Parco nazionale dei Lençóis Maranhenses


Il Parco nazionale dei Lençóis Maranhenses è un'area naturale protetta del Brasile, che si estende per 155 000 ettari. Si trova nel nordest dello stato del Maranhão. 
Il parco comprende dune, fiumi, specchi d'acqua e mangrovie. La parte più caratteristica del parco è un'area di 270 km² (i Lençóis propriamente detti) coperta da dune di sabbia bianca, che cambiano la loro disposizione a seconda delle combinazioni dei venti. 
 Questo raro fenomeno geologico si è formato, durante anni, grazie all'azione dei venti e degli altri agenti naturali. I suoi paesaggi sono quelli che caratterizzano un deserto: immensità di sabbia e scarsità di vegetazione. Ma i Lençóis Maranhenses hanno caratteristiche differenti da quelle desertiche. In realtà, nella regione, che è bagnata da fiumi, piove. 
Sono le piogge che garantiscono ai Lençóis una caratteristica unica: l'acqua pluviale forma, tra le dune sabbiose, numerosissimi specchi d'acqua dolce.


Essi si trovano in praticamente tutta l'area del Parco, formando un paesaggio molto caratteristico. Alcuni di questi stagni, come la Lagoa Azul e la Lagoa Bonita, sono ricercate dai turisti per la bellezza delle acque e per le condizioni di balneabilità.
 I villaggi di Caburé, Atins e Mandacaru sono i più importanti punti turistici della zona. Le spiagge di Ponta do Mangue, Moitas, Vassouras, Morro do Boi e Barra do Tatu sono alcune delle spiagge più rinomate che esistono a Barreirinhas. Si raggiungono tutte in barca partendo dalla cittadina.
 Per proteggere questi 155 000 ettari che conservano un ecosistema tanto particolare, fu creato, nel 1981, il Parque Nacional dos Lençóis Maranhenses. L'ingresso alla riserva naturale è infatti vietato ai veicoli a motore e con l'istituzione del parco sono cessati i progetti di sfruttamento petrolifero della regione.


Il Parque Nacional dos Lençóis Maranhenses si chiama così perché, viste da un aeroplano in volo, le dune, con la loro sabbia chiara, sembrano delle lenzuola (in portoghese Lençóis) stese ad asciugare al sole.

La Dea Madre delle origini



Possiamo ipotizzare ragionevolmente che quando ancora non vi era consapevolezza circa i nessi tra il concepimento e la nascita, alla donna veniva riconosciuto un potere che l’uomo non possedeva: al suo ciclo mestruale corrispondevano le ciclicità della natura in tutte le sue forme (mensili, stagionali, lunari, cosmiche); all'arresto di questo corrispondeva la nascita del nuovo essere, generato apparentemente dal nulla, per partenogenesi, allattato e nutrito, poi consolato in vita e accolto in morte dalle amorevoli braccia della Madre, come dimostrano gli scheletri di defunti ritrovati anche nella necropoli di Cuccuru is Arrius, del neolitico medio della cultura di Bonu Ighinu, nel ventre di Madre Terra, accovacciati e cosparsi di ocra rossa, a simboleggiare il sangue della rinascita.
Col defunto spesso sono stati rinvenuti reperti del corredo funebre tra i quali, immancabile, una statuina della Dea Madre.
In tale contesto il maschio sembrava non avere alcun ruolo nell’atto riproduttivo, pertanto la donna assumeva un ruolo divino dal quale egli fu per molto tempo escluso
Tutto questo durò almeno 30.000 anni durante il quale vediamo la rappresentazione della Dea che per millenni venne raffigurata in una sola forma, quella della cosiddetta venere gravida, scolpita nella pietra e nell'osso e spesso dotata di forme allusive a vari animali (giumenta, mucca, orsa, cervo, daino) a simboleggiare ch'ella è Madre di tutti gli esseri viventi (ancora la mucca è sacra in India poiché incarnazione della Dea).
Ella presiede tutti gli elementi, soprattutto l’acqua generatrice di vita che viene spesso rappresentata con motivi a ondine



Statuetta dea madre in Sardegna





Dea Iside in Egitto

Da Gregorio Magno in poi la chiesa ha investito molte energie per soffocare il culto della Dea Madre. 
Usando l’aberrazione , la diffamazione la paura dipingendola come il diavolo come mezzo di eliminazione delle donne dal panorama religioso, filosofico e culturale in generale, identificate come plausibile “nemico della chiesa” è esercizio da sempre usato da papi e vescovi, che avevano tutto l’interesse politico a far si che la divinità venisse intesa in senso maschile, non femminile.
Il culto del Dio Padre assunse a sé la concezione trina dei riti alla Dea, quando nella rappresentazione taurina sintetizzava il femminino col mascolino uniti dal soffio divino in una perfetta e immortale relazione. La trinità volse completamente al maschile (padre, figlio e spirito santo) e fu inculcata nel popolo la concezione equivoca del Dio Unico.
La donna, da dea, fu sottomessa dalla forza brutale dei rappresentanti della nuova religione, divenne schiava, ancella del signore: non più sua pari e parte complementare della divinità. Venne relegata nei ranghi più infimi e annientata, anche attraverso l’utilizzo dei mezzi più crudeli, affinché col terrore e la paura potesse restare l’imprinting di inferiorità nei millenni.
Rimuovendo le origini della vera storia e della reale identità della donna. La storia è piena di episodi eclatanti che dimostrano la sistematica rimozione della deità del femminino a favore dell’Uomo – Dio Padre

Il mustang " Spirito selvaggio "


La parola "mustang" viene dallo spagnolo mesteno, che significa "selvatico o senza padrone”, termine che descrive benissimo la caratteristica principale di tutti i cavalli selvaggi americani. 
Questo cavallo ha origini spagnole, e deriva dagli Andalusi e dai Berberi portati oltre Oceano dai primi colonizzatori spagnoli. Alcuni cavalli fuggirono, e si moltiplicarono fino a formare enormi branchi. A volte venivano catturati dai nativi, e più tardi dai cow-boy. 
In Texas, California e Nuovo Messico erano conosciuti col nome di Mustang; più a nord erano spesso definiti Bronco e talvolta Cayuse. Molti di quei primi Mustang erano begli esemplari con i caratteri dei loro antenati Berberi. I pellerossa sceglievano i capi migliori per la caccia al bisonte; altri venivano catturati e domati dai cow-boy, dimostrando di avere uno spiccato ‘senso del bestiame’, (cow-sense) ossia una predisposizione a lavorare in mezzo alle mandrie di bovini.


I Mustang continuarono a riprodursi allo stato selvatico, ma la ininterrotta cattura degli esemplari migliori finì per impoverire i branchi. Spingendosi verso l’Ovest, i coloni portavano con sé i loro cavalli da carrozza, da tiro e da sella.
 Spesso venivano incrociati con cavalli più alti e massicci. Il più riuscito prodotto di questi incroci fu il primo Quarter Horse, ottenuto accoppiando dei Purosangue importati con i veloci cavalli Chickasaw del Sud-Est. 
Questi Quarter Horse, che avevano dunque antenati e qualità comuni al Mustang, furono accoppiati ai cavalli selvaggi dell’Ovest, e contribuirono ad accrescerne la taglia e la consistenza senza affievolirne quel ‘senso del bestiame’ che li faceva apprezzare come cavalli da mandria ; la maggior parte delle razze americane odierne devono molto delle loro qualità di cavalli da mandria a quei loro antenati Mustang.
 Anche se il vero Mustang è quasi scomparso in seguito agli incroci, sono stati istituiti diversi registri per conservare almeno quelli più vicini per sangue e aspetto ai progenitori Berberi.

Joya de Cerén, El Salvador


Joya de Cerén (che in spagnolo significa i gioielli di Cerén) è un sito archeologico che si trova in El Salvador; esso è un antico villaggio agricolo di epoca Maya che si è conservato pressoché intatto sotto gli strati di cenere causati da un'eruzione vulcanica. 
Si tratta di uno dei più importanti siti archeologici della Mesoamerica poiché esso mostra come era la vita di tutti i giorni per la popolazione dell'epoca.
 Ci si riferisce spesso a Joya de Cerén come alla Pompei delle Americhe, con evidente riferimento alla famosa città campana.


Abitata fin dal X secolo a.C. come centro agricolo, la città venne abbandonata nel 250 in seguito all'eruzione dell'Ilopango. 
Nel V secolo tornò a fiorire come città tributaria di San Andrés. 
Nel VII secolo il Loma Caldera, un vicino vulcano, eruttò e seppellì la città sotto uno spesso strato di cenere, proteggendola dal passare del tempo. 
Poiché non sono stati trovati resti umani, si pensa che gli abitanti abbiano fatto in tempo a mettersi in salvo, ma essi furono costretti a lasciarsi dietro utensili, ceramiche, perfino cibi lasciati a metà.


Il sito è stato scoperto nel 1976 da Payson Sheets, un antropologo dell'Università del Colorado. 
Sono stati portati alla luce circa 70 edifici, e nel 1993 Joya de Ceren è stata dichiarata Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.

La natura un giorno non molto lontano ci presenterà il conto

Che dovremo pagare solo noi comuni mortali.
I fautori e i colpevoli di questo sfacelo avranno nel frattempo trovato un altro pianeta dove fuggire.
Già la ricerca di un altro pianeta vivibile è spasmodica (perchè?) Per associazione d'idee mi viene in mente il diluvio universale e l'arca di Noè, che certo non poteva contenere tutti gli animali e le piante esistenti allora, ma i geni di tutti gli esseri viventi... si! Deduzione logica, chi sapeva per tempo ha provveduto.
Oggi esistono già le banche del germoplasma o Banche dei semi.
Si parla già di una Banca Nazionale delle Risorse Genetiche Animali, non è dato sapere se è già in funzione.
Tutto ciò a me fa pensare!!!

Abbiamo già consumato tutte le risorse naturali che il pianeta ci mette a disposizione per il 2013.

È quanto sostiene l'Ong canadese Global Footprint Network (Gfn) nell'evidenziare come da oggi viviamo a "debito" o meglio in una situazione di sovra sfruttamento: insomma l'umanità sta utilizzando più risorse naturali di quanto il pianeta sia in grado di produrne.
Consumiamo le risorse di un pianeta più grande del 50% - Secondo i calcoli del Global Footprint Network, la nostra domanda in risorse rinnovabili e in servizi ecologici è attualmente equivalente a quella di 1,5 pianeti Terra.
Continuando di questo passo, entro la metà del secolo, arriveremo a consumare l'equivalente di 2 pianeti Terra.
L'Italia, addirittura, sostiene l'Ong, consuma l'equivalente di quattro volte la sua superficie.
La Cina l'equivalente di 2,5 volte l'anno, il Giappone l'equivalente di 7,1, il Qatar l'equivalente di 5,7, la Svizzera l'equivalente di 4,2, gli Usa l'equivalente di 1,9 volte gli Stati Uniti.