lunedì 5 novembre 2012
Europa
Europa non viene dall’Europa.
Sembra una contraddizione in termini, invece non lo è. Nel mondo antico Europa era una fanciulla mitologica della Fenicia di cui s’era invaghito Zeus, che per possederla le si era avvicinato sotto le sembianze di toro, l’aveva rapita e portata nell’isola di Creta. Europa, quindi, proveniva di fatto dal Vicino Oriente. Da qui prende l’abbrivio lo storico di Francoforte Harmut Leppin, raccontando quanto l’Europa antica sia l’esito di una cultura della mescolanza che solo nel Medioevo prende forma insieme all’idea di uno spazio comune.
Ed eredita la sua identità dal passato identificando tre nodi: la libertà, l’impero e la vera fede.
Seguendo l’evolversi di questi tre caratteri, è illustrato il formarsi dell’identità politica e culturale dell’Europa.
L’idea greca di libertà politica precorre quella di libertà individuale; l’impero sovra regionale romano è visto come strumento di pace e prosperità; la fede cristiana è infine sia il fattore di crescita umana sia il possibile vettore di intolleranza e violenza.
Tutti tratti smaccatamente europei.
Da -L'eredità del mondo antico di Harmut Leppin,
Sembra una contraddizione in termini, invece non lo è. Nel mondo antico Europa era una fanciulla mitologica della Fenicia di cui s’era invaghito Zeus, che per possederla le si era avvicinato sotto le sembianze di toro, l’aveva rapita e portata nell’isola di Creta. Europa, quindi, proveniva di fatto dal Vicino Oriente. Da qui prende l’abbrivio lo storico di Francoforte Harmut Leppin, raccontando quanto l’Europa antica sia l’esito di una cultura della mescolanza che solo nel Medioevo prende forma insieme all’idea di uno spazio comune.
Ed eredita la sua identità dal passato identificando tre nodi: la libertà, l’impero e la vera fede.
Seguendo l’evolversi di questi tre caratteri, è illustrato il formarsi dell’identità politica e culturale dell’Europa.
L’idea greca di libertà politica precorre quella di libertà individuale; l’impero sovra regionale romano è visto come strumento di pace e prosperità; la fede cristiana è infine sia il fattore di crescita umana sia il possibile vettore di intolleranza e violenza.
Tutti tratti smaccatamente europei.
Da -L'eredità del mondo antico di Harmut Leppin,
Chi vincerà???
Supporto per Romney tra gli elettori degli Stati Uniti in Israele
Espatriati americani in Israele tifano fortemente il candidato repubblicano Mitt Romney, secondo un sondaggio.
Mentre gli ebrei americani hanno a lungo sostenuto candidati presidenziali democratici, gli immigrati americani nello stato ebraico sono fermamente repubblicani.
Obama non va bene per Israele, non va bene per gli ebrei, non va bene per l'America."
I primi gesti verso il mondo musulmano hanno sollevato preoccupazioni in Israele, con la sua decisione di escludere Israele in un discorso di riferimento nel vicino Egitto del 2009.
Da allora, si è scontrato con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu su una varietà di questioni delicate.
Romney,è l'uomo che meglio accoglierà gli interessi e le cause di Israele.
Espatriati americani in Israele tifano fortemente il candidato repubblicano Mitt Romney, secondo un sondaggio.
Mentre gli ebrei americani hanno a lungo sostenuto candidati presidenziali democratici, gli immigrati americani nello stato ebraico sono fermamente repubblicani.
Obama non va bene per Israele, non va bene per gli ebrei, non va bene per l'America."
I primi gesti verso il mondo musulmano hanno sollevato preoccupazioni in Israele, con la sua decisione di escludere Israele in un discorso di riferimento nel vicino Egitto del 2009.
Da allora, si è scontrato con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu su una varietà di questioni delicate.
Romney,è l'uomo che meglio accoglierà gli interessi e le cause di Israele.
Le alternative naturali ai deodoranti per ambiente
A nessuno piacciono i cattivi odori che si possono diffondere in casa, ma le soluzioni chimiche a questo inconveniente potrebbero rivelarsi peggiori del problema. Molti deodoranti per ambienti - i cosiddetti "air freshener" ma anche alcuni tipi di candele profumate, bastoncini d'incenso o diffusori di aromi - contengono sostanze chimiche dannose per la salute: tra le più pericolose da segnalare troviamo gli ftalati, che in alcuni studi su roditori hanno mostrato di creare problemi a fegato, reni e allo sviluppo delle ghiandole sessuali; benzene e formaldeide, che sono stati correlati a rischio di danni neurologici e cancro; e composti organici volatili irritanti per naso, occhi e gola che possono causare mal di testa e nausea, nonché aggravare le condizioni di salute degli asmatici. Molte di queste sostanze semplicemente coprono gli odori, ma non li neutralizzano o, peggio, si depositano temporaneamente nelle nostre cavità nasali alterando la percezione olfattiva.
Come fare, quindi, per avere una casa profumata ma attenta alla salute dei suoi abitanti e dell'ambiente? Innanzi tutto, al momento dell'acquisto consultate attentamente l'etichetta. La dicitura "naturale" non implica che il prodotto sia al 100% privo di componenti chimiche dannose. Inoltre, esistono comunque valide alternative innocue per l'organismo, ecosostenibili e altrettanto piacevoli.
Aprite la finestra Sembrerà banale adesso, ma fatelo a metà dicembre, con il termometro pericolosamente vicino allo zero! Bastano pochi minuti per far "respirare" la casa (ma non esagerate, o ci rimetterete in spese sul riscaldamento). In caso di odori pungenti e sgradevoli, un metodo efficace è disseminare nei punti critici piccoli contenitori di bicarbonato di sodio o aceto; mezzo limone cancella le zaffate sgradevoli di frigoriferi e lavastoviglie, mentre per neutralizzare le fragranze di cibo stagnanti basterà immergere chiodi di garofano e cannella in una casseruola con acqua tiepida. Staccate la spina Togliendo dalla corrente i diffusori per aromi ricaverete anche il piacevole effetto collaterale di risparmiare energia. Create in casa il vostro deodorante per ambienti personalizzato riempiendo una bottiglia spray riciclata con acqua distillata e qualche goccia di olio essenziale ricavato senza pesticidi, agli agrumi o all'eucalipto. Le bucce di arancia, mandarino o pompelmo lasciate nel locale che intendete profumare sono un'altra valida soluzione che non delude mai. Aromatiche e fiori secchi I classici sacchetti riempiti di lavanda (ma anche, per esempio, timo, rosmarino, salvia e petali di rosa) diffonderanno un aroma delicato in tutta casa, ma se preferite avere a che fare con vegetali vivi allenate il vostro pollice verde: le piante domestiche migliorano significativamente la qualità dell'aria che respiriamo assorbendo anidride carbonica e tossine
Fonte: Focus.it
Aprite la finestra Sembrerà banale adesso, ma fatelo a metà dicembre, con il termometro pericolosamente vicino allo zero! Bastano pochi minuti per far "respirare" la casa (ma non esagerate, o ci rimetterete in spese sul riscaldamento). In caso di odori pungenti e sgradevoli, un metodo efficace è disseminare nei punti critici piccoli contenitori di bicarbonato di sodio o aceto; mezzo limone cancella le zaffate sgradevoli di frigoriferi e lavastoviglie, mentre per neutralizzare le fragranze di cibo stagnanti basterà immergere chiodi di garofano e cannella in una casseruola con acqua tiepida. Staccate la spina Togliendo dalla corrente i diffusori per aromi ricaverete anche il piacevole effetto collaterale di risparmiare energia. Create in casa il vostro deodorante per ambienti personalizzato riempiendo una bottiglia spray riciclata con acqua distillata e qualche goccia di olio essenziale ricavato senza pesticidi, agli agrumi o all'eucalipto. Le bucce di arancia, mandarino o pompelmo lasciate nel locale che intendete profumare sono un'altra valida soluzione che non delude mai. Aromatiche e fiori secchi I classici sacchetti riempiti di lavanda (ma anche, per esempio, timo, rosmarino, salvia e petali di rosa) diffonderanno un aroma delicato in tutta casa, ma se preferite avere a che fare con vegetali vivi allenate il vostro pollice verde: le piante domestiche migliorano significativamente la qualità dell'aria che respiriamo assorbendo anidride carbonica e tossine
Fonte: Focus.it
Succedeva 400 anni fa
Guy Fawkes era membro di un gruppo di cospiratori cattolici inglesi che tentarono di assassinare con un'esplosione il re Giacomo I d'Inghilterra e tutti i membri del Parlamento inglese riuniti nella Camera dei Lord per l'apertura delle sessioni parlamentari.
Era precisamente il 5 novembre 1605, il complotto fu scoperto da Thomas Knyvet, un soldato del re, e i 36 barili di polvere da sparo furono disinnescati prima che potessero compiere danni.
Fu chiamata la congiura delle polveri,ideata nel maggio 1604 da Robert Catesby,
Nel marzo 1604 i cospiratori, tramite Thomas Percy, presero in affitto una cantina sottostante al Parlamento; Fawkes aiutò a riempire la stanza con polvere da sparo che fu nascosta sotto suppellettili varie. Si stima che i 36 barili contenessero 2500 kg di polvere.
Attorno alla mezzanotte del 5 novembre 1605, Fawkes,fu scoperto e arrestato nella cantina da un drappello di uomini armati guidati da Sir Thomas Knevytt. In possesso di Fawkes furono trovati un orologio, fiammiferi e carta per l'accensione.
Fu un processo sommario, in cui le sentenze erano già state predeterminate, si tenne il 27 gennaio 1606. Il 31 gennaio, Fawkes, Wintour, e altre persone implicate nella cospirazione furono portate all'Old Palace Yard a Westminster, dove furono, nell'ordine, prima impiccati, poi squartati ed infine decapitati, secondo la prassi denominata, appunto, "Hanged, drawn and quartered". Tra i condannati fu anche il prete gesuita Henry Garnet.
Geometria sacra
Esistono delle regole che fanno evolvere l'Universo di cui siamo parte integrante.
Quasi tutte le tradizioni sacre, compresa quella dei Veda, insistevano sull’esistenza di un ordine nascosto in grado di unificare tutti gli aspetti dell’Universo,
Quasi tutte le tradizioni sacre, compresa quella dei Veda, insistevano sull’esistenza di un ordine nascosto in grado di unificare tutti gli aspetti dell’Universo,
Una gigantesca piramide sul fondo del Triangolo delle Bermuda - I resti della leggendaria civiltà di Atlantide?
Il Triangolo delle Bermuda è uno dei luoghi più misteriosi, pericolosi e, talvolta, mortali di tutto il pianeta Terra. Per decenni, intrepidi esploratori hanno cercato di risolvere l’enigma che si cela dietro i misteriosi fenomeni generati in questa particolare zona del pianeta.
Lo stesso Cristoforo Colombo registra nei suoi diari strani fenomeni luminosi e malfunzionamenti della bussola. Si racconta di bizzarri eventi metereologici, sparizioni di navi e di aerei e di altri accadimenti enigmatici che non possono essere liquidati come fenomeni naturali.
Alcuni ricercatori indipendenti, sono convinti che i misteriosi fenomeni del Triangolo delle Bermuda siano causati da una qualche tecnologia antica – o aliena – sommersa nelle profondità dell’Oceano Atlantico, un dispositivo ad altissima energia in grado di creare dei veri e propri portali spazio-temporali capaci di trasportare uomini e cose verso altri mondi e altre dimensioni.
Ora un team composto da esploratori americani e francesi ha confermato, in maniera indipendente, una scoperta incredibile che ai ricercatori è già nota dal 1968: una strutture gigantesca, una piramide di cristallo, forse più grande della Piramide di Cheope in Egitto, parzialmente trasparente, sembra poggiare sul fondo del Mar dei Caraibi e la sua origine, età e scopo sono del tutto sconosciute.
La lunghezza della base della piramide è di 300 metri per 200 e il vertice della piramide si innalza a circa 100 metri dalla base. Una struttura gigantesca, forse più grande della Grande Piramide di Cheope in Egitto. Sulla cima della piramide ci sono due fori molto grandi, attraverso i quali l’acqua del mare si muoverebbe ad alta velocità generando dei vortici che influenzano fortemente anche la superficie del mare. I ricercatori impegnati sul luogo ipotizzano che questo movimento vorticoso di acque possa avere qualche effetto sul passaggio di barche e aerei, generando quell’alone di mistero che circonda l’area. Per quanto riguarda il materiale di composizione, dai risultati preliminari sembrerebbe che questa struttura sia fatta di vetro o di un simil-vetro (cristallo?), in quanto risulta completamente liscia e parzialmente traslucida. Comunque, per maggiori dettagli, i ricercatori rimandano ad uno studio più approfondito che offrirà risultati che al momento è difficile immaginare. Una scoperta o una ri-scoperta? In effetti, quella fatta dal team internazionale non è una scoperta ex-novo, ma una conferma di una scoperta avvenuta, quasi per caso, negli anni ’60. Secondo le cronache del tempo, la piramide fu individuata per la prima volta nel 1968 da un medico, Ray Brown, Arizona. Brown si trovava in vacanza nei Caraibi a fare immersioni con i suoi amici al largo delle Bahamas, in una zona conosciuta come “La Lingua dell’Oceano“, a causa della bizzarra conformazione del fondale marino. Nel bel mezzo di una immersione, il dott. Brown raccontò di essersi ritrovato solo e mentre tentava di raggiungere i suoi amici, guardando verso il basso, notò una massiccia struttura innalzarsi dal fondo dell’oceano: un oggetto lievemente illuminato dal sole e che sembrava avere la forma di una piramide. Siccome era a corto d’aria, non spese molto tempo a studiare l’oggetto, ma si diresse verso i suoi amici. Successivamente, nell’estate del 1991, il famoso oceanografo dott. Verlag Meyer, durante una conferenza stampa a Freeport fece una dichiarazione alquanto misteriosa. Meyer comunicò che durante una scansione con il sonar del fondale del famoso “Triangolo delle Bermuda”, il suo team trovo ben due piramidi gigantesche, più grandi delle Piramidi di Giza, ad una profondità di 600 metri.
Ma il fatto più sconcertante furono le dichiarazioni degli scienziati dell’epoca i quali, una volta osservati i dati e fatte le dovute considerazioni, affermarono che la tecnologia per produrre il materiale di costruzione delle piramidi era sconosciuta. Infatti, si trattava di un elemento simile al vetro di grosso spessore. Quindi le ipotesi erano due: o le piramidi erano state costruite in tempi recenti – circa mezzo secolo fa – con un qualche materiale di ultima generazione, oppure, se si vogliono collocarle in un tempo più remoto, bisogna ipotizzare che non sia di origine umana. Poche notizie, imprecise e frammentate Certo che se la notizia dovesse essere confermata anche dai media “ufficiali”, non c’è dubbio che ci troviamo di fronte ad una scoperta sensazionale. Secondo il sito che ha lanciato la notizia, in Florida si è tenuta una conferenza di approfondimento al quale hanno anche partecipato i giornalisti locali. Eppure, al momento, aleggia una sorta di alone di segretezza o di studiato disinteresse. Sebbene la scoperta abbia sconvolto gli scienziati di tutto il mondo, pare che nessuno si stia affannando per organizzare una spedizione esplorativa di approfondimento. La vicenda è molto simile a quella dell’UFO sul fondo del Baltico, nella quale gli scopritori del misterioso oggetto hanno dovuto penare non poco per trovare i fondi e organizzare una missione esplorativa privata. La posizione ufficiale dell’archeologia classica sembra essere quella di un sarcastico scetticismo, teso a ridicolizzare la scoperta di queste amenità. Eppure non è la prima volta che si scoprirebbe una piramide sottomarina. Basti pensare alle piramidi di Yonaguni, Giappone, scoperte nel 1987, quando alcuni subacquei si immersero nelle acque a sud dell’isola per studiare la grande popolazione di squali martello che si radunano nella zona. Fu il giapponese Kihachiro Aratake, nel corso di queste immersioni, che scoprì per caso quella che gli sembrò una struttura architettonica, una parte della quale è stretta tra due pilastri che si innalzano a otto metri dalla superficie. Nel suo insieme, le strutture rinvenute richiamano le piramidi egiziane.
Da allora molti sono gli scienziati che hanno studiato il fenomeno, malgrado la presenza di forti correnti oceaniche, che rendono proibitive le immersioni. I fondali marini contengono quelle che sembrano essere le rovine di una civiltà formatasi alla fine dell’era glaciale. Sono state rinvenute tracce di flora, fauna e stalattiti che si formano abitualmente solo in superficie. La loro somiglianza con altri reperti del mondo antico ha portato qualcuno a teorizzare che potrebbero essere i resti di un’antica civiltà risalente a 10.000 anni fa. Altre analisi indicano che l’origine della struttura, che misura 120 m in lunghezza, 40 m in ampiezza e 20–25 m in altezza, possa risalire ad 8.000 anni fa. Bisogna anche ricordare la piramide sommerse del lago Fuxian, in Cina, scoperta nel 2006 da Geng Wei, capo del dipartimento di ricerca di monumenti sottomarini del lago Fuxian a Yuxi e che già aveva scoperto una serie di edifici in questo lago: “Questa piramide è diversa da quelle che si trovano in Egitto dal momento che la sua sommità è piatta. Questo genere di piramide piuttosto ricorda maggiormente gli edifici maya che hanno uno sorta di piattaforma anziche’ una punta”, affermo Wei al momento della scoperta. Chiaramente, se la notizia della scoperta della piramide sul fondo del Triangolo delle Bermuda venisse ufficializzata, le conseguenze sarebbero enormi. Gli archeologi si troverebbero costretti a trovare una spiegazione logico-razionale alla presenza di una piramide di cristallo sul fondo del Mar dei Caraibi. “Che diavolo ci fa una piramide in quel posto? Lì non ci dovrebbe essere nessuna piramide, anzi, non c’è nessuna piramide!”. Ovviamente, il passo successivo sarebbe quello di dover affrontare uno dei temi più scomodi per l’archeologia ufficiale: l’esistenza di Atlantide. La Piramide dei Caraibi potrebbe essere la prova dell’esistenza di un antico continente sprofondato nell’oceano a seguito di un cataclisma di proporzioni globali? E il fatto che ci sia una piramide, struttura presente in ogni sito archeologico del pianeta, potrebbe indicare che in passato, in un’era pre-cataclisma, esisteva una civiltà globale umana evoluta, andata poi perduta a causa di una qualche distruzione globale? Queste domande fanno venire il mal di testa agli archeologi classici. E’ la piramide di cristallo a causare i fenomeni nel Triangolo?
Alcuni ricercatori hanno ipotizzato per anni che sul fondo del Triangolo delle Bermuda vi fosse una fonte di energia capace di interferire con le radiotrasmittenti e i radar. Se la leggendaria Atlantide esisteva davvero, questa piramide potrebbe essere ciò che rimane di una potente macchina capace di produrre energia e che si trova ancora lì, intatta sul fondo dell’Oceano. Tale macchina, essendo di forma piramidale, potrebbe essere il modello storico originale al quale le culture successive si sono ispirate più tardi in tutto il mondo. La piramide è una costruzione scoperta in ogni angolo della Terra: Nord, Centro e Sud America, Est Europeo, Medioriente, Siberia, Cina settentrionale e centrale. Qualcuno ipotizza che ce ne sia una anche sotto i ghiacci del Polo Sud, ma lo spessore del ghiaccio – oltre 1 chilometro – non permette nè conferme, nè smentite. Si può affermare che le piramidi planetarie sono l’indizio più evidente dell’esistenza dell’antico continente di Atlantide. Sull’annoso problema dell’effettiva esistenza di Atlantide, Rich Hoffman, esploratore e ricercatore, consiglia di spolverare la storia dell’archeologo dilettante Heinrich Schliemann, l’uomo che trovò e scavò le famose rovine della città di Troia, nonostante gli storici pensavano fosse solo una leggenda. I ricercatori affermano che questa incredibile macchina energetica potrebbe essere in grano di attrarre e raccogliere i raggi cosmici dal cosiddetto “campo di energia” o “vuoto quantistico“, e che potrebbe essere stata utilizzata come centrale energetica per la civiltà atlantidea (umani in pieno regola, solo più antichi di quanto crediamo!). Un reperto archeologico della mitica Atlantide? Forse la Piramide dei Caraibi non fa parte direttamente del centro di Atlantide, ma di una sua succursale decentrata. Il dott. Maxine Asher, direttore del Research Association Mediterraneo Antico a Los Angeles, in un intervista di qualche anni fa dichiarò di essere “convinto che Atlantide era una super-civiltà globale che esisteva tra il 10.500 e il 10.000 a.C. e che sia stata sopraffatta da una catastrofe globale, forse quella registrata nella Bibbia e conosciuta come il Diluvio Universale di Noè. Se Atlantide è esistita, dunque, probabilmente è da collocarsi alla fine dell’ultima era glaciale. La storia del suo affondamento si riferisce a massicce inondazioni dovute ad un brusco innalzamento delle acque, innescato da uno scioglimento improvviso delle calotte polari. Le ricerche dimostrano che il livello del mare si è innalzato di quasi 400 metri e nessuna tecnologia avanzata avrebbe potuto salvare Atlantide da un simile disastro. Da questo punto di vista, il mistero delle Piramidi sul fondo del mare è risolto. Stiamo semplicemente prendendo atto dei risultati di un evento catastrofico che ha colpito la Terra migliaia di anni fa, generando un rialzamento del livello del mare che ha spazzato via molte civiltà. Gli abissi degli oceani restano la grande frontiera sconosciuta dell’esplorazione umana. Ci troviamo in un momento storico nel quale la scienza conosce più la superficie della Luna che non le profondità degli Oceani, e forse esplorare le profondità dell’Oceano ci aiuterà ad esplorare meglio le profondità del grande mistero dell’Uomo.
Jill Valentine
La lunghezza della base della piramide è di 300 metri per 200 e il vertice della piramide si innalza a circa 100 metri dalla base. Una struttura gigantesca, forse più grande della Grande Piramide di Cheope in Egitto. Sulla cima della piramide ci sono due fori molto grandi, attraverso i quali l’acqua del mare si muoverebbe ad alta velocità generando dei vortici che influenzano fortemente anche la superficie del mare. I ricercatori impegnati sul luogo ipotizzano che questo movimento vorticoso di acque possa avere qualche effetto sul passaggio di barche e aerei, generando quell’alone di mistero che circonda l’area. Per quanto riguarda il materiale di composizione, dai risultati preliminari sembrerebbe che questa struttura sia fatta di vetro o di un simil-vetro (cristallo?), in quanto risulta completamente liscia e parzialmente traslucida. Comunque, per maggiori dettagli, i ricercatori rimandano ad uno studio più approfondito che offrirà risultati che al momento è difficile immaginare. Una scoperta o una ri-scoperta? In effetti, quella fatta dal team internazionale non è una scoperta ex-novo, ma una conferma di una scoperta avvenuta, quasi per caso, negli anni ’60. Secondo le cronache del tempo, la piramide fu individuata per la prima volta nel 1968 da un medico, Ray Brown, Arizona. Brown si trovava in vacanza nei Caraibi a fare immersioni con i suoi amici al largo delle Bahamas, in una zona conosciuta come “La Lingua dell’Oceano“, a causa della bizzarra conformazione del fondale marino. Nel bel mezzo di una immersione, il dott. Brown raccontò di essersi ritrovato solo e mentre tentava di raggiungere i suoi amici, guardando verso il basso, notò una massiccia struttura innalzarsi dal fondo dell’oceano: un oggetto lievemente illuminato dal sole e che sembrava avere la forma di una piramide. Siccome era a corto d’aria, non spese molto tempo a studiare l’oggetto, ma si diresse verso i suoi amici. Successivamente, nell’estate del 1991, il famoso oceanografo dott. Verlag Meyer, durante una conferenza stampa a Freeport fece una dichiarazione alquanto misteriosa. Meyer comunicò che durante una scansione con il sonar del fondale del famoso “Triangolo delle Bermuda”, il suo team trovo ben due piramidi gigantesche, più grandi delle Piramidi di Giza, ad una profondità di 600 metri.
Ma il fatto più sconcertante furono le dichiarazioni degli scienziati dell’epoca i quali, una volta osservati i dati e fatte le dovute considerazioni, affermarono che la tecnologia per produrre il materiale di costruzione delle piramidi era sconosciuta. Infatti, si trattava di un elemento simile al vetro di grosso spessore. Quindi le ipotesi erano due: o le piramidi erano state costruite in tempi recenti – circa mezzo secolo fa – con un qualche materiale di ultima generazione, oppure, se si vogliono collocarle in un tempo più remoto, bisogna ipotizzare che non sia di origine umana. Poche notizie, imprecise e frammentate Certo che se la notizia dovesse essere confermata anche dai media “ufficiali”, non c’è dubbio che ci troviamo di fronte ad una scoperta sensazionale. Secondo il sito che ha lanciato la notizia, in Florida si è tenuta una conferenza di approfondimento al quale hanno anche partecipato i giornalisti locali. Eppure, al momento, aleggia una sorta di alone di segretezza o di studiato disinteresse. Sebbene la scoperta abbia sconvolto gli scienziati di tutto il mondo, pare che nessuno si stia affannando per organizzare una spedizione esplorativa di approfondimento. La vicenda è molto simile a quella dell’UFO sul fondo del Baltico, nella quale gli scopritori del misterioso oggetto hanno dovuto penare non poco per trovare i fondi e organizzare una missione esplorativa privata. La posizione ufficiale dell’archeologia classica sembra essere quella di un sarcastico scetticismo, teso a ridicolizzare la scoperta di queste amenità. Eppure non è la prima volta che si scoprirebbe una piramide sottomarina. Basti pensare alle piramidi di Yonaguni, Giappone, scoperte nel 1987, quando alcuni subacquei si immersero nelle acque a sud dell’isola per studiare la grande popolazione di squali martello che si radunano nella zona. Fu il giapponese Kihachiro Aratake, nel corso di queste immersioni, che scoprì per caso quella che gli sembrò una struttura architettonica, una parte della quale è stretta tra due pilastri che si innalzano a otto metri dalla superficie. Nel suo insieme, le strutture rinvenute richiamano le piramidi egiziane.
Da allora molti sono gli scienziati che hanno studiato il fenomeno, malgrado la presenza di forti correnti oceaniche, che rendono proibitive le immersioni. I fondali marini contengono quelle che sembrano essere le rovine di una civiltà formatasi alla fine dell’era glaciale. Sono state rinvenute tracce di flora, fauna e stalattiti che si formano abitualmente solo in superficie. La loro somiglianza con altri reperti del mondo antico ha portato qualcuno a teorizzare che potrebbero essere i resti di un’antica civiltà risalente a 10.000 anni fa. Altre analisi indicano che l’origine della struttura, che misura 120 m in lunghezza, 40 m in ampiezza e 20–25 m in altezza, possa risalire ad 8.000 anni fa. Bisogna anche ricordare la piramide sommerse del lago Fuxian, in Cina, scoperta nel 2006 da Geng Wei, capo del dipartimento di ricerca di monumenti sottomarini del lago Fuxian a Yuxi e che già aveva scoperto una serie di edifici in questo lago: “Questa piramide è diversa da quelle che si trovano in Egitto dal momento che la sua sommità è piatta. Questo genere di piramide piuttosto ricorda maggiormente gli edifici maya che hanno uno sorta di piattaforma anziche’ una punta”, affermo Wei al momento della scoperta. Chiaramente, se la notizia della scoperta della piramide sul fondo del Triangolo delle Bermuda venisse ufficializzata, le conseguenze sarebbero enormi. Gli archeologi si troverebbero costretti a trovare una spiegazione logico-razionale alla presenza di una piramide di cristallo sul fondo del Mar dei Caraibi. “Che diavolo ci fa una piramide in quel posto? Lì non ci dovrebbe essere nessuna piramide, anzi, non c’è nessuna piramide!”. Ovviamente, il passo successivo sarebbe quello di dover affrontare uno dei temi più scomodi per l’archeologia ufficiale: l’esistenza di Atlantide. La Piramide dei Caraibi potrebbe essere la prova dell’esistenza di un antico continente sprofondato nell’oceano a seguito di un cataclisma di proporzioni globali? E il fatto che ci sia una piramide, struttura presente in ogni sito archeologico del pianeta, potrebbe indicare che in passato, in un’era pre-cataclisma, esisteva una civiltà globale umana evoluta, andata poi perduta a causa di una qualche distruzione globale? Queste domande fanno venire il mal di testa agli archeologi classici. E’ la piramide di cristallo a causare i fenomeni nel Triangolo?
Alcuni ricercatori hanno ipotizzato per anni che sul fondo del Triangolo delle Bermuda vi fosse una fonte di energia capace di interferire con le radiotrasmittenti e i radar. Se la leggendaria Atlantide esisteva davvero, questa piramide potrebbe essere ciò che rimane di una potente macchina capace di produrre energia e che si trova ancora lì, intatta sul fondo dell’Oceano. Tale macchina, essendo di forma piramidale, potrebbe essere il modello storico originale al quale le culture successive si sono ispirate più tardi in tutto il mondo. La piramide è una costruzione scoperta in ogni angolo della Terra: Nord, Centro e Sud America, Est Europeo, Medioriente, Siberia, Cina settentrionale e centrale. Qualcuno ipotizza che ce ne sia una anche sotto i ghiacci del Polo Sud, ma lo spessore del ghiaccio – oltre 1 chilometro – non permette nè conferme, nè smentite. Si può affermare che le piramidi planetarie sono l’indizio più evidente dell’esistenza dell’antico continente di Atlantide. Sull’annoso problema dell’effettiva esistenza di Atlantide, Rich Hoffman, esploratore e ricercatore, consiglia di spolverare la storia dell’archeologo dilettante Heinrich Schliemann, l’uomo che trovò e scavò le famose rovine della città di Troia, nonostante gli storici pensavano fosse solo una leggenda. I ricercatori affermano che questa incredibile macchina energetica potrebbe essere in grano di attrarre e raccogliere i raggi cosmici dal cosiddetto “campo di energia” o “vuoto quantistico“, e che potrebbe essere stata utilizzata come centrale energetica per la civiltà atlantidea (umani in pieno regola, solo più antichi di quanto crediamo!). Un reperto archeologico della mitica Atlantide? Forse la Piramide dei Caraibi non fa parte direttamente del centro di Atlantide, ma di una sua succursale decentrata. Il dott. Maxine Asher, direttore del Research Association Mediterraneo Antico a Los Angeles, in un intervista di qualche anni fa dichiarò di essere “convinto che Atlantide era una super-civiltà globale che esisteva tra il 10.500 e il 10.000 a.C. e che sia stata sopraffatta da una catastrofe globale, forse quella registrata nella Bibbia e conosciuta come il Diluvio Universale di Noè. Se Atlantide è esistita, dunque, probabilmente è da collocarsi alla fine dell’ultima era glaciale. La storia del suo affondamento si riferisce a massicce inondazioni dovute ad un brusco innalzamento delle acque, innescato da uno scioglimento improvviso delle calotte polari. Le ricerche dimostrano che il livello del mare si è innalzato di quasi 400 metri e nessuna tecnologia avanzata avrebbe potuto salvare Atlantide da un simile disastro. Da questo punto di vista, il mistero delle Piramidi sul fondo del mare è risolto. Stiamo semplicemente prendendo atto dei risultati di un evento catastrofico che ha colpito la Terra migliaia di anni fa, generando un rialzamento del livello del mare che ha spazzato via molte civiltà. Gli abissi degli oceani restano la grande frontiera sconosciuta dell’esplorazione umana. Ci troviamo in un momento storico nel quale la scienza conosce più la superficie della Luna che non le profondità degli Oceani, e forse esplorare le profondità dell’Oceano ci aiuterà ad esplorare meglio le profondità del grande mistero dell’Uomo.
Jill Valentine
I bambini sono tali in ogni paese e non ci sono tradizioni che tengano
In molti paesi viene chiamata usanza, cultura, tradizione; in realtà é uno dei peggiori crimini contro l'umanità, che si può racchiudere in una sola parola; PEDOFILIA.
5 Novembre 2012: Yemen, sposata a soli 10 anni; Il padre l'aveva costretta a sposare un uomo di trent'anni quando lei ne aveva solamente nove
Artefici dei problemi della piccola erano suo padre e, udite udite, suo marito che l'aveva sposata a soli 9 anni mentre lui ne aveva 30. E' stata la stessa Nejood, 10 anni, a raccontare la sua triste storia alla tv libanese 'Lbc', spiegando che il suo matrimonio risale a 10 mesi fa, quando aveva solo 9 anni.
'Mio padre mi ha costretto a sposare una persona che non ho visto fino al giorno delle nozze, è stato terrificante...
Le spose bambine islamiche sono 60 milioni e hanno meno di 13 anni.
Le violenze sui bambini, sono un crimine contro l'umanità TUTTA.
Chi le compie, andrebbe RINCHIUSO A VITA; chi vede e chi sa, ma non denuncia, diventa """complice a tutti gli effetti""".
A cura di: Andrea Mavilla.
5 Novembre 2012: Yemen, sposata a soli 10 anni; Il padre l'aveva costretta a sposare un uomo di trent'anni quando lei ne aveva solamente nove
Artefici dei problemi della piccola erano suo padre e, udite udite, suo marito che l'aveva sposata a soli 9 anni mentre lui ne aveva 30. E' stata la stessa Nejood, 10 anni, a raccontare la sua triste storia alla tv libanese 'Lbc', spiegando che il suo matrimonio risale a 10 mesi fa, quando aveva solo 9 anni.
'Mio padre mi ha costretto a sposare una persona che non ho visto fino al giorno delle nozze, è stato terrificante...
Le spose bambine islamiche sono 60 milioni e hanno meno di 13 anni.
Le violenze sui bambini, sono un crimine contro l'umanità TUTTA.
Chi le compie, andrebbe RINCHIUSO A VITA; chi vede e chi sa, ma non denuncia, diventa """complice a tutti gli effetti""".
A cura di: Andrea Mavilla.
Chi me l'ha gufata?
Uccelli del malaugurio, messaggeri dei morti, annunciatori di disgrazie, i gufi sono spesso bollati come menagrami. Ma in realtà gli unici sfortunati sembrano essere loro. Questo gufo delle Filippine (Bubo philippensis), a causa della progressiva distruzione della foresta dell'arcipelago, suo habitat naturale, rischia l'estinzione. Dal 2000 compare come "vulnerabile" nella lista dell’Unione Mondiale per la conservazione della Natura (IUCN).
Elisabetta Intini
Prima di parlare bisogna collegare il cervello
E' evidente che questo sedicente ministro non conosce la patologia della SLA.
Oppure parla per dar aria alla lingua
SLA - Il paziente affetto da SLA perde progressivamente i motoneuroni superiori(corticali) e inferiori (troncoencefalici e spinali), con un decorso del tutto imprevedibile e differente da soggetto a soggetto, con esiti disastrosi per la qualità di vita, oltre che per la sopravvivenza.
Le conseguenze di questa malattia sono la perdita progressiva e irreversibile della normale capacità di deglutizione (disfagia), dell'articolazione della parola (disartria) e del controllo dei muscoli scheletrici, con una paralisi che può avere un'estensione variabile, fino alla compromissione dei muscoli respiratori, alla necessità di ventilazione assistita e quindi alla morte, in genere entro pochi anni.
In ogni caso Il più bel silenzio non fu mai scritto vero signora fornero?
Oppure parla per dar aria alla lingua
SLA - Il paziente affetto da SLA perde progressivamente i motoneuroni superiori(corticali) e inferiori (troncoencefalici e spinali), con un decorso del tutto imprevedibile e differente da soggetto a soggetto, con esiti disastrosi per la qualità di vita, oltre che per la sopravvivenza.
Le conseguenze di questa malattia sono la perdita progressiva e irreversibile della normale capacità di deglutizione (disfagia), dell'articolazione della parola (disartria) e del controllo dei muscoli scheletrici, con una paralisi che può avere un'estensione variabile, fino alla compromissione dei muscoli respiratori, alla necessità di ventilazione assistita e quindi alla morte, in genere entro pochi anni.
In ogni caso Il più bel silenzio non fu mai scritto vero signora fornero?
Il salvataggio all'ultimo respiro di un baby elefante
Come liberare un cucciolo di pachiderma da una buca fangosa scavata nel terreno? Con una fune e un fuoristrada, come si vede in questo video.
Un gruppo di volontari dell'Amboseli Trust for Elephants, in Kenya, ha partecipato al salvataggio di un cucciolo di 8 mesi caduto in un serbatoio d'acqua di un metro e mezzo di diametro scavato dai Masai all'interno dell'Amboseli National Park, all'ombra del Kilimangiaro.
Il piccolo, dell'età di 8 mesi, non riusciva a liberarsi da solo, così il team, dopo aver allontanato la madre con l'aiuto di un Land Rover e di particolari vocalizzi, l'ha assicurato a una fune che è stata legata all'auto. Dopo qualche retromarcia e 30 minuti col fiato sospeso finalmente l'elefantino è stato tratto in salvo. La corsa verso il resto del branco e il ricongiungimento con la madre hanno commosso migliaia di internauti.
Il gatto
LA PREGHIERA DEL GATTO
"Padrone" mio,
non trattarmi quale schiavo
perché c'è in me la voglia di libertà.
Non cercare di indovinare i miei segreti, perché c'è in me il senso del mistero.
Non costringermi alle carezze, perché c'è in me il senso del pudore.
Non umiliarmi, perché c'è in me il senso della fierezza.
Non abbandonarmi, perché c'è in me il senso della fedeltà.
Sappimi amare ed io saprò amarti, perché c'è in me il senso dell'amicizia.
Anonimo francese
Non cercare di indovinare i miei segreti, perché c'è in me il senso del mistero.
Non costringermi alle carezze, perché c'è in me il senso del pudore.
Non umiliarmi, perché c'è in me il senso della fierezza.
Non abbandonarmi, perché c'è in me il senso della fedeltà.
Sappimi amare ed io saprò amarti, perché c'è in me il senso dell'amicizia.
Anonimo francese
La natura e le sue regole ...senza compromessi
Potreste chiedere in cuor vostro:
"Come distingueremo nel piacere ciò che è bene da ciò che non è bene?
" Andate fra i campi e i giardini e imparerete che è piacere dell'ape raccogliere miele dai fiori, ma è anche piacere del fiore cedere miele all'ape.
Per l'ape infatti il fiore è fontana di vita, e per il fiore l'ape è messaggero d'amore, e per entrambi, ape e fiore, dare e ricevere è piacere e necessità ed estasi.
Siate nei vostri piaceri come i fiori e le api.
di - Gibran Kahlil
"Come distingueremo nel piacere ciò che è bene da ciò che non è bene?
" Andate fra i campi e i giardini e imparerete che è piacere dell'ape raccogliere miele dai fiori, ma è anche piacere del fiore cedere miele all'ape.
Per l'ape infatti il fiore è fontana di vita, e per il fiore l'ape è messaggero d'amore, e per entrambi, ape e fiore, dare e ricevere è piacere e necessità ed estasi.
Siate nei vostri piaceri come i fiori e le api.
di - Gibran Kahlil
Gli orrori della specie uomo
Gli uomini continuano a dare il peggio di se stessi
Questo orrore viene da Jacarta -Indonesia
Le chiamano scimmie mascherate o scimmie bambola
Piccoli makaki imprigionati e tenuti alla catena nelle strade della capitale indonesiana, costretti ad esibirsi per il diletto di turisti e passanti travestiti da bambine con addosso maschere, parrucche e vestiti colorati.
Le scimmie torturate e mascherate vivono al “Monkey Village”, vero e proprio carcere per animali, in cui vengono tenute in catene, oppure rinchiuse in piccolissime gabbie. Crudele è l’addestramento al quale sono sottoposte per obbligarle a camminare su due zampe, vengono appese a testa in giù con le mani legate dietro la schiena; uno dei proprietari dei piccoli animali ha spiegato ai reporter della Reuters che occorrono diversi mesi per insegnare alle scimmie a muoversi come una bambina.Questo individuo ha quattro scimmiette e con loro riesce a guadagnare circa 10 dollari al giorno con questo immondo spettacolo.
A documentare quest’ennesimo orrore è stato il fotografo freelance Ed Wray.
Questo.....(non so definirlo) è indegno di chiamarsi uomo ma maggiormente esecrabili sono.... coloro che lo pagano per farlo
IL LAVORO NOBILITA L'UOMO ........QUESTO NON E' UN LAVORO MA UNO SCEMPIO
PUYA RAIMONDII, MERAVIGLIA DELLE ANDE
Si chiama Puya raimondii ed è specie fra le più spettacolari del mondo. Vive a 4000 m.di quota sulle Ande e la sua scoperta si deve al milanese Antonio Raimondi, appassionato naturalista dell’Ottocento, venerato in Perù ma quasi sconosciuto in patria. A quasi 150 anni dalla sua descrizione, questa pianta sta però correndo un grave pericolo di estinzione.
Verso la fine di ottobre del 1867, un uomo risaliva a dorso di mulo una remota valle delle Ande peruviane per cercare una strana pianta della quale gli aveva parlato il proprietario di una hacienda locale. Si chiamava Antonio Raimondi, italiano proveniente da quella borghesia colta, romantica e idealista propria del nostro Risorgimento e che aveva lasciato la sua città e il suo paese per sfuggire al clima di restaurazione imposto dal ritorno degli Austriaci dopo le “Cinque Giornate” di Milano. Appassionato naturalista fin dall’infanzia, desideroso di emulare le gesta di famosi predecessori che avevano descritto la natura dei paesi tropicali, percorreva oramai da sedici anni i deserti, le immensità, delle montagne andine, le più selvagge e remote selve di questo suo paese di adozione. Aveva percorso migliaia di chilometri a piedi e a cavallo, visitando regioni del Perù sconosciute agli stessi peruviani, riempito centinaia di mappe descrivendo la geografia, il clima, nuove specie vegetali ed animali, le enormi risorse minerarie del paese, i resti di antiche e misteriose civiltà precolombiane. Aveva sopportato ogni genere di fatiche e privazioni, era sopravissuto alle malattie tropicali, all’ostilità delle popolazioni andine, alla minaccia delle tribù selvagge dell’Amazzonia, per far conoscere al mondo la straordinaria ricchezza naturale ed archeologica del Perù. Fu chiamato “ el Humboldt peruano “. Mentre arrancava su per la valle del Rio Pachacoto, Raimondi non immaginava che stava per rendere nota alla scienza una specie vegetale di eccezionale bellezza e rarità: infatti, pur essendo una pianta molto vistosa e quindi individuabile anche in lontananza, non l’aveva mai incontrata durane i lunghi anni di peregrinazioni in ambiente andino. Lasciamo alle sue parole la descrizione della scoperta: “Alle falde dei rilievi lungo il fianco sinistro della valle si osservano, su di un terreno quasi sprovvisto di vegetazione,grandi ciuffi di foglie spinescenti ai bordi, in mezzo alle quali si innalza un fusto gigantesco coperto per tutta la sua altezza da dense spighe floreali. E’ difficile esprimere la sensazione causata dalla presenza di questa pianta in un luogo così elevato e freddo, situato a circa 3800 metri di altezza”.
Più avanti Raimondi annota: “L’esploratore botanico che ha la fortuna di incontrare queste piante strane e meravigliose nel periodo e della loro fioritura, non può fare a meno di fermarsi per qualche tempo a contemplare estasiato uno spettacolo tanto bello”. Avendo visitato molte volte le desolate estensioni della puna altoandina (la pianura che si trova nella cordigliera al di sopra dei 3700 m slm), Raimondi non si capacita di vedervi crescere questa gigantesca pianta. Infatti prosegue:”La vista della località pietrosa dove cresce questa pianta aumenta ancor più la mia ammirazione, apparendo impossibile come questa gigantesca regina della puna possa assorbire sufficienti nutrienti dal terreno per alimentare uno stelo così elevato, il cui diametro supera un piede, e per poter sviluppare un numero enorme di fiori che , in un solo individuo, può superare gli ottomila…” Alla fine della sua estasiata , ma anche particolareggiata descrizione, conclude:”Dall’esame di questa pianta meravigliosa fatta sul posto,dedussi che fosse una specie di Pourretia;e tenendo in considerazione il suo sviluppo in altezza, che arriva anche a nove metri, la battezzai scientificamente,chiamandola Pourretia gigantea,con il cui nome sarà conosciuta”. Il botanico Harms in seguito la riclassificò come una bromeliacea ascrivibile al genere Puya e la denominò Puya raimondii Harms, in omaggio al naturalista italiano.
Con la sua rosetta di foglie coriacee e cerose dagli apici spinosi, la Puya raimondii rappresenta uno spettacolo eccezionale anche quando non è in fiore. La rosetta spinosa, che cresce fino a tre metri di altezza, offre riparo a molte specie di uccelli, che nidificano tra le sue foglie. Queste piante fioriscono spesso in gruppo, decorando i versanti delle montagne con i loro straordinari steli appuntiti. Questa bromeliacea produce la più grande infiorescenza conosciuta: con le spighe , ciascuna composta da oltre ottomila fiori, costituisce uno spettacolo esaltante e unico da osservare. La pianta ha una fioritura che dura in genere tre mesi, durante i quali viene impollinata da ben diciassette specie di colibrì.
Uno dei problemi che riguardano la puya è rappresentato dagli incendi che abitanti locali appiccano per favorire il pascolo degli animali. Molti individui non sopravvivono all’incendio. Altri appaiono deformati e con ridotte capacità riproduttive. Dopo l’incendio le rosette di foglie basali appaiono gravemente danneggiate e ridotte sulla sommità dei fusti carbonizzati. La Facoltà di Scienze Ambientali dell’Università Bicocca di Milano e la Universidad de San Marcos di Lima, in Perù, hanno manifestato non solo il loro preciso impegno verso la conservazione di una biodiversità che trascende i confini nazionali, ma anche il desiderio di recuperare alla conoscenza e considerazione del suo paese una grande figura di uomo e scienziato.
Verso la fine di ottobre del 1867, un uomo risaliva a dorso di mulo una remota valle delle Ande peruviane per cercare una strana pianta della quale gli aveva parlato il proprietario di una hacienda locale. Si chiamava Antonio Raimondi, italiano proveniente da quella borghesia colta, romantica e idealista propria del nostro Risorgimento e che aveva lasciato la sua città e il suo paese per sfuggire al clima di restaurazione imposto dal ritorno degli Austriaci dopo le “Cinque Giornate” di Milano. Appassionato naturalista fin dall’infanzia, desideroso di emulare le gesta di famosi predecessori che avevano descritto la natura dei paesi tropicali, percorreva oramai da sedici anni i deserti, le immensità, delle montagne andine, le più selvagge e remote selve di questo suo paese di adozione. Aveva percorso migliaia di chilometri a piedi e a cavallo, visitando regioni del Perù sconosciute agli stessi peruviani, riempito centinaia di mappe descrivendo la geografia, il clima, nuove specie vegetali ed animali, le enormi risorse minerarie del paese, i resti di antiche e misteriose civiltà precolombiane. Aveva sopportato ogni genere di fatiche e privazioni, era sopravissuto alle malattie tropicali, all’ostilità delle popolazioni andine, alla minaccia delle tribù selvagge dell’Amazzonia, per far conoscere al mondo la straordinaria ricchezza naturale ed archeologica del Perù. Fu chiamato “ el Humboldt peruano “. Mentre arrancava su per la valle del Rio Pachacoto, Raimondi non immaginava che stava per rendere nota alla scienza una specie vegetale di eccezionale bellezza e rarità: infatti, pur essendo una pianta molto vistosa e quindi individuabile anche in lontananza, non l’aveva mai incontrata durane i lunghi anni di peregrinazioni in ambiente andino. Lasciamo alle sue parole la descrizione della scoperta: “Alle falde dei rilievi lungo il fianco sinistro della valle si osservano, su di un terreno quasi sprovvisto di vegetazione,grandi ciuffi di foglie spinescenti ai bordi, in mezzo alle quali si innalza un fusto gigantesco coperto per tutta la sua altezza da dense spighe floreali. E’ difficile esprimere la sensazione causata dalla presenza di questa pianta in un luogo così elevato e freddo, situato a circa 3800 metri di altezza”.
Più avanti Raimondi annota: “L’esploratore botanico che ha la fortuna di incontrare queste piante strane e meravigliose nel periodo e della loro fioritura, non può fare a meno di fermarsi per qualche tempo a contemplare estasiato uno spettacolo tanto bello”. Avendo visitato molte volte le desolate estensioni della puna altoandina (la pianura che si trova nella cordigliera al di sopra dei 3700 m slm), Raimondi non si capacita di vedervi crescere questa gigantesca pianta. Infatti prosegue:”La vista della località pietrosa dove cresce questa pianta aumenta ancor più la mia ammirazione, apparendo impossibile come questa gigantesca regina della puna possa assorbire sufficienti nutrienti dal terreno per alimentare uno stelo così elevato, il cui diametro supera un piede, e per poter sviluppare un numero enorme di fiori che , in un solo individuo, può superare gli ottomila…” Alla fine della sua estasiata , ma anche particolareggiata descrizione, conclude:”Dall’esame di questa pianta meravigliosa fatta sul posto,dedussi che fosse una specie di Pourretia;e tenendo in considerazione il suo sviluppo in altezza, che arriva anche a nove metri, la battezzai scientificamente,chiamandola Pourretia gigantea,con il cui nome sarà conosciuta”. Il botanico Harms in seguito la riclassificò come una bromeliacea ascrivibile al genere Puya e la denominò Puya raimondii Harms, in omaggio al naturalista italiano.
Con la sua rosetta di foglie coriacee e cerose dagli apici spinosi, la Puya raimondii rappresenta uno spettacolo eccezionale anche quando non è in fiore. La rosetta spinosa, che cresce fino a tre metri di altezza, offre riparo a molte specie di uccelli, che nidificano tra le sue foglie. Queste piante fioriscono spesso in gruppo, decorando i versanti delle montagne con i loro straordinari steli appuntiti. Questa bromeliacea produce la più grande infiorescenza conosciuta: con le spighe , ciascuna composta da oltre ottomila fiori, costituisce uno spettacolo esaltante e unico da osservare. La pianta ha una fioritura che dura in genere tre mesi, durante i quali viene impollinata da ben diciassette specie di colibrì.
Uno dei problemi che riguardano la puya è rappresentato dagli incendi che abitanti locali appiccano per favorire il pascolo degli animali. Molti individui non sopravvivono all’incendio. Altri appaiono deformati e con ridotte capacità riproduttive. Dopo l’incendio le rosette di foglie basali appaiono gravemente danneggiate e ridotte sulla sommità dei fusti carbonizzati. La Facoltà di Scienze Ambientali dell’Università Bicocca di Milano e la Universidad de San Marcos di Lima, in Perù, hanno manifestato non solo il loro preciso impegno verso la conservazione di una biodiversità che trascende i confini nazionali, ma anche il desiderio di recuperare alla conoscenza e considerazione del suo paese una grande figura di uomo e scienziato.
Gestire la propria vita
“Non esiste modo migliore di gestire la propria vita
se non toccare la vita di un altro, con amore e un sorriso.”
Og Mandino
Il "Granchio del Cocco"
Considerato il più grande artropode terrestre deve il suo nome comune alla capacità di spaccare con le sue possenti chele il cocco per nutrirsi del suo contenuto. In realtà non si tratta di un vero e proprio granchio, ma di un paguro che si è adattato alla vita terrestre indurendo il suo addome (formato in questa specie da chitina abbondantemente calcificata) che gli conferisce una maggiore difesa contro i predatori e soprattutto preserva l'animale dalla disidratazione. Mediamente, ogni 30 giorni (tale periodo dipende anche dall'alimentazione) l'animale compie una muta periodica e trovandosi momentaneamente privo di protezione, in quanto l'addome per indurirsi necessita di qualche giorno, va a nascondersi finché il suo esoscheletro non si sarà nuovamente e completamente indurito; tuttavia, i piccoli della specie ricorrono alla protezione di conchiglie per difendere il loro addome che non si è ancora sufficientemente calcificato e che abbandoneranno accrescendosi. E' un organismo estremamente longevo per essere un crostaceo, infatti riesce a vivere mediamente fino a 30 anni e in alcuni casi ha raggiunto l'età massima dei 60. Ha un ampio areale di distribuzione tra l'Oceano Pacifico e l'Oceano Indiano. Nei luoghi dove è presente, negli alberi del cocco vengono installati dei larghi pannelli metallici per impedire all'animale di rampicarsi e raggiungere il suo cibo preferito; si nutre anche di frutta marcia, foglie, uova di tartaruga, animali in decomposizione e di alcune conchiglie (pare che l'alimentarsi di conchiglie serva al crostaceo per recuperare i sali calcarei che andranno a rinforzare ulteriormente la sua robusta corazza). L'organo respiratorio è costituito da un apparato branchiostegale, un intermezzo tra delle branchie molto evolute e dei polmoni rudimentali che permette all'animale la respirazione aerea; l'animale possiede anche delle branchie che consistono in un residuo evolutivo testimoniante l'esclusiva precedente sopravvivenza marina di questa specie. Nonostante conduca vita terrestre, le uova vengono rilasciate dalle femmine mature in ambiente marino. Da queste uova schiuderanno delle larve (zoee) che trascorreranno la loro esistenza in quello stadio per 4 settimane, dopo di che con una serie di mute raggiungeranno forma simile all'adulto. Questo crostaceo viene mangiato dalle popolazioni autoctone pacifiche in quanto gli abitanti di quei luoghi conferiscono alle carni di tale animale proprietà afrodisiache ed ha inoltre un ottimo sapore paragonabile a quello del nostro decapode mediterraneo, l'aragosta (Palinurus elephas). Nonostante la specie non sia considerata a rischio di estinzione e non sia protetta in alcune zone, ne è proibita la cattura di femmine che posseggono gonadi in evidente stadio maturativo.
Il vulcano più giovane : Paricutìn
Il vulcano Paricutín o Parícutin è il vulcano più giovane al mondo e appare in alcune versioni delle Sette Meraviglie Naturali del Mondo. Si trova nello stato di Michoacán, in Messico tra il villaggio di San Juan Parangaricutiro e quello di Angahuan. Ha preso il nome dal villaggio omonimo che rimase completamente sommerso dalla sua eruzione iniziata il 20 febbraio del 1943.
L'eruzione durò 9 anni e la lava avanzò per una decina di chilometri, non ci furono vittime perché la popolazione ebbe sufficiente tempo per mettersi in salvo, ma seppellì due centri abitati: Paricutín e San Juan Viejo Parangaricutiro (Parhikutini e Parangarikutirhu in purépecha). Il primo fu totalmente cancellato: vicinissimo al punto in cui si trovava c'è ora il cratere del vulcano; del secondo resta visibile solo la torre sinistra della facciata della chiesa e la parete posteriore con l'altare.
I colori di Petra
Petra fu rivelata al mondo moderno nel 1812 da Johann Ludwig Burckhardt, un viaggiatore svizzero che, in abiti arabi, si faceva chiamare Cheikh Ibrahim e seguiva la strada che collegava Damasco all'Egitto passando per la Giordania. Egli aveva sentito dire che nei pressi del villaggio di Wadi Musa si trovavano, in una sorta di fortezza naturale, delle vestigia straordinarie. La regione apparteneva allora all'Impero ottomano e gli stranieri curiosi di antichità - che erano ritenute "opera degli Infedeli" - erano considerati con grande diffidenza, anche per le tensioni politiche e religiose dell'epoca.
Burckhardt si presentò allora come un pellegrino che desiderava sacrificare una capra al profeta Aronne, la cui tomba, costruita nel XIII secolo, si riteneva collocata al di là delle rovine, in cima al gebel Haroun. Accompagnato dalla sua guida, l'esploratore attraversò la città antica senza potersi fermare un attimo a prendere una nota o a fare uno schizzo, e tuttavia consapevole dell'importanza di quelle vestigia, e che le rovine presso Wadi Musa fossero quelle di Petra. Entusiasta, diffuse la notizia tra gli occidentali residenti in Medio Oriente e in Egitto, e la ripeté nel suo libro Travels in Syria and the Holy Land, che fu pubblicato solo cinque anni dopo la sua morte, nel 1823.
Petra (da πέτρα, roccia in greco) è una città posta circa 250 km a Sud di Amman, la capitale della Giordania, in un bacino tra le montagne ad Est del Wadi Araba, la grande valle che si estende dal Mar Morto fino al Golfo di Aqaba. Il suo nome semitico era Reqem o Raqmu («la Variopinta»), attestato anche nei manoscritti di Qumran. Fu nell'antichità una città edomita e poi divenne capitale dei Nabatei. Verso l'VIII secolo fu abbandonata in seguito alla decadenza dei commerci e a catastrofi naturali, e, benché le antiche cavità abbiano ospitato famiglie beduine fino ad anni recenti, fu in un certo senso dimenticata fino all'epoca moderna. Le numerose facciate intagliate nella roccia, riferibili per la massima parte a sepolcri, ne fanno un monumento unico, che è stato dichiarato Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO il 6 dicembre 1985. Anche la zona circostante è dal 1993 parco nazionale archeologico. Nel 2007, inoltre, Petra è stata dichiarata una delle sette meraviglie del mondo moderno.
Burckhardt si presentò allora come un pellegrino che desiderava sacrificare una capra al profeta Aronne, la cui tomba, costruita nel XIII secolo, si riteneva collocata al di là delle rovine, in cima al gebel Haroun. Accompagnato dalla sua guida, l'esploratore attraversò la città antica senza potersi fermare un attimo a prendere una nota o a fare uno schizzo, e tuttavia consapevole dell'importanza di quelle vestigia, e che le rovine presso Wadi Musa fossero quelle di Petra. Entusiasta, diffuse la notizia tra gli occidentali residenti in Medio Oriente e in Egitto, e la ripeté nel suo libro Travels in Syria and the Holy Land, che fu pubblicato solo cinque anni dopo la sua morte, nel 1823.
Petra (da πέτρα, roccia in greco) è una città posta circa 250 km a Sud di Amman, la capitale della Giordania, in un bacino tra le montagne ad Est del Wadi Araba, la grande valle che si estende dal Mar Morto fino al Golfo di Aqaba. Il suo nome semitico era Reqem o Raqmu («la Variopinta»), attestato anche nei manoscritti di Qumran. Fu nell'antichità una città edomita e poi divenne capitale dei Nabatei. Verso l'VIII secolo fu abbandonata in seguito alla decadenza dei commerci e a catastrofi naturali, e, benché le antiche cavità abbiano ospitato famiglie beduine fino ad anni recenti, fu in un certo senso dimenticata fino all'epoca moderna. Le numerose facciate intagliate nella roccia, riferibili per la massima parte a sepolcri, ne fanno un monumento unico, che è stato dichiarato Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO il 6 dicembre 1985. Anche la zona circostante è dal 1993 parco nazionale archeologico. Nel 2007, inoltre, Petra è stata dichiarata una delle sette meraviglie del mondo moderno.