giovedì 18 ottobre 2012

Grasse Francia
Affascinante e un po' solitaria, si è fatta avanti nella storia in un modo tutto suo, diventando la capitale mondiale dei profumi. Proprio così, in questo piccola cittadina dell'entroterra della Costa Azzurra, con poco più di 40.000 abitanti e ad una quindicina di chilometri da Cannes, vengono coltivate le essenze dei più famosi profumi del mondo. Chanel N 5, porta con se i fragranti gelsomini di Grasse, e non sono pochi quelli che secondo antiche tradizioni medievali, tra alambicchi e ampolle, vengono ancora creati attraverso misteriose alchimie. In uno dei più famosi romanzi moderni, Profumo di Patrick Süskind, Grasse viene descritta come un luogo tale da inebriare i sensi. Si racconta la storia di un profumiere del Settecento, Jean-Baptiste Grenouille, che riesce a 'rubare' l'anima attraverso la sua eccezionale percezione dei profumi, come egli amava dire ?...il profumo è il fratello del respiro?.
Il clima vacanziero e spesso superaffollato della Costa Azzurra, da Cannes ad Antibes e Nizza, sembra lasciare spazio a qualcosa di più etereo a Grasse, nonostante la vicinanza (a soli 20 minuti). La campagna fiorita della Provenza è di grande effetto visivo: grandi distese violacee di lavanda, a cui si accompagnano i colori delle mimose, degli iris, dei gelsomini, delle rose e d'altre piccole gemme preziose...uno spettacolo irripetibile. Sin dal Settecento, la città divenne la capitale dei profumi delle grandi corti francesi, espandendosi poi in tutto il mondo; i guanti profumati, in voga anche in Italia con Caterina de Medici, furono proprio creati in quel di Grasse, dando inizio al grande commercio dei profumi. Le essenze dei fiori di Grasse vengono utilizzate dalle più grandi case della moda francese e internazionale, si distinguono in particolare tre grandi case: Molinard, Gallimard e Fragonard, le cosiddette 'maison' storiche della città. Molinard (60 boulevard Victor Hugo), una delle più antiche profumerie francesi, offre al visitatore la possibilità di creare un proprio profumo personale, a seconda delle fragranze scelte da quest'ultimo; Gallimard (73 route de Cannes) è nota per i corsi di stage sui profumi; la storia della profumeria Fragonard (viale Fragonard) ci viene raccontata dalla fabbrica-museo di Villa-Musée Fragonard, dove vi abitò lo stesso Honoré Fragonard, artista del Settecento. All'interno è possibile fare esperienza delle diverse fasi della preparazione dei profumi, oltre alla possibilità di visitare la collezione antica di rari oggetti di profumeria
La Parfumerie Fragonard venne fondata a Grasse nel 1926 da Eugène Fuchs, all’interno di una fabbrica di profumi della fine del XVIII secolo. Fu aperta al pubblico lo stesso anno e ancora oggi è gestita dalla medesima famiglia
Dal passato ad oggi profumi Fragonard

Ragione e sentimento


Ragione e sentimento sono timone e vele della vostra anima navigante. Se le vele o il timone si spezzano, non potete che beccheggiare o andare alla deriva, o tenervi fermi in mezzo al mare.

Khalil Gibran 

Avignone

La storia di Avignone, il cui nome deriva da Avendo, è molto antica; infatti era già abitata nel neolitico, fu insediamento gallo-romano, per poi diventare repubblica indipendente nel XII secolo. Dal 1309 al 1377 ospitò il Papato e la popolazione crebbe smisuratamente da 5000 a 40000 abitanti. Rimase poi sotto il controllo della Chiesa e rientrò a far parte delle Francia nel 1791. È circondata da mura medievali merlate e fortificate d
a torri ben conservate che racchiudono un centro medievale e barocco, ma è anche una città viva e moderna, animata anche per la presenza del Festival Teatrale, fondato da Jean Vilar, che è cresciuto di importanza negli ultimi anni. Avignone per tutto l’anno ha feste e concerti. C’è anche vitalità nelle sue imprese: i due nuovi ponti della TGV la vita universitaria
Avignone divenne residenza dei papi nel 1309, mentre questi fuggivano dal caos violento di Roma. Il palazzo venne costruito tra il 1335 e il 1364 su un naturale affioramento roccioso all'estremità nord-orientale della città, dominante il fiume Rodano. Il sito era occupato in precedenza dal vecchio palazzo episcopale dei vescovi di Avignone. Il palazzo venne costruito in due fasi principali, con due distinti segmenti, noti come il Palais Vieux (Palazzo Vecchio) e il Palais Neuf (Palazzo Nuovo). Al momento del suo completamento, occupava una superficie di 2,6 acri (11.000 m²). L'edificio fu incredibilmente costoso, e consumò gran parte delle entrate del papato durante la sua costruzione. Il Palazzo Vecchio venne costruito dall'architetto Pierre Poisson di Mirepoix su istruzioni di papa Benedetto XII. L'austero Benedetto fece radere al suolo il vecchio palazzo episcopale e lo fece rimpiazzare con un edificio molto più grande, incentrato su un chiostro, pesantemente fortificato contro gli attaccanti. Le sue quattro ali sono fiancheggiate da alte torri.
Il ponte St. Bènèzect, un ponte che non raggiunge l’altra sponda ed è una vera attrazione legata ad una leggenda risalente al 1177 secondo la quale un pastorello di nome Bènèzet fu chiamato da un angelo, che gli disse di far costruire dal Vescovo di Avignone un ponte davanti ai giardini del Rocher-des Doms. La cattività avignonese Dopo la morte del papa Bonifacio VIII, il Papato era assoggettato alla monarchia francese. Infatti i Francesi riuscirono a far eleggere Papa col nome di Clemente V, l’arcivescovo Bertrand de Got, che si rifiutò di andare a Roma.Egli venne incoronato a Lione, con la nomina di nove cardinali francesi. Quattro anni dopo egli fissò la propria sede ad Avignone che più tardi Clemente VI acquistò dalla regina di Napoli e contessa di Provenza, Giovanna. Il periodo che va dal 1305 al 1377 fu chiamato "Cattività avignonese", perché i monarchi francesi avevano il predominio sulla cattedra pontificia. In questo periodo i Papi erano solo francesi. Il primo papa, Clemente V (1305-1314), non ebbe l’energia per opporsi alle pretese del re di Francia: infatti Filippo il Bello, durante il Concilio di Vienne,riuscì a strappare al Papa la condanna e la soppressione dell’ordine dei Templari, che era un ordine cavalleresco a difesa del Santo Sepolcro che però dopo un po’ di anni era divenuto impopolare. Così la corona francese gli confiscò tutti i beni. Giovanni XXII (1316-1334) arricchì la propria famiglia e fece rialzare il prestigio politico del Papato, perciò inviò un suo cardinale per contrastare la riscossa dei Ghibellini in Italia e riportare sotto il dominio della Santa Sede le città che si erano rese autonome. Cercò di riaffermare la suprema autorità pontificia sulla corona imperiale e difese il patrimonio politico e temporale del Papato. Sotto Benedetto XI (1334-1342) e Clemente VI (1342-1352) si iniziò a credere che il Papato potesse ritornare a Roma, perché la Francia era in guerra con l’Inghilterra e perché l’assenza del papa da Roma, dove c’erano guerre civili, metteva in pericolo la Chiesa e profilava l’idea di uno scisma. Gli ultimi Papi avignonesi, Innocenzo VI (1352-1362), Urbano V (1362-1370) e Gregorio XI (1371-1378), riuscirono a contrastare il potere francese e ad accettare nel 1377 il ritorno in Italia. Questo periodo è stato giudicato periodo di crisi, però avviene anche una trasformazione importante all’interno del Papato: si definisce la forma monarchica dello Stato della chiesa che si realizza attraverso l’accentramento politico e amministrativo sotto l’autorità del papa, vengono limitati i poteri del Sacro Collegio e molte funzioni passano alla Corte pontificia e soprattutto non bisogna dimenticare il mecenatismo dei papi avignonesi, che diede i suoi frutti nella protezione accordata a Simone Martini, a Francesco Tetrarca e nella costruzione di una biblioteca

La vita è come un'opera di teatro


E’ un dono incontrare qualcuno cui tu piaccia così come sei. Nel complesso ti giudicheranno sempre. Quindi vivi e fai quello che ti dice il cuore. La vita è come un’opera di teatro che non ha prove iniziali: canta, balla, ridi e piangi prima che cali il sipario e l’opera finisca senza applausi.
Charlie Chaplin
LE AMAZZONI
Il nome greco Ἀμαζών (amazòn) è di dubbia etimologia. La maggior parte degli autori classici considerano la Ά iniziale un'alfa privativa che rende nullo il successivo nome μαζός, versione ionica di μαστός, che vuol dire "seno": il risultato sarebbe quindi "senza seno". L'etimologia è riferibile al costume tradizionale attestato dalle fonti mitografiche secondo cui le Amazzoni si mutilavano la mammella destra. Da tutti gli autori viene evidenziata la relazione fra la mutilazione/occultamento degli attributi femminili e il miglioramento delle abilità guerresche reputate qualità chiaramente maschili. Ippocrate riferisce che alle donne dei Sauromati, tradizionalmente identificate o collegate con le Amazzoni, viene bruciata la ghiandola mammaria destra tramite l'applicazione di un disco di rame arroventato. La pratica viene compiuta nella prima infanzia per impedire lo sviluppo del seno e assicurare maggior forza al braccio che tenderà l'arco. Un riferimento ad un costume analogo delle Amazzoni viene attestato da Diodoro Siculo. Lo storico greco accenna alla mutilazione senza fornire dettagli, ma precisando che il suo scopo è quello di rendere più forti le donne guerriere. Eustazio di Salonicco, ecclesiastico ed erudito bizantino del XII secolo, nel suo commentario all'Iliade cita la pratica della bruciatura del seno nei termini e negli scopi precisati da Ippocrate, ma riferendola alle Amazzoni del poema omerico. Un riferimento analogo compare anche nell'Eneide di Virgilio il quale descrivendo Pentesilea, una delle loro regine, annota come il seno della donna sia compresso strettamente da una fascia d'oro. Altre fonti invece considerano la Ά iniziale come un rafforzativo, e quindi la traduzione sarebbe "grande seno". Questo sarebbe confermato dal fatto che quasi tutte le rappresentazioni di questo popolo mostrano splendide donne con entrambi i seni fiorenti. Altre fonti ancora lo fanno derivare dal caucasico masa, "Luna", e quindi si potrebbe tradurre con "sacerdotesse della Luna".
Mappa inglese del 1770 che ricostruisce la geografia del Caucaso secondo le fonti letterarie greco-romane. Le Amazzoni sono state poste nella parte più settentrionale della Sarmazia asiatica. La carta mostra anche l'ubicazione dell'Albania caucasica, della Scizia e della Palude Meote: tutti luoghi variamente citati dagli autori classici come patria delle Amazzoni Erodoto, contrariamente a Eschilo, fornisce un elaborato racconto della migrazione delle Amazzoni, sconfitte dai Greci, dall'originale sede di Temiscira fino alla palude Meotide ove si sarebbero unite ad un gruppo di giovani maschi Sciti migrando, successivamente, assieme a costoro in una zona imprecisata lungo il corso del fiume Tanai. In quel luogo, i loro figli avrebbero dato origine ad un unico popolo: i Sauromati (Sarmati). La fusione fra le due popolazioni avrebbe originato, tra i Sarmati, una ginecocrazia ovvero una società matriarcale secondo alcuni autori classici fra cui Plinio il Vecchio
Le donne guerriere venivano tradizionalmente governate da due regine, una della pace (politica interna) e una della guerra (politica "estera"). Tra le regine più conosciute si ricordano Mirina, Ippolita e Pentesilea. In Geografia XI.5.4-5, Strabone descrive il costume delle Amazzoni di compiere, ogni primavera, una visita nel territorio del popolo vicino dei Gargareni i quali si offrono ritualmente per accoppiarsi con le donne guerriere affinché possano generare dei figli. L'incontro avviene in segreto, nell'oscurità, perché nessuno dei due amanti possa conoscere l'identità dell'altro. La sorte della prole muta a seconda del sesso del nascituro. I maschi, secondo Strabone, vengono rimandati nel luogo d'origine e ogni gargareno adulto adotta un bambino senza sapere se sia o meno suo figlio; le femmine, invece, rimangono con le madri e vengono allevate ed educate secondo i loro costumi e istruite, in particolare, nell'arte della caccia e della guerra. Le armi principali delle Amazzoni sono l'arco, l'ascia bipenne ed uno scudo particolare, piccolo ed a forma di mezzaluna, chiamato pelta. Prima di ogni battaglia suonano il sistro, uno strumento che producendo un suono limpido e cristallino, non può avere lo scopo di intimorire il nemico, ma solo quello di ingraziarsi gli dèi. Il combattimento a cavallo è la loro specialità. Selezionano i loro animali e mantengono con loro un rapporto di affiatamento totale che le rende delle perfette centaure; cavalcano stalloni, nel periodo in cui i Greci si accontentano di pony. Sono famosi i loro giochi Targarèi, dei quali narra Eumolpo: cinquanta imbarcazioni, chiamate titalnès, si affrontano sul Termodonte: scagliate una verso l'altra a velocità folle, vincono quelle i cui campioni - detti targaira, amazzoni in piedi sulle barche che impugnano delle aste - riescono a sostenere l'impatto senza cadere in acqua. Si procede così a eliminazione finché non c'è un'unica vincitrice, che viene proclamata la prediletta di Afrodite (anche questo è insolito: normalmente le Amazzoni veneravano la Dea Madre, che può essere identificata con Cerere, ed Artemide).

I terremotati dell'Emilia ....ASPETTINO!!!!

Mirandola: soldi ai terremotati? No, 50mila euro agli Zingari

18 ott – Nel cuore dell’Emilia Romagna colpita dal terremoto, in uno dei paesi più colpiti, l’amministrazione comunale ha pensato bene di impiegare i soldi dei terremotati per abbellire il Campo Nomadi. Ecco la lista dettagliata delle spese: nuovi bagni 6920 euro, rottamazione struttura esistente 2mila, nuovo impianto acqua potabile 1110 euro, nuovo sistema fognario 3724 euro, nuovo impianto elettrico 8436 euro, fornitura di contatori acqua 132 euro, fornitura di contatori di energia elettrica 3500 euro, trasporto gratuito per gli “ospiti” 8400 euro, giardini 1500 euro, fornitura di noleggio per mezzi di lavorazione 2.964 euro, oneri per la sicurezza di cantiere 2.500 euro, aggiungendo l’iva e gli oneri vari si arriva a 50471,70 euro


Fonte: http://xn--identit-fwa.com/blog/2012/10/18/mirandola-soldi-ai-terremotati-no-50mila-euro-agli-zingari/

Salomone e la regina di Saba

Salomone, l’uomo che rimase nella storia per l’immane saggezza, per l’acume del proprio ingegno e per essere tre volte illuminato; l’uomo a cui ancora oggi ci riferiamo quando pensiamo a ciò che ci pare giusto e saggio; l'uomo la cui storia s’intreccia con quella di una donna, la Regina di Saba. Una regina che un giorno partì, per conoscerlo e tornò alle proprie terre illuminata da Dio ove partorì un figlio chiamato Bayna-Lehekem che diede vita al regno d’Etiopia.
Ma chi era La regina di Saba? Chi era realmente la regina di Saba, era solo una figura mitica? Se fosse così, cosa ha alimentato l’incredibile leggenda che la circonda? Gli arabi la conoscevano come la regina Bilquis, gli etiopi la chiamavano Macheda, per gli ebrei e i cristiani è la regina di Saba. La regina venne a conoscenza della fama di Salomone e si recò a Gerusalemme per conoscerne la saggezza. Arrivò con un gran seguito e con cammelli carichi di spezie. La storia della regina di Saba probabilmente ha origini giudee, ma esiste anche una versione persiana, la troviamo anche nel Corano difatti gli arabi affermano che credesse nella grandezza di Halla. In nessuna parte del Mondo la leggenda della regina di Saba è più viva che in Etiopia. Per questo popolo rappresenta il mito fondamentale della loro civiltà. La storia tramanda che Saba, regina di Axum, aveva sentito decantare la saggezza del re Salomone e volle fargli visita per mettere alla prova la sua sapienza proverbiale. Dalla visita a Gerusalemme, avvenuta tra il 1000 ed il 950 a.C. vi è menzione nel Talmud ebraico, nella Bibbia,l’Antico Testamento, nel Corano ed ovviamente nel Kebra Nagast, Gloria dei re che è il libro fondamentale per la storia dell’impero degli altopiani, elaborato in Etiopia nel XIV secolo. La storia dice che la regina di Saba recatasi dal potente re Salomone per sottoporgli alcuni enigmi per sondare le capacità tanto decantate del sovrano, ne rimase affascinata.
Dall’unione del re Salomone con la regina, fu concepito Menelik, il cui significato intrinseco è “Figlio dell’uomo saggio” che portava nel sangue le tracce di una ascendenza divina e che sarebbe stato il capostipite di una stirpe salomonica; da qui nasce il fatto che gli Etiopi siano una un popolo eletto. Menelik, cresciuto e divenuto re, fece proprio il simbolo del leone di Giuda che innalzò a simbolo del proprio regno. Divenuto adulto, volle far visita al presunto padre Salomone e quando fece ritorno ad Axum, trafugò o gli fu affidata, l’Arca dell’Alleanza. Essa non arrivò con Menelik ad Axum, ma impiegò qualche secolo dopo un lento peregrinare in terra d’Egitto. Questo avvenimento è ricordato con i lenti ed esasperanti riti che la Chiesa Copta etiopica celebra in onore dell’Arca in occasione di Ghenna e Timkat che sono il Natale e l’Epifania del rito copto. Le feste di celebrazione di queste due ricorrenze fanno rivivere lo splendore di quelle che furono le corti di Gerusalemme ed di Axum.
La regina visse ad est di Sana’a, a Marib che era la capitale dell’antica Saba. Marib era situata nel punto in cui si incrociavano le carovane che trasportavano incenso in direzione del mar Rosso e l’intera regione con il passare degli anni, a causa dei fortunati e fiorenti commerci, prese il nome di Arabia Felix. Poche le tracce nella città per svelare il mistero che circonda la regina di Saba, se veramente è esistita si pensa che possa essere vissuta a Marib, al centro del deserto, circondata dallo splendore di grandi templi e palazzi. Sempre secondo la leggenda, la Regina regnava su un dominio di grande ricchezza, oggi questo non sembrerebbe possibile in una terra così desolata e arida. Fu costruito un grandioso sistema d’irrigazione che fece del deserto un giardino, l’acqua proveniva dalla grandiosa diga di Marib, lunga 640 metri ed alta 11 situata in pieno deserto in fondo allo Wadi Adhana. Gli archeologi hanno scoperto che la diga, di cui ancora è evidente la struttura, sia stata costruita nel sesto secolo avanti Cristo, cioè 400 anni dopo il leggendario regno di Saba, ma sono state scoperte tracce di una precedente struttura più antica di qualche centinaia di anni. Per comprendere meglio questa storia analizziamo il libro sacro conosciuto come il Kebra Nagast
Il Kebra Nagast ebbe origine a partire da una serie di testi sionisti trascritti nei primi secoli dell’era cristiana. La principale fonte su cui è basato questo primo nucleo è l’Antico Testamento, ma elementi furono tratti anche da testi rabbinici, leggende etiopi, egiziane e copte. Successivamente furono introdotte influenze coraniche e di altri elementi della tradizione araba, principalmente palestinese e siriana, per esempio Il libro di Bee, nonché di testi cristiani apocrifi come Il libro di Adamo ed Eva, il Kufale, Le istruzioni di San Pietro al suo discepolo Clemente, La vita di Anna madre della vergine Maria, Il libro della Perla, L’ascesa di Isaia e altri minori. La prima parte del Kebra Nagast riporta storie del tutto simili a quelle Bibliche da Adamo, ed i suoi figli Abele, Caino, e Set; a Noè, che in un dialogo mistico riceve dal Creatore futura protezione; ad Abramo, che mandato adolescente a vendere idoli pagani invece li distrugge, e la sua unione con Dio immediatamente si palesa nell’arcobaleno per lui, e per la sua discendenza nell’Arca dell’Alleanza, costruita secondo i dettami comunicati dall’Onnipotente a Mosè sul monte Sinai, detta perciò “Zion”. Ma senza dubbio per i credenti Rasta la vicenda chiave del libro è rappresentata dall’incontro tra il sovrano di Israele Salomone, e Makeda, la Regina del Sud ovvero di Saba, nome dell’Etiopia antica, che “innamorata della sua saggezza” affronta il lungo viaggio fino a Gerusalemme per conoscerlo ed apprenderne le virtù. L’incontro tra i due sovrani è descritto anche nella Bibbia (1 Re 10 : Visita della Regina di Saba; 2 Cronache 9 : Gloria di Salomone), con la differenza che ivi non si accenna né al loro rapporto, né al loro figlio Bayna-Lehkem. Nella narrazione del Kebra Nagast invece, il loro profondo ed appassionante dialogo diviene importante per varie ragioni: anzitutto la Regina Makeda decide da allora che non adorerà più il Sole come i suoi avi, bensì il Creatore, Dio di Israele, come Salomone, e questo rappresenta il passaggio dal un culto arcaico ad un moderno monoteismo. Inoltre i due, innamoratisi, trascorrono alcune notti assieme, finche un mattino, Salomone prima che Makeda parta per tornare al suo regno, il Re le regala un anello speciale da donare all’eventuale frutto del loro amore: dalla loro unione infatti nascerà un bambino, Bayna-Lehkem, detto il figlio del Saggio, in seguito Imperatore col titolo di Menyelek I o Menelik, origine della stirpe dei sovrani d’Etiopia. Questi, raggiunti i ventidue anni, parte alla ricerca del padre assieme al prezioso anello, per chiedergli un pezzo del drappo copertura di Zion, l’Arca dell’Alleanza, affinché anche il suo popolo possa venerarla: Salomone lo accoglie con tutti gli onori e insiste molto perché resti a regnare con lui, ma vedendolo deciso a tornare nella terra materna, preme per farlo almeno accompagnare da alcuni primogeniti israeliti che lo possano aiutare e consigliare nel futuro governo.
Però i giovani unendo forze ed ingegni, costruiscono una copia in legno dell’Arca, e trafugano l’originale verso l’Etiopia, percorrendo in un solo giorno, anziché trenta, il cammino fino al Nilo: Salomone, adirato ma sempre lucido, capisce subito come questo sia potuto accadere, quasi consapevole che da quel momento assieme a Zion, avrebbe perso anche la benedizione divina. Questo passaggio è fondamentale poiché spiega il nesso tra il regno di Israele e quello di Etiopia, rappresentato da Menyelek e dalla sua discendenza. Questa linea conduce direttamente fino a Ras Tafari Makonnen, duecentoventicinquesimo Imperatore della dinastia Salomonica, e non solo getta luce sulle radici prettamente Bibliche della cultura Rastafari, ma propone inoltre la teoria sullo spostamento in Etiopia dell’Arca dell’Alleanza, esattamente ad Aksum, il che implica anche la considerazione dell’Etiopia come nuova terra eletta da Dio, al posto di Israele, e della razza nera come popolo eletto. Secondo la tradizione etiope Ras Tafari Makonnen, incoronato Imperatore col nuovo nome di Hailé Selassié I, duecentoventicinquesimo discendente della dinastia Salomonica, attraverso la linea di David, appartenente alla Tribù di Giuda. Il culto Rastafari Hailé Selassié è considerato ancora oggi il “difensore della fede” tanto che per il Rastafarianesimo l’imperatore è un simbolo religioso, identificato con il Messia nero, il Cristo stesso ritornato in gloria per regnare con un nome nuovo,non solo ma viene considerato l’incarnazione di Jah, il Dio supremo, venuto sulla terra per liberare le nazioni dal male nazifascista ed in primis la popolazione nera. Il nome del movimento Rastafari deriva dal nome di battesimo dell’Imperatore Ras Tafari, che in amarico significa “Capo da temere”. Il rastafarianesimo si è ispirato alla predicazione del leader Marcus Mosiah Garvey. Altri elementi di spicco, che hanno avuto un ruolo primario nella nascita di questo credo: Leonard Howell, H. Archibald Dunkley, e Joseph Nathaniel Hibbert. A partire dagli anni ottanta la cultura Rasta si è diffusa nel resto del mondo, soprattutto grazie a Bob Marley e alla musica reggae, che ne veicola i contenuti. 

Fonte TANOGABO

Quello che abbiamo

Abbiamo case più grandi ma famiglie più piccole…
Più opportunità ma meno tempo….
Più istruzione ma meno buon senso..
Più conoscenza ma meno senso critico..
Più esperti ma piu problemi…
Più medicine ma meno benessere….
Siamo andati e tornati dalla luna, ma facciamo fatica ad attraversare la strada per stringere la mano ad un uomo vicino…
Abbiamo prodotto piu pc per registrare piu informazione, per replicare piu documenti come non mai, ma siamo meno capaci di comunicare….
Siamo imbttibili sulla quantità ma scarsi sulla qualità…
Questi sono tempi da fast-food, ma dalla digestione lenta….
Sono i tempi dei grandi uomini ma di carattere mediocre..,,
Sono tempi in cui si realizzano profitti astronomici ma povere relazioni…
Questa è un epoca in cui tutto viene messo in vista sulla finestra, per occultare il vuoto della stanza….

Dalai Lama

I pupi siciliani

Risulta estremamente difficile individuare con certezza in quale periodo nascono le marionette armate con repertorio cavalleresco ed il luogo da cui inizia questa tradizione. Si ha notizia che pupi con armature rudimentali esistevano già nell’800 in alcune città italiane, come Roma, Napoli, Genova etc, ma è in Sicilia dove questi si evolvono per divenire il pupo che oggi conosciamo. La diffusione in un’area prettamente meridionale induce alcuni a sostenere la tesi di un’ origine spagnola del teatro dei pupi, essendo il mezzogiorno fortemente influenzato non solo politicamente, ma anche culturalmente dalla Spagna.
Purtroppo non si sa però né per quale via, né quando, queste marionette siano arrivate in Italia.
Sul finire del 700 comunque, a Napoli come a Palermo, troviamo marionette di vario genere che non erano però ancora veri “pupi” essendo essi molto rudimentali, costruiti per lo più di cartone e stagnola. Di vero e proprio pupo quindi, si inizia a parlare intorno alla metà dell'800 dove la bravura e l'intuizione degli artigiani siciliani fanno compiere un salto di qualità a quel rozzo pezzo di legno e stoffa.
Si cominciò a ricoprire il pupo con armature di metallo lavorato arricchite da cesellature, sbalzi e arabeschi e gli accorgimenti tecnici si fecero sempre più ricercati: il filo che comandava la mano destra del pupo venne sostituito da un'asta di ferro, cosi che l'oprante poteva far compiere, al pupo, azioni più precise come estrarre e riporre la spada nel fodero, abbracciare una dama, battersi il petto o la fronte con il pugno, abbassare la visiera dell'elmo etc. e contemporaneamente vennero cuciti vestiti, mantelli e gonnellini con stoffe sempre più belle e preziose. - Questo processo di sviluppo durerà fino ai giorni nostri, dando vita a pupi sempre più belli e raffinati e sviluppando parallelamente anche tutti quei trucchi e accorgimenti scenici atti ad una rappresentazione d’alto livello artistico. -

Solo agli inizi del 19°secolo quando l’interesse per il popolaresco e per le sue forme di vita spinse i dotti e la nuova classe borghese ad interessarsi di quello che si credeva fosse il vivaio più genuino delle patrie memorie, solo allora l’opra non fu più soltanto un semplice passatempo, ma una cosa molto più seria, quando cioè (scrive Ettore Li Gotti) "l’anima dei pupi divenne l’espressione dei sentimenti e delle aspirazioni di giustizia di una classe sociale". In Sicilia assume una caratterizzazione unica che prende il nome di « L'OPRA DEI PUPI » che si distingue dall'originario teatro delle marionette sia per i contenuti che per la tecnica.
Nelle epoche passate il successo fu tale che vennero trasposte e riarranciate in versione marionettistica anche famose opere liriche e teatrali, ma la "vera" Opra dei Pupi é costituita essenzialmente da due filoni: le gesta di Rè Artù e i dei Paladini di Francia e alcuni personaggi popolari,come: Firticchiu e suo compare.
Per secoli i PUPI SICILIANI, abilmente animati da generazioni di "Pupari", hanno costituito l'unica fonte di istruzione e una delle poche occasioni di svago e di divertimento per le classi più umili in un primo tempo, ma che in seguito fu anche apprezzata dalla borghesia.
Un'altra peculiarità dei pupi siciliani é data dal fatto che ciascuno di essi é un'opera d'arte unica, una scultura di legno, metallo e stoffa, mossa da due aste metalliche, una sulla testa e l'altra nella mano destra, e, da alcuni fili generalmente di spago, differenziandosi ancora di più dalle tradizionali marionette (molto più piccole e mosse solo da dei fili).
E' straordinario notare come ancora oggi adulti e bambini, seppur smaliziati da mirabolanti videogames, restino tutt'ora a bocca aperta dinanzi a questi ormai rari spettacoli dei pupi siciliani 

Chi è un anziano ?

Amo sopra ogni cosa l'aspetto della gente che è invecchiata senza far violenza alle usanze, lasciandosi andare alle leggi del tempo

Paul Cezanne





Per la biologia e la medicina è anziano chi ha raggiunto un determinato livello cronologico di età, generalmente indicato intorno ai 60 anni. Il processo di invecchiamento, però, comincia quando l'individuo ha terminato il periodo dello sviluppo fisico, che nella nostra società corrisponde circa al venticinquesimo anno di età; a questo segue un periodo di pieno sviluppo della giovinezza, quindi subentrano l'età adulta e la maturità, in cui fanno la comparsa i fenomeni dell'invecchiamento. Al termine della maturità inizia la vecchiaia, o senilità, e poi la longevità (oltre gli 80 anni) che avrà termine con la morte. Come tutte le schematizzazioni, anche questa mostra però il suo limite di fondo; per esperienza quotidiana noi sappiamo che l'età spesso non corrisponde al grado di senescenza: un uomo di quarant'anni può avere problemi al cuore e al sistema circolatorio tanto da essere considerato "vecchio", mentre un anziano di 70 anni può avere, al contrario, accanto agli indubbi segni d'invecchiamento, cuore e arterie ancora "giovani". L'anziano può conservare una notevole efficienza psichica e, spesso, buone capacità di memoria, attenzione, logica e creatività si accompagnano a un fisico che per l'avanzata involuzione senile appare vecchio. Viceversa, si osservano persone anziane, che pur mantenendo caratteristiche fisiche relativamente giovani, mostrano i dolorosi segni del deterioramento mentale senile con la scomparsa della memoria dei fatti recenti, della capacità di attenzione ecc. Questi esempi mettono in evidenza come la vecchiaia fisica, o biologica, e quella psicologica spesso non coincidano e come una rigida distinzione delle tappe della vita, specialmente dell'invecchiamento e della vecchiaia, non solo sia insoddisfacente, ma fonte di pregiudizi.

Da lì entra la luce

C’è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce.


Leonard Cohen

Il melograno

Il melograno è una pianta appartenente alla famiglia delle Punicaceae il cui nome scientifico è Punica Granatum; il suo aspetto è quello di un cespuglio con foglie verdi e lunghe e può raggiungere un'altezza massima di 4 metri circa. L' origine della pianta del melograno non è certa, quella più accreditata la vede provenire dall'Asia sud - occidentale; ad oggi il melograno cresce ed è coltivato nelle zone mediterranee dell'Europa e dell'Asia, ma anche del Nord America. I suoi fiori e i suoi semi sono di color rosso, il suo frutto, chiamato melagrana, ha la forma di una mela che, come dice il nome stesso, contiene al suo interno moltissimi semi (grani). Il periodo di raccolta della melagrana è l'autunno e data la notevole variabilità della specie ne esistono molte varietà.
Il frutto del melograno è particolarmente ricco di sali minerali quali potassio, manganese, zinco, rame e fosforo; in quantità minore troviamo anche ferro, sodio e calcio. Abbondante anche la presenza di vitamine: A, B, C, E e K. Oltre all'acqua, che naturalmente rappresenta l'elemento principale, troviamo zuccheri, fibre e grassi. Il melograno è caratterizzato dalla presenza di sostanze benevole per l'organismo come per esempio i flavonoidi, gli antiossidanti, vari tipi di acidi, tra cui l'ellagico e il gallico, la quercitina e altri principi attivi molto benefici che gli hanno fatto meritare il nome di "frutto della medicina". Proprietà curative e benefici del melograno Fin dall'antichità questo particolare frutto è stato simbolo di abbondanza e longevità e già da allora le sue molteplici proprietà terapeutiche erano ben note; oggi la medicina ufficiale non ha fatto altro che confermare tali proprietà. Vediamo quali. La sua virtù più importante è quella che riguarda la presenza di sostanze ad alta attività antitumorale come l'acido ellagico , i flavonoidi ed altre sostanze con proprietà antiossidanti che nel loro insieme collaborano in modo attivo nella cura di vari tumori ( prostata, pelle, seno, polmoni). Il melograno ha inoltre proprietà vermifughe, molto utili contro il famoso verme solitario (Tenia solium), un parassita molto fastidioso dell'uomo. Grazie alla presenza di tannino (acido ellagico) il succo del melograno ha anche proprietà astringenti ed è quindi utile in caso di diarrea. Secondo recenti studi l'assunzione protratta nel tempo del suo succo sarebbe in grado di proteggere il cuore dalla formazione di placche aterosclerotiche, non solo, anche i disturbi causati dalla menopausa ( depressione e ossa fragili) sembra traggono buoni benefici dall'assunzione di succo di melograno.
Anche nei confronti del morbo di Alzheimer il succo di melagrana ha dimostrato di avere proprietà benefiche; l'assunzione giornaliera è in grado di erigere una barriera protettiva e di attaccare le proteine nocive; l'artrite stessa trova benefici nell'assunzione di succo d melograno, infatti, grazie a questo, viene inibito il processo degenerativo della cartilagine.

Calorie Per ogni 100 grammi di parte edibile si ha un apporto calorico pari a 63 calorie.

Ad ogni cosa applicate la vostra ragione





Non date fede ai vecchi manoscritti, non credete una cosa perché il vostro popolo ci crede o perché ve l'hanno fatto credere dalla vostra infanzia. Ad ogni cosa applicate la vostra ragione; quando l'avrete analizzata, se pensate che sia buona per tutti e per ciascuno, allora credetela, vivetela, e aiutate il vostro prossimo a viverla a sua volta.


Buddha

La vera grandezza

La vera grandezza non è nella forza ma nel cuore.


Stephen Littleword

IL SEGRETO DI AYERS ROCK

In Australia le sacre tradizioni raccontano di un tempo mitico in cui la cultura fu portata direttamente dal cielo. È il mito di Wondjina, nome locale che identifica misteriosi esseri arrivati dal cielo durante un periodo conosciuto come il dreaming. Centinaia di pitture rupestri rappresentano questi esseri con volti non umani circondati da qualche cosa che sembra un cappuccio spaziale o una sorta di aureola di luce. Perché il periodo è ricordato come “the dreaming”? Pare che questo nome sia indirettamente collegato al famoso Ayers Rock: luogo sacro degli aborigeni, sede di miti e, secondo le leggende locali, sede di questi misteriosi esseri. Scavando più a fondo nel mito si viene a conoscenza che dagli stranieri appresero la capacità del lucid dream (il sogno lucido): una capacità precognitiva che si manifesterebbe proprio durante il sogno. Si manifesterebbe tuttavia alla sua massima potenza stando a stretto contatto con l’antica sede di questi esseri, appunto l’Ayers Rock.
Ci sono diversi miti riguardanti questo misterioso monte, come la misteriosa leggenda dell’arrivo dal cielo di un uovo rosso dal quale sarebbero sbucati esseri bianchi (nordici, grigi?) con i loro bambini, ma non sopravvissero, pare per un disadattamento all’atmosfera terrestre. Essi avrebbero portato la vita e la cultura sulla terra. Si parla di giganti, di totem, di dèi animali tramutarsi in ruscelli, fiumi e monti e di tante altre fantastiche cose racchiudenti in sé sicuramente una simbologia cosmica molto affascinante. In un periodo misterioso della storia, il “dreaming” o “dream time”, genti di altri pianeti giunsero nella selvaggia Australia a portare la cultura, istruendo gli aborigeni in precise capacità psichiche? Può anche essere, e il misterioso Ayers Rock potrebbe essere stato una sede di sperimentazione scientifica avanzata dove si studiavano le capacità mentali dei terrestri. Sebbene possa sembrare ancora fantascienza il mito parla chiaramente di esseri giunti dal cielo per portare la cultura
Non faticheremo a trovare in altre misteriose pitture rupestri volti con tratti difficilmente umani. Si tratta del Baiame Wiradjur caratterizzato da alcuni dettagli singolari: sembra una rappresentazione paleolitica di un grigio, come si scorge nella foto. La leggenda aborigena, molto simile a tante altre nel mondo, racconta la sua venuta dal cielo: una volta installatosi presso le tribù portò loro la civiltà e poi, dopo un certo periodo, tornò al firmamento diventando così l’eroe del cielo. La leggenda della sua venuta e la rappresentazione rupestre troppo simile agli ipotetici grigi ci fa pensare che questo eroe sia stato effettivamente un essere di un altro mondo. Come possiamo spiegare ovunque nel mondo la presenza di esseri stellari portatori di cultura? La loro venuta fu frutto del caso oppure seguì un preciso piano mirante alla civilizzazione? Schiere di alieni giunti sulla Terra in un tempo immemorabile decisero di condurre verso uno stadio superiore l’umanità? Potrebbe anche essere e l’ingenuità del mito delle genti del mondo periferico e barbaro custodisce ancora il segreto della giovinezza della Terra, un tempo mitico e sacro cancellato dal tempo e dalla dimenticanza della gente. 


 Pasquale Arciolo