Scoperta una stella massicia, 265 volte più grande del Sole
Un mostro. Gli scienziati ritenevano che non potesse nemmeno esistere una cosa del genere. È la stella più massiva che sia mai stata scoperta: si chiama R136a1, la sua massa è pari a circa 265 volte quella del Sole e la sua luminosità è 10 milioni di volte maggiore. Gli astronomi ritenevano che non potessero esistere stelle con una massa superiore a 130 volte il Sole. Ora la fisica dovrà essere rivista, anche perché si stima che «il mostro stellare» in realtà quando ha iniziato a brillare aveva una massa addirittura pari a 320 volte quella solare, che ha perso in quanto l’ha utilizzata per brillare come 10 milioni di soli, come ha confermato l’astrofisico Paul Crowther, docente all’Università di Sheffield, che ha guidato lo studio.
STRUMENTO EUROPEO – R136a1 è stata individuata utilizzando una combinazione di strumenti del Very Large Telescope dell’Eso, l’osservatorio astronomico europeo che si trova in Cile. Gli astronomi hanno scoperto un intero gruppo di stelle dello stesso tipo in due ammassi: NGC 3603 ed RMC 136. Il primo, a 22 mila anni luce da noi, è una specie di «incubatrice cosmica» per stelle neonate. Il secondo ammasso è un’altra nube di stelle giovani, supercalde e supermassive, che si trova nella Nebulosa della Tarantola, nella Grande Nube di Magellano distante 165 mila anni luce. Queste grandi stelle in incubazione, milioni di volte più luminose del Sole, sono relativamente giovani, e nel tempo perdono massa in seguito all’azione dei venti solari. Il gruppo di Crowther ha scoperto diverse stelle con temperature di oltre 40 mila gradi, più di sette volte più calde del Sole. «Sono stelle che brillano molto, sono gigantesche ma le più grandi “vivono” solo 3 milioni di anni.
martedì 25 settembre 2012
Oopart - l'acronimo di Out Of Place Artifacts (reperti o manufatti fuori posto),
Naturalmente non esiste in lingua italiana
E'
davvero suggestivo questo documentario realizzato da History Channel GB, e - a quanto mi risulta - ancora non andato in onda in edizione italiana. Ve lo propongo perché nei primi due minuti e mezzo viene illustrato l'esperimento condotto da una coppia di ingegneri che ha realizzato un modellino di una delle più famose piccole sculture Maya - datate intorno all'800 d.C. - che secondo alcuni testimonierebbero il contatto da parte delle civiltà pre-colombiane con civiltà extraterrestri. Si trattava davvero di modellini di veicoli volanti ? Oppure, più semplicemente erano solo stilizzazioni fantasiose di insetti ? Fatto sta che come risulta da questo video molto interessante, questi oggetti potevano realmente essere adatti per il volo !
davvero suggestivo questo documentario realizzato da History Channel GB, e - a quanto mi risulta - ancora non andato in onda in edizione italiana. Ve lo propongo perché nei primi due minuti e mezzo viene illustrato l'esperimento condotto da una coppia di ingegneri che ha realizzato un modellino di una delle più famose piccole sculture Maya - datate intorno all'800 d.C. - che secondo alcuni testimonierebbero il contatto da parte delle civiltà pre-colombiane con civiltà extraterrestri. Si trattava davvero di modellini di veicoli volanti ? Oppure, più semplicemente erano solo stilizzazioni fantasiose di insetti ? Fatto sta che come risulta da questo video molto interessante, questi oggetti potevano realmente essere adatti per il volo !
Yemen
Tula - Yemen
Lo Yemen, estrema propaggine della penisola arabica, è una terra desertica e montuosa che sembra scivolare sull’Oceano Indiano, abbracciata ad occidente dal Mar Rosso, tra spiagge straordinarie, barriere coralline inviolate e preziosi siti archeologici. Ma, da quasi un millennio, sono le città dell’interno, vere e proprie perle architet toniche, a rimanere impres se nella fantasia dei viaggiatori
L'emblema dello Yemen è il "Palazzo sulla roccia", residenza del Sultano situato a Wadi Dhar, costruito in cima ad una roccia alta 50 metri. Molto bello dal punto di vista scenografico grazie anche alla valle molto verde con i suoi numerosi frutteti.
Lo Yemen, estrema propaggine della penisola arabica, è una terra desertica e montuosa che sembra scivolare sull’Oceano Indiano, abbracciata ad occidente dal Mar Rosso, tra spiagge straordinarie, barriere coralline inviolate e preziosi siti archeologici. Ma, da quasi un millennio, sono le città dell’interno, vere e proprie perle architet toniche, a rimanere impres se nella fantasia dei viaggiatori
L'emblema dello Yemen è il "Palazzo sulla roccia", residenza del Sultano situato a Wadi Dhar, costruito in cima ad una roccia alta 50 metri. Molto bello dal punto di vista scenografico grazie anche alla valle molto verde con i suoi numerosi frutteti.
Scelte di vita
Scelgo di vivere per scelta e non per caso.
Scelgo di fare dei cambiamenti, anziché avere delle scuse.
Scelgo di essere motivata non manipolata.
Scelgo di essere utile, non usata.
Scelgo l’autostima, non l’autocommiserazione.
Scelgo di eccellere, non di competere.
Scelgo di ascoltare la voce interiore, e non l’opinione casuale della gente.
(Eileen Caddy)
Gorilla del Ruanda
Sorpresa. I gorilla stanno bene
Ruanda, la popolazione dei primati delle montagne dei Virunga è in crescita da 10 anni e sta per toccare quota 500. Nonostante la guerra e il bracconaggio
Buone notizie dal Parco Nazionale dei Vulcani, Ruanda. Il Gorilla di Montagna, la più grande specie di primati al mondo, gode di buona salute. Nonostante il bracconaggio e soprattutto la guerra civile in atto nella vicina Repubblica Democratica del Congo.
Per il decimo anno consecutivo, la popolazione nelle montagne Virunga è in crescita: siamo ormai vicini a quota 500, 480 per l'esattezza. Certo c'è poco da gioire, se si pensa che nell'area resa famosa anche dalle ricerche di Dian Fossey e dalla sua successiva interpretazione sul grande schermo da parte di Sigourney Weaver, vivono circa i due terzi della popolazione totale residua (stimata a 790) della specie. Ma date le prospettive di estinzione certa, che si intravedevano appena due lustri fa, c'è da tirare un bel sospiro di sollievo. E immagini come quelle raccolte da Aude Genet due settimane fa, relative alla famiglia Agashya, un clan di 27 primati in ottima salute, sono gioia per gli occhi.
Non tutto però è rose e fiori. Le note favorevoli derivano dall'efficace rete protettiva che il governo ruandese ha saputo creare attorno agli enormi (fino a 200 chili) primati. Attorno al Parco dei Vulcani, è stato creato un movimento turistico internazionale che porta 200 milioni di euro l'anno. Un turismo d'élite, se si pensa che gli stranieri che desiderano trascorrere un'ora a contatto con gli animali pagano ben 600 euro, ma capace, in sinergia con una campagna di sensibilizzazione degli abitanti della zona, di dissuadere, anno dopo anno, il bracconaggio. E se fino a pochi anni fa, i gorilla adulti venivano cacciati come fonte di possibili trofei da esibire (le mani, in particolare), mentre i cuccioli andavano ad affollare gli zoo, oggi la comunità locale preferisce, anno dopo anno, celebrare una sorta di cerimonia di battesimo dei neonati quadrumani, come quella ripresa in alcune delle immagini. Ma ecco le note negative. Quello che non accade quasi più con il dolo, sul lato ruandese delle Virungas, rischia di verificarsi, con o senza volontarietà, sul lato opposto del confine, dove imperversa la guerriglia e dove la locale popolazione di gorilla rischia di finire sterminata dalle pallottole vaganti più che da quelle dei cacciatori abusive. La sezione congolese del parco delle montagne Virunga è chiusa da quando, in maggio, 3 guardie forestali sono state uccise, e, un paio di settimane dopo, altri due ranger sono rimasti feriti. Da allora, si sono perse le tracce di sei famiglie di primati, e sono state interrotte le azioni di pattugliamento congiunte che i guardiani delle due sezioni del parco, ruandese e congolese, conducevano insieme. Gli stessi ranger ruandesi sono costretti a girare armati, non già per paura delle aggressioni dei gorilla - che vengono tenuti a distanza adeguata dai turisti soprattutto per preservare la loro natura ''selvatica'' - ma per il rischio di incroci pericolosi con umani dell'altra sponda.
Qualcuno, però, spera, forse con un pizzico di ottimismo, che i gorilla siano sufficientemente intelligenti da sconfinare verso terre più sicure. Qualche volta, lo hanno già fatto. "Sono sensibili al suono delle pallottole - argomenta Augustin Basabose, direttore operativo dll'International Gorilla Conservation Programme - e si spostano frequentemente da un lato all'altro del confine, in cerca di cibo..."
Non tutto però è rose e fiori. Le note favorevoli derivano dall'efficace rete protettiva che il governo ruandese ha saputo creare attorno agli enormi (fino a 200 chili) primati. Attorno al Parco dei Vulcani, è stato creato un movimento turistico internazionale che porta 200 milioni di euro l'anno. Un turismo d'élite, se si pensa che gli stranieri che desiderano trascorrere un'ora a contatto con gli animali pagano ben 600 euro, ma capace, in sinergia con una campagna di sensibilizzazione degli abitanti della zona, di dissuadere, anno dopo anno, il bracconaggio. E se fino a pochi anni fa, i gorilla adulti venivano cacciati come fonte di possibili trofei da esibire (le mani, in particolare), mentre i cuccioli andavano ad affollare gli zoo, oggi la comunità locale preferisce, anno dopo anno, celebrare una sorta di cerimonia di battesimo dei neonati quadrumani, come quella ripresa in alcune delle immagini. Ma ecco le note negative. Quello che non accade quasi più con il dolo, sul lato ruandese delle Virungas, rischia di verificarsi, con o senza volontarietà, sul lato opposto del confine, dove imperversa la guerriglia e dove la locale popolazione di gorilla rischia di finire sterminata dalle pallottole vaganti più che da quelle dei cacciatori abusive. La sezione congolese del parco delle montagne Virunga è chiusa da quando, in maggio, 3 guardie forestali sono state uccise, e, un paio di settimane dopo, altri due ranger sono rimasti feriti. Da allora, si sono perse le tracce di sei famiglie di primati, e sono state interrotte le azioni di pattugliamento congiunte che i guardiani delle due sezioni del parco, ruandese e congolese, conducevano insieme. Gli stessi ranger ruandesi sono costretti a girare armati, non già per paura delle aggressioni dei gorilla - che vengono tenuti a distanza adeguata dai turisti soprattutto per preservare la loro natura ''selvatica'' - ma per il rischio di incroci pericolosi con umani dell'altra sponda.
Qualcuno, però, spera, forse con un pizzico di ottimismo, che i gorilla siano sufficientemente intelligenti da sconfinare verso terre più sicure. Qualche volta, lo hanno già fatto. "Sono sensibili al suono delle pallottole - argomenta Augustin Basabose, direttore operativo dll'International Gorilla Conservation Programme - e si spostano frequentemente da un lato all'altro del confine, in cerca di cibo..."
Parco naturale Colonne di Lena Siberia
Ecco il Parco Naturale Colonne di Lena, estrema Siberia. Scenario lunare, sulle rive del più orientale tra i 3 grandi fiumi della sconfinata landa russa (Lena, Ob e Jenisei). Straordinarie falesie, alte 150-300 m., frutto di milioni di anni di erosione glaciale. Sovrastano il fiume e una foresta unica come lo può essere un ecosistema che subisce escursioni termiche annue di 100 gradi (dai -60 dell'inverno ai sorprendentemente ricorrenti +40 dell'estate). E' forse la più stupefacente tra le 26 meraviglie entrate a far parte quest'anno della Lista World Heritage, il Patrimonio dell'Umanità Unesco
La ragione e il cuore
La vita è come una bilancia: da una parte vi è la ragione, dall'altra il cuore. Sta a noi cercare di non perdere l'equilibrio.
Moschea del Brunei
La moschea Omar Ali Saifuddien. È situata su una laguna ed è fatta completamente di marmo italiano. La principale meraviglia della moschea sono il mosaico della cupola maggiore, che è fatto con 4 milioni di piccole pietre veneziane, le cupole d'oro, nonchè il minareto che tutto sovrasta con i suoi 54 metri di altezza.
Eurogendfor, la nuova polizia europea con poteri illimitati
Alzi la mano chi sa cos’è il trattato di Velsen. Domanda retorica: nessuno. Eppure in questa piccola città olandese è stato posto in calce un tassello decisivo nel mosaico del nuovo ordine europeo e mondiale. Una tappa del processo di smantellamento della sovranità nazionale, portato avanti di nascosto, nel silenzio tipico dei ladri e delle canaglie.
Il Trattato Eurogendfor venne firmato a Velsen il 18 ottobre 2007 da Francia, Spagna, Paesi Bassi, Portogallo e Italia. L’acronimo sta per Forza di Gendarmeria Europea (EGF): in sostanza è la futura polizia militare d’Europa. E non solo. Per capire esattamente che cos’è, leggiamone qualche passo. I compiti: «condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico; monitorare, svolgere consulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi comprese l’attività di indagine penale; assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attività generale d’intelligence; svolgere attività investigativa in campo penale, individuare i reati, rintracciare i colpevoli e tradurli davanti alle autorità giudiziarie competenti; proteggere le persone e i beni e mantenere l’ordine in caso di disordini pubblici» (art. 4). Il raggio d’azione: «EUROGENDFOR potrà essere messa a disposizione dell’Unione Europea (UE), delle Nazioni Unite (ONU), dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e di altre organizzazioni internazionali o coalizioni specifiche» (art. 5). La sede e la cabina di comando: «la forza di polizia multinazionale a statuto militare composta dal Quartier Generale permanente multinazionale, modulare e proiettabile con sede a Vicenza (Italia). Il ruolo e la struttura del QG permanente, nonché il suo coinvolgimento nelle operazioni saranno approvati dal CIMIN – ovvero - l’Alto Comitato Interministeriale. Costituisce l’organo decisionale che governa EUROGENDFOR» (art. 3). Ricapitolando: la Gendarmeria europea assume tutte le funzioni delle normali forze dell’ordine (carabinieri e polizia), indagini e arresti compresi; la Nato, cioè gli Stati Uniti, avranno voce in capitolo nella sua gestione operativa; il nuovo corpo risponde esclusivamente a un comitato interministeriale, composto dai ministri degli Esteri e della Difesa dei paesi firmatari. In pratica, significa che avremo per le strade poliziotti veri e propri, che non si limitano a missioni militari, sottoposti alla supervisione di un’organizzazione sovranazionale in mano a una potenza extraeuropea cioè gli Usa, e che, come se non bastasse, è svincolata dal controllo del governo e del parlamento nazionali. Ma non è finita. L’EGF gode di una totale immunità: inviolabili locali, beni e archivi (art. 21 e 22); le comunicazioni non possono essere intercettate (art. 23); i danni a proprietà o persone non possono essere indennizzati (art. 28); i gendarmi non possono essere messi sotto inchiesta dalla giustizia dei paesi ospitanti (art. 29). Come si evince chiaramente, una serie di privilegi inconcepibili in uno Stato di diritto. Il 14 maggio 2010 la Camera dei Deputati della Repubblica Italiana ratifica l’accordo. Presenti 443, votanti 442, astenuti 1. Hanno votato sì 442: tutti, nessuno escluso. Poco dopo anche il Senato dà il via libera, anche qui all’unanimità. Il 12 giugno il Trattato di Velsen entra in vigore in Italia. La legge di ratifica n° 84 riguarda direttamente l’Arma dei Carabinieri, che verrà assorbita nella Polizia di Stato, e questa degradata a polizia locale di secondo livello. Come ha fatto notare il giornalista che ha scovato la notizia, il freelance Gianni Lannes (uno con due coglioni così, che per le sue inchieste ora gira con la scorta), non soltanto è una vergogna constatare che i nostri parlamentari sanciscano una palese espropriazione di sovranità senza aver neppure letto i 47 articoli che la attestano, ma anche che sia passata inosservata un’anomalia clamorosa. Il quartiere generale europeo è insediato a Vicenza nella caserma dei carabinieri “Chinotto” fin dal 2006. La ratifica è dell’anno scorso. E a Vicenza da decenni ha sede Camp Ederle, a cui nel 2013 si affiancherà la seconda base statunitense al Dal Molin che è una sede dell’Africom, il comando americano per il quadrante mediterraneo-africano. La deduzione è quasi ovvia: aver scelto proprio Vicenza sta a significare che la Gestapo europea dipende, e alla luce del sole, dal Pentagono. Ogni 25 Aprile i patetici onanisti della memoria si scannano sul fascismo e sull’antifascismo, mentre oggi serve un’altra Liberazione: da questa Europa e dal suo padrone, gli Stati Uniti.
Alessio Mannino
Il Trattato Eurogendfor venne firmato a Velsen il 18 ottobre 2007 da Francia, Spagna, Paesi Bassi, Portogallo e Italia. L’acronimo sta per Forza di Gendarmeria Europea (EGF): in sostanza è la futura polizia militare d’Europa. E non solo. Per capire esattamente che cos’è, leggiamone qualche passo. I compiti: «condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico; monitorare, svolgere consulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi comprese l’attività di indagine penale; assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attività generale d’intelligence; svolgere attività investigativa in campo penale, individuare i reati, rintracciare i colpevoli e tradurli davanti alle autorità giudiziarie competenti; proteggere le persone e i beni e mantenere l’ordine in caso di disordini pubblici» (art. 4). Il raggio d’azione: «EUROGENDFOR potrà essere messa a disposizione dell’Unione Europea (UE), delle Nazioni Unite (ONU), dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e di altre organizzazioni internazionali o coalizioni specifiche» (art. 5). La sede e la cabina di comando: «la forza di polizia multinazionale a statuto militare composta dal Quartier Generale permanente multinazionale, modulare e proiettabile con sede a Vicenza (Italia). Il ruolo e la struttura del QG permanente, nonché il suo coinvolgimento nelle operazioni saranno approvati dal CIMIN – ovvero - l’Alto Comitato Interministeriale. Costituisce l’organo decisionale che governa EUROGENDFOR» (art. 3). Ricapitolando: la Gendarmeria europea assume tutte le funzioni delle normali forze dell’ordine (carabinieri e polizia), indagini e arresti compresi; la Nato, cioè gli Stati Uniti, avranno voce in capitolo nella sua gestione operativa; il nuovo corpo risponde esclusivamente a un comitato interministeriale, composto dai ministri degli Esteri e della Difesa dei paesi firmatari. In pratica, significa che avremo per le strade poliziotti veri e propri, che non si limitano a missioni militari, sottoposti alla supervisione di un’organizzazione sovranazionale in mano a una potenza extraeuropea cioè gli Usa, e che, come se non bastasse, è svincolata dal controllo del governo e del parlamento nazionali. Ma non è finita. L’EGF gode di una totale immunità: inviolabili locali, beni e archivi (art. 21 e 22); le comunicazioni non possono essere intercettate (art. 23); i danni a proprietà o persone non possono essere indennizzati (art. 28); i gendarmi non possono essere messi sotto inchiesta dalla giustizia dei paesi ospitanti (art. 29). Come si evince chiaramente, una serie di privilegi inconcepibili in uno Stato di diritto. Il 14 maggio 2010 la Camera dei Deputati della Repubblica Italiana ratifica l’accordo. Presenti 443, votanti 442, astenuti 1. Hanno votato sì 442: tutti, nessuno escluso. Poco dopo anche il Senato dà il via libera, anche qui all’unanimità. Il 12 giugno il Trattato di Velsen entra in vigore in Italia. La legge di ratifica n° 84 riguarda direttamente l’Arma dei Carabinieri, che verrà assorbita nella Polizia di Stato, e questa degradata a polizia locale di secondo livello. Come ha fatto notare il giornalista che ha scovato la notizia, il freelance Gianni Lannes (uno con due coglioni così, che per le sue inchieste ora gira con la scorta), non soltanto è una vergogna constatare che i nostri parlamentari sanciscano una palese espropriazione di sovranità senza aver neppure letto i 47 articoli che la attestano, ma anche che sia passata inosservata un’anomalia clamorosa. Il quartiere generale europeo è insediato a Vicenza nella caserma dei carabinieri “Chinotto” fin dal 2006. La ratifica è dell’anno scorso. E a Vicenza da decenni ha sede Camp Ederle, a cui nel 2013 si affiancherà la seconda base statunitense al Dal Molin che è una sede dell’Africom, il comando americano per il quadrante mediterraneo-africano. La deduzione è quasi ovvia: aver scelto proprio Vicenza sta a significare che la Gestapo europea dipende, e alla luce del sole, dal Pentagono. Ogni 25 Aprile i patetici onanisti della memoria si scannano sul fascismo e sull’antifascismo, mentre oggi serve un’altra Liberazione: da questa Europa e dal suo padrone, gli Stati Uniti.
Alessio Mannino
Il diario di Anna Frank
Annelies Marie Frank, Anna Frank, (Francoforte sul Meno, 12 giugno 1929 – Bergen-Belsen, marzo 1945), è stata una ragazza ebrea tedesca, divenuta un simbolo della Shoah per il suo diario scritto nel periodo in cui la sua famiglia si nascondeva dai nazisti e per la sua tragica morte nel campo di concentramento di Bergen-Belsen. Visse parte della sua vita ad Amsterdam nei Paesi Bassi, dove la famiglia si era rifugiata dopo l'ascesa al potere dei nazisti in Germania. Nel 1940, l'esercito tedesco invase l'Olanda. I Frank furono costretti a sottostare alle leggi razziali. Il 12 giugno 1942, Anne ricevette per il suo tredicesimo compleanno un quadernino a quadretti bianco e rosso, sul quale inizierà a scrivere il Diario. Meno di un mese dopo, il 6 luglio 1942 dovette nascondersi con la famiglia L'alloggio segreto era situato in un vecchio - ed abbastanza tipico - edificio sul Canale Prinsengracht, nella parte ovest di Amsterdam.La porta d'ingresso venne in seguito nascosta dietro una libreria girevole. Le persone che li aiutarono erano quasi tutti collaboratori nelle ditte del padre di Anne. Portavano ai clandestini cibo, notizie e ogni cosa di cui avessero bisogno, rischiando la vita. Tali persone erano anche le uniche ad essere al corrente del nascondiglio dei clandestini. Durante il periodo di clandestinità, Anne scrive il celeberrimo Diario, descrivendo con considerevole talento le paure causate dal vivere in clandestinità, i sentimenti per Peter, i conflitti con i genitori e gli altri compagni di sventura e le sue aspirazioni di diventare scrittrice. Il 4 agosto 1944 la Gestapo fa irruzione nell'alloggio segreto, in seguito ad una segnalazione da parte di una persona che non è mai stata identificata. Tra i sospettati vi è un magazziniere della ditta di Otto Frank, Willem Van Maaren. Anne nel Diario, in data giovedì 16 settembre 1943, afferma esplicitamente che Van Maaren nutriva dei sospetti sull'Alloggio segreto, e lo descrive come "una persona notoriamente poco affidabile, molto curiosa e poco facile da prendere per il naso" . Le due famiglie vennero arrestate e trasferite al campo di smistamento di Westerbork. dopo la partenza della polizia qualcuno torno al rifugio mettendo al sicuro più materiale possibile (primo tra tutti il Diario). Anna morì a Bergen-Belsen, di tifo esantematico nel marzo 1945, solo tre settimane prima della liberazione del campo. Il diario venne pubblicato nel 1947 con il titolo di Het Achterhuis ("L'alloggio segreto" in olandese).
L'amore
L'Amore non è pretendere ma dare...
E' dimenticarsi ma non dimenticare...
E' vivere fuori di se pur rimanendo in se...
E' riservarsi le spine e offrire le rose.
L'Amore chiede tutto e può permettersi di farlo...
Saggezza Cherokee
Si narra di un anziano Cherokee seduto davanti al tramonto con suo nipote. “Nonno, perché gli uomini combattono?” L’anziano con gli occhi rivolti verso il sole, calante al giorno, che stava perdendo la sua battaglia con la notte, parlò con voce calma. “Ogni uomo prima o poi è chiamato a farlo. Per ogni uomo c’è sempre una battaglia che aspetta di essere combattuta, da vincere o da perdere. Perché lo scontro più feroce è quello che avviene fra i due lupi”. “Quali lupi nonno?” “Quelli che ogni uomo porta dentro di sé.” Il bambino non riusciva a capire. Attese che il nonno rompesse l’attimo di silenzio che aveva lasciato cadere fra loro, forse per accendere la sua curiosità. Infine, l’anziano che aveva dentro di sé la saggezza del tempo, riprese con il suo tono calmo. “Ci sono due lupi in ognuno di noi. Uno è cattivo e vive di odio, gelosia, invidia, risentimento, falso orgoglio, bugie, egoismo.” L’anziano fece di nuovo una pausa, questa volta per dargli modo di capire quello che aveva appena detto. “E l’altro?” “L’altro è il lupo buono. Vive di pace, amore, speranza, generosità, compassione, umiltà e fede.” Il bambino rimase a pensare un istante a quello che il nonno gli aveva appena raccontato. Poi diede voce alla sua curiosità e al suo pensiero. “E quale lupo vince?” L’anziano Cherokee si girò a guardarlo e gli rispose con gli occhi puliti. “Quello che nutri di più.”
Di male in peggio
Art. della Polizia postale
Lo Sapevate Che: Nella scuola elementare "Ada Negri " nel comune di Cavenago Di Brianza, viene negato il pasto ad alcuni bambini, perché i genitori con gravi difficoltà economiche non riescono a pagare la rata di 4,20 euro giornaliere?
Mi rivolgo al "sindaco" di questo paese:
Signor Sindaco, in un paese dove i suoi "colleghi politici" spendono i "nostri soldi" tra cene, party e feste costosissime a base di (ostriche e champagne), voi non avreste € 4.20 da poter versare in beneficenza alle famiglie che necessitano un aiuto maggiore?
Negare il pasto a dei "bambini", lasciandoli in disparte ad osservano i loro compagni mangiare, bere, ridere e scherzare seduti comodamente a tavola, non mi sembra una cosa molto educativa.
A quell'etá i bambini si pongono solo una domanda: PERCHÉ LORO POSSONO FARLO, ED IO NO...?
Fortunatamente per loro, sono ancora troppo piccoli per capire il disagio economico che affligge i loro genitori.
Sono sicuro che se il suo Comune istituisce un controcorrente intitolato "SALVA IL PASTO AI BAMBINI", i nostri iscritti, e non solo, donerebbero anche € 1.00 per salvare il pasto a queste splendide creature...
D'altronde siamo oltre 260.00 utenti :)
Ci pensi... e mi faccia sapere....
A cura di: Andrea Mavilla
La Costituzione Italiana dice......
L’art. 32 della Costituzione Italiana, nel sancire la tutela della salute come ”diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività”, di fatto obbliga lo Stato a promuovere ogni opportuna iniziativa e ad adottare precisi comportamenti finalizzati alla migliore tutela possibile della salute in termini di generalità e di globalità atteso che il mantenimento di uno stato di completo benessere psico-fisico e sociale costituisce oltre che diritto fondamentale per l’uomo, per i valori di cui lo stesso è portatore come persona, anche preminente interesse della collettività per l’impegno ed il ruolo che l’uomo stesso è chiamato ad assolvere nel sociale per lo sviluppo e la crescita della società civile.
Da il resto del Carlino - Bologna
E’ guarita e il giudice ordina: "Paghi la cura Di Bella all’Ausl" La storia di un'imprenditrice Barbara Bartorelli ha sconfitto un tumore e ora è stata condannata in appello a rimborsare la sanità pubblica Barbara Bartorelli, l'imprenditrice guarita e condannata a pagare Bologna, 18 settembre 2012 - SETTE anni dopo, la giustizia ha il sapore di una tortura. E della beffa. Barbara Bartorelli, una piccola imprenditrice di 40 anni di Castel San Pietro Terme, è guarita da un tumore grazie alla terapia Di Bella, ma i giudici la costringono a pagare le cure all’Ausl di Bologna. MOTIVO: una sperimentazione ministeriale «stabilì che quella terapia era inefficace» e che «nel 1998 non venne testato il suo linfoma, ma un altro, il non Hodgkin». Eppure la Bartorelli, piccola imprenditrice, è completamente guarita dal linfoma di Hodgkin, quindi la terapia funzionò eccome. Quasi non crede alla sentenza del tribunale d’appello che, a sorpresa, ha ribaltato quanto deciso nel 2006 dai giudici di primo grado. «La gioia per essere guarita è devastata dall’amarezza per il nostro sistema burocratico e giudiziario. Mi sono ammalata nel 2003 e mi sottoposi a quattro cicli di chemioterapia — racconta la donna —. Fu tutto inutile, e non volevo rischiare con un trapianto. Così optai per la cura Di Bella». Lì la rivoluzione: in pochi mesi Barbara inizia a stare meglio e, nel giro di poco tempo, il linfoma di Hodgkin è solo un lontano ricordo. Per pagarsi le cure deve andare da amici e parenti, c’è anche chi organizza tornei di beneficenza: un carico troppo gravoso, tanto che, grazie agli avvocati Lorenzo Tomassini e Luca Labanti, fa causa all’Ausl. Nel 2004 ottiene un decreto d’urgenza e nel 2006 la conferma nel merito: l’Ausl deve pagare, anche perché Barbara, all’epoca, non aveva il reddito per sostenere quelle spese. Ci sono anche le perizie di un gruppo di oncologici a rinsaldare la decisione dei giudici, ma l’Ausl impugna la sentenza e, pochi giorni fa, ottiene il ribaltone in Appello. Comportamento, a dir la verità, tenuto da quasi tutte le Ausl. Ma Barbara Bartorelli non si fermerà e, oltre a un sicuro ricorso in Cassazione, si rivolgerà alla Corte europea dei diritti dell’uomo: «E’ ingiusto questo sistema che ti obbliga a pagare se guarisci: ho la colpa di essere guarita? Non è uno Stato quello che ti impedisce di curarti», s’interroga. Paradosso: e se Barbara non si fosse curata con la terapia Di Bella? «Non so dove sarei ora», dice lei. «Tra l’altro l’Ausl avrebbe pagato molto di più per le cure tradizionali», è indignata. «Ma non sono i giorni della spending review?». di Valerio Baroncini
Da il resto del Carlino - Bologna
E’ guarita e il giudice ordina: "Paghi la cura Di Bella all’Ausl" La storia di un'imprenditrice Barbara Bartorelli ha sconfitto un tumore e ora è stata condannata in appello a rimborsare la sanità pubblica Barbara Bartorelli, l'imprenditrice guarita e condannata a pagare Bologna, 18 settembre 2012 - SETTE anni dopo, la giustizia ha il sapore di una tortura. E della beffa. Barbara Bartorelli, una piccola imprenditrice di 40 anni di Castel San Pietro Terme, è guarita da un tumore grazie alla terapia Di Bella, ma i giudici la costringono a pagare le cure all’Ausl di Bologna. MOTIVO: una sperimentazione ministeriale «stabilì che quella terapia era inefficace» e che «nel 1998 non venne testato il suo linfoma, ma un altro, il non Hodgkin». Eppure la Bartorelli, piccola imprenditrice, è completamente guarita dal linfoma di Hodgkin, quindi la terapia funzionò eccome. Quasi non crede alla sentenza del tribunale d’appello che, a sorpresa, ha ribaltato quanto deciso nel 2006 dai giudici di primo grado. «La gioia per essere guarita è devastata dall’amarezza per il nostro sistema burocratico e giudiziario. Mi sono ammalata nel 2003 e mi sottoposi a quattro cicli di chemioterapia — racconta la donna —. Fu tutto inutile, e non volevo rischiare con un trapianto. Così optai per la cura Di Bella». Lì la rivoluzione: in pochi mesi Barbara inizia a stare meglio e, nel giro di poco tempo, il linfoma di Hodgkin è solo un lontano ricordo. Per pagarsi le cure deve andare da amici e parenti, c’è anche chi organizza tornei di beneficenza: un carico troppo gravoso, tanto che, grazie agli avvocati Lorenzo Tomassini e Luca Labanti, fa causa all’Ausl. Nel 2004 ottiene un decreto d’urgenza e nel 2006 la conferma nel merito: l’Ausl deve pagare, anche perché Barbara, all’epoca, non aveva il reddito per sostenere quelle spese. Ci sono anche le perizie di un gruppo di oncologici a rinsaldare la decisione dei giudici, ma l’Ausl impugna la sentenza e, pochi giorni fa, ottiene il ribaltone in Appello. Comportamento, a dir la verità, tenuto da quasi tutte le Ausl. Ma Barbara Bartorelli non si fermerà e, oltre a un sicuro ricorso in Cassazione, si rivolgerà alla Corte europea dei diritti dell’uomo: «E’ ingiusto questo sistema che ti obbliga a pagare se guarisci: ho la colpa di essere guarita? Non è uno Stato quello che ti impedisce di curarti», s’interroga. Paradosso: e se Barbara non si fosse curata con la terapia Di Bella? «Non so dove sarei ora», dice lei. «Tra l’altro l’Ausl avrebbe pagato molto di più per le cure tradizionali», è indignata. «Ma non sono i giorni della spending review?». di Valerio Baroncini
Nascere uomo
Nascere uomo su questa terra è un incarico sacro.
Abbiamo una responsabilità sacra, dovuta a questo dono eccezionale che ci è stato fatto, ben al di sopra del dono meraviglioso che è la vita delle piante, dei pesci, dei boschi, degli uccelli e di tutte le creature che vivono sulla terra.
Abbiamo una responsabilità sacra, dovuta a questo dono eccezionale che ci è stato fatto, ben al di sopra del dono meraviglioso che è la vita delle piante, dei pesci, dei boschi, degli uccelli e di tutte le creature che vivono sulla terra.
Noi siamo in grado di prenderci cura di loro.
-Shenandoah Onondaga-
Sandro Pertini -Il nostro Presidente
Con la più larga maggioranza mai registrata in una votazione (832 voti su 995), Sandro Pertini diviene presidente della Repubblica Italiana il 9 luglio 1978 e rimane capo dello stato fino al 23 giugno 1985. Sandro Pertini è ricordato nella storia d'Italia non solo per l'alta carica ricoperta per un elevato numero di anni, ma anche per la sua salda fede nei principi di libertà, democrazia e rispetto delle persone
L'opposizione al regime sarà fonte per lui di diversi anni di prigionia nonché di numerosi pestaggi, e dell'esilio in Francia nel 1928. Sono degne di nota dunque in questo italiano "doc", la caparbietà e la volontà di perseverare nelle sue convinzioni, se necessario fino alla morte.
Alessandro Pertini nasce a Stella - Savona il 25 settembre 1896, la famiglia è benestante, poiché il padre è proprietario terriero, ha 4 fratelli: Luigi, Mario, Giuseppe e Eugenio, quest'ultimo scompare tragicamente il 25 aprile 1954 nel carcere di Flossenburg.
Dopo aver frequentato il collegio dei Salesiani a Varazze, Sandro Pertini frequenta il liceo "Chiabrera" di Savona, e diviene collaboratore di "Critica Sociale" di Filippo Turati, il che contribuisce sicuramente ad avvicinarlo all'ambiente e all'ideologia socialista.
Consegue una prima laurea in giurisprudenza, all'università di Genova e una seconda in scienze politiche nel 1924 a Firenze anno in cui entra in contatto con gli ambienti legati a Gaetano Salvemini e dell'interventismo democratico e socialista. La sua militanza politica inizia però nel 1918 con l'iscrizione al PSI.
Tra i due titoli di studio acquisiti, Sandro Pertini vive la tragica esperienza del primo conflitto mondiale in seguito allo scoppio del quale, nel 1917, viene richiamato e inviato sul fronte dell'Isonzo e sulla Bainsizza; il suo ruolo è di sottotenente di complemento. Egli si distingue inoltre per un'azione particolarmente coraggiosa durante l'assalto al monte Jelenik e viene proposto per la medaglia d'argento al valore militare.
Nel 1922 entra al potere in Italia il fascismo con la marcia su Roma e il giovane avvocato Sandro Pertini diventa presto il bersaglio delle violenze squadriste, ma è l'assassinio di Matteotti che lo fa scendere in campo in modo definitivo, caparbio e determinato: saranno anni durissimi di condanne, pestaggi ed esilio.
Il 22 maggio 1925 Sandro Pertini è arrestato, e il 3 giugno condannato a 8 mesi di detenzione (oltre che al pagamento di un'ammenda) per diversi reati tra i quali quello di stampa clandestina. Egli ha, infatti, distribuito il foglio clandestino "Sotto il barbaro dominio fascista" nel quale rivendica la paternità di alcuni scritti antifascisti e individua la responsabilità della monarchia nel perdurare del regime fascista.
La violenza più pesante da parte delle forze antifasciste è quella del 1926 a seguito della quale Sandro Pertini finisce ricoverato all'ospedale, ferito in modo grave. Nel dicembre dello stesso anno, viene condannato al confino per 5 anni, a seguito della proclamazione delle leggi eccezionali anti-fasciste.
Da questo momento in poi Pertini entra in contatto con altri personaggi che sono stati protagonisti della storia d'Italia di quegli anni: Filippo Turati e Antonio Gramsci, Giuseppe Saragat, nonché Leo Valiani e Luigi Longo (con questi ultimi due organizzerà nell'aprile del 1945, l'insurrezione di Milano).
Datosi alla macchia e alla clandestinità, si dedica ad organizzare la fuga di Filippo Turati, leader del socialismo riformista. Accompagnerà quest'ultimo in Corsica, mentre gli altri protagonisti dell'impresa Ferruccio Parri e Carlo Rosselli, vengono intercettati sulla strada del ritorno in Italia, catturati e processati a Savona il 14 settembre 1927, infine condannati a 10 mesi di reclusione. Anche Turati e Pertini sono condannati, però in contumacia.
Tra le azioni importanti di Sandro Pertini in esilio ricordiamo nel 1928 la costituzione di una trasmittente radio a Eze (vicino a Nizza), con la quale riesce a svolgere la sua azione di propaganda contro il fascismo. Insofferente della vita dell'esule egli organizza ben presto il rientro in Italia che gli riesce con un passaporto falso: viene però catturato il 14 aprile 1929, dopo solo 20 giorni di libertà in patria. Condannato a 10 anni e 9 mesi di reclusione il 30 novembre dello stesso anno, inizia il duro carcere dove si ammala.
Nel 1930 viene trasferito nella casa di malati cronici di Turi dove incontra un altro leader dell'antifascismo: Antonio Gramsci. Due anni dopo viene trasferito nel sanatorio giudiziario di Pianosa e le sue gravi condizioni di salute inducono la madre a chiedere la grazia per lui. Sandro Pertini respinge la domanda e risponde in toni durissimi alla madre con la quale si verifica una frattura.
Pertini riacquista la libertà solo nell'agosto del 1943 (dopo 14 anni), dopo aver vissuto nei confini di Ponza (1935), delle Tremiti (1939) prima e a Ventotene poi. Gli anni del secondo conflitto mondiale vedono Sandro Pertini sempre attivo sulla scena politica, data la sua partecipazione alla costituzione del partito socialista, nel quale opera fino all'ottobre del 1943 (Sandro diventerà responsabile dell'organizzazione militare), momento in cui viene arrestato dai nazi-fascisti insieme a Giuseppe Saragat. Qui rischia la vita poiché viene condannato a morte ma viene liberato grazie a un'azione dei partigiani il 24 gennaio 1944; è tra i partigiani che incontra la sua futura moglie Carla Voltolina, che allora operava come staffetta partigiana. Gli anni successivi saranno dedicati all'organizzazione del partito in particolare nel nord Italia e dal ritorno a Roma nel luglio 1944, dopo la liberazione della capitale da parte degli alleati. Nel 1968 viene eletto presidente della Camera dei Deputati e diviene presidente della Repubblica nel 1978. Uomo autorevole e intransigente, nessun capo di Stato o uomo politico italiano ha conosciuto all'estero una popolarità paragonabile a quella da lui acquistata, grazie ad atteggiamenti di apertura ed eccezionale schiettezza nei suoi incontri diplomatici. Sandro Pertini riesce inoltre, nei lunghi anni in cui è presidente della Repubblica, a riaccendere negli italiani la fiducia nelle istituzioni e a mettere in atto un' aperta denuncia della criminalità organizzata e del terrorismo Una delle sue immagini più note e ricordate è quella di quando, sorridente ed esultante, dalla tribuna gioisce per la vittoria della nazionale di calcio italiana ai mondiali di Spagna del 1982. Sandro Pertini si spegne il 24 febbraio del 1990 all'età di 94 anni.
Pertini riacquista la libertà solo nell'agosto del 1943 (dopo 14 anni), dopo aver vissuto nei confini di Ponza (1935), delle Tremiti (1939) prima e a Ventotene poi. Gli anni del secondo conflitto mondiale vedono Sandro Pertini sempre attivo sulla scena politica, data la sua partecipazione alla costituzione del partito socialista, nel quale opera fino all'ottobre del 1943 (Sandro diventerà responsabile dell'organizzazione militare), momento in cui viene arrestato dai nazi-fascisti insieme a Giuseppe Saragat. Qui rischia la vita poiché viene condannato a morte ma viene liberato grazie a un'azione dei partigiani il 24 gennaio 1944; è tra i partigiani che incontra la sua futura moglie Carla Voltolina, che allora operava come staffetta partigiana. Gli anni successivi saranno dedicati all'organizzazione del partito in particolare nel nord Italia e dal ritorno a Roma nel luglio 1944, dopo la liberazione della capitale da parte degli alleati. Nel 1968 viene eletto presidente della Camera dei Deputati e diviene presidente della Repubblica nel 1978. Uomo autorevole e intransigente, nessun capo di Stato o uomo politico italiano ha conosciuto all'estero una popolarità paragonabile a quella da lui acquistata, grazie ad atteggiamenti di apertura ed eccezionale schiettezza nei suoi incontri diplomatici. Sandro Pertini riesce inoltre, nei lunghi anni in cui è presidente della Repubblica, a riaccendere negli italiani la fiducia nelle istituzioni e a mettere in atto un' aperta denuncia della criminalità organizzata e del terrorismo Una delle sue immagini più note e ricordate è quella di quando, sorridente ed esultante, dalla tribuna gioisce per la vittoria della nazionale di calcio italiana ai mondiali di Spagna del 1982. Sandro Pertini si spegne il 24 febbraio del 1990 all'età di 94 anni.
Esperanto
L'esperanto è una lingua pianificata sviluppata tra il 1872 e il 1887 dall'oftalmologo polacco di origini ebree Ludwik Lejzer Zamenhof, ed è di gran lunga la più conosciuta e utilizzata tra le lingue ausiliarie internazionali.
Lingvo Internacia ("lingua internazionale"), prese in seguito il nome esperanto ("colui che spera", "sperante") dallo pseudonimo di Doktoro Esperanto, utilizzato dal suo creatore. Scopo di questa lingua è quello di far dialogare i diversi popoli cercando di creare tra di essi comprensione e pace con una seconda lingua semplice ma espressiva, appartenente all'umanità e non a un popolo. Un effetto di ciò sarebbe in teoria quello di proteggere gli idiomi "minori", altrimenti condannati all'estinzione dalla forza delle lingue delle nazioni più forti. Per questo motivo, l'esperanto è stato ed è spesso protagonista di dibattiti riguardanti la cosiddetta democrazia linguistica.
Vari studi hanno dimostrato che si tratta di una lingua semplice da imparare anche da autodidatti e in età adulta, per via delle forme regolari[5], mentre altri dimostrano come dei ragazzi che hanno studiato l'esperanto apprendano più facilmente un'altra lingua straniera. Lo studio di 2 anni di esperanto nelle scuole come propedeutico a una lingua straniera viene detto "metodo Paderborn" appunto perché la sua efficacia è stata dimostrata nell'omonima università tedesca.