giovedì 4 ottobre 2012
L'Irlanda
Cucciolo secolare
Forse avrebbe voluto un cagnolino, invece questo bambino si è visto recapitare a casa una cucciola di mammut lanoso (Mammuthus primigenius).
E neanche molto di compagnia, dato che Ljuba, così è stato soprannominata, ha smesso di giocare 40 mila anni fa. Aveva appena un mese di vita quando probabilmente è morta annegata in una palude fangosa. L'animale mummificato - l'esemplare meglio conservato che si conosca - è stato ritrovato due anni fa dal padre del bimbo, il pastore di renne Jurij Khudi, sulla riva di un fiume a Jamal, in Siberia. Probabilmente la melma e il freddo lo hanno mantenuto intatto per tutto questo tempo. I paleontologi sono già all'opera per analizzare il Dna, per avere un po' di informazioni su questi antichi animali: come vivevano, cosa mangiavano e la causa che ha portato alla loro estinzione, quasi 10 mila anni fa.
Il convento di Novodevičij - Mosca
Il convento di Novodevičij in russo: Новодевичий монастырь[?], letteralmente Monastero delle Nuove Vergini, noto anche come monastero di Bogorodice-Smolenskij in russo: Богоро́дице-Смоле́нский монасты́рь[?] è probabilmente il convento più famoso di Mosca, edificato in stile barocco moscovita. Il nome venne concepito per differenziarsi da quello dell'Ascensione situato nel Cremlino. A differenza di altri conventi moscoviti, questo è rimasto quasi intatto fin dal diciassettesimo secolo. Nel 2004 venne inserito tra i patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
Il convento di Novodevichy venne fondato nel 1524 dal Gran Principe Basilio III per commemorare la conquista di Smolensk del 1514. Venne creato come fortezza su un'ansa del fiume Moscova e divenne una parte fondamentale del sistema difensivo meridionale della capitale, che già comprendeva numerosi altri monasteri. Dalla sua fondazione, al convento di Novodevichy vennero assegnati 3.000 rubli ed i villaggi di Akhabinevo e Troparevo. Ivan il Terribile in seguito assegnò altri villaggi al convento. Il convento era noto per dar rifugio a molte donne delle famiglie imperiali russe e della famiglia dei Boiardi, che venivano spesso obbligate a prendere i voti, come ad esempio capitò alla moglie di Fëdor I, Irina Godunova (accompagnata dal fratello Boris Godunov prima che questi diventasse zar), a Sof'ja Aleksejevna Romanova (sorella di Pietro il Grande), Eudoxia Lopukhina (prima moglie di Pietro il Grande), ed altre. Nel 1610-1611 il convento venne conquistato da polacchi guidati da Aleksander Gosiewski. Una volta liberato, lo zar decise quindi di dotarlo di una guarnigione permanente (100 Strelizi nel 1616, 350 soldati nel 1618). Alla fine del diciassettesimo secolo il convento aveva assorbito 36 villaggi (per un totale di 164.215 desyatina di terreno) in 27 diversi uyezd della Russia. Nel 1744 copriva una popolazione di 14.489 persone.
Nel 1812 l'armata di Napoleone tentò di abbattere il convento, ma le monache riusirono a salvarlo dalla distruzione. Il convento è stato citato spesso da Tolstoj nei suoi romanzi, in Guerra e pace Pierre dev'essere fucilato ai piedi delle mura del convento, in Anna Karenina Konstantin Lyovin (il protagonista) incontra la futura moglie, Kitty mentre sta pattinando nei pressi del monastero. Infatti il Parco delle Vergini (nome con cui ci si riferisce al prato antistante il convento) era una delle più famose piste di pattinaggio della Mosca ottocentesca. Tolstoy stesso pattinò in questo parco, nel periodo in cui viveva nel vicino distretto di Khamovniki.
Il convento di Novodevichy venne fondato nel 1524 dal Gran Principe Basilio III per commemorare la conquista di Smolensk del 1514. Venne creato come fortezza su un'ansa del fiume Moscova e divenne una parte fondamentale del sistema difensivo meridionale della capitale, che già comprendeva numerosi altri monasteri. Dalla sua fondazione, al convento di Novodevichy vennero assegnati 3.000 rubli ed i villaggi di Akhabinevo e Troparevo. Ivan il Terribile in seguito assegnò altri villaggi al convento. Il convento era noto per dar rifugio a molte donne delle famiglie imperiali russe e della famiglia dei Boiardi, che venivano spesso obbligate a prendere i voti, come ad esempio capitò alla moglie di Fëdor I, Irina Godunova (accompagnata dal fratello Boris Godunov prima che questi diventasse zar), a Sof'ja Aleksejevna Romanova (sorella di Pietro il Grande), Eudoxia Lopukhina (prima moglie di Pietro il Grande), ed altre. Nel 1610-1611 il convento venne conquistato da polacchi guidati da Aleksander Gosiewski. Una volta liberato, lo zar decise quindi di dotarlo di una guarnigione permanente (100 Strelizi nel 1616, 350 soldati nel 1618). Alla fine del diciassettesimo secolo il convento aveva assorbito 36 villaggi (per un totale di 164.215 desyatina di terreno) in 27 diversi uyezd della Russia. Nel 1744 copriva una popolazione di 14.489 persone.
Nel 1812 l'armata di Napoleone tentò di abbattere il convento, ma le monache riusirono a salvarlo dalla distruzione. Il convento è stato citato spesso da Tolstoj nei suoi romanzi, in Guerra e pace Pierre dev'essere fucilato ai piedi delle mura del convento, in Anna Karenina Konstantin Lyovin (il protagonista) incontra la futura moglie, Kitty mentre sta pattinando nei pressi del monastero. Infatti il Parco delle Vergini (nome con cui ci si riferisce al prato antistante il convento) era una delle più famose piste di pattinaggio della Mosca ottocentesca. Tolstoy stesso pattinò in questo parco, nel periodo in cui viveva nel vicino distretto di Khamovniki.
Le piramidi di Visoko - Bosnia
L'ENIGMA DELLE PIRAMIDI
LE PIRAMIDI EUROPEE, scoperte di recente e precisamente in Bosnia a 30 Km da Sarajevo nella cittadina di Visoko risultano essere le più alte mai scoperte.
Il complesso è composto da cinque imponenti piramidi: la piramide del Sole, del Dragone, della Luna dell'Amore e della Terra. La più alta è quella del Sole che misura 220 metri (quella di Giza è "appena" 147 metri) ha, secondo l'Istituto Geodetico, l'orientamento più preciso verso il nord cosmico con l'errore di 0 gradi, 0 minuti e 12 secondi. Un'esattezza incredibile, se dovesse trattarsi puramente di una casualità del tutto naturale. La Piramide del Sole è completamente coperta da blocchi di cemento rettangolari. Le proprietà del calcestruzzo utilizzato, di estrema durezza e basso assorbimento d'acqua, sono, secondo le istituzioni scientifiche di Bosnia, Italia e Francia, di gran lunga superiore a quelle dei materiali in uso oggigiorno. La datazione al radiocarbonio della terrazza pavimentata della Piramide della Luna ha confermato che la struttura è stata costruita circa 10.350 anni fa (anno più anno meno). Non c'è che dire, una scoperta straordinaria! Ma la cosa ancor più straordinaria è che un Team di Fisici, ha rilevato un fascio di energia che fuoriesce dall'estremità della Piramide del Sole. Il raggio del fascio è di circa 4,5 metri con una frequenza di 28 kHz. Il flusso energetico è continuo e la sua forza cresce man mano ci si sposta verso l'alto, allontanandosi dalla parte superiore della piramide.
Ma le stranezze non finiscono qui! Unendo le sommità delle tre piramidi principale (del Sole, della Luna e del Dragone) si ottiene un perfetto triangolo equilatero con tutti gli angoli di 60°. Sono stati scoperti inoltre manufatti, scritte, tunnel.. Personalmente la trovo una notizia sensazionale!! Ora si tratta di trovare la conferma che le piramidi bosniache siano anche le più antiche piramidi conosciute del pianeta. Sotto la "Valle bosniaca delle Piramidi" c'è un ampio tunnel della metropolitana. Nel labirinto sotterraneo, nel 2010, sono state scoperte tre camere e un piccolo lago blu. Inoltre un rilevamento elettromagnetico mostra che il livello di ionizzazione è 43 volte superiore alla concentrazione media all'esterno, il che rende i sotterranei pressoché una "camera di guarigione", un luogo ideale per il ringiovanimento del corpo e la rigenerazione.
Il complesso è composto da cinque imponenti piramidi: la piramide del Sole, del Dragone, della Luna dell'Amore e della Terra. La più alta è quella del Sole che misura 220 metri (quella di Giza è "appena" 147 metri) ha, secondo l'Istituto Geodetico, l'orientamento più preciso verso il nord cosmico con l'errore di 0 gradi, 0 minuti e 12 secondi. Un'esattezza incredibile, se dovesse trattarsi puramente di una casualità del tutto naturale. La Piramide del Sole è completamente coperta da blocchi di cemento rettangolari. Le proprietà del calcestruzzo utilizzato, di estrema durezza e basso assorbimento d'acqua, sono, secondo le istituzioni scientifiche di Bosnia, Italia e Francia, di gran lunga superiore a quelle dei materiali in uso oggigiorno. La datazione al radiocarbonio della terrazza pavimentata della Piramide della Luna ha confermato che la struttura è stata costruita circa 10.350 anni fa (anno più anno meno). Non c'è che dire, una scoperta straordinaria! Ma la cosa ancor più straordinaria è che un Team di Fisici, ha rilevato un fascio di energia che fuoriesce dall'estremità della Piramide del Sole. Il raggio del fascio è di circa 4,5 metri con una frequenza di 28 kHz. Il flusso energetico è continuo e la sua forza cresce man mano ci si sposta verso l'alto, allontanandosi dalla parte superiore della piramide.
Ma le stranezze non finiscono qui! Unendo le sommità delle tre piramidi principale (del Sole, della Luna e del Dragone) si ottiene un perfetto triangolo equilatero con tutti gli angoli di 60°. Sono stati scoperti inoltre manufatti, scritte, tunnel.. Personalmente la trovo una notizia sensazionale!! Ora si tratta di trovare la conferma che le piramidi bosniache siano anche le più antiche piramidi conosciute del pianeta. Sotto la "Valle bosniaca delle Piramidi" c'è un ampio tunnel della metropolitana. Nel labirinto sotterraneo, nel 2010, sono state scoperte tre camere e un piccolo lago blu. Inoltre un rilevamento elettromagnetico mostra che il livello di ionizzazione è 43 volte superiore alla concentrazione media all'esterno, il che rende i sotterranei pressoché una "camera di guarigione", un luogo ideale per il ringiovanimento del corpo e la rigenerazione.
Non hai bisogno di fingere che sei forte
Tu non hai bisogno di fingere che sei forte, non devi sempre dimostrare che tutto sta andando bene, non puoi preoccuparti di ciò che pensano gli altri, se ne avverti la necessità piangi perché è bene che tu pianga fino all’ultima lacrima, poiché soltanto allora potrai tornare a sorridere.
Paulo Coelho
ღ☆ღArt in Defense of Animalsღ☆ღ
Il designer milanese Guido Daniele artista multimediale e body painter, trasforma le mani in animali. Le sue opere, famose nel mondo, sono spot a favore della natura
La mattanza delle foche nel Golfo di San Lorenzo è in cima alla lista dei suoi pensieri in questi giorni. Così come la caccia alle balene destinate, con la scusa della ricerca scientifica, a trasformarsi in prelibato sushi sulle tavole giapponesi. E come gli elefanti e le tigri, che stanno via via scomparendo dai loro tradizionali habitat. Guido Daniele, 56 anni, originario di Soverato ma milanese di adozione, designer e illustratore pubblicitario, è decisamente un animalista convinto. Ma non partecipa ad azioni dimostrative a bordo dei gommoni di Greenpeace o appeso alle torri di una centrale nucleare. Il suo modo per lanciare un grido di allarme e di dolore per il pianeta che muore è attraverso l'arte. Le sue armi sono le mani. Le sue, che creano e dipingono. E quelle degli altri, che grazie al suo sapiente tocco di pennello diventano icone di quel regno animale che l'uomo sta mettendo inesorabilmente a repentaglio.
LA «FOLLIA DELL'UOMO» - «Ogni giorno - commenta Daniele - spariscono specie che servono all'equilibrio mondiale. Vengono distrutte foreste con il taglio indiscriminato di piante che poi impiegano decine e decine di anni per ricrescere. Assistiamo ad un depauperamento del patrimonio della Terra, un fenomeno di autodistruzione del pianeta da parte dell'uomo che è davvero folle. E io, nel mio piccolo, cerco di portare l'attenzione del pubblico proprio su questi temi».
LA «FOLLIA DELL'UOMO» - «Ogni giorno - commenta Daniele - spariscono specie che servono all'equilibrio mondiale. Vengono distrutte foreste con il taglio indiscriminato di piante che poi impiegano decine e decine di anni per ricrescere. Assistiamo ad un depauperamento del patrimonio della Terra, un fenomeno di autodistruzione del pianeta da parte dell'uomo che è davvero folle. E io, nel mio piccolo, cerco di portare l'attenzione del pubblico proprio su questi temi».
Disco genetico
IL DISCO GENETICO
Un disco di Lidite, una varietà di Diaspro di colore nero, con un diametro di ventidue centimetri e dal peso di circa due chilogrammi. Secondo le stime degli studiosi questo disco potrebbe avere seimila anni d'età, e per realizzarlo manualmente sarebbero occorsi trent'anni.
Questo oggetto misterioso è stato scoperto da Jaime Gutierrez-Lega in Columbia (Canada), ed è ora esposto al Museo di Scienze Naturali di Vienna.
Ma cosa ha di particolare questo disco di pietra?
Secondo lo scopritore, su questo disco è scolpita l'evoluzione umana, dagli anfibi fino all'uomo moderno.
Inoltre, sempre su questo disco, si trovano organi genitali, spermatozoi e ovuli. Infine, vi sono contenute immagini che rappresenterebbero la fecondazione dell'ovulo ad opera degli spermatozoi, seguiti dallo sviluppo dell'embrione che infine si diventa un feto sviluppato.
Le due facciate:
Se non si tratta di un falso, e se l'interpretazione di Jaime Gutierrez-Lega è corretta, questo disco costituisce una prova difficilmente contestabile dell'esistenza di una civiltà evoluta precedente a quelle conosciute. Gli spermatozoi furono infatti scoperti dal naturalista olandese Antony van Leeuwenhoek nella seconda metà del XVII secolo, mediante l'utilizzo di un microscopio. La teoria evoluzionistica di Darwin risale al 1859. Ma, siccome vi sono oggettive difficoltà di datazione di un disco di pietra, per dimostrare l'esistenza di conoscenze avanzate di biologia occorrerebbe una seconda prova.
La seconda prova
“I primi animali – uomo compreso – nacquero nell'elemento acquatico, ricoperti di scorza spinosa; cresciuti in età lasciarono l'acqua e vennero all'asciutto, ed essendosi lacerata la scorza che li copriva, poco dopo cambiarono il loro modo di vivere.”
Queste parole furono infatti dette da Anassimandro (610-546 a.C.), filosofo e scienziato dell'antica Grecia, autore del Perì Physeos (Sulla Natura) e documentate da Aezio. Questo dimostra che, almeno 2400 anni prima di Charles Darwin, esistevano studiosi che sapevano che tutte le forme di vita che popolano il nostro pianeta erano venute dal mare.
Le due facciate:
Se non si tratta di un falso, e se l'interpretazione di Jaime Gutierrez-Lega è corretta, questo disco costituisce una prova difficilmente contestabile dell'esistenza di una civiltà evoluta precedente a quelle conosciute. Gli spermatozoi furono infatti scoperti dal naturalista olandese Antony van Leeuwenhoek nella seconda metà del XVII secolo, mediante l'utilizzo di un microscopio. La teoria evoluzionistica di Darwin risale al 1859. Ma, siccome vi sono oggettive difficoltà di datazione di un disco di pietra, per dimostrare l'esistenza di conoscenze avanzate di biologia occorrerebbe una seconda prova.
La seconda prova
“I primi animali – uomo compreso – nacquero nell'elemento acquatico, ricoperti di scorza spinosa; cresciuti in età lasciarono l'acqua e vennero all'asciutto, ed essendosi lacerata la scorza che li copriva, poco dopo cambiarono il loro modo di vivere.”
Queste parole furono infatti dette da Anassimandro (610-546 a.C.), filosofo e scienziato dell'antica Grecia, autore del Perì Physeos (Sulla Natura) e documentate da Aezio. Questo dimostra che, almeno 2400 anni prima di Charles Darwin, esistevano studiosi che sapevano che tutte le forme di vita che popolano il nostro pianeta erano venute dal mare.
Ritrovamento nel mar Baltico
La notizia non è stata diffusa su larga scala, come ci si aspetterebbe normalmente per una scoperta di questo genere; ma il ritrovamento di una misteriosa formazione circolare sul fondo del Mar Baltico sta facendo discutere da mesi scienziati e appassionati.
Stefan Hogeborn, uno dei sommozzatori della spedizione, si è detto perplesso per la forma e la struttura dell'oggetto circolare, che è di circa 60 metri di diametro e sale 3-4 metri dal fondo marino. Questo è grosso modo le dimensioni di un jumbo jet. Aggiunta al mistero, l'oggetto è stato anche riferito di avere un 400 metri di lunghezza sentiero che si allontana da esso, simile in apparenza a segni di frenata. Un'altra piccola discoidale oggetto è stato trovato nelle vicinanze, anche con linee trascinamento apparenti circa la stessa lunghezza. L'equipaggio dell'Ocean X Team è ritornato dalla sua prima spedizione subacquea per capire la natura del misterioso oggetto circolare e raccogliere più dati possibili. In base a quello che si è scoperto più di una settimana fa, si tratta non di un UFO ma di una struttura circolare di circa 6o metri di ampiezza e lunga altrettanto, simile al cemento costituita sulla sommità da un collage di blocchi in pietra, al cui centro vi è il un foro oblungo di apertura. Probabilmente una sorta di antica costruzione? Ma le anomalie continuano e sono sconcertanti: è notizia di poche ora fa quella rilasciata dalla squadra investigativa norvegese che ha dichiarato di aver riscontrato ben due anomalie, una delle quali, la presenza di un inspiegabile campo elettromagnetico proprio nella zona attorno alla misteriosa costruzione, sia nelle profondità che in superficie. E' un impulso EMP emesso proprio da questa inspiegabile struttura?
Ma è stato pure rilevato un altro strano fenomeno. Uno dei principali obiettivi dell'esplorazione subacquea era quello di filmare l'oggetto con una telecamera montata su un sommergibile robotizzato, ma, non appena questa è arrivata nelle vicinanze della struttura ha improvvisamente smesso di funzionare. "Anche in superficie, quando eravamo sopra le coordinate dell'oggetto, tutte le apparecchiature elettriche e il telefono satellitare hanno smesso di funzionare, e quando ci siamo allontanati dalle coordinate di circa 200 metri di distanza abbiamo riscontrato che le nostre apparecchiature funzionavano di nuovo normalmente, ma poi quando siamo rientrati nel raggio dei 200 metri, tutto si è spento di nuovo. Questo ci sembra un po' strano".
Stefan Hogeborn, uno dei sommozzatori della spedizione, si è detto perplesso per la forma e la struttura dell'oggetto circolare, che è di circa 60 metri di diametro e sale 3-4 metri dal fondo marino. Questo è grosso modo le dimensioni di un jumbo jet. Aggiunta al mistero, l'oggetto è stato anche riferito di avere un 400 metri di lunghezza sentiero che si allontana da esso, simile in apparenza a segni di frenata. Un'altra piccola discoidale oggetto è stato trovato nelle vicinanze, anche con linee trascinamento apparenti circa la stessa lunghezza. L'equipaggio dell'Ocean X Team è ritornato dalla sua prima spedizione subacquea per capire la natura del misterioso oggetto circolare e raccogliere più dati possibili. In base a quello che si è scoperto più di una settimana fa, si tratta non di un UFO ma di una struttura circolare di circa 6o metri di ampiezza e lunga altrettanto, simile al cemento costituita sulla sommità da un collage di blocchi in pietra, al cui centro vi è il un foro oblungo di apertura. Probabilmente una sorta di antica costruzione? Ma le anomalie continuano e sono sconcertanti: è notizia di poche ora fa quella rilasciata dalla squadra investigativa norvegese che ha dichiarato di aver riscontrato ben due anomalie, una delle quali, la presenza di un inspiegabile campo elettromagnetico proprio nella zona attorno alla misteriosa costruzione, sia nelle profondità che in superficie. E' un impulso EMP emesso proprio da questa inspiegabile struttura?
Ma è stato pure rilevato un altro strano fenomeno. Uno dei principali obiettivi dell'esplorazione subacquea era quello di filmare l'oggetto con una telecamera montata su un sommergibile robotizzato, ma, non appena questa è arrivata nelle vicinanze della struttura ha improvvisamente smesso di funzionare. "Anche in superficie, quando eravamo sopra le coordinate dell'oggetto, tutte le apparecchiature elettriche e il telefono satellitare hanno smesso di funzionare, e quando ci siamo allontanati dalle coordinate di circa 200 metri di distanza abbiamo riscontrato che le nostre apparecchiature funzionavano di nuovo normalmente, ma poi quando siamo rientrati nel raggio dei 200 metri, tutto si è spento di nuovo. Questo ci sembra un po' strano".
Il bambino che è in noi
Nel profondo di ognuno di noi si nasconde il bambino che siamo stati...
… questo bambino costituisce la base di quello che siamo diventati, di quello che siamo, di quello che saremo.
Dr. Ron Joseph
… questo bambino costituisce la base di quello che siamo diventati, di quello che siamo, di quello che saremo.
Dr. Ron Joseph
Nel momento del bisogno...
E quando meno te l’ho aspetti…siamo aiutati da quella forza che nasce da dentro…capace di farci andare avanti, anche quando
siamo stanchi !
Giovanni Perretta
Mont Saint-Michel (France)
Mont Saint Michel è un isolotto posto sulla costa settentionale della Francia, dove risiede un santuario costruito in memoria di San Michele Arcangelo. Siamo nel sito più frequentato della Normandia, visitato ogni giorno in media da oltre 8500 turisti, ubicato ad 1 Km circa dal paese, alla foce del fiume Couesnon. Il corso d’acqua nel tempo è stato canalizzato per ridurre il flusso d’acqua e favorire l’insabbiamento. Mont Saint Michel si eleva ad un’altezza di 92 m sul livello del mare, ma con la statua di San Michele collocata in cima alla guglia della chiesa abbaziale, raggiunge l’altitudine di 170 metri. La località ha una particolarità davvero inconsueta nelle sue parti meno elevate: le altissime maree. In questa parte di mondo, le maree sono assolutamente accentuate, tanto da arrivare ad un dislivello giornaliero di 14 metri. Vista l’orografia del territorio particolarmente pianeggiante, il fenomeno si verifica con una eccezionale velocità, tanto che qualcuno ha definito l’arrivo della massa d’acqua come il galoppo di un cavallo. Questa particolarità ne fa una località assolutamente suggestiva, seconda soltanto ad alcune aree canadesi che vantano le maggiori maree mondiali. D’altro canto, è possibile che possano verificarsi incidenti o annegamenti, come già avvenuto in passato. Durante il giorno infatti, tutte le auto parcheggiate sul corso principale di accesso (una sopraelevata che la rende una sorta di penisola), sul quale tra l’altro non è semplice trovare parcheggio, devono essere poi necessariamente spostate in serata con l’arrivo della massa d’acqua che tenderebbe a sommergerle. Guai quindi a tardare il rientro. La baia lungo cui sorge la cittadina è anche famosa per le sabbie mobili circostanti. Il Mont-Saint-Michel e la sua baia fanno parte della lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO.
La maledizione del faraone
Al nome Tutankhamon è legata la più favolosa scoperta d'Egitto. La sua tomba fu infatti ritrovata intatta da Howard Carter nel 1922. La morte di Tutankhamon è avvolta nel mistero. La sua Le immagini del favoloso tesoro e la leggenda della maledizione del faraone fecero il giro del mondo. prematura scomparsa è, per molti, la dimostrazione che il giovane faraone fu assassinato. Alcuni esami effettuati sul cranio di Tutankhamon hanno rivelato la presenza di un buco probabilmente provocato da un corpo estraneo. La calcificazione di tale buco conferma ulteriormente questa teoria. Tutankhamon sarebbe dunque stato ucciso forse perché aveva deciso di seguire le orme del suo predecessore Akhenaton?. Ma da chi? I maggiori indiziati, secondo gli studiosi, sono Ay, suo successore al trono, e Horemheb, successore di Ay e potente capo militare.
Oltre ai misteri legati alla morte di Tutankhamon, ve ne sono altri riguardanti la sua tomba: come fu possibile allestire in così breve tempo una tomba di così grande splendore? Un'ipotesi molto interessante viene promossa da Nicholas Reeves. Egli sostiene che fu il nuovo faraone Ay ad occuparsi, come di rito, della degna sepoltura del suo predecessore. I 9 anni di regno non furono sufficenti a preparare una tomba nuova, per cui Ay decise di adattarne una a Tutankhamon. Le ricerche di Reeves indicano nelle tombe di Akhenaton e Nefertiti quelle più indicate ad ospitare il corpo di Tutankhamon. I tesori di queste due tombe vennero perciò trasportati in quella di Tutankhamon. Nella tomba del giovane faraone vennero infatti rinvenute statuette dai lineamenti prettamente femminili e incisioni cancellate e adattate al nome di Tutankhamon. La famosa maschera d'oro, ad un attento esame, presenta una spaccatura tra il volto e il copricapo. Questo, sempre secondo Reeves, dimostrerebbe che la maschera sarebbe stata originariamente quella di Akhenaton a cui sarebbe stato rimosso il volto in modo da applicare quello di Tutankhamon. In questo modo Nicholas Reeves spiegherebbe come fu stato possibile allestire la tomba del faraone nell'arco dei 70 giorni necessari alla mummificazione del corpo. Quando nel 1922 Howard Carter, accompagnato da Lord Carnarvon (il finanziatore degli scavi), entrò nella tomba del faraone, oltre a vedere “cose meravigliose”, notò anche altri curiosi particolari. Trovò una tavoletta su cui era impressa una maledizione: “La morte colpirà con le sue ali chiunque disturberà il sonno del faraone”. Ma non è tutto. In un angolo della camera funeraria, trovò un altro piccolo sarcofago, nel quale rinvenne un’altra mummia, ma molto più piccola di quella del giovane Tutankhamon. Poteva essere la mummia del figlio morto precocemente? Sta di fatto che, pur essendo una mummia molto piccola, gli arti di questa erano completamente sviluppati. Ma allora, se non si trattava della mummia del figlio del faraone, di cosa si trattava? Carter fece appena in tempo a fotografare tali reperti, perché durante il trasporto verso il museo del Cairo, sia la tavoletta che la piccola mummia scomparvero per sempre.
Ci sono persone ancor aggi che credono che quella mummia fosse stata quella di un alieno, lo stesso essere extraterrestre già adorato da Akhenaton, il dio per cui questo faraone, pochi anni prima, aveva sconvolto la sfera religiosa egiziana, sostituendo al politeismo, un enoteismo in cui il dio Aton (il disco solare) doveva essere l’unico dio. Comunque sia, la maledizione colpì davvero molti che avevano lavorato allo scavo di questa tomba (la 62 della Valle dei Re). Lord Carnarvon fu uno dei primi a morire. Quando morì, andò via la luce in tutto il Cairo e a Londra, in quello stesso istante, morì anche il suo cane. Pochi istanti dopo, morì anche il suo segretario in circostanze misteriose. Si cercò di dare una spiegazione scientifica a questa “maledizione”, già anticipata nel 1949 dallo scienziato Louis Bulgarini. Studiosi odierni, partendo da questa sua ipotesi, sostengono che gli egizi usarono per i pavimenti e le mura delle tombe, rocce contenenti uranio. All'interno di sette antichi monumenti sono state trovate tracce di radon, un gas radioattivo incolore e inodore che si forma in seguito al decadimento dell'uranio. La concentrazione di tale gas era trenta volte superiore alla soglia di attenzione (mentre la soglia limite è di 200 becquerel, la concentrazione nelle tombe è di 816/5809 becquerel). Tale concentrazione porta vari malesseri ma soprattutto al rapido sviluppo di tumore ai polmoni. Si pensa che nella tomba del Re bambino chiusa da 3000 anni la concentrazione fosse ancora più alta. Ma è anche vero che Howard Carter, l’archeologo che per primo avrebbe dovuto morire, visse invece diversi anni più del suo finanziatore. Morì solo di recente e per vecchiaia, come se la maledizione non l’avesse nemmeno sfiorato. Il mistero della maledizione del faraone rimane così ancora un mistero.
Ci sono persone ancor aggi che credono che quella mummia fosse stata quella di un alieno, lo stesso essere extraterrestre già adorato da Akhenaton, il dio per cui questo faraone, pochi anni prima, aveva sconvolto la sfera religiosa egiziana, sostituendo al politeismo, un enoteismo in cui il dio Aton (il disco solare) doveva essere l’unico dio. Comunque sia, la maledizione colpì davvero molti che avevano lavorato allo scavo di questa tomba (la 62 della Valle dei Re). Lord Carnarvon fu uno dei primi a morire. Quando morì, andò via la luce in tutto il Cairo e a Londra, in quello stesso istante, morì anche il suo cane. Pochi istanti dopo, morì anche il suo segretario in circostanze misteriose. Si cercò di dare una spiegazione scientifica a questa “maledizione”, già anticipata nel 1949 dallo scienziato Louis Bulgarini. Studiosi odierni, partendo da questa sua ipotesi, sostengono che gli egizi usarono per i pavimenti e le mura delle tombe, rocce contenenti uranio. All'interno di sette antichi monumenti sono state trovate tracce di radon, un gas radioattivo incolore e inodore che si forma in seguito al decadimento dell'uranio. La concentrazione di tale gas era trenta volte superiore alla soglia di attenzione (mentre la soglia limite è di 200 becquerel, la concentrazione nelle tombe è di 816/5809 becquerel). Tale concentrazione porta vari malesseri ma soprattutto al rapido sviluppo di tumore ai polmoni. Si pensa che nella tomba del Re bambino chiusa da 3000 anni la concentrazione fosse ancora più alta. Ma è anche vero che Howard Carter, l’archeologo che per primo avrebbe dovuto morire, visse invece diversi anni più del suo finanziatore. Morì solo di recente e per vecchiaia, come se la maledizione non l’avesse nemmeno sfiorato. Il mistero della maledizione del faraone rimane così ancora un mistero.
L'isola dei rifiuti
Immaginate una discarica grande più di due volte l'Italia, riempita con ogni tipo di pattumiera immaginabile. Fatto? Perfetto. Ora immaginatela mentra galleggia nel bel mezzo del Pacifico. No, non è un film dell'orrore a tema catastrofico-ambientale, ma una sommaria descrizione del Great Pacific Garbage Patch, meglio nota come l'Isola dei Rifiuti, un immenso ammasso di plastica e immondizia accumulato dalle correnti marine tra la California e le isole Hawaii.
Considerata da anni una delle più grandi minacce all'ecosistema oceanico, questa incredibile discarica galleggiante non solo non accenna a ridursi, ma secondo le ultime ricerche si sta addirittura espandendo. Lo affermano gli oceanografi dello Scripps Institute in un articolo pubblicato sull'ultimo numero di Biology Letters. Secondo i ricercatori, l'aumento della massa di immondizia galleggiante sta mettendo in grave pericolo i più piccoli abitanti dell'Oceano.
Molti insetti e creature marine stanno infatti deponendo le uova sul materiale plastico che ricopre le acque anziché sui detriti naturali che normalmente dovrebbero galleggiare sulla superficie. «Si tratta di qualcosa che non dovrebbe trovarsi lì e che nel medio periodo potrebbe danneggiare irrimediabilmente il micro-habitat che si trova alla base dell'intero ecosistema oceanico» ha dichiarato alla stampa Miriam Goldstein, una delle ricercatrici.
Già nel 2006 il Los Angeles Times aveva raccontato la triste fine di oltre 200.000 albatross dell'atollo Midway che, sorvolando la distesa di pattume, hanno scambiato i rifiuti per cibo, morendo così intossicati, soffocati o disidratati.
Ma da dove arriva tutta questa immondizia? Dal giro del Pacifico Settentrionale, un insieme di correnti marine e di venti che raccoglie gran parte dei detriti che si trovano in mare trasportandoli tutti nella stessa zona.
Secondo le ricerche l'80% circa dei rifiuti umani che si trovano in mare arrivano dalla terra ferma, trasportati dai venti e dalle piogge. Solo un modesto 20% viene gettato o abbandonato direttamente in acqua. E un pezzo di plastica, una volta che ragginge il mare, può vagare indistrubato per secoli.
I ricercatori affermano che ogni chiolometro quadrato di mare ospita oltre 30.000 rifiuti plastici, le cui dimensioni possono anche essere inferiori al centimetro. E questo spiegherebbe come mai, secondo le analisi, oltre il 10% del pesce pescato dagli oceanografi dello Scripps Institute aveva ingerito plastica.
La vita sulla Terra è arrivata da altri pianeti?
La vita sulla Terra
è arrivata da altri pianeti?
La vita sul nostro pianeta potrebbe aver avuto origine da microrganismi giunti sulla Terra dopo aver viaggiato nello spazio per milioni di anni. Gli scienziati della Princeton University, della University of Arizona e del Centro de Astrobiología (CAB) in Spagna sostengono - in una recente ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Astrobiology - di aver trovato una prova a supporto di questa teoria, detta lito-panspermia. I microrganismi sarebbero stati portati sulla Terra grazie a frammenti di altri pianeti scagliati nello spazio in seguito a eruzioni vulcaniche o collisioni con altri oggetti celesti e poi catturati dalla gravità del nostro sistema planetario. I ricercatori sono arrivati alla conclusione che è molto probabile che la vita sia stata portata sul nostro pianeta - o viceversa si sia diffusa dalla Terra ad altri pianeti - durante l'"infanzia" del Sistema Solare, quando la Terra e i pianeti extrasolari erano abbastanza vicini da riuscire a scambiarsi materiale solido grazie ai meteoriti.
A quel tempo - diversi miliardi di anni fa - il Sole si sarebbe trovato nel suo ammasso stellare originario, e la Terra e i vicini sistemi planetari sarebbero stati sottoposti a un pesante bombardamento meteoritico, spiega Amaya Moro-Martin, astrofisico del CAB e co-autore dello studio. Belbruno, Moro-Martin e colleghi hanno preso in considerazione una nuova ipotesi: un processo a bassa velocità chiamato "trasferimento debole", in cui gli oggetti solidi possono muoversi a velocità relativamente bassa - intorno ai 100 metri al secondo - e portare così a uno scambio di minerali e forse di forme di vita tra un pianeta e l'altro. Secondo i ricercatori, la lito-panspermia si sarebbe verificata quando il Sistema Solare si trovava ancora all'interno dell'ammasso stellare che ha dato origine al Sole, con le stelle vicine le une alle altre che si muovevano lentamente.
Lo studio, inoltre, afferma che alcuni di questi oggetti potrebbero aver trasportato forme di vita capaci di "contagiare" pianeti lontani. Microrganismi come le spore batteriche, infatti, avrebbero potuto facilmente sopravvivere al lungo viaggio nello spazio, nonostante gli elevati livelli di radiazione cosmica e ultravioletta. Un fattore importante, osserva Moro-Martin, sono le dimensioni del corpo roccioso: più è grande, maggiore è la possibilità che le forme di vita che ospita possano restarvi annidate il tempo sufficiente per sopravvivere a un viaggio interstellare.
La vita sul nostro pianeta potrebbe aver avuto origine da microrganismi giunti sulla Terra dopo aver viaggiato nello spazio per milioni di anni. Gli scienziati della Princeton University, della University of Arizona e del Centro de Astrobiología (CAB) in Spagna sostengono - in una recente ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Astrobiology - di aver trovato una prova a supporto di questa teoria, detta lito-panspermia. I microrganismi sarebbero stati portati sulla Terra grazie a frammenti di altri pianeti scagliati nello spazio in seguito a eruzioni vulcaniche o collisioni con altri oggetti celesti e poi catturati dalla gravità del nostro sistema planetario. I ricercatori sono arrivati alla conclusione che è molto probabile che la vita sia stata portata sul nostro pianeta - o viceversa si sia diffusa dalla Terra ad altri pianeti - durante l'"infanzia" del Sistema Solare, quando la Terra e i pianeti extrasolari erano abbastanza vicini da riuscire a scambiarsi materiale solido grazie ai meteoriti.
A quel tempo - diversi miliardi di anni fa - il Sole si sarebbe trovato nel suo ammasso stellare originario, e la Terra e i vicini sistemi planetari sarebbero stati sottoposti a un pesante bombardamento meteoritico, spiega Amaya Moro-Martin, astrofisico del CAB e co-autore dello studio. Belbruno, Moro-Martin e colleghi hanno preso in considerazione una nuova ipotesi: un processo a bassa velocità chiamato "trasferimento debole", in cui gli oggetti solidi possono muoversi a velocità relativamente bassa - intorno ai 100 metri al secondo - e portare così a uno scambio di minerali e forse di forme di vita tra un pianeta e l'altro. Secondo i ricercatori, la lito-panspermia si sarebbe verificata quando il Sistema Solare si trovava ancora all'interno dell'ammasso stellare che ha dato origine al Sole, con le stelle vicine le une alle altre che si muovevano lentamente.
Lo studio, inoltre, afferma che alcuni di questi oggetti potrebbero aver trasportato forme di vita capaci di "contagiare" pianeti lontani. Microrganismi come le spore batteriche, infatti, avrebbero potuto facilmente sopravvivere al lungo viaggio nello spazio, nonostante gli elevati livelli di radiazione cosmica e ultravioletta. Un fattore importante, osserva Moro-Martin, sono le dimensioni del corpo roccioso: più è grande, maggiore è la possibilità che le forme di vita che ospita possano restarvi annidate il tempo sufficiente per sopravvivere a un viaggio interstellare.
Il fiore del secolo
Un uomo accanto a una Titanca in fiore nei pressi di Thumi, in Bolivia. Puya raimondii, scoperta nella seconda metà dell'Ottocento dal naturalista milanese Antonio Raimondi, è una delle specie più spettacolari del mondo: vive ad alta quota sulle Ande e può raggiungere i 12 metri d'altezza.
La pianta fiorisce solo una volta nel corso della sua vita - 80/100 anni - per poche settimane, poi muore. "Si tratta di una piante 'estrema' sotto ogni punto di vista”, dice Antonio Lambe, che con la onlus Acción Ambiental si occupa della conservazione di questa pianta, classidicata dalla International Union for Conservation of Nature (IUCN) come a rischio di estinzione a causa della perdita di habitat e del calo di diversità genetica. "Cresce in condizioni davvero difficili ed ad altitudini estremamente elevate, ed è la pianta più alta della regione. È una meraviglia della natura che qualcosa di così grande riesca a vivere in un ambiente tanto ostile".
La pianta fiorisce solo una volta nel corso della sua vita - 80/100 anni - per poche settimane, poi muore. "Si tratta di una piante 'estrema' sotto ogni punto di vista”, dice Antonio Lambe, che con la onlus Acción Ambiental si occupa della conservazione di questa pianta, classidicata dalla International Union for Conservation of Nature (IUCN) come a rischio di estinzione a causa della perdita di habitat e del calo di diversità genetica. "Cresce in condizioni davvero difficili ed ad altitudini estremamente elevate, ed è la pianta più alta della regione. È una meraviglia della natura che qualcosa di così grande riesca a vivere in un ambiente tanto ostile".
Le foreste sono in pericolo in tutto il mondo
2011, l’odissea delle foreste
Le foreste sono fondamentali per la vita sul pianeta. Sono serbatoi di ossigeno e acqua, ospitano più dell’80% della biodiversità terrestre e provvedono a risorse, materiali e prodotti utili all’uomo. Le foreste assorbono il carbonio, proteggono il territorio dalle inondazioni, dall’erosione, dalla desertificazione, hanno influenza diretta sui climi locali e regionali. Più di un miliardo e mezzo di persone dipende direttamente dalla loro esistenza e 300 milioni vivono al loro interno. Dall’ultima glaciazione, circa il 50% delle foreste è andato distrutto, soprattutto nel secolo scorso.
Oggi ricoprono poco più di 4 miliardi di ettari, pari al 31% della superficie terrestre. Di questa distesa però, solo il 36% è costituito da foreste primarie. Il resto è stato in qualche modo sfruttato e utilizzato dall’uomo. Le foreste naturali hanno perso negli ultimi dieci anni una superficie pari a 40 milioni di ettari. L’Italia un tempo era ricoperta dalle foreste. Oggi la superficie forestale in Italia è stimata in 10.673.589 ettari, pari al 34,7% del territorio nazionale. Una percentuale che dal 1940 è in aumento, favorita soprattutto dall’abbandono dei terreni agricoli e dei pascoli e in parte a interventi di forestazione.
Ancora più rari e in molti casi poco conosciuti sono i cosiddetti “boschi vetusti”, cioè quei tasselli superstiti di foresta che, seppure utilizzati in passato, hanno riconquistato un alto valore di naturalità. Sono appena lo 0,0006% della superficie forestale nazionale e sono localizzati soprattutto nelle aree montane più impervie.
Foreste con almeno 1.500 specie di piante endemiche che hanno perduto il 90% o più del loro habitat originario.
(Habitat rimanente per ciascuna regione)
1 Indo-Birmana 5%
2 Nuova Caledonia 5%
3 Isole della Sonda (Indonesia/Malesia) 7%
4 Filippine 7%
5 Foresta Atlantica (America del Sud) 8%
6 Montagne della Cina sud-occidentale 8%
7 Provincia floristica della California 10%
8 Foreste costiere dell’Africa orientale 10%
9 Madagascar e isole dell’Oceano Indiano 10%
10 Foreste afromontane orientali (Africa) 11%
Il camaleonte Furcifer pardalis è una delle migliaie di specie che si trovano solo nella foresta pluviale del Madagascar . Tutte queste specie sono in pericolo di estinzione a causa della deforestazione in Madascar, che potrebbe portare alla scomparsa di questo patrimonio forestale inestimabile. Questa foresta produce molti legni pregiati la cui domanda è in continua crescita sui mercati internazionali, e considerata la povertà del paese, ciò produce una spinta formidabile allo sfruttamento della foresta e alla deforestazione del paese.
Le foreste sono fondamentali per la vita sul pianeta. Sono serbatoi di ossigeno e acqua, ospitano più dell’80% della biodiversità terrestre e provvedono a risorse, materiali e prodotti utili all’uomo. Le foreste assorbono il carbonio, proteggono il territorio dalle inondazioni, dall’erosione, dalla desertificazione, hanno influenza diretta sui climi locali e regionali. Più di un miliardo e mezzo di persone dipende direttamente dalla loro esistenza e 300 milioni vivono al loro interno. Dall’ultima glaciazione, circa il 50% delle foreste è andato distrutto, soprattutto nel secolo scorso.
Oggi ricoprono poco più di 4 miliardi di ettari, pari al 31% della superficie terrestre. Di questa distesa però, solo il 36% è costituito da foreste primarie. Il resto è stato in qualche modo sfruttato e utilizzato dall’uomo. Le foreste naturali hanno perso negli ultimi dieci anni una superficie pari a 40 milioni di ettari. L’Italia un tempo era ricoperta dalle foreste. Oggi la superficie forestale in Italia è stimata in 10.673.589 ettari, pari al 34,7% del territorio nazionale. Una percentuale che dal 1940 è in aumento, favorita soprattutto dall’abbandono dei terreni agricoli e dei pascoli e in parte a interventi di forestazione.
Ancora più rari e in molti casi poco conosciuti sono i cosiddetti “boschi vetusti”, cioè quei tasselli superstiti di foresta che, seppure utilizzati in passato, hanno riconquistato un alto valore di naturalità. Sono appena lo 0,0006% della superficie forestale nazionale e sono localizzati soprattutto nelle aree montane più impervie.
Foreste con almeno 1.500 specie di piante endemiche che hanno perduto il 90% o più del loro habitat originario.
(Habitat rimanente per ciascuna regione)
1 Indo-Birmana 5%
2 Nuova Caledonia 5%
3 Isole della Sonda (Indonesia/Malesia) 7%
4 Filippine 7%
5 Foresta Atlantica (America del Sud) 8%
6 Montagne della Cina sud-occidentale 8%
7 Provincia floristica della California 10%
8 Foreste costiere dell’Africa orientale 10%
9 Madagascar e isole dell’Oceano Indiano 10%
10 Foreste afromontane orientali (Africa) 11%
Il camaleonte Furcifer pardalis è una delle migliaie di specie che si trovano solo nella foresta pluviale del Madagascar . Tutte queste specie sono in pericolo di estinzione a causa della deforestazione in Madascar, che potrebbe portare alla scomparsa di questo patrimonio forestale inestimabile. Questa foresta produce molti legni pregiati la cui domanda è in continua crescita sui mercati internazionali, e considerata la povertà del paese, ciò produce una spinta formidabile allo sfruttamento della foresta e alla deforestazione del paese.
Alberi antichi e straordinari
Cipresso di Montezuma
Fotografia di Infinita Highway, Getty Images
Alcuni ritengono che questo cipresso di Montezuma noto anche come Árbol del Tule, sia l'albero più grosso del mondo. Secondo il comitato che si occupa delle nomination per il patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO, la pianta misura 35 metri di diametro e 30 di altezza.
L'albero deve il suo nome alla chiesa di Santa Maria del Tule nello Stato messicano dell'Oaxaca, in cui l'albero si trova da circa 2.000 anni quando forse venne piantato da un sacerdote azteco.
Una scultura del Buddha in arenaria avviluppata dalle radici di un Ficus fico sacro, al monastero di Ayutthaya, in Thailandia. Fu proprio un Ficus religiosa, l'albero sotto cui, 2.600 anni fa, si sedette Siddhartha fino a raggiungere l'illuminazione e diventare il Buddha. Questo albero spesso viene scelto per rappresentare Buddha nell'arte e nella letteratura.
L'arco dei sicomori, California Fotografia di Ellen Isaacs, Alamy
Una scultura del Buddha in arenaria avviluppata dalle radici di un Ficus fico sacro, al monastero di Ayutthaya, in Thailandia. Fu proprio un Ficus religiosa, l'albero sotto cui, 2.600 anni fa, si sedette Siddhartha fino a raggiungere l'illuminazione e diventare il Buddha. Questo albero spesso viene scelto per rappresentare Buddha nell'arte e nella letteratura.
L'arco dei sicomori, California Fotografia di Ellen Isaacs, Alamy
Allacciati assieme come questi due sicomori, uniti a formare un arco, gli alberi del Gilroy Gardens Theme Park in California sono stati "modellati" per assumere forme particolari: un intervento che prende il nome di "grafting".
Un tuffo strabiliante tra le rocce
Gesù aveva una moglie?
Gesù aveva una moglie?
Un frammento di papiro datato tra il II e il IV secolo d.C. contiene un riferimento diretto a un eventuale matrimonio del Messia
Il frammento di papiro in questione ha fatto notizia in tutto il mondo da quando è stato citato dalla studiosa della Harvard Divinity School Karen L. King, durante un congresso internazionale tenutosi a Roma. Il reperto, che misura circa 8 centimetri per 4, è scritto su entrambi i lati con inchiostro nero (leggibile sotto una lente di ingrandimento) ed è in lingua copta, l’evoluzione dell’antica lingua egiziana che utilizza i caratteri dell’alfabeto greco. L'ultima riga del testo riporta le parole: "E Gesù disse loro: ‘Mia moglie…'". Il seguito della frase è stato strappato via dal frammento di papiro, che si ritiene facesse parte di un testo più ampio. Resta quindi un mistero sia cosa potesse esservi scritto, sia l'identità della possibile moglie. Jitse Dijkstra, un esperto di papirologia e lingua copta alla University of Ottawa, definisce la scoperta del frammento di papiro "un grande passo avanti". L'ultima volta che la scoperta di un nuovo documento si è imposta così prepotentemente agli studiosi del cristianesimo è stato il rinvenimento del cosiddetto "Vangelo di Giuda", un progetto di ricerca sostenuto dalla Society e che National Geographic ha presentato in anteprima mondiale sul numero di maggio 2006 del magazine. La National Geographic Society si è impegnata a restaurare e conservare il testo, da cui si evince che l'apostolo Giuda non abbia tradito Gesù come hanno ritenuto a lungo gli studiosi, ma che invece abbia agito dietro esplicite istruzioni di Gesù.
Il frammento di papiro in questione ha fatto notizia in tutto il mondo da quando è stato citato dalla studiosa della Harvard Divinity School Karen L. King, durante un congresso internazionale tenutosi a Roma. Il reperto, che misura circa 8 centimetri per 4, è scritto su entrambi i lati con inchiostro nero (leggibile sotto una lente di ingrandimento) ed è in lingua copta, l’evoluzione dell’antica lingua egiziana che utilizza i caratteri dell’alfabeto greco. L'ultima riga del testo riporta le parole: "E Gesù disse loro: ‘Mia moglie…'". Il seguito della frase è stato strappato via dal frammento di papiro, che si ritiene facesse parte di un testo più ampio. Resta quindi un mistero sia cosa potesse esservi scritto, sia l'identità della possibile moglie. Jitse Dijkstra, un esperto di papirologia e lingua copta alla University of Ottawa, definisce la scoperta del frammento di papiro "un grande passo avanti". L'ultima volta che la scoperta di un nuovo documento si è imposta così prepotentemente agli studiosi del cristianesimo è stato il rinvenimento del cosiddetto "Vangelo di Giuda", un progetto di ricerca sostenuto dalla Society e che National Geographic ha presentato in anteprima mondiale sul numero di maggio 2006 del magazine. La National Geographic Society si è impegnata a restaurare e conservare il testo, da cui si evince che l'apostolo Giuda non abbia tradito Gesù come hanno ritenuto a lungo gli studiosi, ma che invece abbia agito dietro esplicite istruzioni di Gesù.
La strana dieta del calamaro vampiro
La strana dieta del calamaro vampiro
Nonostante il nome inquietante, il calamaro vampiro (Vampyroteuthis infernalis) non è la creatura infernale e assetata di sangue che si potrebbe immaginare.
ll mollusco pasteggia a "neve marina" - quel miscuglio di plankon morto, alghe, materia fecale, frammenti di gusci e altri detriti. Il calamaro vampiro raccoglie le particelle di cibo grazie a due lunghi filamenti coperti di peluria e ne fa dei bocconi usando il muco come collante. Un comportamento che è stato rilevato grazie a riprese subacquee, osservazioni in laboratorio di esemplari in cattività, autopsie ed esami al microscopio.
Gli studiosi hanno scoperto che le presunte "zanne" del calamaro vampiro sono in realtà appendici carnose dette cirri. Servono a portare nella bocca del mollusco le "polpette" di muco e detriti marini che costituiscono la sua dieta.
Si tratta di caratteristiche uniche fra i cefalopodi, che in genere cacciano prede vive, dice Hoving.
Ad esempio, i due sottili filamenti con cui si nutre si sono evoluti da due tentacoli, mentre le ventose sulla punta dei tentacoli "sono molto diversi da quelli del polpo: non servono ad attaccarsi, ma a secernere muco", spiega Hoving.
E poiché vive nell'oscurità delle profondità marine dove l'ossigeno scarseggia e dove poche altre creature riescono a sopravvivere, non deve sprecare troppe energie per sfuggire ai predatori.
Nonostante il nome inquietante, il calamaro vampiro (Vampyroteuthis infernalis) non è la creatura infernale e assetata di sangue che si potrebbe immaginare.
ll mollusco pasteggia a "neve marina" - quel miscuglio di plankon morto, alghe, materia fecale, frammenti di gusci e altri detriti. Il calamaro vampiro raccoglie le particelle di cibo grazie a due lunghi filamenti coperti di peluria e ne fa dei bocconi usando il muco come collante. Un comportamento che è stato rilevato grazie a riprese subacquee, osservazioni in laboratorio di esemplari in cattività, autopsie ed esami al microscopio.