di foto di "orbs" condividono alcune caratteristiche comuni: essere scattate con macchine fotografiche digitali compatte essere scattate in un ambiente buio essere scattate con l'uso del flash essere scattate in ambienti con polvere o particelle liquide in sospensione non visibili ad occhio nudo
La luce intensa emessa dal flash colpisce le particelle nell'aria (pulviscolo, pollini, pioggia), che hanno forma assimilabile ad una sfera. I raggi luminosi emessi dalla lampada colpiscono la superficie esterna delle particelle sul lato orientato verso l'apparecchio fotografico, e ne riflettono una grossa parte allargandone l'area secondo un cono in cui ogni raggio ha un angolo di riflessione pari al doppio dell'angolo tra il raggio incidente e la normale alla superficie della particella. Poiché si tratta nella maggior parte dei casi di scatti piuttosto scuri, l'intenso riflesso generato dalle particelle colpite dal flash risalta sulle aree buie delle fotografie, dando l'impressione di un oggetto luminoso fluttuante nel nulla. I bagliori appaiono più chiari al centro e più colorati all'esterno, per via dello scattering. Questi "orbs" hanno spesso bordi frastagliati, dovuti alle minuscole asperità sulla superficie delle particelle, e se filmati (sempre con l'ausilio di una sorgente luminosa) appaiono in movimento per i naturali spostamenti d'aria dell'ambiente o per i movimento generati dai flussi caldi emessi dalla sorgente luminosa. L'aspetto evanescente è dato dal fatto che il pulviscolo o le gocce in sospensione sono molto vicine all'obiettivo e per questo non sono a fuoco e si muovono.
Italia, tomba della biodiversità.
Il 12 Ottobre a Livorno un cacciatore con tanto di tesserino e porto d’armi spara e uccide un magnifico esemplare di Ibis Eremita, ferendone gravemente altri due.
In Toscana gli Ibis Eremita neri, animali estinti in Europa e oggetto di un progetto di reintroduzione, sono bersaglio della caccia illegale.
In una conferenza stampa mercoledì 17 ottobre il presidente della LIPU Flavio Mamone Capria ha divulgato i risultati delle indagini: è stato identificato il cacciatore quarantenne che ha sparato, che sostiene di non avere riconosciuto gli ibis, sebbene la loro silhouette sia inconfondibile considerato che l’appostamento del cacciatore prevedeva di sparare alle beccacce, animali totalmente differenti.
In Toscana gli Ibis Eremita neri, animali estinti in Europa e oggetto di un progetto di reintroduzione, sono bersaglio della caccia illegale.
In una conferenza stampa mercoledì 17 ottobre il presidente della LIPU Flavio Mamone Capria ha divulgato i risultati delle indagini: è stato identificato il cacciatore quarantenne che ha sparato, che sostiene di non avere riconosciuto gli ibis, sebbene la loro silhouette sia inconfondibile considerato che l’appostamento del cacciatore prevedeva di sparare alle beccacce, animali totalmente differenti.
Anche l’Europarlamentare Andrea Zanoni condanna l’abbattimento degli Ibis Eremita provenienti dall’Austria e diretti nell’oasi WWF della Laguna di Orbetello (Toscana). “L’Italia non deve diventare la pietra tombale delle specie protette e rare di tutta Europa”
“L’abbattimento a fucilate di due Ibis eremita nel cielo della Toscana vanifica il lavoro di equipe specializzate che comporta sforzi economici molto importanti, per la ripresa e la conservazione di questa specie, compresa la capacità di percorrere le antiche rotte migratorie”.
Il progetto di recupero e reintroduzione in Italia degli Ibis Eremita si chiama “Waldrappteam”. I Geronticus eremita sono una specie di Ibis ormai estinta in Europa e inserita nella lista rossa dell’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN). “Ecco quindi che in Austria la migrazione di questi uccelli viene addirittura assistita con l’ausilio di piccoli veicoli aerei e radiocollari, mentre in Italia i cacciatori gli sparano con le loro doppiette”, incalza Zanoni, che lo scorso febbraio aveva denunciato questi abbattimenti (19 esemplari scomparsi nel 2009 e 10 nel 2011 alla Commissione Europea con un’apposita interrogazione.
“L’Europa non può tollerare oltre questa situazione – conclude l’eurodeputato – E’ arrivata l’ora di finirla con questa mattanza spregiudicata di uccelli in via d’estinzione, l’Italia non deve diventare la tomba delle specie protette e rare di tutta Europa”.
“L’abbattimento a fucilate di due Ibis eremita nel cielo della Toscana vanifica il lavoro di equipe specializzate che comporta sforzi economici molto importanti, per la ripresa e la conservazione di questa specie, compresa la capacità di percorrere le antiche rotte migratorie”.
Il progetto di recupero e reintroduzione in Italia degli Ibis Eremita si chiama “Waldrappteam”. I Geronticus eremita sono una specie di Ibis ormai estinta in Europa e inserita nella lista rossa dell’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN). “Ecco quindi che in Austria la migrazione di questi uccelli viene addirittura assistita con l’ausilio di piccoli veicoli aerei e radiocollari, mentre in Italia i cacciatori gli sparano con le loro doppiette”, incalza Zanoni, che lo scorso febbraio aveva denunciato questi abbattimenti (19 esemplari scomparsi nel 2009 e 10 nel 2011 alla Commissione Europea con un’apposita interrogazione.
“L’Europa non può tollerare oltre questa situazione – conclude l’eurodeputato – E’ arrivata l’ora di finirla con questa mattanza spregiudicata di uccelli in via d’estinzione, l’Italia non deve diventare la tomba delle specie protette e rare di tutta Europa”.
Cosa fare per appoggiare le migrazioni dei pennuti e con esse la salvaguardia della biodiversità? Appoggiare la LIPU per appoggiare la sua azione politica per criminalizzare in modo più equo gli autori di simili crimini. Come? Iscrivendosi (www.lipu.it) o visitando i suoi eccellenti rifugi come il CRUMA di Livorno o il Rifugio di Vicchio, portando loro aiuto in varie forme: ore di volontariato, attrezzature, sostegno finanziario e morale. E naturalmente denunciando laddove si assiste ad atti di bracconaggio o violenza di ogni genere sui nostri amici pennuti e non solo.
L’articolo uscito su Repubblica corredato di foto
Rio Tinto- Spagna
ll Tinto è un fiume del sud-ovest della Spagna, che ha origine nelle montagne della Sierra Morena in Andalusia.
Segue generalmente un corso sud/sud-ovest, raggiungendo il Golfo di Cadice presso la città di Huelva. Il Tinto si distingue per presentare un'elevata acidità delle sue acque (pH 2.2), ed una profonda tonalità rossastra, causata dal ferro disciolto.
L'acidità porta a gravi problemi ambientali a causa delle concentrazioni di metalli pesanti nel fiume.
Río Tinto: le miniere e il fiume Le miniere di Río Tinto producono rame, argento, oro, zolfo e altri minerali da almeno 5 mila anni. Il fiume, che passa accanto alle miniere, ha un nome significativo:
“Fiume Colorato”. Infatti, come suggerisce questo nome, il Río Tinto ha un colore rosso profondo, grazie all’alta concentrazione di metalli pesanti presenti nelle sue acque.
Secondo una leggenda, queste sarebbero le fiabesche miniere del Re Salomone e una parte di quest’area è ancora oggi conosciuta con il nome di
Cerro Salomón.
Per un certo periodo le miniere furono abbandonate, ma il governo spagnolo ha ripristinato la loro attività nel 1724.
Segue generalmente un corso sud/sud-ovest, raggiungendo il Golfo di Cadice presso la città di Huelva. Il Tinto si distingue per presentare un'elevata acidità delle sue acque (pH 2.2), ed una profonda tonalità rossastra, causata dal ferro disciolto.
L'acidità porta a gravi problemi ambientali a causa delle concentrazioni di metalli pesanti nel fiume.
Río Tinto: le miniere e il fiume Le miniere di Río Tinto producono rame, argento, oro, zolfo e altri minerali da almeno 5 mila anni. Il fiume, che passa accanto alle miniere, ha un nome significativo:
“Fiume Colorato”. Infatti, come suggerisce questo nome, il Río Tinto ha un colore rosso profondo, grazie all’alta concentrazione di metalli pesanti presenti nelle sue acque.
Secondo una leggenda, queste sarebbero le fiabesche miniere del Re Salomone e una parte di quest’area è ancora oggi conosciuta con il nome di
Cerro Salomón.
Per un certo periodo le miniere furono abbandonate, ma il governo spagnolo ha ripristinato la loro attività nel 1724.
El Cid
El Cid Campeador
Il suo nome era Rodrigo Diaz conte di Bivar, meglio conosciuto come El Cid Campeador.
La leggenda e letteratura poi, lo dipinsero come uomo gentile, marito amorevole e un ottimo padre di famiglia, un cavaliere coraggioso e fedele al suo paese.
La Storia, ci racconta invece qualcosa di diverso.
Era un mercenario che combatteva sia per i mori che per i cristiani.
Senza scrupoli, senza principi disposto a tutto per raggiungere fama e gloria. Rodrigo nacque, intorno al 1040 d.C., a Bivar un paesino vicino a Burgos nel regno di Castiglia.
La sua era una famiglia della piccola nobiltà castigliana.
Crebbe alla corte del Re di Castiglia servendone il figlio,Sancho. Ebbe dunque una buona educazione, come si usava per i figli della nobiltà.
Il nome El Cid Campeador,composto da due parti: El Cid, datogli dagli arabi, significa “Il signore” Campeador, “Il campione”, invece, gli venne dato dagli spagnoli dopo la vittoria in duello con un nemico.
Questo a dimostrazione che egli godeva del rispetto e dell’ammirazione sia degli spagnoli degli arabi. Ferdinando I°, alla sua morte avvenuta nel 1065, divise il suo regno fra i suoi figli.
Prevedibili i contrasti fra i fratelli Sancho II,° essendo il maggiore, si considerava il vero erede al trono e cercò quindi di riunificare il regno, anche usando la forza.
El Cid, era ancora agli ordini di Sancho II° e divenne, a soli 23 anni, capo dell’esercito castigliano, con questo grado, prese parte alla guerra fratricida. Sancho II°, dopo aver conquistato la Galizia e il Leon, mandò suo fratello Alfonso in esilio a Toledo.
Tolse la città di Tora alla sorella Elvira e cominciò la battaglia per per riavere la città di Zamora all’altra sorella Urraca. Era il 1072 quando Sancho II°, ormai vicino alla riunificazione del regno venne ucciso da un soldato di Urraca.
A succedere a Sancho venne chiamato il fratello Alfonso arrivò in Castiglia guardato con sospetto dai castigliani. Poichè in molti pensavano che fosse coinvolto nel assassinio del fratello. I rapporti tra il nuovo monarca ed El Cid, non erano idilliaci.
Alfonso VI° temeva che volesse spodestarlo per diventare il nuovo monarca della Castiglia. Alfonso quindi agì d'astuzia lo legò alla casa regnante dandogli in sposa la nipote Jimena. nell’anno 1074 d.C. Alla prima occasione, però, Alfonso lo spedì in esilio. Non è chiara la ragione di questa espulsione forse una falsa accusa di furto di denaro della stato. Oppure per una spedizione militare, non autorizzata, contro Granada.
Fatto sta che nel 1081 Rodrigo Diaz si ritrovò solo e senza un padrone. La sua carriera di mercenario iniziò allora servendo al miglior offerente,quale che fosse la religione di appartenenza. Negli anni successivi servì Mu’tamin, monarca arabo della città di Zaragossa.
Anche questi furono anni di successi militari che fecero accrescere notevolmente la gloria di El Cid.
Nel 1086 nella battaglia di Sagrajas Alfonso VI°, venne sconfitto dagli arabi. Richiamò così El Cid dall’esilio, ma ormai i rapporti tra i due erano compromessi e presto si giunse ad una nuova rottura.
Libero da qualsiasi vincolo,con un suo esercito personale, composto da cristiani e arabi.
Attaccò il Conte di Barcellona Berenguer Ramòn II sconfiggendolo.
Nel 1092, a seguito dell’assassinio di al-Qadir, monarca locale,a Valencia ci fu una rivolta.
El Cid cercò subito di approfittare della situazione. La battaglia di Valencia fu lunga e cruenta e solo nel Maggio del 1094 la città si arrese. Ufficialmente El Cid governò per conto di Alfonso VI, ma di fatto, ebbe una larga autonomia e nei suoi atti governò come un vero e proprio monarca.
Il suo regno durò fino alla sua morte avvenuta il 10 Luglio 1099 ed il suo corpo trasportato a Burgos e sepolto nella locale cattedrale.
Il suo nome era Rodrigo Diaz conte di Bivar, meglio conosciuto come El Cid Campeador.
La leggenda e letteratura poi, lo dipinsero come uomo gentile, marito amorevole e un ottimo padre di famiglia, un cavaliere coraggioso e fedele al suo paese.
La Storia, ci racconta invece qualcosa di diverso.
Era un mercenario che combatteva sia per i mori che per i cristiani.
Senza scrupoli, senza principi disposto a tutto per raggiungere fama e gloria. Rodrigo nacque, intorno al 1040 d.C., a Bivar un paesino vicino a Burgos nel regno di Castiglia.
La sua era una famiglia della piccola nobiltà castigliana.
Crebbe alla corte del Re di Castiglia servendone il figlio,Sancho. Ebbe dunque una buona educazione, come si usava per i figli della nobiltà.
Il nome El Cid Campeador,composto da due parti: El Cid, datogli dagli arabi, significa “Il signore” Campeador, “Il campione”, invece, gli venne dato dagli spagnoli dopo la vittoria in duello con un nemico.
Questo a dimostrazione che egli godeva del rispetto e dell’ammirazione sia degli spagnoli degli arabi. Ferdinando I°, alla sua morte avvenuta nel 1065, divise il suo regno fra i suoi figli.
Prevedibili i contrasti fra i fratelli Sancho II,° essendo il maggiore, si considerava il vero erede al trono e cercò quindi di riunificare il regno, anche usando la forza.
El Cid, era ancora agli ordini di Sancho II° e divenne, a soli 23 anni, capo dell’esercito castigliano, con questo grado, prese parte alla guerra fratricida. Sancho II°, dopo aver conquistato la Galizia e il Leon, mandò suo fratello Alfonso in esilio a Toledo.
Tolse la città di Tora alla sorella Elvira e cominciò la battaglia per per riavere la città di Zamora all’altra sorella Urraca. Era il 1072 quando Sancho II°, ormai vicino alla riunificazione del regno venne ucciso da un soldato di Urraca.
A succedere a Sancho venne chiamato il fratello Alfonso arrivò in Castiglia guardato con sospetto dai castigliani. Poichè in molti pensavano che fosse coinvolto nel assassinio del fratello. I rapporti tra il nuovo monarca ed El Cid, non erano idilliaci.
Alfonso VI° temeva che volesse spodestarlo per diventare il nuovo monarca della Castiglia. Alfonso quindi agì d'astuzia lo legò alla casa regnante dandogli in sposa la nipote Jimena. nell’anno 1074 d.C. Alla prima occasione, però, Alfonso lo spedì in esilio. Non è chiara la ragione di questa espulsione forse una falsa accusa di furto di denaro della stato. Oppure per una spedizione militare, non autorizzata, contro Granada.
Fatto sta che nel 1081 Rodrigo Diaz si ritrovò solo e senza un padrone. La sua carriera di mercenario iniziò allora servendo al miglior offerente,quale che fosse la religione di appartenenza. Negli anni successivi servì Mu’tamin, monarca arabo della città di Zaragossa.
Anche questi furono anni di successi militari che fecero accrescere notevolmente la gloria di El Cid.
Nel 1086 nella battaglia di Sagrajas Alfonso VI°, venne sconfitto dagli arabi. Richiamò così El Cid dall’esilio, ma ormai i rapporti tra i due erano compromessi e presto si giunse ad una nuova rottura.
Libero da qualsiasi vincolo,con un suo esercito personale, composto da cristiani e arabi.
Attaccò il Conte di Barcellona Berenguer Ramòn II sconfiggendolo.
Nel 1092, a seguito dell’assassinio di al-Qadir, monarca locale,a Valencia ci fu una rivolta.
El Cid cercò subito di approfittare della situazione. La battaglia di Valencia fu lunga e cruenta e solo nel Maggio del 1094 la città si arrese. Ufficialmente El Cid governò per conto di Alfonso VI, ma di fatto, ebbe una larga autonomia e nei suoi atti governò come un vero e proprio monarca.
Il suo regno durò fino alla sua morte avvenuta il 10 Luglio 1099 ed il suo corpo trasportato a Burgos e sepolto nella locale cattedrale.
Il mistero di Tunguska
Prima un grande squarcio nel cielo e un'enorme palla di fuoco che sovrasta la foresta, poi uno straordinario calore e una fragorosa esplosione, come se migliaia di cannoni sparassero all’unisono le loro palle di piombo. È così che un testimone oculare, Semen Semenov, descrisse quanto accadde alle 7:15 del mattino del 30 giugno 1908 vicino al fiume Podkamennaya Tunguska, in piena taiga siberiana.
L' Evento di Tunguska è oggi tanto famoso da comparire anche sui libri di scuola (almeno quelli russi). Eppure, dopo più di cento anni, ancora non è chiaro cosa avvenne per davvero. La spiegazione più accreditata è che quel giorno un corpo celeste - una cometa o un meteorite - che viaggiava in direzione della Terra a una decina di chilometri al secondo, sia esploso a circa 8 mila metri dalla superficie del nostro pianeta. L'esplosione rilasciò un'energia pari a circa 10 megatoni di Tnt (mille volte la bomba di Hiroshima) e un'onda d'urto che distrusse 2.200 chilometri quadrati di foresta abbattendo oltre 60 milioni di alberi. Il boato venne udito a centinaia di chilometri di distanza, in Europa la notte restò luminosa per diversi giorni: secondo alcune testimonianze, in Inghilterra si poteva leggere il giornale a mezzanotte senza bisogno di lampadine.
Tuttavia, un po' per la posizione isolata, un po' per gli sconvolgimenti politici che animavano la Russia in quegli anni, la devastazione della foresta, abitata per lo più dalla popolazione nomade degli Evenki, non venne scoperta fino al 1927. Quell'anno una spedizione dell' Accademia sovietica delle scienze coordinata dal mineralogista Leonid Alekseyevich Kulik arrivò sul luogo e, ammutolita dal desolante spettacolo della taiga distrutta, scattò fotografie, raccolse campioni e cercò indizi utili a capire cosa fosse successo. Per decine di anni Kulik esaminò il territorio alla ricerca di tracce di un eventuale impatto, ma senza successo. Organizzò anche una ricognizione aerea, che tuttavia non riportò niente di anomalo. L'assenza di certezze ha lasciato spazio nel corso degli anni al fiorire delle più svariate teorie: si è parlato di mini buchi neri, di esperimenti di creazione di antimateria sfuggiti al controllo in chissà quale laboratorio sotterraneo, di basi aliene (persino due puntate della famosa serie di X-files sono state dedicate al mistero di Tunguska). Tutte ipotesi senza fondamento. Tranne una: quella dell'esplosione di un corpo celeste, l'unica presa in seria considerazione dagli scienziati e oggetto di centinaia di studi. Per molti anni il responsabile di tanta devastazione è stato identificato in un meteorite, ma ultimamente ha acquistato credito anche l’idea che sia trattato di una cometa.
Nel 2009, infatti, alcuni ricercatori hanno mostrato che le notti lucenti dovute alle nubi di vapor acqueo rilasciate nella mesosfera durante le partenze degli Space Shuttle erano paragonabili a quelle osservate dopo l'esplosione. Anche le nubi di allora, insomma, potrebbero essere state provocate da grandi quantità di vapore acqueo negli strati alti dell'atmosfera, come quello rilasciato da una cometa durante la sua caduta. A confermare la teoria di un corpo celeste sono anche gli studi di un gruppo di ricerca del Dipartimento di fisica dell'Università di Bologna che da vent'anni – il primo studio risale al 1991 ed è pubblicato su Astronomy and Astrophysics - organizza spedizioni per raccogliere dati e campioni e studiare l'evento sul luogo. Sforzi che hanno dato risultati importanti: gli studiosi dell'ateneo emiliano avrebbero identificato nel lago Cheko, a circa otto chilometri dall'epicentro, il luogo dell'impatto con uno dei mini frammenti del corpo celeste generatisi dopo l’esplosione.
Tuttavia, un po' per la posizione isolata, un po' per gli sconvolgimenti politici che animavano la Russia in quegli anni, la devastazione della foresta, abitata per lo più dalla popolazione nomade degli Evenki, non venne scoperta fino al 1927. Quell'anno una spedizione dell' Accademia sovietica delle scienze coordinata dal mineralogista Leonid Alekseyevich Kulik arrivò sul luogo e, ammutolita dal desolante spettacolo della taiga distrutta, scattò fotografie, raccolse campioni e cercò indizi utili a capire cosa fosse successo. Per decine di anni Kulik esaminò il territorio alla ricerca di tracce di un eventuale impatto, ma senza successo. Organizzò anche una ricognizione aerea, che tuttavia non riportò niente di anomalo. L'assenza di certezze ha lasciato spazio nel corso degli anni al fiorire delle più svariate teorie: si è parlato di mini buchi neri, di esperimenti di creazione di antimateria sfuggiti al controllo in chissà quale laboratorio sotterraneo, di basi aliene (persino due puntate della famosa serie di X-files sono state dedicate al mistero di Tunguska). Tutte ipotesi senza fondamento. Tranne una: quella dell'esplosione di un corpo celeste, l'unica presa in seria considerazione dagli scienziati e oggetto di centinaia di studi. Per molti anni il responsabile di tanta devastazione è stato identificato in un meteorite, ma ultimamente ha acquistato credito anche l’idea che sia trattato di una cometa.
Nel 2009, infatti, alcuni ricercatori hanno mostrato che le notti lucenti dovute alle nubi di vapor acqueo rilasciate nella mesosfera durante le partenze degli Space Shuttle erano paragonabili a quelle osservate dopo l'esplosione. Anche le nubi di allora, insomma, potrebbero essere state provocate da grandi quantità di vapore acqueo negli strati alti dell'atmosfera, come quello rilasciato da una cometa durante la sua caduta. A confermare la teoria di un corpo celeste sono anche gli studi di un gruppo di ricerca del Dipartimento di fisica dell'Università di Bologna che da vent'anni – il primo studio risale al 1991 ed è pubblicato su Astronomy and Astrophysics - organizza spedizioni per raccogliere dati e campioni e studiare l'evento sul luogo. Sforzi che hanno dato risultati importanti: gli studiosi dell'ateneo emiliano avrebbero identificato nel lago Cheko, a circa otto chilometri dall'epicentro, il luogo dell'impatto con uno dei mini frammenti del corpo celeste generatisi dopo l’esplosione.
E TUTTI I SALMI FINISCONO IN GLORIA........
Borsellino, nuova ipotesi dell'uomo dei 'servizi segreti'
di Maurizio Zoppi 19 luglio 2012.
C’è una nuova ipotesi investigativa per “l’uomo dei servizi” che si aggirava attorno alla macchina devastata del giudice Borsellino esattamente 20 anni fa in via D’Amelio.
Lo rivela il giornalista e scrittore Nicola Biondo con un articolo sul sito di Beppe Grillo. L’uomo di mezza età, vestito elegantemente ha lasciato traccia in alcune testimonianze dei poliziotti accorsi in via D’Amelio.
“Oggi la Procura di Caltanissetta – riporta il blog che pubblica anche un fotogramma con l’immagine dell’uomo su cui si sta indagando – è convinta di averlo individuato.
L’uomo appare in due fotogrammi agli atti dell’inchiesta: da mesi sono sotto la lente di ingrandimento degli investigatori.
Ha un’età apparente tra i 40 e i 50 anni, fortemente stempiato, vestito elegantemente-completo spezzato, giacca blu e pantalone chiaro. La procura siciliana che indaga sulle stragi del ’92 ne ha individuato il volto e sta provando a dargli un nome e un cognome”.
L’ipotesi investigativa “è che si tratti di un fiduciario dei servizi, un contractor slegato da una ufficiale appartenenza agli apparati di sicurezza”.
Alla individuazione i magistrati nisseni sono arrivati attraverso una revisione di tutto il materiale fotografico e filmato della strage.
Il nodo è questo: diversi poliziotti hanno testimoniato sulla presenza di un uomo, ben vestito, che si aggirava tra i rottami ancora in fiamme delle auto e che si qualificava come “uno dei servizi” quando veniva fermato.
Un poliziotto disse a verbale: “Non riesco a ricordare se mi abbia chiesto qualcosa in merito alla borsa o se io l’ho visto con la borsa in mano.
Di sicuro ho chiesto chi fosse per essere interessato alla borsa del giudice, e lui mi ha risposto di appartenere ai servizi”.
L’allora deputato Ayala ha ricostruito in modi diversi l’episodio che lo vide terminale momentaneo della borsa di Borsellino che avrebbe dovuto contenere la famosa ”agenda rossa” poi risultata mancante.
Tra le tante ha colpito i magistrati questa versione: “Un uomo senza divisa mi diede la borsa. Io la passai al carabiniere in uniforme”.
I magistrati stanno cercando di capire se quell’uomo senza uniforme possa essere il misterioso personaggio su cui ora si sta indagando.
È stata fatta, scrive Biondo, anche una indagine antropometrica. Tutti i personaggi presenti nei filmati e nelle foto sono stati via via individuati. Poche non hanno ancora un nome.
Una di queste è il sedicente uomo dei servizi segreti. “Nessuno dei testimoni – scrive Biondo – riconosce nell’ufficiale dei Cc Giovanni Arcangioli, fotografato con la borsa del giudice in mano, l’uomo in abiti civili che pochi minuti prima agisce come un fantasma sul teatro della strage”.
Arcangioli è stato prosciolto da ogni accusa e l’ipotesi è che ci sia stato un doppio passaggio di mano della borsa del magistrato presa dalla carcassa della Croma fumante.
Arcangioli “sarebbe stato solo un capro espiatorio”.
di Maurizio Zoppi 19 luglio 2012.
C’è una nuova ipotesi investigativa per “l’uomo dei servizi” che si aggirava attorno alla macchina devastata del giudice Borsellino esattamente 20 anni fa in via D’Amelio.
Lo rivela il giornalista e scrittore Nicola Biondo con un articolo sul sito di Beppe Grillo. L’uomo di mezza età, vestito elegantemente ha lasciato traccia in alcune testimonianze dei poliziotti accorsi in via D’Amelio.
“Oggi la Procura di Caltanissetta – riporta il blog che pubblica anche un fotogramma con l’immagine dell’uomo su cui si sta indagando – è convinta di averlo individuato.
L’uomo appare in due fotogrammi agli atti dell’inchiesta: da mesi sono sotto la lente di ingrandimento degli investigatori.
Ha un’età apparente tra i 40 e i 50 anni, fortemente stempiato, vestito elegantemente-completo spezzato, giacca blu e pantalone chiaro. La procura siciliana che indaga sulle stragi del ’92 ne ha individuato il volto e sta provando a dargli un nome e un cognome”.
L’ipotesi investigativa “è che si tratti di un fiduciario dei servizi, un contractor slegato da una ufficiale appartenenza agli apparati di sicurezza”.
Alla individuazione i magistrati nisseni sono arrivati attraverso una revisione di tutto il materiale fotografico e filmato della strage.
Il nodo è questo: diversi poliziotti hanno testimoniato sulla presenza di un uomo, ben vestito, che si aggirava tra i rottami ancora in fiamme delle auto e che si qualificava come “uno dei servizi” quando veniva fermato.
Un poliziotto disse a verbale: “Non riesco a ricordare se mi abbia chiesto qualcosa in merito alla borsa o se io l’ho visto con la borsa in mano.
Di sicuro ho chiesto chi fosse per essere interessato alla borsa del giudice, e lui mi ha risposto di appartenere ai servizi”.
L’allora deputato Ayala ha ricostruito in modi diversi l’episodio che lo vide terminale momentaneo della borsa di Borsellino che avrebbe dovuto contenere la famosa ”agenda rossa” poi risultata mancante.
Tra le tante ha colpito i magistrati questa versione: “Un uomo senza divisa mi diede la borsa. Io la passai al carabiniere in uniforme”.
I magistrati stanno cercando di capire se quell’uomo senza uniforme possa essere il misterioso personaggio su cui ora si sta indagando.
È stata fatta, scrive Biondo, anche una indagine antropometrica. Tutti i personaggi presenti nei filmati e nelle foto sono stati via via individuati. Poche non hanno ancora un nome.
Una di queste è il sedicente uomo dei servizi segreti. “Nessuno dei testimoni – scrive Biondo – riconosce nell’ufficiale dei Cc Giovanni Arcangioli, fotografato con la borsa del giudice in mano, l’uomo in abiti civili che pochi minuti prima agisce come un fantasma sul teatro della strage”.
Arcangioli è stato prosciolto da ogni accusa e l’ipotesi è che ci sia stato un doppio passaggio di mano della borsa del magistrato presa dalla carcassa della Croma fumante.
Arcangioli “sarebbe stato solo un capro espiatorio”.
MALTA
Templi megalitici di Malta.
A Malta e a Gozo esistono sette templi megalitici il più antico dei quali risale al 5000 a.C.
Nel mondo i più antichi templi autoportanti si trovano a Ggantija, sull'isola di Gozo, che è pure importante per la sua gigantesca struttura dell'età del bronzo.
Sull'isola di Malta, l'Hagar Qim (decorato da animali e dee scolpiti nella selce e nell'ossidiana).
I templi di Mnajdra e di Tarxien sono capolavori unici dell'architettura.
I complessi di Ta'Hagrat e di Skorba dimostrano come sia stata tramandata la tradizione della costruzione dei templi a Malta.
Ġgantija
I templi di Ggantija a Xaghra, Gozo, rappresentano uno dei siti più importanti al mondo e risalgono al 3600-3200 a.C.
A causa delle dimensioni gigantesche dei megaliti, nei secoli passati, alcune persone del posto ritenevano che i templi fossero opera dei giganti.
Il sito particolare di Gozo conferma questa antica leggenda: il suo nome, Ggantija, significa gigante in maltese.
Il complesso megalitico di Ggantija è formato da due templi circondati da un massiccio muro di confine in comune, costruito usando alternativamente mattoni di punta e mattoni di piano, con alcuni dei megaliti che superano la lunghezza di 5 metri e il peso di 50 tonnellate.
Costruito con blocchi grezzi di calcare corallino, ciascun tempio contiene cinque absidi collegate da un corridoio centrale che conduce alla sezione trilobata più interna.
Ħagar Qim
Il tempio di Hagar Qim (3600-3200 a.C.) si innalza sulla cima di un colle che guarda il mare e l'isoletta di Fifla.
Il tempio è costituito da un edificio unico, sebbene non sia chiaro se in origine fosse una struttura a quattro o cinque absidi.
Altre rovine si innalzano ad alcuni metri di distanza dal tempio principale e lo spazio antistante e la facciata seguono il disegno tipico dei templi sull'isola. Di particolare rilievo sono gli ortostati più grandi agli angoli, i quali sono dentellati per incastrare la seconda fila orizzontale soprastante di pietre..
Vari reperti interessanti sono stati portati alla luce a Hagar Qim, in particolare un altare a colonna decorato, due mense da altare ed alcune statuette della "signora grassa" in mostra al Museo Nazionale di Archeologia.
Mnajdra
Mnajdra si adagia protetta in una cavità delle scogliere della costa meridionale di Malta.
Questo luogo è probabilmente il più suggestivo dei templi maltesi, poiché si trova in posizione isolata in una zona costiera accidentata che domina dall'alto l'isola di Fifla.
Mnajdra è un sito complesso, formato da tre templi che dominano dall'alto uno spazio ovale. Il primo e il più antico risale al 3600-3200 a.C., mentre il terzo ed il più imponente, fu costruito tra il 3150-2500 a.C. Forse è il più bello di quelli conservatisi sull'isola.
Qui l'arte muraria mostra la conoscenza di tecniche di costruzione ed eccellente esecuzione. Il tempio di mezzo fu costruito per ultimo e fu inserito tra gli altri due, posti ad un livello più alto.
Il tempio inferiore ha un particolare allineamento astronomico e agli Equinozi (20 marzo e 22 settembre) i raggi del sole passano strategicamente attraverso delle zone precise del tempio.
Templi di Skorba
A Skorba si trovano i resti di due templi, lasciati intatti nelle prime due fasi degli scavi archeologici avvenuti all'inizio del 19° e del 20° secolo.
Tra il 3600 e il 3200 a.C, a Skorba fu costruito un tempio tipico a tre absidi, in sostituzione di un villaggio abitato sin dal 5000-4300 a.C.
Tra il 3150 e il 2500 a.C. venne aggiunto un secondo tempio verso est, trovato ancor più in rovina, costituito da quattro absidi e da una nicchia centrale.
Skorba era abitato ben prima della costruzione dei templi e la prima struttura identificata risale al 5000-4300 a.C. Due stanze si trovano nel campo ad est e risalgono al 4400-4100 a.C. L'irregolarità dei pavimenti e l'assenza di focolari sembrano escludere un uso domestico.
Il gruppo di statuette trovato nella stanza a settentrione, invece, indica che l'edificio aveva un uso religioso.
Templi di Ta' Ħaġrat
I due templi di Ta' Hagrat, risalenti al 3600-3200 a.C., sono tra gli edifici religiosi di Malta più antichi e meglio conservati.
Il maggiore risale al 3600-3200 a.C. e il minore risale al 3300-3000. L'abbondanza di oggetti in terracotta trovati in questo luogo conferma l'ipotesi che i due templi sorgessero in cima ad un villaggio precedente
I reperti del luogo includono una scoperta straordinaria: un modellino di edificio in calcare.
Il tempio più grande si trova al centro di un ampio spiazzo a forma semicircolare e l'imponente facciata e il suo monumentale portale d'entrata furono ricostruiti nel 1937. Due gradini portano all'entrata principale, quindi ad un corridoio fiancheggiato da enormi montanti in pietra calcarea corallina. Il corridoio è ricoperto da blocchi di pietra posati con grande precisione.
Templi di Tarxien
I templi di Tarxien, risalenti al 3600-2500 a.C., sono costituiti da quattro strutture megalitiche e rappresentano il sito di templi più complesso a Malta. Essi sono famosi per i dettagli dei loro intagli, che includono animali domestici scolpiti in rilievo, altari e paraventi decorati con motivi a spirale ed altri disegni.
Di particolare importanza è la camera ricavata nello spessore della parete tra i due templi, quello a sud e quello centrale, con il famoso rilievo raffigurante due tori ed una scrofa.
Si ritiene che il luogo fosse ampiamente usato per i riti che probabilmente includevano il sacrificio di animali.
Tarxien è di grande interesse anche perché permette di farsi un'idea di come avveniva la costruzione dei templi: all'esterno del Tempio Sud si trovano abbandonate alcune pietre cilindriche che probabilmente servivano per il trasporto dei megaliti. Inoltre, sono stati trovati residui di cremazioni al centro del Tempio Sud, il che indica che il luogo fu riutilizzato nell'età del bronzo come cimitero delle ceneri.
A Malta e a Gozo esistono sette templi megalitici il più antico dei quali risale al 5000 a.C.
Nel mondo i più antichi templi autoportanti si trovano a Ggantija, sull'isola di Gozo, che è pure importante per la sua gigantesca struttura dell'età del bronzo.
Sull'isola di Malta, l'Hagar Qim (decorato da animali e dee scolpiti nella selce e nell'ossidiana).
I templi di Mnajdra e di Tarxien sono capolavori unici dell'architettura.
I complessi di Ta'Hagrat e di Skorba dimostrano come sia stata tramandata la tradizione della costruzione dei templi a Malta.
Ġgantija
I templi di Ggantija a Xaghra, Gozo, rappresentano uno dei siti più importanti al mondo e risalgono al 3600-3200 a.C.
A causa delle dimensioni gigantesche dei megaliti, nei secoli passati, alcune persone del posto ritenevano che i templi fossero opera dei giganti.
Il sito particolare di Gozo conferma questa antica leggenda: il suo nome, Ggantija, significa gigante in maltese.
Il complesso megalitico di Ggantija è formato da due templi circondati da un massiccio muro di confine in comune, costruito usando alternativamente mattoni di punta e mattoni di piano, con alcuni dei megaliti che superano la lunghezza di 5 metri e il peso di 50 tonnellate.
Costruito con blocchi grezzi di calcare corallino, ciascun tempio contiene cinque absidi collegate da un corridoio centrale che conduce alla sezione trilobata più interna.
Ħagar Qim
Il tempio di Hagar Qim (3600-3200 a.C.) si innalza sulla cima di un colle che guarda il mare e l'isoletta di Fifla.
Il tempio è costituito da un edificio unico, sebbene non sia chiaro se in origine fosse una struttura a quattro o cinque absidi.
Altre rovine si innalzano ad alcuni metri di distanza dal tempio principale e lo spazio antistante e la facciata seguono il disegno tipico dei templi sull'isola. Di particolare rilievo sono gli ortostati più grandi agli angoli, i quali sono dentellati per incastrare la seconda fila orizzontale soprastante di pietre..
Vari reperti interessanti sono stati portati alla luce a Hagar Qim, in particolare un altare a colonna decorato, due mense da altare ed alcune statuette della "signora grassa" in mostra al Museo Nazionale di Archeologia.
Mnajdra
Mnajdra si adagia protetta in una cavità delle scogliere della costa meridionale di Malta.
Questo luogo è probabilmente il più suggestivo dei templi maltesi, poiché si trova in posizione isolata in una zona costiera accidentata che domina dall'alto l'isola di Fifla.
Mnajdra è un sito complesso, formato da tre templi che dominano dall'alto uno spazio ovale. Il primo e il più antico risale al 3600-3200 a.C., mentre il terzo ed il più imponente, fu costruito tra il 3150-2500 a.C. Forse è il più bello di quelli conservatisi sull'isola.
Qui l'arte muraria mostra la conoscenza di tecniche di costruzione ed eccellente esecuzione. Il tempio di mezzo fu costruito per ultimo e fu inserito tra gli altri due, posti ad un livello più alto.
Il tempio inferiore ha un particolare allineamento astronomico e agli Equinozi (20 marzo e 22 settembre) i raggi del sole passano strategicamente attraverso delle zone precise del tempio.
Templi di Skorba
A Skorba si trovano i resti di due templi, lasciati intatti nelle prime due fasi degli scavi archeologici avvenuti all'inizio del 19° e del 20° secolo.
Tra il 3600 e il 3200 a.C, a Skorba fu costruito un tempio tipico a tre absidi, in sostituzione di un villaggio abitato sin dal 5000-4300 a.C.
Tra il 3150 e il 2500 a.C. venne aggiunto un secondo tempio verso est, trovato ancor più in rovina, costituito da quattro absidi e da una nicchia centrale.
Skorba era abitato ben prima della costruzione dei templi e la prima struttura identificata risale al 5000-4300 a.C. Due stanze si trovano nel campo ad est e risalgono al 4400-4100 a.C. L'irregolarità dei pavimenti e l'assenza di focolari sembrano escludere un uso domestico.
Il gruppo di statuette trovato nella stanza a settentrione, invece, indica che l'edificio aveva un uso religioso.
Templi di Ta' Ħaġrat
I due templi di Ta' Hagrat, risalenti al 3600-3200 a.C., sono tra gli edifici religiosi di Malta più antichi e meglio conservati.
Il maggiore risale al 3600-3200 a.C. e il minore risale al 3300-3000. L'abbondanza di oggetti in terracotta trovati in questo luogo conferma l'ipotesi che i due templi sorgessero in cima ad un villaggio precedente
I reperti del luogo includono una scoperta straordinaria: un modellino di edificio in calcare.
Il tempio più grande si trova al centro di un ampio spiazzo a forma semicircolare e l'imponente facciata e il suo monumentale portale d'entrata furono ricostruiti nel 1937. Due gradini portano all'entrata principale, quindi ad un corridoio fiancheggiato da enormi montanti in pietra calcarea corallina. Il corridoio è ricoperto da blocchi di pietra posati con grande precisione.
Templi di Tarxien
I templi di Tarxien, risalenti al 3600-2500 a.C., sono costituiti da quattro strutture megalitiche e rappresentano il sito di templi più complesso a Malta. Essi sono famosi per i dettagli dei loro intagli, che includono animali domestici scolpiti in rilievo, altari e paraventi decorati con motivi a spirale ed altri disegni.
Di particolare importanza è la camera ricavata nello spessore della parete tra i due templi, quello a sud e quello centrale, con il famoso rilievo raffigurante due tori ed una scrofa.
Si ritiene che il luogo fosse ampiamente usato per i riti che probabilmente includevano il sacrificio di animali.
Tarxien è di grande interesse anche perché permette di farsi un'idea di come avveniva la costruzione dei templi: all'esterno del Tempio Sud si trovano abbandonate alcune pietre cilindriche che probabilmente servivano per il trasporto dei megaliti. Inoltre, sono stati trovati residui di cremazioni al centro del Tempio Sud, il che indica che il luogo fu riutilizzato nell'età del bronzo come cimitero delle ceneri.